Internazionale

INTERNATIONAL TRADE - Controlli all'esportazione e beni Dual Use.

Ci sono dei beni che possono essere utilizzati per scopi civili, ma anche per scopi militari, quali armi di distruzione di massa (le così dette «WMD»). Questi beni, per l'appunto suscettibili di un uso «non convenzionale», sono definiti DUAL USE, ovverosia duali, e proprio la potenzialità intrinseca del loro possibile impiego alternativo, tale da mettere a rischio la sicurezza d'uno Stato o, comunque, da compromettere la pace collettiva, ne ha reso necessaria la regolamentazione,

a opera del legislatore dell'Unione Europea e nazionale, oltreché mediante una serie di strumenti internazionali, sul controllo degli armamenti e dei pezzi d'arma, nell'ambito del più ambizioso obiettivo di non proliferazione. Questa la definizione di beni a duplice uso contenuta nel Regolamento EU n° 428/2009, analoga, sul punto, a quella del Reg. n° 1334/2000 (CE): sono tali «i prodotti, inclusi i software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare; essi comprendono tutti i beni sia un utilizzo non esplosivo, sia un qualche impiego nella fabbricazione di armi nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari». Se oggigiorno il controllo concerne il 10% delle esportazioni tutte, il trend è destinato ad aumentare. Un banale bullone, un giunto cardanico, una valvola o un microchip, infatti, possono ricadere sotto la mannaia della normativa sui beni Dual Use, qualora tali manufatti abbiano determinate caratteristiche tecniche che li rendono suscettibili dell'eventuale impiego su mezzi militari, su missili o su testate nucleari. A livello EU, il Trattato istitutivo dell'Unione contempla, all'art. 133 un principio che presiede alla libera circolazione di beni e servizi. L'obiettivo è quello di tracciare un equilibrio tra le politiche di esportazione e di liberalizzazione del commercio, da un lato, e quello di mantenimento di elevati standard atti a garantire la sicurezza sia dei singoli cittadini dell'Unione sia pubblica, dall'altro, e perciò di definitiva coinvolgendo profili di politica estera internazionale. La competenza - come statuito dalla Corte di Giustizia - spetta all'Unione Europea, la cui Commissione può stabilire tutte le «restrizioni» che si dovessero rendere necessari, altresì potendo imporre addirittura provvedimenti vincolanti per il singolo Stato membro, tanto è cogente questa materia, che si pone dunque a metà strada tra sviluppo, innovazione e strategie volte ad implementare la sicurezza. Ma quanti conoscono, in realtà, la disciplina dei beni duali? L'imprenditore italiano che intende esportare dei beni che produce deve porsi perciò il problema se essi ricadano sotto la stringente disciplina dei beni a duplice uso, sotto pena di frustranti blocchi alla dogana e di davvero aspre sanzioni. La normativa é recente, molto articolata e in continua evoluzione e pochi professionisti la padroneggiano. Anzi, spesso il management e il personale aziendale ignorano addirittura la problematica e, quindi, non si preoccupano affatto della «compliance interna», mentre è essenziale che venga assicurato un vaglio preventivo di conformità sul controllo alle esportazioni. Il rispetto delle procedure amministrative può costituire, del resto, un vantaggio competitivo per le imprese (anche di piccole e medie dimensioni), atteso che bisogna evitare di compromettere la propria reputazione internazionale, di subire il blocco doganale dei beni (ancorché all'apparenza si possa trattare di merci ad ampia diffusione) con perdita di interi mercati esteri se inseriti in black-list, di vedersi irrogate pesanti sanzioni non soltanto finanziarie e di soggiacere al coinvolgimento del personale in delicati e costosi procedimenti giudiziari per violazione della rigorosa  legislazione sui beni Dual Use. Viceversa, coloro che si mettono nelle condizioni di adeguare le proprie esportazioni alle nuove regole potranno ritenersi privilegiati, avendo attuato un commercio responsabile e, quindi, potendo disporre di un più ampio margine di competitività derivante da un'esportazione qualificabile come pienamente lecita. Ciò è ancor più vero per le imprese con filiali in territori stranieri, perché oltre a rispettare le norme EU e quelle italiane, che le recepiscono e vi danno esecuzione, dovranno ottemperare a quelle, spesso altrettanto severe, dello Stato estero in cui si trovano le succursali e anche quelle dello Stato terzo in cui deve avvenire l'esportazione di beni e servizi duali, siccome elencati - con elencazione che si estende persino a tossine, a zoonosi e ad agenti patogeni per l'uomo - nei numerosi allegati del cennato Regolamento europeo, che copre anche i componenti di armi chimiche e biologiche, anch'esse annoverate tra i cosiddetti beni sensibili, ovverosia meritevoli di protezione. Nel risk management di un'azienda europea che esporti, pertanto, devono essere ricompresi anche gli aspetti del controllo sulle esportazioni, per il quale uno spazio dedicato rivestono i compliance officers, gli esperti (tecnici e legali), designati da EIFEC per assicurare il rispetto degli standard internazionali di sicurezza nei traffici transfrontalieri, la nuova frontiera dello specialista nell'International Business Law.  

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