Investigazioni

INVESTIGAZIONE PRIVATA - Indagini sui debitori della società del cui c.d.a. il detective è membro.

investigazioni private sui debitori aziendali

Può il membro del c.d.a. di una società commerciale, il quale abbia una specifica delega per occuparsi di coordinarne l’ufficio amministrativo, assumere incarico dalla medesima di svolgere indagini private - per le quali è abilitato, siccome titolare d’una propria autonoma e separata licenza prefettizia - al fine di verificare la disponibilità economica dei debitori aziendali?
Sul punto sono rilevanti la decisione del Tribunale Bologna, Sez. IV, 20.10.2006 n° 2412, e l’art. 2475-ter C.C.

Tribunale di Bologna, Sez. IV, 20.10.2006 n° 2412

L'art. 2475-ter c.c. a differenza del vigente art. 2391 c.c. che, per le società per azioni, si limita a chiedere il riscontro di un interesse personale dell'amministratore (anche non confliggente) e la prospettiva meramente "potenziale" del correlativo danno alla società - sanziona le fattispecie ove siano preliminarmente dimostrate tre condizioni: esse sono date dalla contemporanea esistenza di un conflitto di interessi "effettivo" in capo all'amministratore; di un suo voto "determinante" ai fini dell'approvazione della contestata delibera consiliare; di un danno "reale" cagionato alla società con tale decisione. Tale norma si occupa del pregiudizio subito dalla società anziché dai suoi soci donde la legittimazione attiva prevista dall'art. 2475 ter comma 2 c.c., risulta testualmente affidata ai soli amministratori ed ai sindaci, sempreché quest'ultimi vi siano. In altri termini, per le società a responsabilità limitata manca una disposizione esplicita corrispondente a quella viceversa prevista dall'art. 2388, comma 4, c.c. che, nelle società per azioni autorizza altresì i soci ad impugnare "in proprio" le delibere dei c.d.a., ove riconosciute "lesive dei loro diritti", applicandosi, in tal caso, in quanto compatibili, gli art. 2377 e 2378 c.c.
Con il D.L.vo n° 6/03 il legislatore ha introdotto una disposizione specifica, l’art. 2475-ter C.C., che disciplina l’ipotesi di conflitto di interessi degli amministratori delle S.R.L.
In forza di tale norma, “i contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza della società in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con la medesima possono essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo. Le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, qualora le cagionino un danno patrimoniale, possono essere impugnate entro novanta giorni dagli amministratori e, ove esistenti, dai soggetti previsti dall'articolo 2477. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione”.
La disciplina del co. 1 della cennata disposizione, relativa all'annullabilità del contratto concluso dall'amministratore in conflitto di interessi, si applica nelle ipotesi di amministratore unico, di amministratore delegato dotato di poteri di rappresentanza, di amministratore in regime di amministrazione disgiuntiva con poteri rappresentativi (così, in dottrina, in particolare: Abriani, Conflitto di interessi e rappresentanza nella nuova società a responsabilità limitata, in Soc, 2003, p. 416; Allegri, L'amministrazione della s.r.l. dopo la recente riforma, in Santoro (a cura di), La nuova disciplina della società a responsabilità limitata, Milano, 2003, p. 162; Irrera, sub art. 2475-ter, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, II, Bologna, 2004, p. 1871).
Viceversa, l'art. 2475-ter, co. 2, C.C., si applica in presenza di decisioni adottate dal consiglio di amministrazione nel suo complesso, ovverosia in sede collegiale.
Affinché possa ritenersi integrata, in realtà, l’ipotesi di cui all’art. 2475-ter C.C. devono realizzarsi ben tre presupposti: 1) deve esserci un conflitto di interessi effettivo in capo all'amministratore; 2) il suo voto deve essere stato "determinante" ai fini dell'approvazione della contestata decisione e, infine, 3) ciò deve aver cagionato alla società un danno patrimoniale reale (così, ex professo, Tribunale Bologna, sez. IV, 20.10.2006 n° 2412).
La disciplina dettata per le S.R.L. è dunque molto diversa da quella prevista per le S.P.A: in quest’ultimo caso, infatti, l’art. 2391 C.C. impone all’amministratore di notiziare gli altri amministratori e il collegio sindacale ogniqualvolta sia portatore di un mero interesse personale (anche non antitetico), in una prospettiva del tutto "potenziale" del correlativo danno alla società (Abriani, Decisioni dei soci. Amministrazione e controlli, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2008, p. 318).
Inoltre, diversamente da quanto accade in tema di S.P.A., non sono espressamente prescritti dall'art. 2475-ter C.C. dei doveri di informazione preventiva e dei doveri di astensione in capo all'amministratore; purtuttavia, il dovere di informazione è reso necessario dalle clausole generali di correttezza e buona fede, che operano anche nel caso in esame, perché di portata generale.
La legittimazione a impugnare la delibera, con la quale fosse conferito dalla società l’incarico a svolgere indagini sulla consistenza patrimoniale dei debitori sociali, spetta agli amministratori - anche se consenzienti rispetto alla deliberazione viziata - o agli eventuali sindaci o revisori, come precisato dalla miglior dottrina (Perrino, Il conflitto di interessi degli amministratori nella s.r.l., in Abbadessa, Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, III, Torino, 2006, p. 575; Pomelli, sub art. 2475-ter, in Maffei Alberti (a cura di), Il nuovo diritto delle società, III, Padova, 2005, p. 1964).
Pur in assenza di un’espressa previsione sul punto, la ratio della norma porta a ritenere che il dies a quo per proporre tale eventuale impugnazione decorra dal momento della conoscenza del danno: ciò in quanto la condizione per l’impugnativa è costituita dalla produzione di un danno attuale, non soltanto potenziale (Parrella, sub art. 2475-ter, in Comm. Sandulli, Santoro, artt. 2462-2510, Torino, 2003, p. 115).
Conseguentemente, se lo statuto della società prevede che la società sia amministrata da un amministratore unico o da due amministratori congiuntamente o disgiuntamente o da un consiglio di amministrazione, il consigliere del c.d.a. che disponga della licenza d’investigatore privato sarà tenuto, secondo i canoni di buonafede e correttezza, a informare gli altri componenti del c.d.a. che v’è un suo interesse in conflitto. Il conflitto può essere considerato “effettivo”, in quanto egli è titolare di due interessi contrapposti: come investigatore privato, ha interesse a conseguire il compenso (più elevato) per eseguire la propria prestazione professionale, mentre in qualità di amministratore della società creditrice ha interesse a tenere il corrispettivo basso e/o a corrispondere comunque l’importo in tempi non brevi.
Non è ravvisabile quindi un suo vero e proprio dovere di astensione, poiché l’impugnazione della delibera è subordinata alla prova che la stessa abbia cagionato un danno reale alla società. Il che non si verificherà se venga pattuito un compenso reputato congruo da ambedue le parti. Altra cosa è che egli non partecipi al voto nè alla discussione su quel punto all’o.d.g.
Al contempo nessuna ragione ostativa, all’attribuzione dell’incarico di svolgere investigazioni private autorizzate per conto della società in ordine alla disponibilità economica dei debitori sociali, è prevista nel TULPS (18.06.1931, n° 773), né dal regolamento di esecuzione (R.D. 06.05.1940, n° 635), piuttosto che nel D.M. 269/10 che lo ha novellato.

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