Investigazioni

INVESTIGAZIONE PRIV. - Vigilanza, pericolo d’infiltrazioni mafiose e revoca della licenza prefettizia.

VigilanzaChe succede se a gestire, di fatto, l'attività di vigilanza privata è un condannato per gravi delitti contro il patrimonio? A quali condizioni è legittima la revoca dell'autorizzazione prefettizia, con la quale erano stati autorizzati piantonamento armato, guardie particolari giurate, sorveglianza notturna e diurna ed altro ancora? 
L'autorizzazione prefettizia deve venir meno qualora la p.a. ritenga che difetti il requisito della buona condotta, di cui all’art. 11, co. 2, T.U.L.P.S., che costituisce la condizione per il mantenimento dell’autorizzazione di polizia. Parimenti, “la licenza è ricusata a chi non dimostri di possedere capacità tecnica ai servizi che intende esercitare”, come stabilito dagli artt. 257-quater RD n° 635/40 e 136 RD n° 773/31, nel caso in cui sia accertata, dalla polizia amministrativa, la violazione dell'obbligo di cui all’art. 8 T.U.L.P.S. di esercitare personalmente l'attività autorizzata. L'art. 257-quater, lett. c), del Regolamento d’esecuzione, invero, dispone che la licenza è revocabile per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero per il concreto pericolo di infiltrazioni ambientali tali da condizionare la corretta gestione o amministrazione dell’istituto di vigilanza.

Pur trattandosi di vera e propria imprenditoria privata, la vigilanza rappresenta un’attività che riverbera i suoi effetti nel settore della polizia di sicurezza. Si pone infatti, da un lato, ad ausilio (mediato) delle finalità di interesse generale – della sicurezza e della prevenzione dei reati – perseguite dallo Stato e, dall’altro, incide sul controllo del territorio, per il tramite corpi organizzati ed autorizzati al porto delle armi. Anzi, si ponga attenzione alla recente legislazione di contrasto alla pirateria internazionale, finalizzata a garantire la libertà di navigazione delle flotte commerciali nazionali: con l’art. 5. DL 12.07.2011 n° 107 sono stati attribuiti alla vigilanza privata del BelPaese compiti, di supporto alle forze armate, a bordo dei navigli battenti il Tricolore in transito negli spazi marittimi internazionali con imbarco, sui mercantili da “proteggere”, di guardie giurate autorizzate ai sensi degli artt, 133 e 134 T.U.L.P.S. 
La nozione di pericolo d’infiltrazioni ambientali “condizionanti” è perciò, nella fattispecie, talmente ampia da ricomprendervi non soltanto il c.d. pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica di cui alla tipica interdittiva antimafia, ma dovendo venire esteso, come sentenziato dal T.A.R. Campania, addirittura a “qualunque situazione di fatto tale da evidenziare una situazione di pregiudizio per i primari interessi coinvolti” dalla normativa del T.U.L.P.S. 
Inoltre, per quanto attiene all’istruttoria, v’è la questione dell’eccezionalità della deroga al “principio secondo il quale la protezione di persone e beni risulta di stretta competenza dei Corpi di Polizia e ciò impone all'amministrazione di ponderare con particolare rigore ed estrema oculatezza la sussistenza dei presupposti non solo di rilascio dell'autorizzazione, ma anche di permanenza della licenza già rilasciata”. Quindi, i requisiti attitudinali e di affidabilità di coloro che chiedano le licenze di p.s. (o il loro rinnovo) devono pur sempre essere desunti dal contegno direttamente imputabile al soggetto interessato, benché siano rilevanti anche condotte “diverse da quelle aventi rilievo penale e accertate in sede penale […] non essendo ammissibile che da episodi estranei al soggetto finiscano per discendere conseguenze per lui negative”. Altrimenti si cómminerebbe un’inammissibile sanzione extra-legale (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 14.04. 
Dunque, se è vero che la p.a. è investita di ampi poteri discrezionali nella materia de qua, è ancor più vero che, ai fini della misura sanzionatoria, l'istruttoria “deve essere caratterizzata da esaustività e completezza; dovendosi, al contrario, ritenere carente ed incompleta laddove sia omessa la considerazione di sopravvenienze idonee ad incidere, all'attualità, sul giudizio di esposizione ad infiltrazioni ambientali sulla corretta gestione o amministrazione dell’istituto” di vigilanza, adoperatasi, come nella fattispecie, con un “ravvedimento operoso”. 
A revoca più facile, perciò, corrisponde l’esercizio più stringente dei poteri valutativi spettanti alla p.a., che devono constare nella “motivazione dell'adeguata istruttoria espletata”.


T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 26-05-2014, n° 998


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
Sezione Staccata di Salerno (Sez. I)

ha pronunciato la presente

Sentenza

sul Ricorso R.G. n° 2005/2013, proposto da: Istituto di Vigilanza D. S.r.l, in persona del l.r. Sig. C.S., rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell'atto introduttivo del giudizio, dall'Avv. G.M.M., con domicilio eletto in (omissis);
contro
U.T.G. - Prefettura di Salerno, Questura di (omissis) in persona del Questore p.t..; Ministero dell'Interno, in persona del Ministro l.r.p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata ope legis in Salerno;
per l'annullamento del Decreto prot. n° (omissis) del (omissis) con il quale la Prefettura di Salerno - Ufficio Territoriale del Governo - ha disposto la revoca della licenza n° (omissis) rilasciata in data (omissis) per la gestione dell'istituto di vigilanza privata D. S.r.l., con sede a (omissis);

visti il Ricorso e i relativi allegati;
visto l'Atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
viste le Memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 06.03. 14 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo
1.- Con l'atto notificato il 19.11. 13, depositato il 20.1113, il nominato in epigrafe, nella qualità dichiarata, impugna il Decreto prot. n° (omissis) del (omissis) con il quale la Prefettura di Salerno - Ufficio Territoriale del Governo - ha disposto la revoca della licenza n° (omissis) rilasciata in data (omissis) per la gestione dell'istituto di vigilanza privata D. S.r.l., chiedendone l'annullamento perché illegittimo per i seguenti motivi:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 L. n° 241/1990 in combinato disposto con l'art. 3 L. n° 241/1990: eccesso di potere per motivazione parziale, illogicità e contraddittorietà.
Con il primo motivo di Ricorso, parte ricorrente si duole del fatto che il provvedimento impugnato, adottato dalla resistente Amministrazione a seguito delle controdeduzioni rassegnate dall'interessato, non esplicita le ragioni per le quali queste ultime non abbiano avuto rilevanza nella decisione assunta al punto che l'atto gravato prescinde dagli elementi forniti dalla parte. Si afferma, infatti che le controdeduzioni offerte, o non sono state valutate o sono state sottovalutate. In sostanza non sarebbero stati presi in considerazione elementi importanti e segnatamente le deduzioni in ordine alla circostanza che non vi sarebbe alcuna violazione dei requisiti di cui all'art. 257-quater TULPS; non vi sarebbe una specifica normativa che commina la sanzione della revoca; non sarebbe emerso in sede di accesso né il verbale di polizia del 17.6.2013, né l'esposto anonimo che avrebbe determinato il controllo; la circostanza che il provvedimento di revoca dell'estensione temporanea era stato sospeso dal T.A.R. con Decreto n° 403/2013. Sarebbero, invece, state sottovalutate le argomentazioni addotte in ordine alla presunta mancata esibizione dei contratti; alla presenza di un organigramma firmato da F.S.; alla gestione degli allarmi in provincia di (omissis); alla presunta falsificazione delle richieste di autorizzazione alla gestione di radio allarmi per le attività ubicate a (omissis) e provincia.
- violazione e falsa applicazione dell'art. 11 T.U.L.P.S., violazione dell'art. 3 L. n° 241/1990 e dell'art. 257-ter Reg. T.U.L.P.S., eccesso di potere sotto concorrenti e plurimi profili.
Con il secondo motivo di Ricorso, il deducente rimarca l'illegittimità della revoca della licenza, nella parte in cui pone a fondamento dell'atto in questione la perdita, da parte del legale rappresentante, del "requisito della buona condotta" giustificata dall'Amministrazione con due specifiche circostanze e segnatamente per l'omessa comunicazione della variazione dell'assetto societario e per la circostanza che "l'istituto è di fatto gestito da componenti della famiglia F. a cui carico risultano condanne di estrema gravità come rapina continuata, ricettazione e detenzione illegale di armi". Con espresso riferimento all'elemento dell'omissione della comunicazione, rappresenta che alcuna pronuncia giurisprudenziale ha mai posto a fondamento della revoca di una licenza di polizia siffatto elemento; al contrario, l'art. 11 T.U.L.P.S pone a fondamento dell'istituto tassative ipotesi di natura penale, in alcun modo surrogabili con ipotesi equivalenti o presunzioni, come chiarito anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n° 440/1993. A ciò aggiungasi che l'art. 257-ter, co. 4, prevede un termine annuale per inviare le comunicazioni per le modifiche del progetto organizzativo o dell'assetto proprietario: termine che, nella specie, non sarebbe stato violato tenuto conto che l'atto notarile recante siffatte modifiche, è stato registrato in data 07.06.2013 e l'ispezione è avvenuta in data 17.6.2013, e cioè nell'arco dei trenta giorni concessi dalla legge per tutti gli adempimenti successivi alla stipula. Ciò conferma l'erroneo riferimento all'art. 11 T.U.L.P.S. laddove l'intera fattispecie risulta governata dall'art. 257-quater del T.U.L.P.S.
- violazione e falsa applicazione art. 3 L. n° 241/1990, eccesso di potere.
Con il terzo motivo di Ricorso, il deducente rimarca la circostanza che l'atteggiamento della resistente Amministrazione sarebbe mutato soltanto a seguito dell'esposto anonimo che avrebbe messo in crisi la collaudata affidabilità sempre riposta nella ricorrente società, come dimostrano le autorizzazioni sempre concesse alla stessa.
-violazione e falsa applicazione art. 3 L. n° 241/1990, eccesso di potere per motivazione inadeguata, incongrua, parziale e contraddittoria.
Con il quarto motivo di Ricorso, l'interessato censura l'ulteriore elemento utilizzato dall'Amministrazione prefettizia per revocare la licenza e segnatamente la gestione "di fatto" dell'istituto da parte della famiglia F., osservando che l'assunto sarebbe privo di qualsiasi elemento di prova : gli unici elementi certi sarebbero dati dal fatto che S.C. (socio) è persona incensurata oltre che pulita, al pari di F.L. (socio) e della moglie P.M.; mentre il fratello di quest'ultimo S., avrebbe in corso la riabilitazione per un reato di gioventù; L.F., inoltre, avrebbe interrotto ogni contatto con il padre A., facendo cessare anche la convivenza con lo stesso. Il provvedimento impugnato, in realtà dà atto che c'è un ravvedimento operoso ma non spiega perché è irrilevante l'abbandono del tetto paterno. La giurisprudenza insegna che il solo rapporto di coniugio non comprova il pericolo d’infiltrazioni criminali;
- violazione e falsa applicazione art. 3 L. n° 241/1990, eccesso di potere per carenza ed erroneità dei presupposti.
Con l'ultimo motivo di Ricorso, il ricorrente censura le ulteriori considerazioni poste a base dell'atto gravato, osservando che: 
a) quanto ai contratti stipulati in modo fittizio, il servizio di piantonamento non armato diurno presso il condominio in (omissis), lo stesso veniva già svolto dal soco L.F. con la sua azienda (omissis), giusto verbale di assemblea del 07.01.10; mentre il servizio di piantonamento armato notturno, parimenti commissionato dal condominio era stato poi risolto per il costo eccessivo previa comunicazione del 14.6.2013;
b) l'organigramma rinvenuto non sarebbe firmato da C.S.;
c) la guardia giurata, sprovvista del Decreto di nomina, non sarebbe mai stata fermata in servizio, bensì soltanto contattata quale procacciatore.
2.- Resiste in giudizio l'intimata Amministrazione ministeriale, chiedendo il rigetto della domanda perché inammissibile e infondata.
3.- Con Memorie, parte ricorrente ha vieppiù illustrato le proprie difese.
4.- Con Ordinanza n° 801/2013 del 19.12.13, risulta favorevolmente accolta l'istanza di tutela cautelare.
5.- All'udienza del 06.03. 2014, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservato la decisione.

Motivi della decisione
Il Ricorso è fondato, nei limiti e per le considerazioni che seguono.
1.- È controversa nel presente giudizio la legittimità dell'atto, in epigrafe meglio specificato, con il quale la ricorrente società impugna la revoca della licenza n° (omissis) del (omissis) recante autorizzazione al Sig. S.C. alla gestione dell'Istituto di vigilanza privata D. S.r.l. per una serie di attività di vigilanza privata, piantonamento armato, sorveglianza notturna e diurna, ed altro, nell'ambito della Provincia di (omissis).
L'ordito motivazionale dell'atto gravato sostanzialmente riposa su due ragioni che l'Amministrazione resistente reputa di poter porre a fondamento della revoca della licenza e segnatamente il venir meno del requisito della buona condotta, prescritto dal 2 co. dell'art. 11 T.U.L.P.S. quale condizione per il rilascio ed il mantenimento delle autorizzazioni di polizia; e l'inosservanza dell'obbligo dell'esercizio personale dell'attività autorizzata, richiesto dall'art. 8 T.U.L.P.S., rilevato dalla Questura di (omissis) nel corso di accertamenti effettuati presso l'istituto di che trattasi,dai quali sarebbe emerso che "lo stesso è, di fatto gestito, da altre persone e non dal titolare, precisamente da F.A., condannato a dieci anni con interdizione perpetua dai pubblici uffici per rapina continuata, detenzione illegale di armi e ricettazione e dal figlio S. condannato a 3 anni di reclusione per n° 3 rapine"; per fatti cioè utili ad azionare il Ricorso all'art. 257-quater lett. c) del Regolamento per l'esecuzione del T.U.L.P.S. a mente delle cui indicazioni la licenza è revocabile per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica, ovvero del concreto pericolo di infiltrazioni ambientali tali da condizionare la corretta gestione o amministrazione dell'istituto.
2.- Il Collegio reputa fondato il Ricorso, nei sensi e nei limiti di cui alle considerazioni che seguono, in applicazione del principio giurisprudenziale, consolidato in giurisprudenza, nonché recentemente ribadito anche dal Consiglio di Stato, a mente delle cui indicazioni l'istruttoria preordinata all'adozione della misura sanzionatoria deve essere caratterizzata da esaustività e completezza; dovendosi, al contrario, ritenere carente ed incompleta laddove sia omessa la considerazione di sopravvenienze idonee ad incidere, all'attualità, sul giudizio di esposizione ad infiltrazioni ambientali sulla corretta gestione o amministrazione dell'istituto (n° 293 del 22.01.14).
3.- Per meglio comprendere le conclusioni cui è giunto il Collegio, occorre necessariamente premettere che lo svolgimento dell'attività propria degli istituti di vigilanza, pur concretando un esercizio di attività imprenditoriale privata, si colloca nella materia della polizia di sicurezza per gli evidenti riflessi che esercita sulla sicurezza e l'ordine pubblico, sia in quanto la predetta attività si pone come indiretto ausilio nel perseguimento delle finalità di interesse generale della sicurezza e della prevenzione dei reati, sia in quanto incide sulle generali condizioni di controllabilità del territorio da parte delle Forze dell'Ordine, siccome costituita da corpi organizzati autorizzati al porto delle armi, facenti capo ad apposite organizzazioni aziendali, anche complesse (ex multis Tar Campania, 17.2.2012 n° 842).
E' pacifico, altresì, che la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza privata- a differenza dell'interdittiva antimafia tipica - si collega ad una più ampia nozione di pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica, che, pur potendo ricomprendere i profili di infiltrazione mafiosa, non si esaurisce in essi, essendo estendibile a qualunque situazione di fatto tale da evidenziare una situazione di pregiudizio per i primari interessi coinvolti, nei sensi emergenti dall'impianto normativo di riferimento di cui all'art. 257-quater del R.D. n° 635 del 1940 e dell'art. 136 del TULPS.
Ed infatti, l'art. 257-quater del R.D. 6 maggio 1940, n° 635 prevede che le licenze per lo svolgimento di attività di vigilanza sono negate, oltre che nei casi previsti dall'art. 134 del R.D. 18 giugno 1931, n° 773, anche quando "sussistono gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica, ovvero il concreto pericolo di infiltrazioni ambientali tali da condizionare la corretta gestione o amministrazione dell'istituto", con la precisazione che le licenze già rilasciate sono revocate quando vengono a mancare i requisiti richiesti per il loro rilascio e sono revocate o sospese per gravi violazioni delle disposizioni che regolano le attività assentite o delle prescrizioni imposte nel pubblico interesse, compreso l'impiego di personale privo dei requisiti prescritti e, in ogni caso, di quelli indicati dall'articolo 11 della legge, ovvero "per altri motivi di ordine e sicurezza pubblica".
La norma soggiace ad una lettura coordinata con l'ultimo co. dell'art. 136 del T.U.L.P.S., ove si ribadisce che l'autorizzazione può essere negata o revocata per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico. In proposito deve osservarsi che l'amministrazione è investita di ampi poteri discrezionali e l'estensione dei poteri valutativi si giustifica, da un lato, con la primarietà degli interessi pubblici coinvolti, dall'altro, con la considerazione che la vigilanza privata rappresenta una palese eccezione al principio secondo il quale la protezione di persone e beni risulta di stretta competenza dei Corpi di Polizia e ciò impone all'amministrazione di ponderare con particolare rigore ed estrema oculatezza la sussistenza dei presupposti non solo di rilascio dell'autorizzazione, ma anche di permanenza della licenza già rilasciata ( ex multis Cons.St. sez. VI, 7 giugno 2006, n° 3433; 19 maggio 2008, n° 2277; 23 gennaio 2008, n° 143).
4.- Ciò premesso, occorre ricordare che, in subiecta materia, l'evoluzione giurisprudenziale ha ulteriormente presidiato l'area de qua, attestandosi su posizioni che, in questa sede, appare opportuno ripercorrere e segnatamente che
-nella materia delle licenze di pubblica sicurezza, i requisiti attitudinali o di affidabilità dei richiedenti di tali licenze devono pur sempre essere desunti da condotte del soggetto interessato, anche diverse da quelle aventi rilievo penale e accertate in sede penale, ma devono essere significative in rapporto al tipo di funzione o di attività da svolgere, non essendo ammissibile che da episodi estranei al soggetto finiscano per discendere conseguenze per lui negative, diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste per legge e non suscettibili, secondo una valutazione ragionevole, di rilevare un'effettiva mancanza di requisiti o di qualità richieste per l'esercizio delle funzioni o delle attività di cui si tratta, traducendosi così in una sorta di sanzione extra legale (Tar Veneto Sez. III 14 aprile 2006 n° 1017);
-l'Amministrazione esercita il suo potere nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell'adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o capace di abusi. Se gli elementi che vengono in rilievo attengono a denunce penali, l'Autorità di polizia non può limitarsi a richiamarle in modo acritico o a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base, vagliare l'esito dei relativi procedimenti penali specialmente se si tratta di denunce assai risalenti nel tempo, verificarne con maggior rigore la rilevanza se intervenute in tempi remoti e, in ogni caso adeguatamente esternare le ragioni per le quali se ne possono far scaturire indici significativi della inaffidabilità del soggetto (Cons. St., Sez. IV, 05.07.2000 n° 3709).
Le citate pronunce, nel loro complesso, rimarcano l'esistenza di una consolidata giurisprudenza orientata a predicare i canoni dell'esaustività e della completezza dell'istruttoria, significando, come affermato anche da questo Tribunale che, il requisito della completezza dell'istruttoria comporta che debba esservi esame della totalità dei dati fattuali a disposizione, che è necessaria la valutazione di tutti gli elementi esistenti nella attualità, che, ove vengono considerati fatti risalenti nel tempo, tale circostanza impone un doveroso approfondimento che ne giustifichi la utilizzazione attuale per la mancanza di rilevanti elementi di novità atti ad inficiarne la portata, che, ove emergano elementi nuovi, questi devono essere necessariamente oggetto di valutazione; l'esistenza di elementi dissonanti o di segno contrario impone comunque un valutazione più approfondita dei dati a disposizione (Tar Salerno n° 1623/2012).
4.- Orbene, trasponendo le menzionate acquisizioni giurisprudenziali al caso in esame, sembra al Collegio che l'atto gravato non appare caratterizzato dai criteri individuati, configurandosi, al contrario, pervaso da aree critiche oltre che da elementi non sufficientemente esplorati e/o valutati ancorchè conosciuti.
Pur volendo ripercorrere l'analisi dell'ordito motivazionale del provvedimento impugnato, offerta dall'Avvocatura erariale, che, nella sua puntuale lettura, evidenzia una duplice serie di ragioni che hanno giustificato l'assunzione dell'atto, il Collegio reputa di poter confermare le proprie conclusioni per le ragioni che seguono.
5.- Si assume, infatti, che sarebbe venuta meno la buona condotta del titolare dell'autorizzazione per una serie di circostanze e segnatamente perché :
- sulla base di accertamenti effettuati dalla locale Questura, vi sarebbero dei contratti, relativi a servizi nella provincia di (omissis), stipulati in modo fittizio, in quanto sottoscritti con soci dell'Istituto stesso, oltre alla mancata effettuazione del servizio di piantonamento armato notturno; - - la società ricorrente avrebbe svolto la propria attività anche nella provincia di (omissis), benché non autorizzata dalla Prefettura, ed avrebbe, altresì, impiegato nel servizio di vigilanza una guardia giurata sprovvista del Decreto di nomina;
- non sarebbe stato comunicata la variazione dell'assetto societario, in violazione dell'art. 257-ter del Regolamento al TULPS che, al 4 co., obbliga a comunicare al Prefetto ogni modifica dell'assetto proprietario dell'istituto.
5.a.- Il Collegio non intende mettere in discussione i citati elementi utilizzati dall'autorità di pubblica sicurezza per valutare discrezionalmente il grado di affidabilità del soggetto autorizzato.
Non sembra, tuttavia, che gli stessi siano confluiti in modo critico nelle conclusioni raggiunte, atteso che l'atto gravato non esplicita le ragioni per le quali sono state ritenute inutiliter date le giustificazioni rassegnate dal ricorrente che, nelle proprie controdeduzioni, ha chiarito che :
- la D. S.r.l. è subentrata nel contratto in essere tra il Condominio (omissis) con la società (omissis) di F.L., (poi diventato socio della ricorrente) e che il citato condominio affidava, con delibera assembleare, il diverso servizio di vigilanza armata, successivamente revocato. In sostanza, i chiarimenti forniti, se correttamente intesi, hanno evidenziato che i contratti non possono ritenersi "fittizi" in quanto posti in essere con il Condominio, il cui amministratore era, tuttavia, anche socio della ricorrente società.
5.b.- Quanto poi alla circostanza che l'istituto svolgeva la propria attività "anche nell'ambito della provincia di (omissis) , benché non autorizzato dalla Prefettura", impiegando anche una guardia giurata sprovvista del Decreto di nomina, deve osservarsi che l'affermazione non risulta corroborata da elementi certi di prova, allo stesso modo in cui anche le controdeduzioni - intese a chiarire che "il sig. (omissis) è legato alla società da un rapporto di collaborazione a fini di produzione, quale agente commerciale" e che le "proposte di contratto" offrivano "attività prive di caratterizzazione territoriale, quali quelle di teleallarme, video sorveglianza, trasporto valori..." per le quali, come si afferma, la Circolare del Ministero dell'Interno n° 557/pas/15403.10089.D del 15.12.08 non richiedono la "preventiva comunicazione" - non risultano essere state oggetto di analisi e confutate con adeguate smentite.
5.c.- Quanto, infine, alla mancata comunicazione dell'assetto proprietario, non può non rilevarsi che, la contestata violazione della prescrizione di cui all'art. 257-ter, co. 4, TULPS, si appunta - come evidenziato anche nelle controdeduzioni - avverso le risultanze dell'atto di cessione di quote, redatto dal notaio (omissis), in data 22.05.2013, registrato in data 07.06.13, depositato presso la Camera di Commercio in data 12.06.2013, e cioè avverso un atto, le cui copie sono state consegnate dal Notaio all'interessato soltanto dopo il 12.06.13, laddove l'ispezione in loco è avvenuta il 17.06.13. Neppure risulta una particolare analisi di questa circostanza e della sua ininfluenza rispetto ai fatti posti a base della revoca.
6.- La disamina del percorso motivazionale dell'atto gravato consente di procedere alla valutazione del secondo gruppo di ragioni, individuate dalla difesa erariale, a mente della cui ricostruzione "la seconda ragione che ha indotto la Prefettura di Salerno a revocare l'autorizzazione di polizia rilasciata al ricorrente, consiste nella violazione della prescrizione della personalità del titolo, la quale impone una gestione diretta dell'attività autorizzata da parte del titolare, priva di interferenze degli altri soci. Nella specie, infatti, sussistono senz'altro indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla violazione del predetto obbligo, rinvenibili, oltre che nell'esiguità della quota di partecipazione che di per sè impedisce al ricorrente - titolare della licenza - di svolgere l'attività sociale con pienezza di poteri ed assoluta libertà di iniziativa, anche in circostanze specifiche, accertate dalla locale Questura e puntualmente segnalate nel provvedimento, quali:
a) il mancato rinvenimento presso la sede dell'Istituto, all'atto del controllo, dell'elenco dei clienti il quale, come dichiarato dal titolare S.C. "era stato portato nella sede di (omissis)" ove risiede una diversa ditta individuale intestata a F.L. : ciò dimostra che S.C. non ha affatto il controllo dell'attività, non disponendo neppure dell'elenco dei clienti...
b)la dichiarazione della guardia giurata in servizio presso la centrale operativa dell'Istituto all'atto del controllo, la quale ha affermato che "la gestione degli allarmi in provincia di (omissis) era demandata dall'operatore di centrale a F.L.";
c) il fatto che "direttore" dell'istituto è stato nominato F.S. (condannato, a suo tempo a tre anni di reclusione per tre rapine) essendosi in tal modo creata una carica sociale (non prevista) al solo scopo di trasferire i poteri di gestione dell'Istituto dalla figura (istituzionale) dell'amministratore (titolare della licenza) ad una figura non necessaria e, nella specie, non consentita...".
Con la surriferita ricostruzione degli elementi caratterizzanti la violazione della regola cogente della inderogabilità della personalità del titolo, la difesa erariale rimarca la circostanza che la società sia connotata da una struttura gestionale alternativa a quella formale e che, per di più, vede la presenza di persone coinvolte in vicende penalmente rilevanti, di oggettiva gravità e che hanno persino comportato l'applicazione di una misura cautelare di tipo detentivo. I riferiti elementi integrano, ad avviso dell'amministrazione, un quadro indiziario dal quale sarebbe ragionevole e congruo, secondo l'id quod plerumque accidit, desumere che l'attività di vigilanza si svolge in un contesto che, complessivamente considerato, non garantisce l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica.
Osserva il Collegio che il riferito quadro indiziario in ordine all'eterodirezione della struttura non risulta corroborato da elementi di prova certi, né gli elementi riportati sub a) e sub b) appaiono di tale rilevanza da poter concludere nei sensi indagati dall'amministrazione resistente.
Di maggiore rilevanza deve, invece, considerarsi, in subiecta materia, l'elemento sub c), che individua nel pregiudicato F.S., l'effettivo "direttore", sulla base di un organigramma firmato dal titolare dell'Istituto. Le riferite emergenze, pur rilevanti nel riferito quadro indiziario, risultano insuscettibili di essere atomisticamente considerate e devono necessariamente essere valutate in un quadro complessivo che non depone per l'eterodirezione della struttura atteso che, comunque, dallo stesso organigramma il Sig. S. risulta pur sempre amministratore unico e direttore tecnico.
Quanto al dedotto legame tra l'Istituto D. S.r.l. ed i soggetti pregiudicati della famiglia F. (A. e S.) che, nella prospettazione della resistente amministrazione, sarebbe riconducibile alla circostanza che le quote societarie sono state acquistate dai due soci incensurati (L.F., figlio di (omissis), convivente di F.S.), deve osservarsi che, per giurisprudenza costante, il solo rapporto di coniugio/parentela tra l'amministratore della società ed il soggetto indagato, imputato o condannato è un indizio rilevante che deve essere corroborato da altri riscontri, atteso che il solo rapporto di coniugio/parentela non comprova senz'altro il pericolo di infiltrazione criminale (Cons. St., Sez. VI, 12.12.2011 n° 6497).
Ad ogni buon fine, non appare senza rilevanza la circostanza, pure rappresentata nell'atto gravato, che l'Istituto "ha posto in essere numerose attività palesemente volte ad una sorta di ravvedimento operoso come la comunicazione della sospensione dei servizi di piantonamento armato presso il condominio sito a (omissis), il trasferimento di residenza di L.F., convivente con il padre A., presso altra abitazione nonché la richiesta di riabilitazione presentata da F.S.".
Ad avviso del Collegio, tutti questi elementi, pure conosciuti dalla resistente amministrazione non risultano oggetto di apprezzamento da parte della stessa che si è limitata a riportarli senza una congrua valutazione del loro peso all'interno dell'istruttoria che, da tale angolazione, appare perplessa ed insufficiente ad offrire un quadro chiaro ed esaustivo degli elementi che necessariamente devono caratterizzare il Ricorso all'art. 257-quater, co. 1, lett. c, R.D. 06.05.1940 n° 635, azionabile ogni qual volta siano sussistenti gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica, ovvero il concreto pericolo di infiltrazioni ambientali tali da condizionare la corretta gestione o amministrazione dell'Istituto.
Ed infatti, proprio il rango primario degli interessi pubblici coinvolti nella materia de qua, oltre a rendere doveroso per l'amministrazione valutare tutti gli elementi, anche non sfociati in condanne penali, sintomatici del rischio che l'attività sia svolta, in modo non adeguato all'esigenza di preservare gli interessi ora menzionati e connessi all'attività di vigilanza, impone anche che l'istruttoria preordinata all'adozione della misura sanzionatoria deve essere caratterizzata da esaustività e completezza; dovendosi, al contrario, ritenere carente ed incompleta laddove sia omessa la considerazione di sopravvenienze idonee ad incidere, all'attualità, sul giudizio di esposizione ad infiltrazioni ambientali sulla corretta gestione o amministrazione dell'istituto (n° 293 del 22.01.2014).
Per tutte le suesposte ragioni, il Ricorso è fondato e va accolto con l'annullamento dell'atto impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione.
7.- La peculiarità delle questioni trattate, impone l'integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul Ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi di cu in motivazione, e, per l'effetto annulla l'atto impugnato. Spese compensate. Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Francesco Gaudieri, Consigliere, Estensore
Paolo Severini, Consigliere

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