Scritto da Avv. Salvatore Frattallone. Pubblicato in Commercio internazionale
L’imprenditore straniero o il fondo d’investimento si pongono molte domande, al momento di valutare se mettere i propri denari in un’impresa italiana, poiché chiedono di conoscere preventivamente quali regole presiederanno all’eventuale apertura d’una procedura concorsuale, se gli affari andassero male, e come fare ad evitare la dispersione di beni della decotta società, in una situazione in cui gli organi della procedura non dialogano né si coordinano con quelli omologhi posti al di fuori dei confini nazionali e in cui l’apertura di procedure secondarie in altri Stati rappresenta un grande punto interrogativo per il creditore. Tra le riforme che l’Italia a tutt’oggi ignora, quindi, ve ne è una che invece meriterebbe tutta l’attenzione del governo e del legislatore della Penisola: serve disciplinare in modo uniforme il fallimento transnazionale, cioè il fenomeno dell’insolvenza di imprese presenti in più Stati.
«Tenere la 56esima posizione sarà dura», ha scritto ieri Mario Sensini sul Corriere della Sera, evidenziando come «in questi mesi l’Italia ha fatto semplificazioni e riforme economiche forse come pochi altri Paesi al mondo, ma rischiamo ugualmente di scivolare giù di qualche gradino nella graduatoria della Banca Mondiale dei Paesi dove è più facile fare affari».
Leggi tutto
Stampa
Email
Scritto da Avv. Salvatore Frattallone. Pubblicato in Commercio internazionale
Ogni azienda ha oggigiorno un proprio sito web, con cui si presenta all’esterno e, soprattutto, diffonde i prodotti e i servizi che costituiscono il suo core-business, facendone commercio. Ma quand’è che un contratto concluso via internet può dirsi effettivamente perfezionato? Prima di rispondere a questa domanda è necessario esaminare la natura del sito web, qualificare ordine e ricevuta, valorizzando i principi generali del commercio internazionale e l'autonomia privata delle parti.
«Le norme sulla conclusione di contratti si applicano» - come recitano le norme vigenti in Italia sul commercio elettronico, di cui all’art. 13 del D.L.vo n° 70/2003, al quale ambito di applicazione sono estranei (!) i «contratti conclusi esclusivamente mediante scambio di messaggi di posta elettronica o comunicazioni individuali equivalenti» - «anche nei casi in cui il destinatario di un bene o di un servizio della società dell’informazione inoltri il proprio ordine per via telematica». Dunque, se la transazione commerciale scaturisce sfruttando internet allora vige il codice civile italiano, che può dirsi ancora attuale (con la disciplina di cui all’art. 1321 e ss. c.c), a patto che la fattispecie non contenga un elemento c.d. di estraneità, tale da qualificare il rapporto commerciale come «internazionale», se uno dei due contraenti abbia sede all’estero.
Leggi tutto
Stampa
Email