Penale

PENALE - La tutela cautelare reale e la confisca informatica ex L. 15.02.2012 n° 12.

crimi informatici e confisca

Prima prove, poi nuovi strumenti per le forze dell'ordine. Meno di un anno fa veniva inaugurata, con la L. 15.02.2012 n° 12, una nuova era di feroci battaglie alla criminalità informatica, introducendo (nell'art. 240 C.P.) il numero 1-bis che, in maniera tanto perentoria quanto precisa, ha enumerato una serie di reati (per l'appunto, "informatici e telematici"), per i quali opera la confisca obbligatoria di beni e strumenti utilizzati per la loro commissione.
Indubbiamente la finalità cautelare reale della nuova disposizione normativa ha chiarezza cristallina, ma - come palesato all'art. 2, co. II, della citata legge - emerge anche una finalità economica, funzionale al contrasto della criminalità informatica: l'affidamento e la facoltà d'uso dei beni sequestrati, e poi confiscati, ad organi di polizia che ne facciano richiesta. Polizia ed altri organi dello Stato possono, quindi, ricavare da fruttuose operazioni di sequestro (con conseguente confisca) degli utili e sempre aggiornati strumenti per la costante "guerra virtuale" che ogni giorno intendono combattere.

Era principalmente questa, tra le altre, la prima preoccupazione del legislatore, nel momento in cui approvò l'iniziale disegno di legge? O è stato solo un pensiero concretizzatosi successivamente e in maniera accessoria alla finalità cautelare? Può l'art. 100 D.P.R. 309/90, in materia di destinazione di beni sequestrati o confiscati a seguito di operazioni antidroga, essere stata la fonte d'ispirazione per l'introduzione di questa novella? Non possiamo affermarlo con certezza, ma sta di fatto che, da quasi un anno, agenti e ufficiali di polizia possono contare su software, computer e strumenti informatici sempre nuovi.
La sentenza del Tribunale di Napoli qui riportata ha esplicitato in parte motiva, peraltro in maniera quantomai laconica (ma, per questo, non dubbia o incerta), che tutto il materiale previamente sequestrato va confiscato, senza nessuna esclusione. Con cinque semplici parole, il citato giudice di merito ha arricchito le forze dell'ordine di "2 pc, 1 pendrive e altro materiale" informatico.
Dunque, non occorrono particolari formalità né formule di stile, giustificazioni dettagliate o spiegazioni, perché il sequestro sia trasformato in confisca.
L'applicazione della novella n° 12/2012 risulta quindi, dal punto di vista sia sostanziale che procedurale, concentrata nello spazio di vita di un telegramma, atteso che il provvedimento di trasformazione del vincolo e di assegnazione è privo di fronzoli.
È solo economicità motivazionale oppure, dietro ad una formula tanto semplice quanto breve, si cela l'esigenza d'una sin troppo rapida acquisizione di beni altrui, "riconvertiti" al contrasto alla criminalità?
Certo, la confisca de qua non consentirà a tutta la polizia giudiziaria d'Italia di disporre di nuovi modelli di laptop, palmari e hard disk, col relativo bagaglio di sofware, ma chi ben comincia è a metà dell'opera. Che se poi il magistrato si ricordasse di riportare nel dispositivo anche la statuizione scritta in motivazione, forse, sarebbe meglio.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE DI NAPOLI
IL GIUDICE MONOCRATICO DI NAPOLI
V SEZIONE PENALE

Dr.ssa Maria Adele Scaramella all'udienza del 07.05.2012 ha emesso la seguente

Sentenza

nei confronti di M.I.C., nato il (omissis), arrestato presente imputato: vedi imputazione allegata,
1) del reato di cui all'art. 171-ter- co. I, lett. d), e co. II, lett. a), legge 22.04.1941 n° 633, come modificato dalla L. n° 248/2000, perché, deteneva per la vendita o poneva altrimenti in commercio n° 3.280 CD e DVD illecitamente riproducenti opere cinematografiche, musicali e giochi per play station tutti privi del marchio S.I.A.E., per un numero complessivo superiore a 50 copie di opere tutelate dal diritto d'autore;
2) del reato di cui all'art. 648 c.p., perché, al fine di trarne profitto, acquistava o riceveva la merce indicata al capo che precede, di cui gli era nota la provenienza illecita in quanto illecitamente prodotti e privi del marchio S.I.A.E.
In Napoli, fatti accertati il 06.05.2012.

Motivi della decisione
Il giorno 05.05.2012 alle ore 21 circa, a seguito di sorpresa in flagranza dei reati in rubrica veniva arrestato M.I.C., per aver installato all'interno del sistema Bancomat dell'agenzia dellla banca (omissis) ad An., scanner ed altro materiale idoneo ad intercettare comunicazioni relative al sistema informatico, e per aver compiuto atti idonei ed univoci diretti alla falsificazione di un numero indefinito di carte di credito.
Raccolta la relazione dell'agente di P.G. che aveva effettuato l'arresto, e contestati i reati come da capo di imputazione formulato dal P.M., l'imputato veniva sentito sui fatti e, dopo la convalida dell'arresto, come da Ordinanza allegata al verbale di udienza, si procedeva al giudizio con rito direttissimo.
Preliminarmente al dibattimento il prevenuto chiedeva che il giudizio venisse svolto nelle forme del giudizio abbreviato a norma degli artt. 452, 438 c.p.p.
Quindi, disposto in conformità il mutamento del rito, le parti concludevano come indicato a verbale.
Ritiene il giudice che dal coacervo degli elementi utilizzabili ai fini della decisione, emerga la penale responsabilità dell'imputato in ordine a tutti i reati ascrittigli.
Invero il 05.05.2012 alle ore 13:30, un militare dalla Stazione Cc di An., si recava presso lo sportello Bancomat della banca (omissis) per effettuare un prelievo di denaro, e constatava alcune visibili anomalie della fessura dello sportello in cui si inserisce la carta di credito.
Da più approfonditi accertamenti emergeva che sul bancomat era stata installata un'apparecchiatura del tipo "skimmer", cioè un lettore che cattura i dati della banda magnetica con la semplice "strisciata" della carta su di esso, e che consente, poi, di trasferire tali dati su p.c. dove, mediante apposito programma di gestione per bande magnetiche, essi possono essere riprodotti su carte intatte che "clonano" quelle originali.
Veniva dunque organizzato un servizio di appostamento, al fine di individuare il soggetto che aveva predisposto il sistema e avrebbe dovuto, necessariamente, intervenire a rimuoverlo, posto che i dati immagazzinati devono essere trasposti su un computer per consentirne l'illecito utilizzo.
Alle ore 21:00 circa, sopraggiungeva un uomo, poi identificato nell'odierno imputato, che con mossa fulminea rimuoveva l'apparecchiatura che era attaccata alla postazione Bancomat con nastro biadesivo e che, alla vista dei militari, sopraggiunti e qualificatisi come appartenenti alle Forze dell'Ordine, si dava a precipitosa fuga e tentava, inoltre, di disfarsi dello "skimmer" e della piattaforma in alluminio appena prelevati, lanciandoli nei terreni circostanti. Bloccato e perquisito, si rinveniva sulla sua persona materiale vario, tra cui 10 banconote da € 100 ed alcune micro batterie dello stesso tipo di quelle che alimentavano lo "skimmer", di cui l'imputato si era liberato durante la fuga e che era poi ritrovato a poca distanza. Nei terreni sui quali il fuggitivo aveva poi lanciato gli oggetti che aveva indosso, veniva trovato anche un pezzo artigianale di alluminio, recante ancora la scritta "ritirare banconote", ed in tutto simile ad un normale Bancomat, ma recante nella parte retrostante una microcamera, un dispositivo pen drive per registrare i dati e tre batterie di cellulari.
A seguito di perquisizione nei locali della camera dell'albergo L. di An., dove M. alloggiava, poi, venivano scoperti, reperiti 2 Pc, 1 pen drive ed altro materiale, idoneo a riprodurre i dati immagazzinati dalla telecamerina nascosta nel pannello di alluminio sotto la scritta "ritirare banconote". Il materiale tutto veniva sequestrato, mentre il prevenuto veniva tratto in arresto dai militari operanti.
Tutto ciò premesso, si ritiene raggiunta la dimostrazione della responsabilità di M.I.C. per i reati a lui ascritti.
Quanto al reato sub A), previsto dall'art. 617-quinquies, co. 2, c.p., va osservato, infatti, che certamente ricorrono gli elementi costituivi del delitto contestato atteso che la condotta di colui che installi, all'interno del sistema bancomat di un'agenzia di banca, uno scanner per bande magnetiche con batteria autonoma di alimentazione e microchip per la raccolta e la memorizzazione dei dati, al fine di intercettare comunicazioni relative al sistema informatico, integra tale reato (cfr. Cass. Pen., Sez. V, n° 36601, del 09.07.2010), ciò che senza dubbio alcuno è avvenuto nel caso di specie, come si desume dalle inequivoche risultanze istruttorie, ed in particolare dagli esiti dell'attività descritta dal verbalizzante e caduta sotto la diretta percezione dei militari e dal ritrovamento di tutto il materiale poi sequestrato: sia quello che era stato apposto presso l'agenzia della Banca, sia quello che era stato rinvenuto a seguito della perquisizione nell'Hotel L.
Nessun dubbio sull'attribuibilità dei fatti all'imputato (che aveva rimosso l'apparecchiatura ed aveva predisposto presso la stanza dell'albergo in cui alloggiava la strumentazione idonea a riprodurre i dati illecitamente carpiti), nè, inoltre, sulla sua piena consapevolezza dell'illiceità dell'azione, insita nel suo stesso compimento ed inoltre chiaramente comprovata dalla condotta tenuta al momento in cui era stato sorpreso dai militari appostati, visto che il M.I.C. si era dato a precipitosa fuga, cercando, inoltre, di disfarsi dell'apparecchiatura appena rimossa.
Trattandosi, poi, di reato di pericolo, non è necessario accertare, ai fini della sua consumazione, che i dati siano effettivamente raccolti e memorizzati.
Ricorre, poi, l'aggravante di aver agito in danno di un sistema informatico e telematico di impresa esercente servizio di pubblica necessità.
In relazione, poi, al reato sub B), va precisato che, come già indicato dal P.M. nel corpo della contestazione, deve qualificarsi il delitto quale tentativo di falsificazione di carte di credito, ex artt. 56 c.p. e 55, co. 9, D.L.vo n° 231/2007.
Il M.I.C., infatti aveva posto in essere atti idonei ed inequivoci diretti alla falsificazione o alterazione di carte di credito o di pagamento o altri documenti analoghi abilitanti al prelievo di denaro contante.
Egli, invero, aveva installato l'apparecchio "skimmer" che consentiva di catturare i dati della banda magnetica della carta di credito utilizzata presso l'agenzia della banca, mentre la telecamerina nascosta al di sotto della scritta "ritirare banconote"consentiva di visualizzare il codice segreto digitato sulla tastiera dagli ignari utenti.
Tali dati, poi, trasferiti sul computer - ed in particolare sui due p.c. rinvenuti e sequestrati nella stanza d'albergo dove alloggiava il prevenuto - trascritti su di una carta "vergine", avrebbero consentito di ottenere delle carte falsificate che abilitavano al pagamento o al prelievo di denaro contante.
È palese che nella specie, il sistema era stato completamente predisposto, e l'evento finale non si era poi realizzato solo grazie all'intervento dei carabinieri che avevano arrestato l'imputato.
Del reato tentato, così configurato, ricorrono pienamente, con palese evidenza, tutti gli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi.
L'imputato va dunque riconosciuto colpevole e condannato in relazione ad entrambi i delitti di cui ai capi A) e B).
Allo stesso, in considerazione delle modalità del fatto, possono essere concesse le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata e alla residuale aggravante.
L'intima connessione obiettiva esistente tra i reati induce a ritenere che le diverse violazioni di legge siano state commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, sicchè gli illeciti vanno unificati, ai sensi dell'art. 81 c.p., sotto la più grave ipotesi, che è nella specie rappresentata dal delitto sub A).
E dunque, visti i criteri indicati all'art. 133 c.p., con la riduzione per il rito prescelto, si stima equo irrogare la pena di anni uno di reclusione (pena base, riuniti i reati dalla continuazione sotto la più grave ipotesi ex art. 617-quinquies c.p., anni 1 di reclusione aumentata ex art. 81 ad anni 1 mesi e 6 di reclusione, ridotta per il rito alla pena inflitta).
Consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e a quelle di custodia cautelare in carcere.
Confisca di quanto in sequestro.
Si provvede sulla libertà personale come da separata Ordinanza.

P.Q.M.

Letti gli artt. 438, 533, 535 c.p.p., dichiara l'imputato colpevole dei reati ascrittigli, qualificato il reato sub B) quale tentativo di falsificazione di carte di credito, riuniti in continuazione e, con le generiche equivalenti alla recidiva, e con la riduzione per il rito, lo condanna alla pena di anni uno di reclusione, oltre spese processuali e di custodia.
Si provvede sulla libertà personale come da separata Ordinanza.

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