Investigazioni

INVESTIGAZIONE PRIVATA - Capacità-tecnica, quiz-test della Questura e diniego della licenza prefettizia.

questionario

È legittimo l'uso dei "quiz" da parte della Questura per valutare se l'aspirante investigatore privato sia  effettivamente meritevole di ottenere il rilascio dell'autorizzazione a svolgere le indagini ex art. 222 D.L.vo n° 271/1989 ai fini della difesa penale? Può la Prefettura, per mancato superamento del questionario, negare la licenza?
Nel caso di specie, il ricorrente aveva lamentato, fra l'altro, che la Prefettura non gli aveva riconosciuto le capacità tecniche sull'erroneo presupposto di un test-quiz effettuato in Questura, il superamento del quale non è previsto da alcuna delle norme che presiedono al rilascio della cennata  licenza (cfr. artt. 11 e 136 T.U.L.P.S., 12, 257-bis, co. 2, lett. a), e 257-quater, D.P.R. n° 635/1940).

Egli aveva assunto, anzi, che di solito i requisiti tecnici per detta licenza vengono desunti esclusivamente dalle allegazioni (documenti, titoli di studio, attestazioni della frequentazione di specifici corsi professionali, dichiarazioni comprovanti la maturazione di una specifica esperienza professionale del settore delle investigazioni private) effettuate dalla parte interessata.
Il Tar, viceversa, ha da un lato richiamato l'art. 136 T.U.L.P.S., per il quale la licenza è ricusata a chi non dimostri di possedere capacità tecnica ai servizi che intende esercitare).
E, d'altro lato, ha sancito che, pur in assenza di specifiche disposizioni in ordine alle modalità di accertamento del possesso della capacità tecnica, spetta alla Prefettura - nell'ambito del suo discrezionale apprezzamento, che deve riguardare anche la documentazione presentata dall'interessato - stabilire se il candidato investigatore sia da considerarsi o no carente dei requisiti tecnici necessari per ottenere la licenza, nella fattispecie ai fini dell'individuazione delle prove da far valere nel contesto del processo penale. Talché se l'esito del test non risulti soddisfacente, alla P.A. sarà consentito esprimere parere contrario all'autorizzazione di polizia, per difetto di "capacità tecnica".
Serve che il candidato detective dimostri alla Prefettura, anche tramite quiz test, "di possedere una completa conoscenza sia normativa che operativa del settore in argomento" e, ove tale prova non dia esito positivo, il Prefetto non potrà che sancirne il mancato superamento, emettendo il relativo provvedimento di diniego della licenza.
Nell'ambito di siffatta valutazione complessiva, nulla preclude insomma che la Questura sottoponga al candidato un questionario, non essendo ravvisabile alcun contrasto con il T.U.L.P.S. e con la normativa secondaria di cui al D.P.R. n° 153/2008.
Se le risposte errate o incomplete fornite dal candidato abbiano "oggettivamente" evidenziato "lacune" concernenti "la conoscenza della normativa e degli aspetti operativi dell'attività di investigazioni", allora v'è carenza, in concreto, della c.d. capacità tecnico-operativa.
Anche il superamento del questionario può costituire elemento di valutazione ai fini della stima delle garanzie di affidabilità e correttezza del legittimo uso dell'autorizzazione di polizia e di regolare conduzione dell'Istituto di investigazioni private ai sensi degli artt. 134 del T.U.L.P.S. e 222 del D.L.vo n° 271/1989.
I quiz-test somministrati dalle Questure quindi, benché l'istanza dell'interessato al Prefetto sia supportata da documenti e attestazioni, possono risultare ostativi al rilascio della licenza di polizia.

T.A.R. Lazio Roma, Sez. I Ter, Sent. 11/24.07.2013 n° 7566

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

Sentenza

sul Ricorso R.G. n° 1582/2010, proposto da M.M., rappresentato e difeso dall'Avv. F.A.C., con domicilio eletto in (omissis);
contro
Ministero dell'Interno - U.T.G. Prefettura di (omissis) - Questura di (omissis), rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dillo Stato, domiciliati in Roma, (omissis);
per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento del Prefetto della Provincia di (omissis) n° 88527/Area 1 Ter Osp del 17.11.2009, con il quale è stata respinta l'istanza di M.M. tesa ad ottenere l'autorizzazione di investigazioni ai sensi dell'art. 222 D.L.vo n° 271/1989 ai fini della difesa penale, sul presupposto della nota n° Div. III cat. 16 C del 16.06.09, con la quale la Questura di (omissis) ha espresso parere contrario all'autorizzazione non ravvisando l'imprescindibile requisito della buona condotta, e della mancanza della capacità tecnica;
di ogni altro provvedimento presupposto, conseguente o, comunque, connesso;
nonché per la condanna del Ministero dell'Interno, della Prefettura di (omissis) e della Questura di (omissis), al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali che il ricorrente ha subito in conseguenza e per effetto dei provvedimenti e dei comportamenti assunti dall'Amministrazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, della Prefettura di (omissis) e della Questura di (omissis);
Viste le Memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11.07.2013 il dott. Roberto Proietti e uditi per le parti i Difensori, come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo
Con il Ricorso introduttivo del giudizio, il ricorrente ha rappresentato di aver avanzato alla Prefettura di (omissis) istanza in data 24.03.2009 (e non il 27.03.2009, come erroneamente indicato nel provvedimento impugnato), ai sensi dell'art. 134 T.U.L.P.S., per il rilascio della licenza per esercitare attività investigativa ex art. 327 c.p.p. nell'ambito del processo penale.
Egli ha dichiarato di possedere i requisiti professionali maturati nel settore delle attività investigative e ha allegato:
il curriculum vitae e gli attestati scolastici;
la dichiarazione di A.P., titolare della licenza n° (omissis) rilasciata dalla Prefettura di (omissis) il 14.01.2002 (nella quale il suddetto dichiarava di avvalersi da diversi anni, come collaboratore, del M.M. avendo quest'ultimo maturato una specifica esperienza professionale);
l'Ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di (omissis) del 01.02.2008, depositata il 4.2.2008, recante la riabilitazione ex art. 178 c.p. del M.M., condannato con sentenza della Corte di Assise di Appello di (omissis) del 12.02.1998.
A seguito di richiesta di integrazione documentale, il M.M. ha prodotto il titolo di studio.
All'esito del procedimento, all'interessato è stato notificato il provvedimento di diniego del Prefetto della Provincia di (omissis) n° 88527/Area 1 Ter Osp del 17.11.2009, con il quale la richiesta di M.M. tesa ad ottenere per ottenere l'autorizzazione di investigazioni ai sensi dell'art. 222 D.L.vo n° 271/1989 ai fini della difesa penale, è stata respinta sulla base della nota n° Div. III cat. 16 C del 16.06.09, con la quale la Questura di (omissis) ha espresso parere contrario all'autorizzazione non ravvisando l'imprescindibile requisito della buona condotta, e affermando la mancanza della capacità tecnica in quanto il ricorrente nei quiz test "non ha mostrato di possedere una completa conoscenza sia normativa che operativa del settore in argomento".
Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall'Amministrazione, il ricorrente ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe.
L'Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l'infondatezza delle censure di parte ricorrente ed ha chiesto il rigetto del Ricorso.
Con Ordinanza in data 11.03.2010 n° 1201, è stata respinta la domanda cautelare avanzata dal ricorrente.
Con Ordinanza n° 3436/2010, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l'Appello proposto dal ricorrente avverso l'Ordinanza cautelare emessa dal giudice di primo grado.
Con successive Memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive difese.
All'udienza dell'11.07.2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. Avverso il provvedimento impugnato il ricorrente ha proposto i motivi di Ricorso di seguito indicati.
I) - Eccesso di potere per sviamento dalla funzione tipica dell'Amministrazione, e in particolare per violazione dell'art. 3 della L. n° 241/1990, per difetto assoluto di motivazione e per eccesso di potere per insufficienza, incongruità, erroneità e palese contraddittorietà ed irragionevolezza della motivazione laddove viene negata l'istanza sul presupposto che la Questura di (omissis) non ha ravvisato l'imprescindibile requisito della buona condotta;
eccesso di potere per contrarietà ad una precedente comunicazione della Questura di (omissis) e conseguente violazione del principio della funzionalizzazione dell'attività amministrativa.
Il provvedimento impugnato è carente sotto il profilo della motivazione laddove non sono stati espressamente indicati i presupposti di fatto e giuridici che hanno determinato il diniego dell'autorizzazione, essendosi limitata l'Amministrazione a giustificare il diniego con una sintetica e semplice formula di stile: "la Questura di (omissis), con nota del 16.06.2009, ha espresso parere contrario non ravvisando l'imprescindibile requisito della buona condotta".
L'atto prodromico ostativo alla concessione della suddetta autorizzazione è costituito dal parere negativo della Questura di (omissis) e, quindi, tale atto avrebbe dovuto essere notificato al ricorrente unitamente al provvedimento di diniego.
Il M.M., con Ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza, è stato riabilitato ex art. 178 c.p.
Tale riabilitazione è avvenuta in forza del parere positivo espresso dalla Questura di (omissis) che, con atto del 24.01.2008 Cat. II 2008/PG, relazionando in merito alla "buona condotta del Sig. M.M. "ha dichiarato: "M.M., ex dipendente della Polizia di Stato è stato arrestato nell'anno 1995 per reati di concorso in sequestro di persona, omicidio preterintenzionale. La sua vicenda giudiziaria a seguito di condanna, e di fatto cessata, nel 2004 dopo aver regolarmente compiuto la misura alternativa dell'affidamento al servizio sociale. M.M. è coniugato, ha un figlio, svolge attività di collaboratore presso la ditta di investigazioni di cui è titolare la moglie.".
Alla luce di tale circostanza, il parere negativo della Questura di (omissis) (nota del 16.06.2009) risulta contraddittorio e in contrasto con il parere favorevole espresso il 24.01.2008, considerato, peraltro, che nell'ultimo parere non sono indicate le ragioni per le quali si ritiene mancante in capo all'interessato il requisito della buona condotta e non si tiene conto dell'intervenuta riabilitazione.
II) - Violazione del combinato disposto degli artt. 11 e 136 T.U.L.P.S.;
violazione degli artt. 12, 257-bis, co. 2, lett. a), e art.257-quater del R.D. 06.05.1940 n° 635 (Approvazione del Regolamento per l'esecuzione del testo unico 18.06.1931 n° 773, delle leggi di pubblica sicurezza);
eccesso di potere per difetto dei presupposti, per travisamento dei fatti e per erroneità ed incongruenza delle motivazioni, per irragionevolezza e contrarietà alle regole di buona amministrazione;
illegittimità del provvedimento impugnato per difetto di istruttoria;
violazione dell'art. 118 della Costituzione.
L'Amministrazione, non riconoscendo al M.M., "le capacità tecniche" sull'erroneo presupposto di un "test-quiz", ha violato le norme indicate in quanto il superamento di tali test non è previsto in alcuna delle disposizioni richiamate come condizione imprescindibile per ottenere la suddetta licenza.
Dalla lettura degli artt. 11 e 136 T.U.L.P.S., 12, 257-bis, co. 2, lett. a), e 257-quater, del D.P.R. n° 635/1940, relativamente ai requisiti tecnici per ottenere tale licenza, si ricava che i requisiti si desumono per lo più documentalmente, mediante la produzione, da parte del richiedente, di documenti, di titoli di studio e/o attestazioni della frequentazione di specifici corsi professionali.
Inoltre, il citato art. 257-quater stabilisce che: tali licenze vengono negate solo quando trattasi di soggetti condannati per taluno del reati di cui all'art. 51, co. 3-bis, c.p. o quando sussistono gravi motivi di ordine pubblico.
Nel caso di specie, non ricorre nessuno di tali motivi ostativi, posto che il ricorrente risulta riabilitato e non ha commesso i reati di cui all'art. 51, co. 3-bis, c.p.
In concreto, l'interessato ha dimostrato all'Amministrazione di possedere i requisiti tecnici richiesti, se si considera che:
- è stato dipendente della Polizia di Stato per diversi anni;
- ha prodotto la dichiarazione di A.P., titolare del Decreto Prefettizio n° (omissis) rilasciato dalla Prefettura di (omissis) il 14.01.2002 (il quale ha dichiarato di avvalersi da diversi annii, come collaboratore, dell'operato del M.M., attestando che ricorrente ha maturato una specifica esperienza professionale e precisando che lo stesso ha collaborato a circa 50 indagini difensive eseguite sia per le parti offese che per gli indagati imputati);
- la Questura, con nota del 24.01.2008, ha dichiarato che M.M. lavora già da diversi anni per l'agenzia di investigazione della moglie S.M.
Ciò dimostra che il provvedimento impugnato è stato adottato all'esito di una istruttoria carente, come confermato anche dal fatto che l'Amministrazione non ha valutato la sussistenza di ragioni di interesse pubblico tali da giustificare il diniego.
L'atto contestato risulta viziato anche perché in contrasto con l'art. 118 della Costituzione, posto che il Prefetto, nell'esaminare le istanze per licenze di investigazioni ed effettuare le dovute valutazioni, deve operare nel rispetto della disposizione costituzionale indicata, la quale stabilisce che "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà".
A tale proposito, deve ritenersi che la funzione di sicurezza a tutela di beni materiali e di singoli privati sussidiariamente svolta dagli istituti investigativi e di vigilanza va vista con favore in quanto risponde a un'esigenza particolarmente sentita dall'utenza di difendersi dal dilagante fenomeno della microcriminalità che, specie per le dimensioni che assume in particolari aree del territorio, non sempre riesce ad essere fronteggiata tempestivamente dalle istituzioni pubbliche e consente al contempo di alleggerire queste ultime da compiti di minore rilievo di tutela di beni e individui particolari e, pertanto, permette di concentrare l'azione delle forze di polizia verso obiettivi più selettivi di interesse autenticamente generale, quali la lotta alla criminalità organizzata e la tutela di beni più complessi, quali la tutela dell'ambiente, la sicurezza del lavoro, etc.
In tal senso, quindi, l'Amministrazione avrebbe dovuto interpretare e applicare gli artt. 134 e 136 del R.D. n° 773/1931.
III) - Violazione dei principi generali del giusto procedimento e di imparzialità, buon andamento e trasparenza dell'azione amministrativa;
violazione degli articoli 1 e 4 della Costituzione.
A causa del mancato rilascio della licenza di polizia, il M.M. ha subito un danno economico oltre che morale in quanto ha perso l'opportunità di avere una propria attività lavorativa, in prospettiva anche della prevedibile espansione del mercato in tale settore, e, soprattutto, non ha potuto mettere a disposizione della collettività la propria pregressa esperienza lavorativa.
Pertanto, a parere del ricorrente, l'Amministrazione sarebbe tenuta a risarcire i danni subiti dall'interessato, quantificati in via equitativa dal M.M. in una somma non inferiore a € 10.000,00.
2. L'Amministrazione resistente ha prodotto Note, Memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato e l'infondatezza del Ricorso.
Sostanzialmente, l'Amministrazione ha controdedotto ai motivi di Ricorso evidenziando che il provvedimento di diniego è adeguatamente motivato in relazione all'assenza (in capo al richiedente) del requisito della buona condotta;
la nota della Questura di (omissis) richiamata nel provvedimento di diniego non avrebbe dovuto essere allegata all'atto impugnato, ma solo messa a disposizione ed essere esibita ad istanza di parte;
la valutazione dell'assenza del requisito della buona condotta, sulla base dei pregiudizi penali a carico dell'interessato, rientra nell'ambito delle valutazioni discrezionali e di merito spettanti agli Uffici competenti e, nella fattispecie, non appare irragionevole.
3. Il Collegio ritiene che le censure di parte ricorrente siano infondate.
3.1. Relativamente al motivo di Ricorso con il quale il M.M. ha contestato la carenza motivazionale del provvedimento di diniego, va osservato che l'art. 3, co. 3, della L. n° 241/1990 dispone che "Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato nella decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile anche l'atto cui essa si richiama.".
Nel caso di specie, la nota della Questura di (omissis) del 16.06.2009 è stata indicata nel provvedimento di diniego, ma non avrebbe dovuto essere necessariamente allegata e notificata all'interessato, perché la norma richiamata impone solo di renderla disponibile e, quindi, il M.M., ove avesse voluto, avrebbe potuto visionarla e chiederne copia.
Peraltro, dagli atti di causa emerge che la Prefettura di (omissis), con nota prot. n° 61738 del 30.07.2009 (ricevuta dal M.M. il 24.08.2009, a seguito della quale l'istante non ha prodotto Memorie e/o documenti), ha comunicato all'interessato i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza (ex art. 10-bis L. n° 241/1990), facendo riferimento alle condizioni ostative evidenziate dalla Questura di (omissis) con la citata nota del 16.06.2009, sicché, il M.M. era stato reso pienamente edotto dei motivi per i quali l'Amministrazione dubitava della possibilità di rilasciare la richiesta autorizzazione.
3.2. Per quanto concerne l'asserita contraddittorietà tra i pareri resi dalla Questura di (omissis) il 24.01.2008 (nell'ambito del procedimento che ha portato alla riabilitazione del M.M.) ed il 16.06.2009 (sul quale è stato basato il provvedimento di diniego impugnato), il Collegio non ritiene che i due atti siano in contrasto tra loro, se si considera che essi riguardano situazioni diverse.
Come correttamente rilevato dalla difesa erariale, l'art. 178 c.p. stabilisce che la riabilitazione estingue le pene accessorie (previste dagli artt. 28 e ss. c.p.) e ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti.
Ma, in materia di rilascio di licenze di polizia, la riabilitazione non estingue gli effetti amministrativi della condanna e non impedisce che i fatti su cui essa si fonda possano essere valutati, a fini preventivi, per evitare potenziali rischi per la sicurezza pubblica.
Ciò, specialmente se i reati commessi risultano di apprezzabile gravità, come nel caso di specie: il M.M. è stato condannato a sei anni di reclusione per i reati di omicidio preterintenzionale in concorso, lesioni personali in concorso, sequestro di persona in concorso, porto d'armi in concorso e violazione delle norme sull'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza in concorso, commessi in (omissis) il 02.03.1994 (cfr. Sentenza della Corte di Appello di Roma, divenuta irrevocabile il 20.04.1999).
Quindi, nella fattispecie l'Amministrazione ha correttamente applicato l'art. 134 T.U.L.P.S., esercitando il proprio potere/dovere di valutare, in particolare, l'attitudine e l'affidabilità del soggetto interessato ad esercitare attività investigativa (caratterizzata da profili di particolare delicatezza ed importanza), benché l'interessato avesse ottenuto la riabilitazione.
3.3. Il ricorrente ha affermato, tra l'altro, che trattandosi di istanza volta al rilascio della licenza per esercitare l'attività di investigazioni ex art. 222 del D.L.vo n° 271/1989, ai fini dell'individuazione delle prove da far valere nel contesto del processo penale, poiché il superamento di eventuali test non risulta previsto quale condizione per ottenere la suddetta licenza, i requisiti tecnici per il rilascio avrebbero dovuto ricavarsi mediante la produzione di documenti, titoli di studio e/o attestazioni della frequentazione di specifici corsi professionali.
Si afferma, altresì, che dall'atto impugnato non emergerebbe il perché l'interessato è stato considerato privo dei requisiti tecnici necessari per ottenere la licenza richiesta.
Sul punto, va richiamato l'art. 136 T.U.L.P.S., il quale prevede che la licenza è ricusata a chi non dimostri di possedere capacità tecnica ai servizi che intende esercitare.
Sulla base di tale indicazione normativa, la Questura di (omissis), in assenza di specifiche disposizioni in ordine alle modalità di accertamento del possesso della capacità tecnica, oltre a valutare la documentazione presentata dall'interessato, ha predisposto un questionario in materia di investigazioni private da sottoporre ai richiedenti il rilascio della licenza di polizia.
Con tale modalità oggettiva, si procede a verificare la conoscenza della normativa e delle capacità tecnico-operative inerenti all'attività investigativa che si intende svolgere.
Nel caso di specie, non è contestato che il M.M. non abbia risposto ad alcuni quesiti oggetto del questionario compilato il 10.06.2009 presso la Questura di (omissis), evidenziando lacune riguardanti la conoscenza della normativa e degli aspetti operativi dell'attività di investigazioni (cfr. nota dell'Amministrazione del 22.02.2010).
3.4. Quanto sopra evidenziato e le valutazioni eseguite dall'Amministrazione in relazione al caso concreto, non risultano in contrasto - oltre che con la richiamata normativa di rango primario contenuta nel T.U.L.P.S., anche - con la disciplina introdotta (con D.P.R. 04.08.2008 n° 153, di riforma del Regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S.) nel Titolo IV del medesimo testo unico, in conseguenza della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 13.07.2007.
In sostanza, nella fattispecie, la licenza di polizia è stata negata in quanto l'istante non offriva le necessarie garanzie di affidabilità e correttezza del legittimo uso dell'autorizzazione di polizia e di regolare conduzione dell'Istituto di investigazioni private ai sensi degli artt. 134 del T.U.L.P.S. e 222 del D.L.vo n° 271/1989.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il Ricorso sia infondato e debba essere respinto.
5. Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul Ricorso, come in epigrafe proposto:
- lo respinge;
- condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell'Amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), compresi gli onorari di causa;
- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11.07.2013 con l'intervento dei magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Roberto Proietti, Consigliere, Estensore
Antonella Mangia, Consigliere

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