Penale

PENALE - Mail bombing e dolo di danneggiamento.

mail bombing

Nell'ambito dei reati contro il patrimonio, sussiste o no la scriminante dell'esercizio del diritto di critica politica in caso di danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici, attuata mediante la tecnica del c.d. mail bombing, ovverosia l'invio massiccio di mail a una determinata casella di posta elettronica?
Il Tribunale meneghino, nel decidere di archiviare un caso, salito agli onori della cronaca politica, ha stabilito che nella fattispecie, comunque difettava in tolto l'elemento soggettivo, anche solo sotto il profilo del dolo eventuale.

Il caso, invero, era quello dell'incitazione, partita dal sito web d'un noto esponente politico italiano, agli internauti affinchè di determinassero a inoltrare, ciascuno di loro, un'e-mail alla casella di posta elettronica del legale di un avversario politico. Questi aveva denunciato il fatto, sostenendo che, per effetto della simultanea ricezione di migliaia di e-mail, la sua casella aveva subito il temporaneo blocco dell'attività, assurgendo il fatto a delitto ex art. 635-bis c.p., se non ex art. 97 del Codice delle comunicazioni informatiche.
Siffatto contegno, secondo il G.I.P. di Milano, non è giustificato dalla scriminante dell'esercizio dell'asserito diritto di critica politica, di cui all'art. 21 Costituzione, atteso che esso non concerne condotte che si traducano nella violenza sulle cose (del destinatario, come nel caso in esame), anche soltanto per provvisoria interruzione del servizio di corrispondenza elettronica.
Comunque, benché la condotta de qua costitusica illecito civile, andava esclusa - nel caso sottoposto allo scrutinio del G.I.P. di Milano - la ricorrenza del dolo in capo ai soggetti indagati, per i molteplici motivi esposti nella parte motiva del provvedimento di archiviazione.

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
SEZIONE GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

R.G.N.R. N° 33102/11
R.G.G.I.P. N° 220450/11
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

Letti la richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero nel procedimento penale indicato in epigrafe a carico di:
S.P., nato il (omissis), non presente, difeso di fiducia dall’Avv. S.S. del Foro di Roma, con studio in (omissis), e dall’Avv. G.L. del Foro di Milano, con studio in (omissis).
D.F.C., nato a (omissis), elettivamente domiciliato presso la sede della (omissis), sita in (omissis), non presente, difeso di fiducia dall’Avv. P.S. del Foro di Milano, con studio in (omissis).
letta la richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero;
SOTTOPOSTI AD INDAGINE
per il delitto di cui agli artt. 635-bis, 81 cpv., 110 c.p. commesso in data 02.09.09 e permanente sino al 17.09.09 in Milano;
letta la opposizione avverso la richiesta di archiviazione interposta in data 20.01.12 dall’Avv. A.C. del Foro di Bari nell’interesse dell'Avv. C.R., nata il (omissis), domiciliata ex lege in Milano (omissis);
sentite le parti ed a scioglimento della riserva assunta alla udienza del 16.02.12;
RILEVATO
- che, in data 04..9.09, l’Avv. C.R. del Foro di Milano presentava un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano evidenziando che il proprio indirizzo di posta elettronica “avv.(omissis)@tin.it” era stato raggiunto da un elevatissimo numero di messaggi di posta elettronica (oltre 12.000 alla data del 14.09.09) aventi per oggetto “voglio essere denunciato insieme ad (omissis)”;
- che, infatti, in data 01.09.09 sul quotidiano “Il Corriere della Sera” era stata pubblicata la notizia che il Presidente del Consiglio, On. (omissis), aveva conferito mandato ai suoi legali per intentare un’azione civile contro l’On. (omissis) per le dichiarazioni ritenute denigratorie da questo rilasciate in ordine alla visita del leader libico Gheddafi (“Italia-Libia: (omissis), ci guadagna solo il premier ed i suoi amici”) e che l’incarico professionale era stato affidato all’Avv. C.R.;
- che il giorno successivo, sia sul sito “www.(omissis).it” che sul sito www.(omissis).it, era stato inserito un form dal titolo “voglio essere denunciato insieme ad (omissis)”, che, una volta inseriti il nome, il cognome e l’indirizzo e-mail da parte del sottoscrittore, provocava l’invio di una e-mail all’indirizzo di posta elettronica “avv.(omissis)@tin.it” attraverso il server “idvweb01.(omissis).com”;
- che, secondo quanto dichiarato dalla esponente, l’ingente quantità di messaggi pervenuta secondo la tecnica dello spamming aveva causato il blocco della predetta casella di posta elettronica e la conseguente perdita di dati informatici, come specificato nella relazione tecnica depositata dalla medesima persona offesa in data 14.09.09;
- che, pertanto, in data 17.09.2009 il Pubblico Ministero ritenendo la sussistenza di gravi indizi del reato di danneggiamento del sistema informatico disponeva d’urgenza il sequestro preventivo:
* del file “denunciatemi.php” riferito all’URL“http://(omissis).com/iniziativa/020909libia/denunciatemi.php” e di tutti i files ad esso correlati ove presenti negli spazi assegnati al dominio “(omissis).com”;
* di eventuali copie di back up dei files medesimi a partire dal 02.09.09 alla data di esecuzione del presente decreto;
- che la Pubblica Accusa, nel chiedere la convalida del decreto di sequestro adottato di urgenza, rilevava che si versava in caso di urgenza che non consentiva di attendere il provvedimento del Giudice in quanto il meccanismo di mail bombing sopra descritto avrebbe potuto essere ulteriormente replicato su altre pagine web con ulteriore danno per la persona offesa e quindi doveva essere immediatamente rimosso anche in considerazione del tempo complessivamente trascorso dalla querela;
- che, in data 26.09.09, il Giudice per le Indagini Preliminari convalidava il decreto adottato di urgenza dal Pubblico Ministero e disponeva il sequestro preventivo:
* del file “denunciatemi.php” riferito all’URL“http://(omissis).com/iniziativa/020909libia/denunciatemi.php” e di tutti i files ad esso correlati ove presenti negli spazi assegnati al dominio “(omissis).com”;
* di eventuali copie di back up dei files medesimi a partire dal 02.09.09 alla data di esecuzione del presente decreto;
- che in data 05.09.11 il Pubblico Ministero richiedeva l’archiviazione del presente procedimento, medio tempore iscritto nei confronti degli indagati On. S.P. e D.F., non essendo emersi elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio;
- che, infatti, secondo il rappresentante della Pubblica Accusa, gli approfondimenti investigativi promossi in seguito alla esecuzione del sequestro preventivo avevano evidenziato la insussistenza del delitto ipotizzato “per una serie di ragioni:
1) innanzitutto, delle 16.617 mail sequestrate dalla Postale di Roma, presso il gestore Telecom, solo 1.442 erano pertinenti al caso - e quindi inviate per aderire all’iniziativa de qua - mentre 15.175 non lo erano, tanto che sono state successivamente dissequestrate e riconsegnate al soggetto legittimato (l’Avv. C.R.). Anche dal punto di vista qualitativo poi è stato accertato che il peso delle singole mail era di meno di 3 Kb, permettendo di affermare che le dimensioni erano assolutamente risibili;
2) chi ha la capacità di commettere questo tipo di azioni con l’intento più o meno dichiarato di danneggiare il destinatario, lo fa ponendo in atto degli accorgimenti semplici ma efficaci come, ad esempio, celare il reale indirizzo IP del mittente. In questo caso, invece, tutte le mail ricevute all’indirizzo di posta elettronica avv.(omissis)@tin.it sono state inviate dal server, identificato dall’indirizzo “idweb01.(omissis).com”, associato all’indirizzo IP (omissis), a sua volta gestito dalla società I. S.r.l. La proprietà del sito è di (omissis) a Milano ed il gestore dei contenuti è C.A. S.r.l., via (omissis);
3) il file sorgente “denunciatemi.php”, riferito all’URL “http://(omissis).com/iniziativa/020909libia/denunciatemi.php”, è stato analizzato dalla P.G. delegata e, almeno alla data in cui è stato eseguito il sequestro, è risultato che il meccanismo di inoltro delle mail di adesione avveniva con delle procedure che assicuravano il consenso dei legittimi intestatari. Questo ha permesso di escludere anche la possibilità che terzi abbiano inviato le mail in maniera automatica e senza autorizzazioni da parte dei titolari, ovvero degli intestatari delle caselle di posta elettronica;
4) è stato verificato che le mail trasmesse all’indirizzo di posta elettronica della parte lesa riportavano i riferimenti di differenti mittenti. Inoltre, la maggior parte di quelli sentiti, in qualità di persone informate sui fatti, hanno confermato di aver inviato volontariamente l’adesione all’iniziativa, mentre i restanti comunque non lo hanno escluso categoricamente.
Pertanto, non sussiste l’elemento materiale dell’ipotizzato reato di danneggiamento informatico e comunque non è riconducibile alcun dolo di danneggiamento all’indagato sen. S.P., quale autore della pubblicazione sul sito e sul blog (omissis) del post “voglio essere denunciato assieme ad (omissis)”, né all’indagato D.F.C., quale gestore dei contenuti del sito internet, contraddistinto dall’URL http://(omissis).com”;
- che in data 20.01.12 l’Avv. C.R. depositava una memoria con la quale ribadiva che l’afflusso massiccio di mail di adesione alla campagna politica promossa dal sito (omissis) le aveva impedito l’esercizio dell’attività professionale per interi giorni;
- che alla udienza camerale del 16.02.12 le difesa degli indagati deducevano la infondatezza della notitia criminis, mentre la difesa dell’Avv. C.R. si opponeva alla richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero e chiedeva l’emissione di ordinanza dispositiva della c.d. imputazione coatta;

OSSERVA
I) Il presente procedimento impone di acclarare se le modalità di realizzazione dell’iniziativa politica “Voglio essere denunciato insieme ad (omissis)”, integrino o meno un illecito penale (eventualmente ascrivibile ai suoi autori S.P. e D.F.C.) a prescindere dall’aspetto definitorio e, segnatamente, dalla ascrivibilità della stessa alla categoria, invero più descrittiva che ricostruttiva, del mail bombing.
Le indagini hanno evidenziato che la campagna “Voglio essere denunciato insieme ad (omissis)” si è risolta nella diffusione dell’invito, rivolto alla platea degli internauti, sui siti “www.(omissis).it” e “www.(omissis).it” di inviare una mail contenente la richiesta di intraprendere iniziative legali anche nei confronti del soggetto aderente.
Gli inquirenti hanno accertato come gli aderenti abbiano inviato le mail di propria spontanea volontà e come non abbia operato nel caso di specie alcuna strumentazione informatica che avesse efficacia moltiplicatrice nell’invio delle mail.
Le indagini hanno, inoltre, evidenziato in modo inequivoco come l’autore della iniziativa, di evidente natura politica, sia stato indicato dallo stesso partito (omissis) nel Senatore S.P., il quale, peraltro, ne ha confermato la paternità mediante la sottoscrizione di una dichiarazione di responsabilità; la campagna politica di dissenso posta in essere mediante l’invio delle e-mail è, inoltre, stata organizzata e diretta da D.F.C., quale gestore dei contenuti del sito Internet http://(omissis).com.
Le indagini hanno, altresì evidenziato, che la saturazione della casella di posta elettronica dell’Avv. C.R. sia stata causata anche dalla circostanza che altri siti, diversi da quelli della (omissis), successivamente all’allestimento del form avevano realizzato propri collegamenti informatici attraverso i quali consentivano ai propri utenti di aderire alla medesima iniziativa, senza alcuna possibilità di controllo o di inibizione da parte dei gestori del sito originario.
Il Pubblico Ministero nella propria richiesta di archiviazione evidenzia come nel presente procedimento non sia stato accertato né un fenomeno di spamming, né uno di mail bombing.
Lo spamming consiste, infatti, nell’invio massiccio di mail indesiderate all’indirizzo di plurimi destinatari.
Il mailbombing (letteralmente bombardamento postale), per converso, è una forma di attacco informatico in cui elevati quantitativi di e-mail vengono inviati ad un unico destinatario, tramite appositi programmi chiamati Mail-Bomber, provocando la saturazione delle risorse del sistema ed, in definitiva, l’interruzione del servizio (denial of service).
Conseguenze secondarie possono essere l’impossibilità di usare la connessione Internet per altri scopi e il rallentamento o anche il crash dei server impegnati nella scansione antispam e antivirus dei messaggi stessi.
Le difese hanno sostenuto, con varietà di accenti, la impossibilità di sussumere la condotta posta in essere dal S.P. e dal D.F.C. nel paradigma della fattispecie incriminatrice del danneggiamento di sistemi informatici, la inidoneità strutturale del quantitativo di mail pervenute all’indirizzo di posta elettronica dello studio dell'Avv. C.R. ad integrare la distruzione o il deterioramento dei programmi o dei dati informatici richiesto dalla fattispecie incriminatrice, la insussistenza del danno lamentato dalla C.R., che si era invero risolto in un mero disagio.
La difesa di S.P. ha, inoltre, argomentato che la condotta concretamente posta in essere sarebbe risulta integralmente scriminata dal diritto di manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelato.
Da ultimo, entrambe le difese hanno argomentato la insussistenza del dolo di danneggiamento nel predisporre e nel dare attuazione alla iniziativa politica de qua.
Le censure delle parti attingono tutti gli elementi in cui convenzionalmente si scompone l’illecito penale (e, segnatamente, la tipicità, l’antigiuridicità e la colpevolezza) e, pertanto, verranno di seguito analiticamente delibate, pur nella consapevolezza che solo la direzione della volontà colpevole fonda la stessa tipicità di una data condotta.
II) La condotta accertata è certamente illecita e ascrivibile alla fattispecie incriminatrice di cui all’art. 635-bis c.p. (o alternativamente a quella delineata dall’art. 97 D.L.vo 01.08.03 n° 259).
Infatti, il massiccio invio delle e-mail all’indirizzo “avv.(omissis)@tin.it” ha determinato il blocco della predetta casella di posta elettronica e la conseguente perdita di dati informatici, come è stato indicato nella consulenza tecnica depositata dalla medesima persona offesa in data 14.09.09.
Del resto, secondo una consolidata ermeneusi, anche la temporanea indisponibilità del servizio di posta elettronica risulta idonea ad integrare gli estremi dell’alterazione di programmi informatici considerata quale evento dalla fattispecie incriminatrice dall’art. 635-bis c.p.
D’altra parte , l’art. 97 D.L.vo 01.08.03 n° 259 (“Codice della comunicazioni elettroniche”) incrimina i “danneggiamenti e le turbative” che abbiano ad oggetto “i servizi di comunicazione elettronica” e rende punibili tali condotte “ai sensi dell’art. 635, co. II, n° 3, C.P.”.
La integrazione della condotta incriminata dalla fattispecie di cui all’art. 635-bis c.p. si è realizzata, inoltre, secondo lo schema della esecuzione frazionata.
La predisposizione del form “denunciatemi.php” e la sua pubblicazione sui siti “www.(omissis).it” e “www.(omissis).it”, ancorché non attinga ex se il sistema informatico della parte lesa, assume certamente una valenza dichiaratamente istigatoria, laddove la condotta di danneggiamento sia posta in essere dai singoli sottoscrittori in modo massiccio e tale da determinare sinergicamente l’evento di danno contemplato dalla fattispecie incriminatrice del danneggiamento di sistema informatico.
Ciascuna e-mail, aggiungendosi alle precedenti, concorre ad aggravare la saturazione della casella di posta elettronica della denunciante, ancorché il singolo sottoscrittore non sia animato da un intento emulativo, bensì da una spontanea adesione alla posizione politica espressa dal sito dell’On. (omissis).
Del resto, ancorché per quanto consta, l’adesione dei singoli sottoscrittori sia stata assolutamente libera e scevra da intenti emulativi (e, pertanto, non punibile), l’art. 111 c.p. ammette il concorso di persone nel reato anche di soggetti non punibili (anche per carenza dell’elemento soggettivo).
Nessun rilievo al fine di escludere la conformità al tipo legale può, peraltro, assumere il rilievo secondo il quale solo una porzione delle mail sequestrate sul computer della parte lesa (e, segnatamente, 1.442 a fronte dell’intero compendio di 16.617 mail) è risultata essere pertinente alla campagna e che, comunque, il peso di ciascuna delle stesse era esiguo (ovvero inferiore a 3 Kb).
Le valutazioni in ordine alla idoneità della condotta a danneggiare il sistema informatico della vittima sono ultronee laddove si faccia riferimento ad una ipotesi di reato consumato e non già tentato.
Nel caso di specie l’idoneità è dimostrata dall’effetto raggiunto e, segnatamente, dal rilievo secondo il quale, in assenza dell’afflusso obiettivamente anomalo e consistente di mail, non si sarebbe verificata la saturazione ed il blocco della posta elettronica della parte lesa.
Parimenti il concorso colposo della vittima nella causazione dell’illecito, pur ipotizzabile nel caso di specie, non esclude la integrazione dello stesso ove la condotta autolesiva della vittima non sia stata di per sé idonea a cagionare l’evento.
III) Sussiste, inoltre, l’antigiuridicità della condotta accertata, in quanto la stessa non è scriminata dall’esercizio del diritto.
La difesa dell’On. S.P. ha, infatti, affermato che la condotta in contestazione non integra alcun illecito penale, essendo stata giustificata dall’esercizio del diritto di critica politica costituzionalmente tutelato dall’art. 21 Cost.; l’intervento dell’On. S.P. si sarebbe, infatti, risolto esclusivamente nella manifestazione del proprio sostegno alle dichiarazioni provenienti dal leader del partito di appartenenza e del dissenso politico nei confronti dell’operato dell’allora Presidente del Consiglio.
Tale doglianza deve essere disattesa, in quanto si rivela integralmente infondata.
L’art. 21 della Costituzione riconosce e garantisce a tutti la libertà di manifestare il proprio pensiero con qualsiasi mezzo di diffusione.
Tale libertà è collocata tra i valori primari, assistiti dalla clausola di inviolabilità enunciata dall’art. 2 della Costituzione, che, in ragione del loro contenuto, in linea generale si traducono direttamente ed immediatamente in diritti soggettivi dell’individuo di carattere assoluto (C. Cost. sentenza n°112/1993).
Pur avendo affermato e costantemente ribadito che la libertà di manifestazione del pensiero è tra le libertà fondamentali proclamata e protette dalla Costituzione, la Corte Costituzionale ha, tuttavia, reiteratamente chiarito che la disciplina delle modalità di esercizio di un diritto non costituisce per se stessa lesione del diritto medesimo e non è pertanto costituzionalmente vietata anche se possa derivarne indirettamente una qualche limitazione, sempre che il diritto non ne risulti snaturato o non ne sia reso arduo o addirittura impossibile l’esercizio (Sentenze n° 1/1956, n° 121/1957, n° 38/1961, 48 /1964, n° 49/1965, n° 129/1970, n° 138/1985; ordinanze n° 97/1965 e n° 106/1974).
La previsione dell’art. 21 Cost., del resto, non accorda una tutela incondizionata ed illimitata del diritto di manifestare il proprio pensiero, in quanto lo stesso Costituente prevede limiti derivanti dalla tutela del buon costume o dall’esistenza di beni o interessi diversi che siano parimenti garantiti e protetti dalla Costituzione (C. Cost., Sentenza n° 86/1974), nonché dall’esigenza di prevenire e far cessare turbamenti della sicurezza pubblica, la cui tutela costituisce una finalità immanente del sistema (C. Cost., Sentenze n° 19/1962, n° 87/1966, n° 84/1965, n° 65/1970).
D’altra parte il concetto di limite è insito nel concetto di diritto, nel senso che, nell’ambito dell’ordinamento, le varie sfere giuridiche devono necessariamente limitarsi reciprocamente, affinché possano coesistere nell’ordinata convivenza civile.
Pertanto, la libera espressione del pensiero, per spiegare la propria funzione scriminante, deve essere esercitata entro limiti ben definiti e non esclude la sussistenza di un illecito penale ove avvenga con modalità eccedenti o abusive.
Tali limiti devono essere posti dalla legge e devono trovare fondamento in precetti e principi costituzionali, espressamente enunciati o desumibili dalla Carta Costituzionale (C. Cost., Sentenza n° 9/1965 e n° 100/1981).
Se nella riflessione della dottrina e nella elaborazione della giurisprudenza sono stati ampiamente sondati i limiti della libertà di manifestazione del pensiero con riferimento all’esercizio del diritto di cronaca, di critica, di satira, l’ordinamento pone limiti anche nei rapporti con l’altrui sfera proprietaria e nella tutela dell’altrui diritto alla comunicazione informatica.
La fattispecie incriminatrice dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose di cui all’art. 392 c.p., infatti, in linea generale esclude la liceità dell’esercizio di diritti, ancorché contestati, che avvenga con violenza sulle cose.
Ancora più specificamente, l’art. 97 D.L.vo 01.08.03 n° 259 (“Codice della comunicazioni elettroniche”) dedica una norma ai “danneggiamenti e turbative” e prevede che “Chiunque esplichi attività che rechi, in qualsiasi modo, danno ai servizi di comunicazione elettronica od alle opere ed agli oggetti ad essi inerenti è punito ai sensi dell’articolo 635, co. II, n° 3, C.P.”.
Declinando tali principi nel caso di specie, deve rilevarsi che se l’invio di una mail costituisce legittimo esercizio del diritto di manifestazione del pensiero, l’invio massiccio di messaggi ad una casella di posta elettronica costituisce una forma di abuso del diritto (e, segnatamente, un atto emulativo ai sensi dell’art. 833 c.c.) qualora sia finalizzato a recare danno ai sistemi informatici del destinatario, sia pure nella forma dell’interruzione del servizio (denial of service).
La finalità emulativa non è scriminata e si pone al di fuori del perimetro dell’esercizio del diritto di manifestazione del pensiero o di critica politica.
Nel caso di specie, peraltro, le modalità scelte dai siti “www.(omissis).it” e “www.(omissis).it” per esteriorizzare il dissenso alle scelte del Presidente del Consiglio sono risultate certamente eccedenti il limite dell’agire scriminato nei confronti dell’Avv. C.R.
L’Avv. C.R. è, infatti, un patrocinatore ed è, pertanto, un soggetto estraneo all’agone politico.
Ne può diversamente opinarsi dai comunicati stampa mediante i quali l’Avv. C.R. ha dichiarato di aver assunto la difesa dell’allora Presidente del Consiglio in quanto gli stessi evidenziano una finalità esclusivamente notiziale e non mutano il ruolo della C.R. nella vicenda, attibuendole in fatto un ruolo di interlocutore politico che le è strutturalmente estraneo.
Non si vede, peraltro, come un’azione di saturazione degli strumenti informatici del difensore di uno dei contendenti potesse (contribuire a) indurre la parte attrice dal desistere dall’intento di tutelare il proprio onore in sede civile.
L’invio di un numero massiccio di email è atto che, non solo colpisce un soggetto estraneo dialettica politica, ma anche alla successiva controversia civile.
IV) Perché le condotte dell’On. S.P. e del D.F.C. possano integrare il delitto di cui all’art. 635-bis c.p. occorre, tuttavia, che ricorra l’elemento soggettivo del delitto di danneggiamento, che è un dolo generico e può essere integrato anche nelle forme del dolo eventuale.
Sotto tale profilo deve essere condivisa la richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero.
L’On. S.P., probabilmente cadendo in errore sui limiti dell’agire scriminato e sull’esatto perimetro del diritto costituzionalmente tutelato di manifestazione del pensiero, ha inteso primariamente porre in essere una campagna di dissenso politico.
La possibilità di cagionare danno alla strumentazione informatica dell’Avv. C.R. verosimilmente non era tra le finalità dell’azione e non è stata adeguatamente valutata, confidando nella probabile mancata realizzazione dell’evento di danno.
D’altra parte le indagini hanno evidenziato che l’Avv. C.R. era solo uno dei destinatari dei messaggi di protesta, inviati congiuntamente anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ai senatori P. e B.
Proprio questa ultima circostanza rende evidente come nella rappresentazione soggettiva dell’indagato sia stata prioritaria la finalità di ricerca del consenso politico e come debba escludersi plausibilmente una consapevole volontà di danneggiamento, che nel caso di specie avrebbe assunto profili autolesivi.
La rimozione immediata del form dal sito della (omissis) immediatamente dopo il primo reclamo avanzato dall’Avv. C.R. ulteriormente indizia l’assenza del dolo di danneggiamento.
Analoghe argomentazioni inducono a ritenere l’esistenza di un ragionevole dubbio in ordine all’elemento soggettivo del D.F.C., che si qualifica quale “mero gestore tecnico” di una iniziativa ideata in sede politica.
Se l’ideatore nei profili tecnici della iniziativa di protesta poteva certamente rappresentarsi che la casella di posta elettronica dell’Avv. C.R., doveva avere una capienza inferiore (perché parametrata sulle esigenze di un libero professionista) rispetto a quella dei siti istituzionali (quale quella della Presidenza del Consiglio dei Ministri), vi era probabilmente obiettiva incertezza sul tasso di adesione all’iniziativa.
Né, per converso, la stessa poteva essere inferita dal numero elevato di accessi quotidiani ai siti “www.(omissis).it” e “www.(omissis).it” ed alle adesioni riscosse da precedenti campagne politiche svolte su Internet dai medesimi siti, in quanto le indagini hanno rivelato come il form originariamente pubblicato sul sito della (omissis) sia stato copiato ed inserito in numerosi altri siti, senza autorizzazione dei suoi autori, creando un fenomeno di emulazione che non era stato preventivato dagli ideatori e che gli stessi non sono stati in grado di inibire o controllare.
Le incertezza in ordine alla sussistenza del dolo di danneggiamento per entrambi gli imputati, non emendabili da eventuali indagini integrative, impone l’accoglimento della richiesta di archiviazione.
La condotta per come accertata nel presente procedimento, pertanto, non è penalmente rilevante, per carenza dell’intenzione di danneggiare, ma integra certamente un fatto illecito civile, in quanto non iure e contra ius.
La richiesta di archiviazione deve, pertanto, essere accolta in quanto all’esito delle investigazione non sono emersi elementi probatori idonei a far ritenere che all’esito di un futuro giudizio di merito si possa addivenire alla affermazione di una responsabilità penale degli indagati oltre ogni ragionevole dubbio.

P.Q.M.

Letto l’art. 409 c.p.p., dispone l’archiviazione del procedimento e la restituzione degli atti al Pubblico Ministero richiedente.
Così deciso in Milano, l’01.08.12.
Il Giudice
dott. Fabrizio D’Arcangelo

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