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INVESTIGAZIONE PRIVATA - Acquisizione di copie di fascicolo penale.

Written by Avv. Salvatore Frattallone on . Pubblicato in Investigazione privata

estrazione copie di atti del procedimento

La Cassazione ha escluso che si possa ravvisare, in assenza di un procedimento penale attualmente pendente, la sussistenza di una "parte" e, quindi, dei suoi diritti. C'è furto se l'investigatore privato si impossessi di copie degli atti del fascicolo di un procedimento penale archiviato, trattenendosele senza consenso della Cancelleria.
L'investigatore privato,
incaricato da una compagnia assicurativa di accertare se vi fossero gli estremi per far riaprire il procedimento o per instaurare un giudizio civile, aveva chiesto in Procura, con il nulla-osta del G.I.P., copia non conforme degli atti del procedimento, ma non aveva versato i diritti di cancelleria.
Disattendendo la tesi della difesa - volta a veder riconosciuta, in capo alla compagnia mandante (e quindi all'investigatore privato delegato), la qualità di "parte potenziale" del processo, rispetto all'ipotetica riapertura delle indagini e al successivo esercizio dell'azione penale o all'eventuale instaurando causa civile - la S.C. ha statuito che non è sostenibile il ruolo di "parte potenziale, proiettata nel futuro, ma non rinvenibile nel presente".
Parimenti, la sottrazione, da parte dell'investigatore privato di quelle copie in Procura non è stata considerata riconducibile alla scriminante dell'esercizio del diritto, atteso che l'autorizzazione del G.I.P. non poteva avere valenza liberatoria, attestando solo l'assenza di ostacoli procedurali a tutela del segreto e della riservatezza.
Conseguentemente per quella sottrazione arbitraria di copie da parte dell'investigatore privato è stata confermata la condanna per furto pluriaggravato.

Cass. pen. Sez. V, Sent. 16.03/22.06.2011 n° 25184

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. OLDI Paolo,Presidente
Dott. BEVERE Antonio, rel. Consigliere
Dott. SANDRELLI Gian Giacomo, Consigliere
Dott. FUMO Maurizio, Consigliere
Dott. BRUNO Paolo Antonio, Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da: 1) P.A., n. il (omissis);
avverso la Sentenza n° 1852/2008 della Corte d'Appello di Catanzaro, del 08.07.2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 16.03.2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Antonio Bevere;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con Sentenza 08.07.10, la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la Sentenza 22.05.08 del Tribunale di Cosenza, con la quale P.A. era stato condannato, previa concessione delle attenuanti ex art. 62, n° 4, e 62-bis C.P., alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione e € 100 di multa, perché ritenuto colpevole del reato di furto aggravato ex art. 625, n° 4 e n° 7, C.P. perché, con destrezza, affermando di non essere momentaneamente in possesso di marche da bollo da apporre sulle copie di atti giudiziali rilasciate dal personale della Procura di (omissis), si impossessava delle copie medesime, approfittando dell'allontanamento dall'ufficio, per fine dell'orario di lavoro, dell'impiegata (omissis), che le aveva lasciate sulla propria scrivania.
Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:
1. violazione di legge in riferimento alla disciplina sull'individuazione della persona offesa e sulla competenza territoriale.
Secondo la Corte di Appello, la persona offesa è il Ministero della Giustizia, quale organo che rappresenta il settore amministrativo, il cui patrimonio costituisce il bene protetto dalla norma violata dal P.A. Secondo il ricorrente, è la Procura della Repubblica di (omissis) ad essere titolare del possesso e della proprietà del bene sottratto e quindi è la persona danneggiata. Anche a voler ritenere che danneggiato sia il Ministero, danneggiata è anche la Procura, sotto il profilo del danno all'immagine. Ne deriva la violazione della norma sulla competenza territoriale.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione, in riferimento agli artt. 624, 495 e 192 C.P.P. Secondo il ricorrente, i giudici di merito hanno completamente travisato la prova: hanno omesso di valutare correttamente il dato testimoniale della (omissis); la qualità della (omissis) come teste interessato e de relato; hanno riconosciuto credibilità alla versione di comodo dei fatti, fornita dalla teste (omissis), impiegata dell'ufficio copie della Procura: costei, dopo aver concordato con P.A. il rilascio delle copie indipendentemente da altri adempimenti, è stata indotta alle dichiarazioni accusatorie dall'esigenza di evitare conseguenze a proprio carico. Circa l'esazione delle marche da bollo, il ricorrente la ritiene ingiustificata, in quanto:
a) secondo il D.P.R. 30.05.2002 n° 115, art. 18, esse sono dovute da chi non è parte interessata e per l'estrazione di copie di atti con certificazione di conformità. Il P.A., rispetto agli atti di un procedimento concluso con decreto di archiviazione, è da considerare, quale investigatore privato, con incarico di una compagnia di assicurazione, come parte potenziale del processo, nell'ipotesi di riapertura delle indagini e di successivo esercizio dell'azione penale o di eventuale giudizio civile. Inoltre l'imputato aveva chiesto le copie degli atti senza certificato di conformità; questa qualità di parte processuale era nota agli impiegati amministrativi dell'ufficio, come accertato preliminarmente dal Gip, che aveva autorizzato il P.A. a estrarre copia senza la conformità;
b) anche se fosse corrispondente al vero la versione dei fatti dell'impiegata (omissis), secondo cui il P.A. ha sottratto le copie, va rilevato che egli lo ha fatto nell'esercizio del diritto, scaturente dall'autorizzazione del Gip;
c) è illegittima la richiesta di pagamento non della somma di € 51,62, quale diritto di cancelleria, ma della imposta di bollo, nella misura di 35 marche di € 10,33 ciascuna;
d) il mancato pagamento dell'imposta non impediva il ritiro degli atti, ben potendo il pubblico ufficiale incaricato del rilascio attivare il responsabile del proprio ufficio per il recupero di quanto non versato;
e) l'art. 186 C.P.P. dispone che l'inosservanza di norme tributarie non comporta la nullità o l'inammissibilità dell'atto processuale, ma solo sanzioni finanziarie.
3. violazione di legge in riferimento all'art. 625, n° 4, C.P. Nel caso di specie è da escludere la sussistenza di particolare abilità e sveltezza nella condotta dell'imputato, in quanto, secondo la sua ricostruzione dei fatti, egli si allontanò dall'ufficio insieme alla (omissis). Tale ricostruzione, oltre a far dubitare sulla sussistenza del reato, è sufficiente ad escludere la sussistenza dell'aggravante, con tutte le conseguenze in ordine alla prescrizione.
Il ricorso non merita accoglimento.
Quanto alla censura sulla competenza territoriale, correttamente il giudice di appello ha individuato nel Ministero della Giustizia la persona offesa del delitto di furto aggravato, essendo questo l'organo rappresentativo dello Stato, quale proprietario delle cose sottratte ed essendo il patrimonio dello Stato il bene protetto dalla norma incriminatrice. Il frazionamento di questo patrimonio, correlato all'organizzazione interna della p.a., non incide sulla titolarità del diritto di proprietà e, conseguentemente, sulla individuazione del soggetto passivo di eventuali delitti contro il patrimonio.
Quanto alla critica sulle valutazione delle prove, compiuta dai giudici di merito, essa si profila del tutto infondati, tenuto conto della piena aderenza di tale valutazione al preciso richiamo delle dichiarazioni testimoniali e della loro razionale interpretazione.
E' infatti risultato che:
a) il P.A. si è impossessato delle copie degli atti giudiziali, senza aver depositato le marche da bollo mancanti e ha trasmesso i documenti all'assicurazione richiedente (ammissioni del P.A. e accertamento del maresciallo (omissis);
b) al momento dell'allontanamento, per fine orario, dall'ufficio copie della procura della Repubblica di (omissis), da parte della (omissis), che aveva lasciato i documenti sul tavolo, il P.A. è rimasto seduto sulla panca del corridoio, adiacente alla porta dell'ufficio (dichiarazioni della teste (omissis));
c) la teste (omissis) e il funzionario (omissis) hanno escluso di aver autorizzato l'imputato a ritirare le copie degli atti, senza aver depositato tutte le marche da bollo richieste, tanto più che sull'obbligo di questo versamento vi era stata una discussione P.A. - funzionario (omissis), conclusa con la presa d'atto, da parte del primo, dell'imprescindibilità del suo adempimento. E' pienamente conforme alla logica la conclusione dei giudici di merito, secondo cui il P.A., entrando furtivamente nell'ufficio e approfittando della momentanea assenza dell'impiegata e della conseguente mancanza di controllo del personale, si è impossessato dei documenti, omettendo di pagare interamente quanto dovuto per il rilascio delle copie.
Questa condotta fraudolenta è assolutamente incompatibile, sul piano storico e sul piano logico, con la tesi di una sua legittimità, fondata sull'autorizzazione, concessa in maniera del tutto arbitraria, dall'impiegata dell'ufficio copie, che avrebbe agito in contrasto con la direttiva ricevuta dalla sovraordinata (omissis).
Questa conclusione sulla ben consapevole illiceità della condotta dell'imputato, ha giustamente trovato conferma, secondo la sentenza impugnata, nella omissione di pagamento che si è protratta nei giorni successivi.
Nè il ricorrente può invocare un'eventuale testimonianza liberatoria del Gip, che può aver dato un assenso al rilascio della copie degli atti, sotto il profilo dell'assenza di ostacoli sul piano procedurale e della tutela del segreto e della riservatezza, ferma restando la competenza decisionale, sul piano amministrativo e fiscale, del personale della segreteria dell'ufficio del pubblico ministero.
Quanto alla sussistenza del diritto della parte di ottenere, senza il pagamento richiesto da tale personale, i giudici di merito hanno già rilevato come l'esercizio di tale diritto non possa essere riconosciuto; difatti è emerso che:
a) l'investigatore privato della compagnia di assicurazione era stato incaricato proprio per verificare se, a seguito dell'archiviazione del procedimento penale, sussistessero i presupposti per instaurare altro procedimento. E' quindi da escludere che possa configurarsi la sussistenza di una parte e dei suoi diritti, in assenza di un procedimento. Correttamente i giudici di merito non hanno ritenuto la sussistenza della figura della parte potenziale, proiettata nel futuro, ma non rinvenibile nel presente;
b) nel nostro ordinamento non appare conforme ai principi della legalità, che devono ispirare le condotte dei pubblici poteri e dei cittadini, che questi ultimi possano reagire alla richiesta di pagamento di un servizio, mediante l'autotutela realizzata con l'esproprio delle cose in contestazione, affidando a un successivo contenzioso fiscale il ripristino della legalità e la restituzione del maltolto;
c) alla rivendicazione di questo asserito diritto, il potenziale titolare (la compagnia di assicurazione) aveva comunque rinunciato, autorizzando l'investigatore privato P.A. a pagare quanto richiesto dall'ufficio copie della Procura della Repubblica. L'argomento sull'irrilevanza di eventuali irregolarità fiscali sulla validità degli atti processuali non appare di alcuna incidenza sulla ricostruzione del comportamento del P.A. e sulla sua qualificazione come furto pluriaggravato, così come contestato.
Quanto infine alla censura della Sentenza impugnata sulla sussistenza dell'aggravante ex art. 625, n. 4, C.P. (i cui estremi comunque sono stati in precedenza rilevati), si osserva che essa non è stata formulata in sede di motivi di appello e che quindi non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità.
Il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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