Penale

PENALE - Separazione giudiziale, appropriazione indebita e punibilità.

delitto contro il patrimonio tra coniugi non separati

Il caso di reati contro il patrimonio commessi in danno di congiunti è quantomai frequente, quasi un "must".
È punibile il consorte denunciato, nell'ipotesi di furto o di appropriazione indebita di mobili e altri effetti dell'altro coniuge, commessi dopo che in sede presidenziale sono stati pronunciati i cc.dd. provvedimenti temporanei e urgenti dal Presidente del Tribunale, che abbia autorizzato i coniugi a vivere separati? La Cassazione ha chiarito che la causa di non punibilità di cui all'art. 649, co. 1, n° 1, C.P. resta applicabile ben oltre l'Ordinanza presidenziale de qua, atteso che tale esimente esplica effetti fino alla pronuncia della Sentenza che conclude il procedimento civile promosso con la domanda giudiziale di separazione legale tra i coniugi.

Corte di Cassazione, Sez. II Penale, Sentenza 10.06/27.09.2011 n° 34866

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:  
Dott. PAGANO Filiberto, Presidente
Dott. GENTILE Domenico, Rel. Consigliere
Dott. PRESTIPINO Antonio, Consigliere
Dott. MACCHIA Alberto, Consigliere
Dott. MANNA Antonio, Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da: 1) G.B., nato il (omissis); 2) F.I., nata il (omissis);
avverso la Sentenza n° 2384/09 della Corte d'Appello di Palermo, del 22.02.2010;
visti gli atti, la Sentenza e il Ricorso;
udita in pubblica udienza del 10.06.2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Domenico Gentile;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dott. Oscar Cetrangolo, che ha concluso per l'inammissibilità del Ricorso;
letti il Ricorso ed i motivi proposti.

Considerato in fatto

Il Tribunale di Palermo, con Sentenza del 20.03.2009, dichiarava non doversi procedere contro:
F.I. in ordine al reato di appropriazione indebita (art. 646 C.P.) dei mobili ed altri effetti di proprietà del coniuge separato G.B. perché il reato era estinto per prescrizione.
Investita del gravame della parte civile, la Corte di Appello di Palermo rilevava che, al momento della condotta contestata, l'imputata si trovava ancora in costanza di vincolo matrimoniale con il G.B., tanto che il fatto era stato denunciato nel corso del procedimento di separazione e pertanto, con decisione del 22.02.2010, in riforma della Sentenza di primo grado, assolveva la F.I. perché non punibile ai sensi dell’art. 649, co. 1, C.P.;
Ricorre per Cassazione la parte civile G.B., deducendo:
Motivi ex art. 606, co. 1, lett. b), C.P.P.
- la Sentenza impugnata sarebbe da censurare per avere malamente applicato l'esimente ex art. 649 C.P., atteso che al momento dei fatti era già intervenuta l'ordinanza del Presidente del Tribunale che autorizzava i coniugi a vivere separati; ne derivava la cessazione della "affectio familiaris" con impossibilità di applicazione della causa di non punibilità; chiede l'annullamento della Sentenza impugnata.

Considerato in diritto

Il Ricorso sostiene una tesi infondata, perché in contrasto con l'inequivoco tenore letterale dell’art. art. 649, co. 1, n° 1, che prevede la causa di non punibilità per il coniuge "non legalmente separato" (Cass. Penale, Sez. VI, 16.12.2002 n° 1762);
ne deriva che l'esimente opera sino alla conclusione dell’azione di separazione dei coniugi con pronuncia della sentenza di separazione legale dei coniugi, a nulla rilevando a fini penali, l'eventuale l'autorizzazione presidenziale che autorizza i coniugi a vivere separati.
I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606, lett. e), C.P.P., in quanto trascurano di prendere in considerazione la specifica motivazione adottata dalla Corte di Appello, sicché sono da ritenersi inammissibili.
Ai sensi dell’art. 616 C.P.P., con il provvedimento che dichiara inammissibile il Ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di € 1.000,00, cosi equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il Ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10.06.2011.
Depositato in cancelleria il 27.09.2011

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