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PRIVACY - Sentenze ex art. 152 D.L.vo 196/03 e impugnazione.

Written by Avv. Salvatore Frattallone. Posted in Privacy

Cassazione civile, Sez. Un., 15/25.02.2011, n° 4617

La questione affrontata dalle Sezioni Unite attiene ai limiti per ricorrere in via immediata per Cassazione avverso le sentenze emesse dall'A.G.O. ex art. 152 D.L.vo 196/03, a seguito di procedimento per violazione delle regole che presiedono alla protezione dei dati personali: non sempre la pronuncia di primo grado è ricorribile direttamente  in Cassazione.
L'impugnazione di un provvedimento giurisdizionale - si è infatti stabilito - dev'essere proposta nelle forme previste dalla legge per la domanda così come è stata qualificata dal Giudice a quo
(a prescindere dalla correttezza di tale qualificazione, che se correttamente motivata non è censurabile in sede Cassazione), e non come le parti ritengano che debba essere inquadrata.

Conseguentemente - rigettando il gravame di legittimità - si è stabilito che è inammissibile il ricorso immediato in Cassazione contro la sentenza con cui il Tribunale, interpretando la domanda, abbia statuito ex art. 2043 C.C. (ritenendo che si sia trattato, nella specie, di danno aquiliano dovuto a lesione di un diritto soggettivo da azionare nell'ambito di un ordinario giudizio di cognizione), anziché ai sensi dell'art. 152 D.L.vo n° 196/03 (per illecito trattamento di dati personali).
Contro una decisione di tal fatta semmai - secondo le Sezioni Unite - andava proposto appello, non essendo mai stata dedotta nel merito la lesione della privacy, quanto un pregiudizio extracontrattuale asseritamente arrecato al ricorrente per i caratteri offensivi e diffamatori derivanti dalla pubblicazione d'una sua foto segnaletica (scattata in relazione a un arresto per furto d'energia elettrica condominiale, il giorno dopo revocato per insussistenza d'esigenze cautelari).

 

Cassazione civile, Sez. Un., 15/25.02.2011, n° 4617
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA  Paolo, Primo Presidente f.f.
Dott. TRIOLA    Roberto Michele, Presidente di Sezione
Dott. MERONE    Antonio,Consigliere
Dott. PICCIALLI Luigi, Consigliere
Dott. MASSERA   Maurizio, rel. Consigliere
Dott. MACIOCE   Luigi, Consigliere
Dott. PETITTI   Stefano, Consigliere
Dott. TIRELLI   Francesco, Consigliere
Dott. BOTTA     Raffaele, Consigliere  -  
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4929-2009 proposto da: M.S., elettivamente  domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli Avvocati Silva Fronza e Arturo Giuliano, per deleghe in atti, ricorrente;
contro S. (omissis) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata  in  Roma, Via G. Palombini n° 2, presso lo Studio dell'Avvocato Salvatore De Francesco, che la rappresenta e difende unitamente  all'Avvocato Andrea Radice, per delega a margine del controricorso, controricorrente;
e contro il Garante per la protezione dei dati personali, intimato;
avverso la sentenza n° 1141/2007 del Tribunale di Trento, depositata il 06.02.2008;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 15.02.2011 dal Consigliere Dott. Maurizio Massera;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. Raffaele Ceniccola, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo
1 - M.S. ricorreva ai sensi del D.L.vo. n° 196 del 2003, art. 152, al Tribunale di Trento chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito della pubblicazione sul quotidiano (omissis) della propria foto segnaletica in occasione dell'arresto per furto di energia elettrica condominiale, revocato già il giorno successivo per insussistenza delle esigenze cautelari.
2 - Radicatosi il contraddittorio, la S. (omissis) S.p.A. eccepiva l'irritualità della procedura seguita, essendo stato dedotto non il trattamento di un dato personale, ma la violazione di un diritto soggettivo da valutarsi in un ordinario giudizio di cognizione.
3 - Con sentenza in data 06.02.2008 il Tribunale adito, condivisa la tesi della convenuta, dichiarava l'inammissibilità dell'azione come proposta.
4. Il M.S. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi; con il primo denuncia violazione del D.L.vo. n° 196 del 2003, art. 152, commi 1 e 2, nullità della sentenza e difetto di motivazione; con il secondo lamenta violazione degli artt. 112 e 427 C.P.C., nullità della sentenza e contraddittorietà motivazione.
5 - La S. (omissis) S.P.A. ha resistito con controricorso, concludendo per l'inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.
6 - La trattazione del ricorso, originariamente assegnato alla terza Sezione, è stata da questa rimessa alle Sezioni Unite sollecitandone una nuova pronuncia in ordine ai limiti della ricorribilità immediata per cassazione avverso le sentenze emesse dall'Autorità Giudiziaria Ordinaria in tema di trattamento dei dati personali D.L.vo. n° 196/2003, ex art. 152.

Motivi della decisione
1 - Riveste carattere pregiudiziale l'esame di una questione che attiene all'ammissibilità del ricorso e che la Corte può rilevare d'ufficio.
2 - Il Tribunale adito ha affermato che "dalla lettura complessiva dell'atto di citazione deve ritenersi che il ricorrente abbia proposto domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno in quanto la convenuta avrebbe pubblicato sul quotidiano da essa edito una foto che, per la sua caratteristica di foto segnaletica, presentava caratteri offensivi e diffamatori" e ne ha tratto la conseguenza che "la domanda dell'attore si fonda non sul semplice trattamento di un dato personale, ma sulla diffusione di un'immagine del ricorrente che, per la sua peculiare natura, risulta offensiva per l'interessato. La domanda risarcitoria si fonda, quindi, sulla violazione dell'art. 495 (rectius: 595 C.P.) ovvero del combinato disposto dell'art. 2043 c.c. e art. 2 Cost. se si vuole intendere dedotta in giudizio una lesione alla dignità ed onorabilità dell'interessato".
3 - Il Tribunale ha statuito nell'ambito delle proprie attribuzioni, essendo orientamento consolidato (si veda, ex multis, la sentenza n. 22893 del 09.09.2008) che l'interpretazione della domanda giudiziale costituisce operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua e adeguata.
4 - L'interpretazione della domanda del M.S. da parte della sentenza del Tribunale ha determinato il mezzo di impugnazione conseguentemente esperibile. Infatti, è certo (Cass. Sez. 3, n° 30201 del 23.12.2008; nello stesso senso la recente Cass. Sez. 6 n° 21363 del 15.10.2010) che l'impugnazione di un provvedimento giurisdizionale deve essere proposta nelle forme previste dalla legge per la domanda così come è stata qualificata dal giudice (a prescindere dalla correttezza o meno di tale qualificazione, peraltro nella specie non specificamente censurata), e non come le parti ritengano che debba essere qualificata.
5 - Il Tribunale ha interpretato la domanda come esclusivamente finalizzata ad ottenere il risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo, come tale da far valere ai sensi dell'art. 2043 C.C. e, quindi, attraverso il giudizio di cognizione ordinario.
6 - Pertanto il mezzo d'impugnazione consentito dall'ordinamento era l'appello e non il ricorso immediato per cassazione. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione considerato che la ragione dell'inammissibilità del ricorso è stata rilevata d'ufficio.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 15.02.2011.
Depositato in Cancelleria il 25.02.2011

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