Penale

PENALE - L'art. 131-bis c.p., in vigore dal 02.04.2015, è rinunciabile da parte dell'indagato/imputato? Caratteri della "particolare tenuità del fatto" che rende il reo non penalmente punibile.

not guilty isn't innocent

D.L.vo n° 28/2015: "Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014 n° 67".

Il principio su cui si fonda la norma, in vigore 02.04.2015, prevede che quando l’offesa sia tenue e il comportamento non sia abituale, la relativa tutela è demandata alla sede civile. Il giudice dovrà tener conto dell’entità dell’offesa, delle circostanze del fatto, della personalità dell’autore e della natura del bene tutelato: Il fatto è da considerarsi come “tenue” quando:
- l’offesa è particolarmente tenue, tenendo conto sia della modalità della condotta e sia dell’esiguità del danno o del pericolo;
- il comportamento dell’autore non sia abituale.
In ogni caso, però, ricorrendo determinate ipotesi, il fatto non può venire considerato di particolarmente tenuità: nel caso di reato commesso per motivi abietti o futili o con sevizie o crudelta', anche solo in danno di animali, o se sussiste la minorata difesa della vittima, anche in  riferimento alla sua eta' oppure se la condotta del reo ha causato, come conseguenze non volute, morte o lesioni personali gravissime d'una persona. ll legislatore ha poi stabilito quando il comportamento debba ritenersi abituale, ai fini di questa disposizione: 

oltre al caso in cui il reo sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, è ostativo al beneficio sia il fatto che egli abbia commesso altri reati della stessa indole anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuità, sia il caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Come chiesto dalla Commissione Giustizia, peraltro, è stato esplicitato il criterio di computo della pena edittale, escludendo che l'attenuante comune della tenuità del fatto o del pericolo impedisca la declaratoria ex art. 131-bis c.p. 
1) La novella ha quindi introdotto, da un lato, un'altra ipotesi di archiviazione del procedimento in sede di indagini preliminari (art. 411 c.p.p.) e, dall'altro, ha previsto un meccanismo di opposizione, ricalcando grosso modo quella tipica della p.o., ed attribuendone la facoltà sia alla vittima del reato sia allo stesso indagato, che potranno (a pena d'inammissibilità) motivatamente dissentire (nel breve termine dei gg. 10 dalla notifica dell'avviso) dall'iniziativa del P.M. ed essere sentiti dal G.I.P. in apposita udienza camerale. 
2) Invece, qualora risulti già esercitata l'azione penale, il Giudice potrà discrezionalmente pronunciare inappellabilmente la s.n.d.p. in via predibattimentale, udite però la persona offesa se comparsa in udienza. 
3) Qualora infine si sia proceduto al vero e proprio dibattimento - cui è equiparato il rito abbreviato "accettato" dalla p.o. - la s.n.d.p. comporterà il solo proscioglimento in sede penale, mentre esplicherà effetti, pregiudizievoli per il reo, in sede civile ed amministrativa. La nuova causa d'archiviazione dunque non "farà stato" negli altri giudizi, ma se essa risulterà all'esito del giudizio allora avrà efficacia extrapenale, il che dovrà far riflettere sulla diversa incidenza del proscioglimento in caso di persona offesa e/o parte civile costituita atteso che il processo in contraddittorio implica un accertamento di responsabilità. 
Se sussistono queste condizioni, lo Stato potrà essere chiamato a rendere una tutela risarcitoria o restitutoria nella separata sede civilistica. Il giudice penale, in sede di valutazione della particolare tenuità del fatto, dovrà comunque tener conto delle istanze della persona offesa e dell’indagato. Il decreto legislativo introduce peraltro un apposita menzione nel casellario giudiziario dei provvedimenti in materia di particolare tenuità del fatto, che resteranno dunque annotati nella "fedina penale".
Merita un cenno, infine, la circostanza che la nuova causa di non punibilità, rimessa al prudente apprezzamento del giudice, non pare affatto rinunciabile da parte dell'indagato e/o imputato, poiché un conto è aver contemplato il caso del dissenso esternato dalle eventuali parti private, altro è non aver escluso che il giudice, nella sua soggettiva valutazione, possa comunque, procedere definendo il procedimento nolente l'indagato/imputato. Ciò, ovviamente, è particolarmente sconcertante, dato che questi, se si ritiene integralmente  innocente, avrà viceversa interesse a sentir dichiarata la propria non colpevolezza, ad esempio "perchè il fatto non sussiste" nella sua oggettività materiale o per assenza di antigiuridicità del fatto ascrittogli.

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DECRETO LEGISLATIVO 16 marzo 2015 n° 28, 
pubblicato in G.U. Serie Gen. n° 64 del 18.03.2015

 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; 
Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400; 
Vista la legge 28 aprile 2014, n. 67, recante deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e  di  riforma  del  sistema sanzionatorio nonché disposizioni  in  materia  di  sospensione  del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, in particolare l'articolo 1, comma 1, lettera m); 
Visto  il  regio  decreto  19  ottobre  1930,  n.   1398,   recante approvazione del testo definitivo del codice penale; 
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, recante approvazione del codice di procedura penale; 
Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri, adottata nella riunione del 1° dicembre 2014; 
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni  della  Camera  dei deputati e del Senato della Repubblica; 
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella riunione del 12 marzo 2015; 
Sulla proposta del Ministro della giustizia,  di  concerto  con  il Ministro dell'economia e delle finanze;  

Emana il seguente decreto legislativo:

Art. 1 - Modifiche al codice penale
1. Dopo l'articolo 131 del  codice  penale,  le  denominazioni  del Titolo V e del Capo I sono sostituite dalle seguenti: 
«Titolo V - Della non punibilità  per  particolare  tenuità  del  fatto.  Della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena  
Capo I - Della non punibilità per particolare tenuità  del  fatto.  Della modificazione e applicazione della pena». 
2. Prima dell'articolo 132 e' inserito il seguente: 
«Art. 131-bis. - (Esclusione  della  punibilità per particolare tenuità del fatto). 
Nei reati per i quali e' prevista  la  pena detentiva non superiore nel massimo a cinque  anni,  ovvero  la  pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena,  la  punibilita' e' esclusa quando, per le modalita' della condotta e per l'esiguita' del danno o del pericolo, valutate  ai  sensi  dell'articolo  133,  primo comma, l'offesa e' di particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale. 
L'offesa non puo' essere ritenuta di particolare tenuita', ai sensi del primo comma, quando  l'autore  ha  agito  per  motivi  abietti  o futili, o con crudelta', anche in danno di animali,  o  ha  adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata  difesa della vittima, anche in  riferimento  all'eta'  della  stessa  ovvero quando la condotta ha  cagionato  o  da  essa  sono  derivate,  quali conseguenze non volute, la morte  o  le  lesioni  gravissime  di  una persona. 
Il comportamento e' abituale nel caso in  cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza  ovvero abbia commesso piu' reati  della  stessa  indole,  anche  se  ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuita', nonche' nel caso in cui si tratti di reati che abbiano  ad  oggetto  condotte plurime, abituali e reiterate. Ai fini della determinazione  della  pena  detentiva  prevista  nel primo comma non si tiene conto delle  circostanze,  ad  eccezione  di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato  e  di  quelle  ad  effetto  speciale.  In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo  comma  non  si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle  circostanze  di  cui all'articolo 69. La disposizione del primo comma si applica anche  quando  la  legge prevede la  particolare  tenuita'  del  danno  o  del  pericolo  come circostanza attenuante.».

Art. 2 - Modifiche al codice di procedura penale 
1. All'articolo 411 sono apportate le seguenti modificazioni: 
a) al comma 1, dopo le  parole:  «condizione  di  procedibilita'» sono inserite le seguenti: 
«, che la persona sottoposta alle indagini non e' punibile ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale  per particolare tenuita' del fatto»; 
b)  dopo  il  comma  1  e'  aggiunto  il  seguente:  
«1-bis.   Se l'archiviazione e' richiesta per particolare tenuita' del  fatto,  il pubblico ministero deve darne avviso  alla  persona  sottoposta  alle indagini e alla persona offesa, precisando che, nel termine di  dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare  opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilita', le ragioni del  dissenso rispetto  alla  richiesta.  Il  giudice,  se  l'opposizione  non   e' inammissibile, procede ai sensi dell'articolo 409, comma 2,  e,  dopo avere sentito le  parti,  se  accoglie  la  richiesta,  provvede  con ordinanza.  In  mancanza  di  opposizione,   o   quando   questa   e' inammissibile, il giudice procede senza formalita' e, se accoglie  la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Nei  casi  in cui non accoglie la richiesta il  giudice  restituisce  gli  atti  al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi  dell'articolo 409, commi 4 e 5.».

Art. 3 - Disposizioni di coordinamento processuale 
1. Al  codice  di  procedura  penale  sono  apportate  le  seguenti modificazioni: 
a) dopo il comma 1 dell'articolo 469  e'  aggiunto  il  seguente:
«1-bis. La sentenza di non doversi procedere e' pronunciata anche quando l'imputato non e' punibile ai sensi dell'articolo 131-bis  del codice penale, previa audizione in camera di  consiglio anche della persona offesa, se compare.»; 
b)  dopo  l'articolo  651  e'  aggiunto  il  seguente: 
«651-bis. Efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare  tenuita' del fatto nel giudizio civile o amministrativo  di  danno. - 
1.  La sentenza  penale  irrevocabile  di  proscioglimento  pronunciata  per particolare tenuita' del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento  della  sussistenza  del  fatto, della sua illiceita' penale e all'affermazione che l'imputato  lo  ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni  e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia  intervenuto  nel processo penale. 
2.  La  stessa   efficacia   ha   la   sentenza   irrevocabile   di proscioglimento pronunciata per  particolare  tenuita'  del  fatto  a norma dell'articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile  che non abbia accettato il rito abbreviato.».

Art. 4 - Modifiche al decreto del  Presidente  della  Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, recante testo unico delle disposizioni legislative e  regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti
1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia  di  casellario  giudiziale,  di  anagrafe   delle   sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre  2002,  n. 313, sono apportate le seguenti modificazioni: 
a) all'articolo 3, comma 1, lettera f), dopo le  parole:  «misura di sicurezza» sono aggiunte le seguenti: «, nonche' quelli che  hanno dichiarato la non punibilita'  ai  sensi  dell'articolo  131-bis  del codice penale.»;
b) all'articolo 5, comma 2, dopo la lettera  d) e' inserita la seguente: 
«d-bis) ai provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilita'  ai  sensi  dell'articolo  131-bis  del  codice   penale, trascorsi dieci anni dalla pronuncia;»; 
c) all'articolo 24, comma 1, dopo la lettera f)  e'  inserita  la seguente: 
«f-bis) ai provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilita' ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale,  quando la relativa iscrizione non e' stata eliminata;»; 
d) all'articolo 25, comma 1, dopo la lettera f)  e'  inserita  la seguente: 
«f-bis) ai provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilita' ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale,  quando la relativa iscrizione non e' stata eliminata;».

Art. 5 - Disposizioni finanziarie 
1.  Alle  minori  entrate  derivanti  dalle  disposizioni  di   cui all'articolo 1, valutate in 474.400 euro a decorrere dall'anno  2015, si provvede con quota parte delle minori spese derivanti dal medesimo articolo 1, pari a 513.342 euro a decorrere dall'anno 2015. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 16 marzo 2015 
Mattarella, Presidente della Repubblica italiana
Renzi,  Presidente del Consiglio dei ministri 
Orlando, Ministro della giustizia 
Padoan, Ministro  dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Orlando

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DECRETO LEGISLATIVO 16 marzo 2015 n° 28, 
pubblicato in G.U. Serie Gen. n° 64 del 18.03.2015

 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; 
Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400; 
Vista la legge 28 aprile 2014, n. 67, recante deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e  di  riforma  del  sistema sanzionatorio nonché disposizioni  in  materia  di  sospensione  del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, in particolare l'articolo 1, comma 1, lettera m); 
Visto  il  regio  decreto  19  ottobre  1930,  n.   1398,   recante approvazione del testo definitivo del codice penale; 
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, recante approvazione del codice di procedura penale; 
Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri, adottata nella riunione del 1° dicembre 2014; 
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni  della  Camera  dei deputati e del Senato della Repubblica; 
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella riunione del 12 marzo 2015; 
Sulla proposta del Ministro della giustizia,  di  concerto  con  il Ministro dell'economia e delle finanze;  

Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1 - Modifiche al codice penale 

1. Dopo l'articolo 131 del  codice  penale,  le  denominazioni  del Titolo V e del Capo I sono sostituite dalle seguenti: 
«Titolo V - Della non punibilità  per  particolare  tenuità  del  fatto.  Della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena  
Capo I - Della non punibilità per particolare tenuità  del  fatto.  Della modificazione e applicazione della pena». 
2. Prima dell'articolo 132 e' inserito il seguente: «Art. 131-bis. - (Esclusione  della  punibilità per particolare tenuità del fatto).
Nei reati per i quali e' prevista  la  pena detentiva non superiore nel massimo a cinque  anni,  ovvero  la  pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena,  la  punibilita' e' esclusa quando, per le modalita' della condotta e per l'esiguita' del danno o del pericolo, valutate  ai  sensi  dell'articolo  133,  primo comma, l'offesa e' di particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale. 
L'offesa non puo' essere ritenuta di particolare tenuita', ai sensi del primo comma, quando  l'autore  ha  agito  per  motivi  abietti  o futili, o con crudelta', anche in danno di animali,  o  ha  adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata  difesa della vittima, anche in  riferimento  all'eta'  della  stessa  ovvero quando la condotta ha  cagionato  o  da  essa  sono  derivate,  quali conseguenze non volute, la morte  o  le  lesioni  gravissime  di  una persona. 
Il comportamento e' abituale nel caso in  cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza  ovvero abbia commesso piu' reati  della  stessa  indole,  anche  se  ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuita', nonche' nel caso in cui si tratti di reati che abbiano  ad  oggetto  condotte plurime, abituali e reiterate. Ai fini della determinazione  della  pena  detentiva  prevista  nel primo comma non si tiene conto delle  circostanze,  ad  eccezione  di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato  e  di  quelle  ad  effetto  speciale.  In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo  comma  non  si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle  circostanze  di  cui all'articolo 69. La disposizione del primo comma si applica anche  quando  la  legge prevede la  particolare  tenuita'  del  danno  o  del  pericolo  come circostanza attenuante.».

Art. 2 - Modifiche al codice di procedura penale 
1. All'articolo 411 sono apportate le seguenti modificazioni: 
a) al comma 1, dopo le  parole:  «condizione  di  procedibilita'» sono inserite le seguenti:
«, che la persona sottoposta alle indagini non e' punibile ai sensi dell'articolo 131-bis del codice penale  per particolare tenuita' del fatto»; 
b)  dopo  il  comma  1  e'  aggiunto  il  seguente: 
«1-bis.   Se l'archiviazione e' richiesta per particolare tenuita' del  fatto,  il pubblico ministero deve darne avviso  alla  persona  sottoposta  alle indagini e alla persona offesa, precisando che, nel termine di  dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare  opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilita', le ragioni del  dissenso rispetto  alla  richiesta.  Il  giudice,  se  l'opposizione  non   e' inammissibile, procede ai sensi dell'articolo 409, comma 2,  e,  dopo avere sentito le  parti,  se  accoglie  la  richiesta,  provvede  con ordinanza.  In  mancanza  di  opposizione,   o   quando   questa   e' inammissibile, il giudice procede senza formalita' e, se accoglie  la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Nei  casi  in cui non accoglie la richiesta il  giudice  restituisce  gli  atti  al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi  dell'articolo 409, commi 4 e 5.».


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AGGIORNAMENTI LEGISLATIVI/ Nel Codice penale entra la non punibilità del reato per particolare tenuità del fatto
Sulla nuova disciplina della responsabilità dei magistrati - in vigore dal 19 marzo - dossier dell’Ufficio Studi del C.N.F.

(da Newsletter CNF n° 244 del 17.03.2015)

Il Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha approvato in via definitiva nella seduta di giovedì 12 marzo lo SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO recante disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, attuando una delle deleghe contenuta nella legge 28 aprile 2014, n. 67 (Delega al governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio, con disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili). 

Il principio alla base delle nuove norme prevede che quando l’offesa sia tenue e segua ad un comportamento non abituale lo Stato possa demandare alla sede civile la relativa tutela. La risposta sanzionatoria dovrà quindi tener conto dell’entità dell’offesa, delle circostanze del fatto, della personalità dell’autore e della natura del bene tutelato. Due sono i criteri sui quali deve incardinarsi il giudizio di “particolare tenuità del fatto”, secondo il primo comma del nuovo art. 131 bis c.p.: 
• la particolare tenuità dell’offesa, che implica una valutazione sulle modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo; 
• la non abitualità del comportamento dell'autore (che non deve essere un delinquente abituale, professionale o per tendenza, né aver commesso altri reati della stessa indole). 
Il primo di essi, spiega la relazione al provvedimento, si articola in altri due indici requisito che sono “le modalità della condotta” e la “esiguità del danno o del pericolo”. 
L’ambito applicativo è delimitato ai reati puniti con la pena pecuniaria sola o congiunta con pena detentiva ovvero con la pena detentiva non superiore a 5 anni. Quanto alla disciplina processuale dell’istituto, la relazione evidenzia una laconicità della delega laddove proprio in quella sede deve avvenire il contemperamento tra gli interessi della persona offesa, dell’imputato/indagato, le cui contrapposte ragioni devono emergere nella dialettica procedimentale, tanto in fase di contraddittorio sulla eventuale richiesta di archiviazione quanto nella fase dibattimentale. 
Bilanciamento che il decreto delegato ha attuato tenendo a mente i due obiettivi fondamentali della “depenalizzazione in concreto” e di deflazionamento del carico giudiziario nella misura in cui la definizione del procedimento avvenga nelle prime fasi. 

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Decreto delegato
Disposizioni in materia di non punibilità per tenuità del fatto a norma dell’art. 1, co. 1, lett. m), della Legge 28.04.2014 n° 67 

RELAZIONE

Lo schema di decreto delegato recepisce le proposte elaborate dalla commissione ministeriale nominata con D.M. 27 maggio 2014 per l’elaborazione di proposte in tema di revisione del sistema sanzionatorio e per dare attuazione alla legge delega 28 aprile 2014, n. 67 in materia di pene detentive non carcerarie e di depenalizzazione, commissione presieduta dal Prof. Francesco Palazzo.

1. L’art. 1, comma 1, lett. m, della legge 28 aprile 2014, n. 67 conferisce delega al Governo per «escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l’esercizio dell’azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale».

L’istituto della non punibilità per c.d. “irrilevanza del fatto”, già conosciuto nell’ordinamento minorile (art. 27 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448) e in quello relativo alla competenza penale del giudice di pace (art. 34 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274), è da molti anni oggetto della riflessione penalistica in vista di una sua possibile estensione da tali ambiti particolari al sistema penale comune. E, in effetti, sull’argomento si sono pronunciate molte delle commissioni ministeriali di studio che hanno formulato proposte in tal senso, prevedendo solitamente la possibilità di utilizzazione di tale istituto la più anticipata possibile fin dalle prime fasi del procedimento, così come del resto già previsto dalle citate disposizioni del processo minorile e di quello dinanzi al giudice di pace.

2. Il presente schema di decreto delegato, nell’attuare l’indicazione del legislatore delegato, muove dall’implicita ma ovvia premessa che la c.d. “irrilevanza del fatto” sia istituto diverso da quello della c.d. “inoffensività del fatto”. Quest’ultimo, come recepito dalla giurisprudenza costituzionale e comune ormai largamente prevalente, attiene alla totale mancanza di offensività del fatto che risulta pertanto privo di un suo elemento costitutivo e in definitiva atipico e insussistente come reato. Com’è noto, l’ipotesi della inoffensività del fatto è stata ricondotta normativamente all’art. 49, comma 2, c.p.

Diversamente, l’istituto in questione della “irrilevanza” per particolare tenuità presuppone un fatto tipico e, pertanto, costitutivo di reato ma da ritenere non punibile in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economia processuale. Ne viene che la collocazione topografica della sua disciplina non può che essere quella delle determinazioni del giudice in ordine alla pena: e, pertanto, lo schema di decreto delegato ha ritenuto di inserire la disciplina sostanziale del nuovo istituto in apertura

del Titolo V del Libro I del codice penale, subito prima degli articoli concernenti l’esercizio del potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena. Conseguentemente, i primi due commi dell’art. 1 dello schema provvedono a modificare l’intitolazione del Titolo V del Libro I e del suo Capo I per estenderla alla “non punibilità per particolare tenuità del fatto”, introducendo poi un nuovo articolo 131 bis destinato ad accogliere la disciplina sostanziale del nuovo istituto.

3. L’articolo 1 dello schema di decreto delegato prevede i requisiti e definisce l’ambito applicativo del nuovo istituto della particolare tenuità del fatto.

La legge delega risulta sufficientemente determinata quanto agli elementi di struttura della particolare tenuità del fatto. E, conseguentemente, lo schema di decreto si è scrupolosamente attenuto alle indicazioni del delegante. Pertanto, il primo comma del nuovo art. 131 bis c.p. incardina il giudizio di “particolare tenuità del fatto” su due indici-criteri, che sono la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. Il primo di essi si articola a sua volta, nello schema di decreto, in due ulteriori indici-requisiti, costituiti dalle “modalità della condotta” e dall’“esiguità del danno o del pericolo”.

Come è facile notare, tra gli indici forniti dal legislatore delegato, come anche da quello delegante, non compare espressamente il grado e l’intensità della colpevolezza. Una simile opzione si giustifica non solo in ragione dell’ossequio dovuto alla scelta effettuata dalla legge delega, che non può certo essere casuale. Ma può trovare un suo fondamento anche nell’esigenza di “sganciare” per quanto possibile il giudizio d’irrilevanza da accertamenti di tipo psicologico-soggettivistico, sempre ardui e decisamente tanto più problematici quanto più destinati ed essere effettuati nelle fasi prodromiche del procedimento, secondo la naturale vocazione dell’istituto.

D’altra parte, la formula adottata è ben lungi dall’escludere qualunque rilevanza dell’elemento soggettivo del reato. In effetti, appare del tutto ovvio che l’indice- criterio delle “modalità della condotta” si presta benissimo e del tutto naturalmente a permettere una valutazione sia del grado della colpa, sul presupposto che la violazione delle regole cautelari concorre ad integrare il modo di manifestarsi della (tipicità della) condotta; sia dell’intensità del dolo, sul presupposto che assai spesso quest’ultima si riverbera e si traduce nell’adozione da parte dell’autore di determinate modalità esecutive della condotta.

4. Il secondo indice-criterio di valutazione della particolare tenuità del fatto è costituito dalla non abitualità dello stesso. Anche in questo caso il legislatore delegato ha scrupolosamente osservato l’indicazione della delega, che in effetti ha utilizzato un concetto in certa misura diverso da quello più usuale di “occasionalità” del fatto. Toccherà naturalmente all’interprete dare tutte le opportune precisazioni contenutistiche al concetto. Tuttavia, si può ipotizzare che il concetto di “non abitualità” del comportamento implichi che la presenza di un “precedente” giudiziario non sia di per sé sola ostativa al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, in presenza ovviamente degli altri presupposti.

L’“abitualità” ostativa al riconoscimento della particolare tenuità sembrerebbe piuttosto essere quella che venga accertata in relazione al reato oggetto del giudizio, nel senso cioè che quest’ultimo s’inserisca in un rapporto di seriazione con uno o più altri episodi criminosi: come potrebbe essere, ad esempio, il caso di un furto seppure in sé minimo ma che risulti costituire un anello di una sorta di catena comportamentale.

Da notare, infine, che, parlando lo schema di decreto di non abitualità del “comportamento” e non del “reato”, rimane aperta la possibilità di applicazione dell’istituto anche al reato abituale, purché ovviamente esso presenti tutti i caratteri della particolare tenuità e, in particolare, la reiterazione della condotta non possa in concreto integrare una “modalità” della condotta particolarmente indicativa di gravità del reato.

5. L’ambito applicativo dell’istituto è delimitato, in conformità a quanto prescritto dalla delega, ai reati puniti con la pena pecuniaria, sola o congiunta a pena detentiva, ovvero con la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni. Al riguardo, il testo del primo comma dell’art. 131 bis non richiama la pena dell’arresto poiché tale specie di pena è destinata ad essere eliminata dalla pene principali e ad essere sostituita dall’arresto domiciliare, in attuazione della delega in questo senso conferita dalle lettere a, b e c dell’articolo 1 della stessa legge n. 67/2014.

Il secondo comma del nuovo articolo 131 bis detta i criteri per la determinazione della pena detentiva ai fini del primo comma per l’ipotesi in cui siano presenti circostanze. Lo schema di decreto delegato ha qui adottato un criterio già presente nella vigente legislazione, secondo il quale andranno considerate solo quelle circostanze che, comportando una specie di pena diversa od essendo “ad effetto speciale”, rivelano una particolare “significatività” tale da essere in qualche modo accostabili – nelle valutazioni del legislatore – a sottospecie di fattispecie autonome. Naturalmente, siffatto criterio non riesce ad eliminare quel margine di discrezionalità giudiziale che si presenterà tutte le volte in cui, concorrendo circostanze eterogenee di quel tipo, sarà giocoforza procedere al previo giudizio di bilanciamento. Né può eliminare la possibile incongruenza che si presenterà tutte le volte in cui una di quelle circostanze, pur presente e come tale da considerare ai fini della determinazione dei limiti di pena, sarebbe però destinata a soccombere per la prevalenza di circostanze ad effetto comune di segno opposto. Il legislatore delegato ha ritenuto di non poter intervenire su tale aspetto indubbiamente problematico ma costituente in verità un nodo dell’intero sistema non affrontabile in questa sede.

Il terzo comma completa l’individuazione dell’ambito applicativo, precisando che l’istituto può trovare applicazione «anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante», sempre che ovviamente la “tenuità del fatto” superi la soglia delle circostanza e giunga ad integrare gli estremi di quella particolare “irrilevanza” desumibile dai requisiti e criteri di cui al primo comma.

6. La delega non è prodiga di principi e criteri direttivi per quanto riguarda la disciplina processuale del nuovo istituto. E ciò nonostante che sia proprio quella la sede in cui sono destinati a trovare espressione i contro-interessi in gioco, della persona offesa innanzitutto ma anche dell’indagato/imputato, e il loro bilanciamento. In proposito si rinviene infatti una generica ma netta indicazione al legislatore delegato nel senso dell’“adeguamento della normativa processuale penale”. Il che lascia chiaramente desumere che la disciplina processuale non può essere quella “comune” delle cause di punibilità, poiché in tal caso non vi sarebbe stato alcun bisogno di quell’“adeguamento della normativa processuale penale” invece prescritto dal delegante.

Nello spazio di discrezionalità così risultante per il legislatore delegato, quest’ultimo si è mosso ricostruendo previamente le finalità e i fondamenti dell’istituto, come si sono ormai consolidati nella recente riflessione teorica e come sono anche evincibili dagli obiettivi generali della legge di delegazione, alla luce altresì dei relativi lavori preparatori.

In breve, l’irrilevanza del fatto risponde a due esigenze fondamentali, entrambe di rilievo costituzionale.

In primo luogo, sotto il profilo sostanziale, l’istituto realizza quella che è stata efficacemente chiamata “depenalizzazione in concreto”, espungendo dall’area della punibilità quei fatti storici che ne appaiano “immeritevoli”. Sotto questo profilo, pertanto, l’irrilevanza del fatto contribuisce chiaramente a realizzare il sovraordinato principio dell’ultima ratio e, ancora più fondamentalmente, il principio di proporzione senza la cui ottemperanza la risposta sanzionatoria perde la sua stessa base di legittimazione. In questa prospettiva solidamente costituzionale, lo schema di decreto delegato non ha previsto in capo alla persona offesa un “potere di veto” alla dichiarazione di non punibilità per irrilevanza del fatto. Il che è apparso del resto del tutto conforme al silenzio serbato sul punto dalla delega, nel presupposto che una opzione del delegato a favore del diritto di veto dell’offeso sarebbe stata contraddittoria con la diversa volontà del delegante che, in effetti, non poteva manifestarsi che col silenzio sul punto. E anche la differenziazione che ne risulterà con l’analoga disciplina di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 274/2000 (ove è stabilito che l’eventuale «interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento» osta al provvedimento d’archiviazione per particolare tenuità del fatto) non è parso motivo sufficiente per discostarsi dalla delega, non potendosi generalizzare una sorta di “principio dispositivo” del processo e della punibilità nelle mani della persona offesa, che in effetti non esiste al di fuori di specifiche e delimitate previsioni legislative.

In secondo luogo, sotto il profilo processuale, l’istituto dell’irrilevanza contribuisce a realizzare l’esigenza di alleggerimento del carico giudiziario nella misura in cui la definizione del procedimento tenda a collocarsi nelle sue prime fasi. Peraltro, la definizione anticipata per irrilevanza del fatto, oltre a soddisfare esigenze di deflazione processuale, risulta del tutto consentanea anche al principio di proporzione, essendo il dispendio di energie processuali per fatti bagatellari sproporzionato sia per l’ordinamento sia per l’autore, costretto a sopportare il peso anche psicologico del processo a suo carico.

Muovendo da queste premesse di fondo, lo schema di decreto, al di là delle qualificazioni puramente dogmatiche dell’istituto, si è mosso alla ricerca di un soddisfacente equilibrio tra, da un lato, la consustanziale esigenza di un’utilizzazione sufficientemente agile ed anticipata dell’istituto nell’iter procedimentale e, dall’altro, l’adeguata considerazione e tutela degli eventuali contrapposti interessi della persona offesa e anche dell’indagato.

7. Se la persona offesa è portatrice di un vero e proprio diritto ad essere informata e a interloquire nelle determinazioni concernenti l’esercizio dell’azione penale, riconosciutole tra l’altro in particolare dalla direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, anche l’indagato può vantare consimili pretese seppure a diverse finalità. In effetti, posta la necessità di iscrivere nel casellario giudiziale il provvedimento di applicazione del nuovo istituto, ancorché adottato mediante decreto d’archiviazione, ne viene che l’indagato potrebbe avere interesse ad evitare tale effetto sfavorevole in quanto eventualmente preclusivo di una futura fruizione dell’irrilevanza, mirando invece ad ottenere un risultato pienamente “liberatorio”.

L’articolo 2 dello schema di decreto provvede a realizzare il non facile ma necessario equilibrio tra le esigenze di massima anticipazione processuale dell’istituto, da un lato, e i contrapposti interessi dei due soggetti privati, dall’altro.

In questo articolo sono contenute le nuove disposizioni con cui si consente che in sede di indagini il g.i.p. possa archiviare anche per la causa di non punibilità di cui al nuovo art. 131-bis c.p.

In particolare, nella lett. b) si disciplina il procedimento di archiviazione “dedicato” alla particolare tenuità del fatto, in cui sia la persona sottoposta alle indagini che la persona offesa sono poste in condizione di poter interloquire sulla richiesta del pubblico ministero, contestando la ritenuta tenuità del fatto. Si prevede che il p.m., quando richiede l’archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p., debba dare gli avvisi all’indagato e alla persona offesa, comunicando loro che, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione censurando nel “merito” la richiesta di archiviazione. La presentazione dell’opposizione determina la necessità dell’udienza in camera di consiglio all’esito della quale il giudice potrà pronunciare l’archiviazione dopo aver sentito l’indagato e l’offeso, eventualmente comparsi. In mancanza dell’opposizione il giudice deciderà “de plano”. Qualora il giudice non ritenga di archiviare per la particolare tenuità del fatto è prevista la restituzione degli atti al p.m.

8. L’articolo 3 dello schema di decreto delegato contiene disposizioni di coordinamento processuale.

La modifica di cui alla lett. a) è determinata dalla necessità di prevedere che la nuova causa di non punibilità sia dichiarata d’ufficio in ogni stato e grado del processo.

Con la lett. b) si modifica l’art. 469 c.p.p., prevedendo che il giudice, prima di emettere sentenza predibattimentale di “proscioglimento” per tenuità del fatto, deve “sentire” anche la persona offesa, così consentendo alla stessa di interloquire sul tema della tenuità, al pari del p.m. e dell’imputato. Non è stata, invece, prevista alcuna forma di interlocuzione in sede di udienza preliminare ovvero in sede dibattimentale, trattandosi di fasi in cui il contraddittorio è già pienamente garantito.

Nella lett. c) si modifica l’art. 652 c.p.p. in modo tale da consentire che il giudicato penale, relativamente alla particolare tenuità del fatto – che presuppone comunque un accertamento sulla esistenza del reato e sulla ascrivibilità dello stesso all’imputato – spieghi efficacia nel giudizio civile per il risarcimento del danno.

9. L’articolo 4 dello schema di decreto delegato introduce le modifiche necessarie ai fini dell’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti in materia di particolare tenuità del fatto.

Come già notato, infatti, il requisito della “non abitualità” del comportamento, previsto dal primo comma del nuovo articolo 131 bis del codice penale, impone un sistema di registrazione delle decisioni che accertano la particolarità tenuità del fatto che comprenda ovviamente anche i provvedimenti di archiviazione adottati per tale causa.

10. L’articolo 10 dello schema contiene la clausola di invarianza finanziaria, inclusa la disposizione che individua il regime di copertura delle minori entrate derivanti dalla applicazioni delle disposizioni di cui all’articolo 1 mediante copertura con quota parte delle minori spese.

* * *

 In attesa di pubblicazione: questa è la bozza del testo, come resa nota dal Governo.

Schema di decreto legislativo recante “Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. m, della legge 28 aprile 2014, n. 67”

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l’art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 28 aprile 2014, n. 67 recante deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio nonché disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, in particolare l’art. 1, comma 1, lett. m);

Visto il R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398 recante “Approvazione del testo definitivo del codice penale”;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447, recante “Approvazione del codice di procedura penale”;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del ..................;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del...........................;

Su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

EMANA

il seguente decreto legislativo

Art. 1 (Modifiche al codice penale)

1. Dopo l’articolo 131, le parole «Titolo V Della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena. Capo I della modificazione e applicazione della pena» sono sostituite dalle seguenti: «Titolo V Della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena Capo I Della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione e applicazione della pena».

2. Dopo l'articolo 131 è inserito il seguente:
«131 bis.- Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. – Nei reati per i quali è prevista la pena della reclusione ovvero della reclusione o dell’arresto domiciliari non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alle predette pene, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.

La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante.»

Art. 2 (Modifiche al codice di procedura penale)

1. All’articolo 411 sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, dopo le parole: «condizione di procedibilità» sono inserire le seguenti: «, che la persona sottoposta alle indagini non è punibile ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale per particolare tenuità del fatto»;

b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: «1 bis. Se l’archiviazione è richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, che abbia dichiarato di volere essere informata ai sensi dell’articolo 408, comma 2, precisando che, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Il giudice, se l’opposizione non è inammissibile, procede ai sensi dell’articolo 409, comma 2, e, dopo avere sentito le parti, se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza. In mancanza di opposizione, o quando questa è inammissibile, il giudice procede senza formalità e, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Quando non accoglie la richiesta il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell’art. 409, commi 4 e 5.».

Art. 3 (Disposizioni di coordinamento processuale)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1 dell’articolo 129, dopo le parole: «non è previsto dalla legge come reato» sono inserite le seguenti: «o che l’imputato non è punibile ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale»;

b) dopo il comma 1 dell’art. 469 è inserito il seguente: «1 bis. La sentenza di non doversi procedere è pronunciata anche quando l'imputato non è punibile ai sensi dell'articolo 131 bis del codice penale, previa audizione in camera di consiglio anche della persona offesa.»;

c) al comma 1 dell’articolo 652, dopo le parole «che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima» sono inserite le seguenti: «o che il fatto commesso dall’imputato è di particolare tenuità ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale».

Art. 4 (Modifiche al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti)

1. Al comma 1, lettera f), dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, dopo le parole: «misura di sicurezza» sono aggiunte le seguenti: «, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale.».

Art. 5 (Disposizioni finanziarie)

1. Alle minori entrate derivanti dalle disposizioni di cui all’articolo 1, valutate in euro 474.400 a decorrere dall’anno 2015, si provvede con quota parte delle minori spese derivanti dal medesimo articolo 1, pari a 513.342 euro a decorrere dall’anno 2015.

 

***


CAMERA DEI DEPUTATI - RESOCONTO DELLE GIUNTE E COMMISSIONI

Martedì 3 febbraio 2015
380.

XVII LEGISLATURA

BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI

Giustizia (II)

ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67. Atto del Governo n. 130.

PARERE APPROVATO

  La Commissione Giustizia,
   esaminato lo Schema di decreto legislativo n. 130, recante disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto;
   visto l'articolo l, comma l, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67, che sancisce come principio e criterio direttivo di delega legislativa l'esclusione della «punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale»;
   richiamate le audizioni di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati e dell'Unione delle Camere penali italiane, nonché del professore Francesco Palazzo, svolte nel corso dell'istruttoria;
   preso atto delle osservazioni trasmesse alla Commissione da ANIA, Confindustria Cultura, ENPA e LAV;
   ritenuto che:
    dalle audizioni è emerso univocamente che l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto non costituisce, neanche indirettamente, una forma di depenalizzazione e che il limite massimo della pena individuato dal legislatore delegante è finalizzato unicamente alla determinazione in astratto del perimetro di applicazione del nuovo istituto, nell'ambito del quale il giudice dovrà, caso per caso, verificare se il fatto concreto sia di particolare tenuità;
    il secondo comma del nuovo articolo 131-bis prevede che ai fini della determinazione della pena detentiva di cui al primo comma si tenga conto solo di quelle circostanze che, comportando una specie di pena diversa od essendo ad effetto speciale, rivelano – come espressamente dichiarato nella relazione di accompagnamento – una particolare significatività tale da essere in qualche modo accostabili a sottospecie di fattispecie autonome. Proprio in ragione di tale considerazione, è opportuno stabilire espressamente con riferimento all'applicazione del nuovo istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto l'esclusione del giudizio di bilanciamento tra le circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e quelle ad effetto speciale, da un lato, e le circostante attenuanti ad effetto comune dall'altro, ad eccezione della circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4, del codice penale;
    la delega comunque non si limita ad individuare i reati ai quali applicare il nuovo istituto, ma precisa anche che questo può essere applicato a condizione che risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento, per cui al legislatore delegato è lasciato un margine di discrezionalità per individuare eventuali criteri e parametri utilizzabili dal giudice per verificare in concreto che il fatto abbia determinato una offesa di particolare tenuità ed il comportamento lesivo non sia abituale;
    dalle audizioni è emerso chiaramente che il parametro della «modalità della condotta consente valutazioni anche di natura soggettiva riguardo il grado della colpa e l'intensità del dolo». Per cui al fine di specificare ulteriormente gli indici di valutazione e ponderazione della tenuità del fatto, possono essere presi in considerazione i criteri specificati dall'articolo 133, primo comma, del codice penale, ed alcuni criteri di valutazione della modalità della condotta, quali: l'avere agito per motivi abbietti o futili, l'avere adoperato sevizie o l'aver agito con crudeltà o in violazione del sentimento di pietà per gli animali o in condizioni di minorata difesa della persona offesa anche in riferimento all'età;
    per quanto attiene alla valutazione della non abitualità del comportamento, che secondo la delega costituisce la seconda e contestuale condizione necessaria per escludere la punibilità, si ritiene che la particolare tenuità come causa di non punibilità postuli intrinsecamente l'occasionalità del comportamento. Secondo l'effettiva ratio del principio di delega appare evidente che debbano restare estranee all'istituto della non punibilità per particolare tenuità tutte le fattispecie di reato che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate (v., ad esempio, gli articoli 572 e 612-bis del codice penale);
    come inoltre sostenuto espressamente dal professor Palazzo, l'evento morte è incompatibile con il concetto di tenuità dell'offesa (v. articolo 589 del codice penale);
    non appare in contrasto con i principi e criteri direttivi di delega e in particolare con quello relativo alla non abitualità del comportamento una disposizione che dovesse specificare che il comportamento è considerato non abituale nel caso in cui il suo autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso altri reati della stessa indole anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuità;
    per quanto attiene alle disposizioni di natura procedurale appare opportuno, all'articolo 2, comma 1, lettera b), capoverso 1-bis, richiamare anche il comma 3 dell'articolo 409 del codice di procedura penale (avviso dell'udienza al procuratore generale presso la Corte d'appello) nel caso in cui il giudice fissi l'udienza in camera di consiglio, ritenendo non inammissibile l'opposizione alla archiviazione;
    all'articolo 2, comma 1, lettera b), capoverso 1-bis, non appare congruo che dell'archiviazione richiesta per la particolare tenuità del fatto il pubblico ministero si debba darne avviso (oltre alla persona sottoposta alle indagini) alla persona offesa solo nel caso in cui abbia dichiarato di voler essere informata dell'eventuale archiviazione per infondatezza della notizia di reato, considerato che rispetto a questa l'archiviazione per particolare tenuità del fatto ha una peculiarità propria;
    all'articolo 2, comma 1, lettera b), capoverso 1-bis, non appare corretto prevedere che si provveda con l'ordinanza nel caso di accoglimento della richiesta (di archiviazione), in quanto in questo caso, come peraltro precisato nel testo, si deve provvedere con decreto. Si potrà provvedere con ordinanza solo nel caso di accoglimento dell'opposizione della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa o comunque di rigetto della richiesta di archiviazione;
    con riferimento al diritto dell'indagato e della parte offesa di far valere il proprio dissenso in ordine all'archiviazione, è opportuno prevedere uno specifico reclamo di merito, coordinandolo col nuovo istituto, disciplinato dall'articolo 10 del disegno di legge n. 2798;
    rilevato che nel corso delle audizioni i rappresentanti dell'Unione delle Camere penali italiane hanno evidenziato la questione relativa alla eventuale rinuncia dell'applicazione del nuovo istituto da parte dell'indagato che si ritenga totalmente estraneo al reato;
    evidenziato che, come emerso nel corso delle audizioni, occorre valutare l'opportunità di coordinare, ai sensi dell'articolo 2 della legge delega, la disciplina della particolare tenuità del fatto prevista dall'articolo 34 del decreto legislativo 28 ottobre 2000, n. 274, in ordine ai reati di competenza del giudice di pace, nel caso in cui il reato sia di competenza del giudice di pace, con la disciplina prevista dal provvedimento in esame;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1. all'articolo 1, comma 2, capoverso «Art. 131-bis», primo comma, dopo le parole «del danno o del pericolo» inserire le seguenti «valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma»;
   2. all'articolo 1, comma 2, capoverso «Art. 131-bis», dopo il primo comma, sia inserito il seguente: «L'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, nei seguenti casi di modalità della condotta: l'avere agito per motivi abbietti o futili, l'avere adoperato sevizie o l'aver agito con crudeltà o in violazione del sentimento di pietà per gli animali o in condizioni di minorata difesa della persona offesa anche in riferimento all'età;
   3. all'articolo 1, comma 2, capoverso «Art. 131-bis», dopo il primo comma inserire il seguente: «Il comportamento risulta abituale nel caso in cui il suo autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso altri reati della stessa indole anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuità nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate;
   4. all'articolo 1, comma 2, capoverso «Art. 131-bis», secondo comma, aggiungere in fine il seguente periodo «In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69; ad eccezione del caso in cui concorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4»;
   5. all'articolo 2, comma 1, lettera b), siano soppresse le seguenti parole: «che abbia dichiarato di voler essere informata ai sensi dell'articolo 408, comma 2»;
   6. all'articolo 2, comma 1, lettera b), le parole «dell'articolo 409, comma 2,» sono sostituite dalle seguenti: «dell'articolo 409, commi 2 e 3,»;
   7. all'articolo 2, comma 1, lettera b), le parole: «se accoglie la richiesta provvede con ordinanza» siano sostituite dalle seguenti: «se accoglie l'opposizione provvede con ordinanza» e le parole: «Quando non accoglie la richiesta» siano sostituite dalle seguenti: «Nei casi in cui non accoglie la richiesta»;

 e con le seguenti osservazioni:
   a) il Governo valuti l'opportunità di prevedere uno specifico reclamo di merito, coordinandolo col nuovo istituto disciplinato dall'articolo 10 del disegno di legge n. 2798; con riferimento al diritto dell'indagato e della parte offesa di far valere il proprio dissenso in ordine all'archiviazione;
   b) il Governo valuti l'opportunità di coordinare la disciplina della particolare tenuità del fatto prevista dall'articolo 34 del decreto legislativo 28 ottobre 2000, n. 274, in riferimento ai reati del giudice di pace, con la disciplina prevista dal provvedimento in esame.

 

 

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