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PRIVACY - HuffPost, "Anziani maltratatti e abusati, un fenomeno spesso ignorato che interessa uno su dieci".

www.huffingtonpost.it, 14.10.2016, di Johann Rossi Mason

(da huffingtonpost.it, 13.10.2016, di Johann Rossi Mason*)   

Non deve essere un problema squisitamente italiano se anche il Cochrane si interessa al problema dei maltrattamenti e agli abusi sugli anziani. Alcune ricerche stimano che il problema interessi un anziano su dieci, un problema globale: atti singoli o reiterati di violenza fisica, psicologica o verbale, incuria o abbandono a danno di persone fragili a causa della loro età. Ed è un errore pensare che a perpetrare questi comportamenti siano badanti o personale di residenze sanitarie: le ricerche infatti rivelano che i persecutori sono nella maggior parte dei casi gli stessi parenti, figli in particolare. Abbandono, maltrattamenti, umiliazioni, botte ma anche abusi sessuali, economici e frodi sono ciò che può avvenire dietro a porte ben chiuse e che rende difficile e complesso squarciare un velo doloroso. Anziani spesso non autosufficienti, affetti da demenza vittime silenti. Situazioni talmente diffuse che un team Cochrane, un network internazionale indipendente che riunisce ricercatori e persone che hanno come interesse la salute delle popolazioni, ha messo a punto programmi specifici per prevenire e ridurre questi abusi odiosi.

Sono stati analizzati i risultati di sette studi in una review che ha incluso 1900 anziani e 700 persone tra caregivers individuando che i maltrattamenti peggiorano i deficit cognitivi e la demenza negli anziani e ne accelerano la morte prematura mentre favoriscono l'insorgenza di ansia e depressione, rabbia, impotenza anche in chi si occupa di un anziano malato senza averne le risorse, le capacità psicologiche e un adeguato supporto sociale. La società americana di gerontologia ha iniziato con l'identificare i fattori di rischio e i segni che possono rivelare ai maltrattamenti: evidenza di tensioni, atteggiamento di paura, cambiamenti nel comportamento nell'anziano come aggressività o chiusura, evidenza di contusioni, lividi, fratture, stato confusionale determinato presumibilmente da un abuso di tranquillanti, ma anche segni sui polsi e occhiali rotti. Sono "red flag" anche disidratazione e malnutrizione, piaghe da decubito e condizioni igieniche scarse che possono saltare all'occhio dei sanitari ad esempio di una visita a domicilio o di un ricovero.
Perché accade? In molti casi le persone si trovano ad accudire un genitore o una persona anziana senza averne le risorse psicologiche, emotive, motivazionali o economiche. Le responsabilità possono essere molto stressanti e aprire la via a sindromi da stress come quella da burn out con una escalation di rabbia e rancore che può assumere una deriva patologica. Una giustificazione? Certamente no, ma l'evidenza che non tutti sono adatti o hanno la capacità fisica o intellettuale per assumersi una simile responsabilità, talora per anni. Sono a maggior rischio le situazioni in cui la malattia è grave, il paziente ha uno stato di demenza avanzato e quando la coppia familiare non ha sufficiente supporto sociale e rimangono soli la maggior parte del tempo entrando in una spirale di desolazione.
Anche quando l'abuso avviene in una casa di risposo o una struttura, l'anziano spesso non denuncia, teme ritorsioni o che nessuno si prenderà cura di lui, mentre in altri casi arriva a incolpare se stesso e a credere di meritare ciò che gli sta accadendo. Ci si interroga quindi sulla possibilità o la necessità di porre delle telecamere di sorveglianza in scuole, istituti, residenze assistenziali e ovunque ci siano soggetti fragili che possono essere oggetto di maltrattamenti. l'Avvocato Salvatore Frattallone, penalista ed esperto di diritto della privacy, con Studi a Padova, Roma e Modena, spiega ciò che è legale allo stato attuale secondo le norme.
"I reati possono essere quelli di lesioni personali e abuso dei mezzi di disciplina. Nelle urine dei pazienti possono emergere eccessi di benzodiazepine o di anfetamine, a riprova del fatto che vengono somministrati sedativi per calmarli e per tenerli buoni. Ma può trattarsi anche di maltrattamenti, minacce o percosse. Non sono rare le immagini di telecamere installate su ordine del giudice installate dalle forze dell'ordine che svelano punizioni corporali, insulti e vessazioni psicologiche.
Un parente può ascoltare quanto accade nella casa di riposo, mettendo addosso all'anziano un microfono al fine di tutelarlo? "No, si tenga presente che le intercettazioni possono essere ordinate soltanto dal giudice per le indagini preliminari, qualora che venga attivato da una richiesta del Pubblico ministero, dopo che la denuncia-querela è stata depositata dalla famiglia", chiarisce il penalista patavino. "I privati non possono mai installare telecamere per vedere cosa accade. Si tratterebbe di captazioni illecite: il codice sul punto è chiaro".

Come si pone il Garante della privacy?
"Il Garante per la protezione dei dati personali ha ritenuto che l'impiego di sistemi di videosorveglianza deve risultare effettivamente necessario e proporzionato agli scopi che si intendono perseguire, tanto più quando si tratta di dispositivi particolarmente invasivi come le webcam, inoltre sino a prova contraria va salvaguardata anche la dignità dei lavoratori per i quali la legge vieta l'uso di mezzi di controllo a distanza. Tuttavia, quando si tratti non di contestare al lavoratore semplici mancanze disciplinari (per le quali è sufficienti dar corso alle adeguate informative nei confronti dei dipendenti come prevede il codice privacy, evitando controlli occulti), ma di perseguire reati e di raccoglierne le prove, allora lo stesso datore di lavoro, in particolare dopo il jobs act, ha il potere di correre ai ripari, raccogliendo le immagini degli illeciti del lavoratore, mediante i c.d. controlli difensivi, legittimati dalla stessa Cassazione" conclude il legale.

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(Johann Rossi Mason*, di madre italiana e padre americano, ha radici che affondano ai 4 angoli del mondo. Curiosa, e irrequieta è giornalista medico scientifico, ex conduttrice tv e autrice di libri di divulgazione. Specializzata in neuroscienze, psichiatria e psicologia sociale ha iniziato nel 1990 la carriera giornalistica e ha collaborato per 18 anni con La Repubblica e il Gruppo L’Espresso. Ama i cavalli, le peonie e la cancelleria. Vive a Roma con la figlia, un cane e due gatti. Il suo hashtag è #masonimpossible). 

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