PENALE - È reato costituire un trust anche a beneficio dei creditori ma senza dirglielo.

TRUSTC’era una volta un amministratore di società, divenuto suo liquidatore, e c’era anche un cospicuo credito verso il fisco. Questi poi costituì un trust col suo patrimonio personale, ponendo se stesso quale "trustee", ma non comunicò neanche ai creditori che l'iniziativa era stata assunta a beneficio della massa liquidatoria. Per la Cassazione, che ha confermato la condanna irrogatagli in sede di appello ai sensi dell’art. 11 del D.L.vo n° 74\2000, non basta affatto indicare i creditori come i beneficiari dei trust. Nemmeno è sufficiente che la finalità liquidatoria del trust potesse essere conosciuta mediante una consultazione dei registri immobiliari della Conservatoria, atteso che essa, seppur indicata nell'atto costitutivo del trust, non era stata mai comunicata ai creditori sociali. Insomma, il trust è stato ritenuto in sé lecito, ma il suo utilizzo è stato qualificato come vero e proprio atto simulato di alienazione o altro atto fraudolente compiuto sui beni del debitore, idoneo ad impedire il soddisfacimento totale o parziale dei credito tributario. Trattasi di reato di pericolo, il cui oggetto giuridico è costituito dalla garanzia generica data dai beni dell'obbligato. E’ prevalso, secondo i giudici, lo scopo fraudolento della costituzione del trust e l’esclusiva finalità di sottrarre il patrimonio dei contribuente alla procedura coattiva. Del resto, è stato ritenuto sussistente il dolo generico, poiché l’imputato aveva avuto piena conoscenza del debito tributario e, quindi, il fatto è stato sanzionato il fatto che egli sia ricorso ad attività formalmente lecite ma aventi l’unica concreta conseguenza d’impedire la riscossione fiscale, difettando, nel caso di specie, ogni altro dato dimostrativo della effettiva volontà di perseguire le finalità proprie dello strumento giuridico cui aveva fatto ricorso.

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PRIVACY - Google inquiries: is it an abuse of dominant position? Eu Commission suspects violations of EU antitrust rules.

also see: http://ec.europa.eu

La Commissione europea ha avviato un'indagine a carico di Google - che, nello spazio europeo, gestisce il 90% delle informazioni ricercate nel web dai consumatori - poiché il gigante di Mountain View tratterebbe dal 2008 le informazioni in modo censurabile nelle proprie pagine che mostrano i risultati delle ricerche. Questo andrebbe a vantaggio dei suoi servizi e a danno della concorrenza, causando una deviazione artificiosa del traffico sulla rete, ostacolando l'altrui competitività a danno dei consumatori e altresì soffocando l'innovazione tecnologica.
Secondo la Commissione europea infatti si verificherebbe una sistematica alterazione dei parametri di ricerca, talché gli internauti - a seguito degli algoritmi adoperati da Google - vedrebbero frustrate le loro aspettative di vedere, come risultato delle loro ricerche, i risultati effettivamente più rilevanti. L'indagine nei confronti di Google è stata avviata anche per altre tre ulteriori verifiche: sullo scraping, sulla esclusività della pubblicità e sulle relative indebite restrizioni, trattandosi di altri fenomeni che provocano una distorsione della concorrenza. 
La Commissione europea è lapidaria e non usa mezzi termini: "Google Inc. has abused a dominant position in online search, in violation of European Union rules (Article 102 TFEU)". Il motore di ricerca interno di Google infatti restituisce, all'utente che lo interroghi siccome alla ricerca di un certo risultato, due tipi diversi di esito, quello concernente inserzioni a pagamento e quello libero. L'indagine della Commissione è testa a verificare se c'è realmente stato un abuso di posizione dominante nell'offrire i risultati delle ricerche online ("[...] The Commission will investigate whether Google has abused a dominant market position in online search by allegedly lowering the ranking of unpaid search results of competing services [...]"). 
Del resto se il motore di ricerca de quo visualizza ciò che è utile che la gente veda, piuttosto che ciò che le persone stanno cercando, l'oggettività dei parametri, del ranking e delle stesse ricerche risultano falsati a monte, ancorché gli utenti non se ne accorgano. Il fenomeno è preoccupante, anzi inquietante. Poiché i risultati pilotati nel web sono inaccettabili. Della "volta generale" teorizzata dal filosofo francese 
Jean- Jacques Rousseau non sentivamo alcun bisogno ("Occorre quindi, per avere l'espressione vera della volontà generale, che non vi sia nello Stato alcuna società parziale e che ogni cittadino (non) pensi con la propria testa.", J.-J. Rousseau, Il contratto sociale, II, 1; II, 2; II, 3). 
Qui di seguito la notizia ufficialmente offerta dalla Commissione europea.

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PENALE - Per le S.U. l'accesso abusivo a un sistema informatico o telematico si consuma là dove v'era il reo. Ma è davvero così?

accesso da smartphone al web senza programmi preinstallati ad hocCon Sentenza n° 17325 resa all'esito dell'udienza 26.03.2015 e depositata il 24.04.2015, le Sezioni Unite della Suprema Corte (Presidente: G. Santacroce, Relatore: C. Squassoni) hanno sancito - in modo non condivisibile - che dal punto di vista della competenza per territorio per il reato di cui all’art. 615-ter c.p., il locus commissi delicti va individuato in relazione alla località in cui  si trova il soggetto che effettua l’introduzione abusiva o vi si mantiene abusivamente. Il caso di delitto di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico, perciò, non bisogna ricercare il luogo in cui si trovava, all'epoca del fatto, il server oggetto dell'intrusione illecita, ma soltanto quello nel quale ha agito l'imputato, ponendo in essere la condotta ascrittagli. Ma procediamo con ordine.
Trattasi di reato mera condotta, infatti, che consisterebbe nella semplice violazione dell'altrui "domicilio informatico", talché non occorre che si verifichi una effettiva lesione della riservatezza dei dati attinti dall'accesso indebito e, così, è sufficiente la violazione del perimetro del "domicilio virtuale" perché il reato, nell'ipotesi base di cui al primo comma dell'art. 615-bis c.p., debba ritenersi consumato.
Sarebbe sbagliato perciò, secondo gli ermellini, riferirsi alla zona del territorio in cui è allocato l'elaboratore centrale, poiché quel che rileva - nel cyberspazio, in cui la dimensione umana è smaterializzata, divenendo a-territoriale (anche per l'esistenza diffusa di sistemi collegati da remoto e in "cloud")- è il sito in cui v'è il terminale (c.d. "client") oggetto dell'intrusione, mediante digitazione su di esso delle credenziali di autenticazione informatica.

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ORD. FORENSE - Mazzola, "In memoria di chi onora la toga e viene ucciso"

(da CF News, Newsletter di Cassa Forense, n° 30.04.2015, Interventi)

“Mi diceva sempre: “Mamma, lo sai che il nostro giuramento è il più bello di tutti, ma ti rendi conto cosa vuol dire la formula sulla consapevolezza sociale e sull’alta dignità della professione?Che senza di noi non ci sarebbero lo Stato, la famiglia, la comunità’”.

Quando sale sul palco in aula magna a Milano dove si commemorano le vittime, dinanzi ad oltre 1.500 tra avvocati, magistrati, personale amministrativo e persone comuni, la mamma di Lorenzo Alberto Claris Appiani, l’avv. Alberta Brambilla Pisoni si stringe idealmente alla toga insanguinata del figlio, ed è forse questo che le dà la forza di parlare, con le lacrime agli occhi:“Quando mio figlio ha giurato il discorso di accoglienza lo fece l’avvocato Biagi il quale esortò i neo avvocati a non fare i ventriloqui, le marionette del cliente. Fate quello che è giusto per il cliente, diceva. Ecco, Lorenzo è morto perché non è stato una marionetta. Voglio che tutti gli avvocati siano orgogliosi della dignità della professione forense, così mio figlio non sarà morto per niente”.

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INTERNATIONAL TRADE - Roma 19.05.2015, Convegno sul Rapporto «Le aziende italiane nei paesi ASEAN»

Farnesina

"Le aziende italiane nei paesi Asean". E' questo i titolo di un convegno che si terrà a Roma il 19 maggio, a cura dell'Osservatorio Asia. L'evento, in cui sarà presentato l'omonimo rapporto di ricerca, sarà l'occasione per dare il via a un dialogo ad alto livello per discutere il ruolo delle imprese italiane nell'interscambio con i paesi del Sud-Est asiatico, nonchè le opportunità sia commerciali che di investimento che possono derivare da un rafforzamento nei nostri legami economici. Al workshop interverranno il vice ministro dello Sviluppo economico (Mise), Carlo Calenda; il sottosegretario agli Esteri e alla Cooperazione Internazionale, Benedetto Della Vedova; Enrico Letta, già presidente del Consiglio e segretario generale dell'Agenzia di ricerche e legislazioni (Arel), Le Luong Minh (segretario generale dell'Asean), oltre a rappresentanti della comunità imprenditoriale italiana ed asiatica e degli istituti bancari e finanziari.

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