Investigazioni

INVESTIGAZIONE PRIVATA - Personalità della licenza prefettizia e rappresentanza di società.

Scritto da Avv. Salvatore Frattallone. Pubblicato in Investigazione privata

Giano bifronte

Le licenze di pubblica sicurezza sono esclusivamente personali ex art. 8 del T.u.l.p.s. e, quindi, solo la persona fisica può esserne titolare e non possono in alcun modo essere trasmesse, salvo i casi espressamente previsti dalla legge (cfr. circolare del Ministero dell'Interno 11.07.1988, n° 599/C.21581.10089.D; Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, Sentenza 24.06/20.10.2005, n° 5902; sul punto, altresì Cass. Civ., Sent. 17.03.2009, n° 6482, secondo cui "Le autorizzazioni di polizia sono personali: non possono in alcun modo essere trasmesse né dar luogo a rapporti di rappresentanza, salvi i casi espressamente preveduti dalla legge").
Se l'istituto d'investigazioni (o di vigilanza) ha natura societaria, anziché di ditta individuale, occorre però che la persona fisica intestataria della licenza sia investita dei poteri di rappresentanza organica della società.

Ricorrendo siffatto presupposto, la circostanza che la stessa persona fisica sia investita dei poteri di rappresentanza in due diverse società (rectius, in due differenti persone giuridiche) non comporta, di per sé  il diniego delle licenze, a condizione che sussistano i necessari requisiti progettuali ed organizzativi dell'attività investigativa nonché gli ulteriori requisiti richiesti dal T.u.l.p.s. in relazione a ciascuna delle società, in nome e per conto della quale, il titolo viene rilasciato alla persona fisica che di entrambe è il legale rappresentante.
Qualora peraltro il suddetto rapporto d'immedesimazione organica cessi per qualsivoglia motivo, automaticamente viene meno anche l'autorizzazione ex art. 134 T.u.l.p.s. che era stata in precedenza rilasciata alla persona fisica ancorché in nome e per conto dell'ente.
Così pure la sopravvenienza di condotte incompatibili con la detenzione del titolo potranno incidere negativamente sull'una e sull'altra delle società amministrate dalla medesima persona fisica (come nel caso in cui sia formulata la proposta per l'applicazione d'una misura di prevenzione nei confronti della persona fisica intestataria, in nome e per conto di due diverse società, di due licenze di investigazioni).
Nel caso di società, ove si verifichi, dopo che era stata comunicata alla Prefettura l'immediata cessazione per motivi personali improrogabili del rapporto di immedesima organica tra la società e l'iniziale persona fisica intestataria della licenza, l'annullamento, ad opera di verbale assembleare, dell'anteriore verbale ripristinandosi ex tunc il precedente C.d.A. con la nomina ad A.D. per l'attività investigativa dell'originaria persona fisica, non si può considerare quest'ultimo come mai cessato dalla carica prima rivestita (e dunque quale perenne titolare della licenza ex art. 134 T.u.l.p.s.): detto dichiarato ripristino stabilito dall'assemblea non sana l'avvenuta cessazione del rapporto organico.
Inoltre, siccome va tempestivamente comunicata al Prefetto ogni variazione inerente al servizio, deve essere inviata alla Prefettura l'informativa sia dell'eventuale cessazione del rapporto organico (poiché viene meno il soggetto responsabile delle attività autorizzate), sia di qualunque altra modifica inerente all'assetto proprietario della società, alla sua denominazione o al trasferimento della sua sede.
Contro il provvedimento di revoca della licenza sono in via generale legittimati a ricorrere sia la persona fisica titolare della licenza stessa, sia la società in cui tale persona incardina l'organo ed è munito del potere di rappresentanza, rappresentano essi due aspetti della medesima realtà giuridica.
Peraltro l'avvenuto esercizio, senza licenza, dell'attività investigativa interdice il rilascio del titolo ex art. 257-quater del D.p.R. n° 153/2008. Così, ad esempio, se, nel corso di un controllo amministrativo, si accerti che dei dipendenti sono stati addetti ad attività antitaccheggio presso un centro commerciale, in difetto di licenza ex art. 134 T.u.l.p.s. in capo alla società svolgente meri servizi di portierato, con esclusione dell'attività di guardia giurata e di altre attività soggette ad autorizzazione: l'art. 257-quater  Reg. Es. T.u.l.p.s. prevede infatti il diniego della licenza di cui all'art. 134 T.u.l.p.s. quando risulta che gli interessati abbiano esercitato taluna delle attività ivi disciplinate in assenza della prescritta licenza, a prescindere dal passaggio in giudicato del provvedimento d'accertamento, costituendo anzi ragione ostativa al rilascio della licenza una mera denuncia atta a giustificare il giudizio di mancato possesso del requisito della buona condotta, se ancorato a fatti specifici e sufficientemente comprovati fatti che siano significativi del pericolo di abuso del titolo di polizia.

 

T.A.R. Lazio, Sez. I ter, Sentenza 14.07/19.10.2011, n° 8041

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
DEL LAZIO
PRIMA TER SEZIONE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul Ricorso R.G. n° 3598/2010 proposto da A., rappresentato e difeso dagli Avv. A. Passaro e A. Giglio e con gli stessi, presso lo studio legale Giglio, in Roma via A. Gramsci 14, elettivamente domiciliato;  
contro
il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato;
per l'annullamento
- del Decreto in data 25.02.2010 con cui il Prefetto di Roma ha respinto l'istanza avanzata del ricorrente per il rilascio, in nome e per conto della società W. S.r.l., di autorizzazione all'esercizio dell'attività di investigazione e raccolta di informazioni, ex art. 134 T.u.l.p.s.;
- della Nota della Questura di Roma del 10.08.2009;
Visto il Ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa, inclusi:
- i mm.aa. di gravame depositati in data 30.11.2010 per l'impugnativa del Decreto prefettizio in data 28.10.2010;
- le Ordinanze cautelari della Sezione n°2132/2010 del 14.05.2010, n° 305/2011 del 14.01.2011 e n° 720/2011 del 25.02.2011;
Data per letta alla pubblica udienza del 14.07.2011 la relazione del Consigliere Pietro Morabito ed uditi gli Avvocati di cui al verbale d'udienza;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

Fatto e diritto
I) É noto che la Corte di Giustizia della C.E., con la Sentenza C-465/05 del 13.12.2007, ha deciso che la normativa italiana recante l'Ordinamento della sicurezza privata (e cioè il R.D. 18.06.1931 n° 773, di seguito: T.u.l.p.s.) ed in particolare le disposizioni degli artt. da 133 a 141 del T.u.l.p.s. e quelle corrispondenti (artt. da 249 a 260) del relativo Regolamento di esecuzione (n° 635 del 1940), sono in contrasto con gli artt.43 e 49 del Trattato CE concernenti, rispettivamente, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi.
Un primo intervento di adeguamento a quanto statuito dal Giudice comunitario è stato effettuato dal Legislatore italiano col D.L. n°59 del 2008 (convertito nella Legge n° 101/2008); quindi col D.p.R. 04.08.2008 n° 153 (pubblicato sulla G.U. n° 234 del 06.10.2008) è stato completato l'intero pacchetto di modifiche di carattere normativo e regolamentare imposte dalla predetta decisione che, si ricorda, fra l'altro, ha comportato il venir meno del limite provinciale della licenza di p.s. relativa ai servizi di vigilanza privata ovvero concernente le attività di investigazioni e ricerche di cui all'art.134 del T.u.l.p.s.
L'odierna controversia, che storicamente si colloca nel periodo appena successivo all'entrata in vigore del predetto Decreto, ha ad oggetto l'impugnativa di due Decreti prefettizi con i quali é stata negata all'istante, per ragioni - volta per volta - diverse, la licenza di polizia per l'esercizio dell'attività di investigazioni e ricerche.
É una causa complessa; e tanto non solo perché costituisce una delle prime applicazioni del nuovo regime normativo ma, anche, perché si correla ad un quadro fattuale già di non agevole ricostruzione e complicato da ulteriori accadimenti intervenuti, nel corso del procedimento, anche in ottemperanza a pronunce cautelari della Sezione.
I.1) Procedendo con ordine, e tenendo conto non solo della narrativa dei fatti prospettata da parte ricorrente ma, altresì, di tutti gli ulteriori elementi documentati dagli atti di causa, va allora ricordato che il Sig. A., odierno ricorrente, già prima di rivolgersi alla Prefettura di Roma, era titolare di tre licenze per l'esercizio dell'attività di investigazioni e ricerche:
a) la prima, rilasciata nel 2004 dal Prefetto di Treviso, con estensione territoriale nei comuni di detta provincia;
b) la seconda, rilasciata il 28.09.2007 dal Prefetto di Milano, con estensione territoriale nei comuni di detta provincia, quale titolare (e cioè in nome e per conto) della X. S.r.l., con sede in Monza (denominazione poi mutata in K. S.r.l.: ved. presa d'atto del Prefetto di Milano del 04.03.2009);
c) la terza, rilasciata l'08.07.2008 dal Prefetto di Torino per l'esercizio dell'attività di cui trattasi nella medesima città.
In Roma e nei comuni della provincia, invece, operava un altro dei protagonisti della controversia: il Sig. P., autorizzato allo svolgimento di attività investigativa, in qualità di A.U. della Y. S.r.l., con sede in (omissis), dal Prefetto di Roma con Decreto del 03.08.2005.
Ebbene, l'odierno contenzioso origina dall'acquisto del 100% del capitale sociale della Y. S.r.l. da parte della H. S.r.l.: società, con sede in (omissis), con oggetto sociale non noto, ed il cui Presidente del C.d.a. è il Sig. A.
Manca agli atti copia del contratto di cessione delle citate quote ma tale negozio da altri documenti (ved. all. n° 7 della produzione di parte ricorrente) si dichiara perfezionato in data 10.12.2008: e cioè la stessa data sotto la quale la Y. S.r.l. (ved. allegati alla produzione della Difesa erariale):
- delibera di trasferire la propria sede legale da Roma a (omissis) e di modificare la propria denominazione in W. S.r.l.;
- delibera di accettare le dimissioni del Sig. P. dalla carica sociale ricoperta e di nominare A.U. della società il Sig. A. con tutti i poteri inerenti a tale carica.
I.2) Va ora - per una più agevole comprensione della controversia in trattazione - aperta una parentesi per individuare quali effetti si collegano, sotto il profilo giuridico, al nuovo assetto proprietario della Y. S.r.l. ed alle deliberazioni assembleari sopra ricordate.
In tale contesto, va ricordato che le licenze di p.s. sono personali ex art. 8 del T.u.l.p.s.: norma questa che viene interpretata nel senso che titolari di tali autorizzazioni possono essere esclusivamente persone fisiche e che quando l'istituto di vigilanza sia organizzato in forma societaria, la licenza deve essere comunque intestata ad un persona fisica, la quale deve essere investita di poteri di rappresentanza organica della società stessa (sul punto, ex multis, T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 01.06.09, n° 3889; Consiglio Stato, Sez. VI, 20.10.05, n° 5902; T.A.R. LT, n° 186/2011).
Segue a tanto che, allorquando il rapporto d'immedesimazione organica (per qualunque ragione) viene meno, deve ritenersi automaticamente caducata anche l'autorizzazione ex art.134 T.u.l.p.s. già rilasciata (in nome e per conto dell'ente) alla persona fisica (in tal senso, e con riguardo a fattispecie assolutamente similare, ved. Cons.St., Sez. VI, n° 5902/2005, cit.).
Va, inoltre, aggiunto che il venir meno del citato rapporto organico, traducendosi in una variazione inerente al servizio (nel senso che viene meno il soggetto responsabile delle attività autorizzate) va comunicata al Prefetto, al pari, ex art. 257-ter del D.p.R. citato, di ogni modifica intervenuta nell'assetto proprietario della società ovvero nella denominazione della stessa (traducendosi anche quest'ultima in una variazione che riguardi i servizi e per la quale va resa la comunicazione prescritta dalla norma dianzi citata) ovvero nel trasferimento della sede.
Ora, nel caso di specie, nessuno di tali adempimenti risulta, con tempestività, comunicato dalla Y. S.r.l. alla Prefettura.
Il Sig. P. non ha provveduto a restituire la licenza di cui era titolare; né il Sig. A., divenuto nuovo A.U. della W. S.r.l., ha, con altrettanta tempestività, richiesto il rilascio di nuova licenza.
Non solo.
Il 18.06.2009 personale della Questura di Roma, nel corso di un controllo amministrativo presso un centro commerciale, vi rinviene due dipendenti della W. S.r.l. addetti ad attività antitaccheggio.
Di seguito:
a) appurato da visura camerale (ved. doc. n° 1 della produzione della Difesa erariale) che detta società, con sede in (omissis), esercitava l'attività di servizi di portierato esclusa l'attività di guardia giurata ed altre attività soggette ad autorizzazione;
b) sentito il 23.06.2009 il Sig. A. che riferiva di aver chiesto la voltura, a suo nome, della licenza già intestata al Sig. P. e che la relativa domanda non era stata ancora accolta (e che, di conseguenza, l'attività svolta non era stata previamente autorizzata: ved. verbale s.i. in allegato alla produzione della resistente);
si provvedeva, il successivo 02.07.2009, alla comunicazione, alla Procura della Repubblica, di informativa di reato nei confronti del Sig. A., quale responsabile per aver attivato un servizio antitaccheggio senza la prescritta licenza.
Tempestivamente (questa volta) il 24.06.2009 (e cioè il giorno successivo all'assunzione a verbale di cui sopra), il Sig. A. presentava alla Prefettura di Roma nota in cui comunicava le vicende del 10.12.2008 sopra riportate e, contestualmente, partecipava che in Roma la società, avente, si ricorda, sede legale in (omissis), aveva conservato, quale sede operativa, quella romana di via (omissis) e chiedeva l'intestazione a proprio nome della licenza già rilasciata al vecchio Amministratore, Sig. P., del quale venivano riferite le avvenute dimissioni dal 10.12.2008 per motivi personali improrogabili.
Il 26.06.2009 la Prefettura richiedeva documentazione integrativa per poter avviare l'iter istruttorio ed il successivo 06.07.2009 avvisava l'interessato, ex art. 10-bis della Legge n° 241/1990, delle ragioni ostative (si tratta dell'informativa di reato di cui sopra si è detto) all'accoglimento dell'istanza.
Seguivano:
- una nota di osservazioni del Sig. A. (in cui peraltro, erroneamente, si assume che la licenza, nelle more dell'iter avviato per la sua voltura, resta sempre intestata al Sig. P.);
- una nota del 13.07.2009 con cui la Prefettura comunica al Sig. A. l'avvio del procedimento relativo all'istanza del 24.06.2009; e dunque una nota del tutto inutile, essendo stato detto procedimento già avviato con la comunicazione (sopra citata) del 26.06.2009 e trovandosi in avanzata fase istruttoria (si ricordi l'avvenuta comunicazione ex art.10-bis, sopra menzionata).
La Prefettura, pur se ricevute le osservazioni del Sig. A., non concludeva tempestivamente il procedimento de quo.
Nel frattempo l'08.09.2009 l'assemblea della W. S.r.l. (di fatto Sig. A. e Sig. P.) deliberava di annullare il verbale della precedente assemblea del 10.12.2008 avente ad oggetto lo scioglimento del C.d.A. ripristinandone, ex tunc, le cariche ed i poteri tutti.
Nella stessa sede assembleare il Sig. P. viene nominato Amministratore delegato, con legale rappresentanza della società, e conferendo, per l'attività dei servizi investigativi, a lui solo, tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione; mentre Sig. A. é nominato, oltre che Presidente del C.d.A., Amministratore delegato per tutte le attività sociali diverse da quelle investigative.
Di tali modifiche intervenute nell'assetto organizzativo della Società, il Provenzano ne dà comunicazione alla Prefettura di Roma il 16.09.2009.
Quindi il Prefetto di Roma si determina nel modo seguente:
a) il 18.01.2010 adotta il Decreto con cui prende atto che il Sig. P. esercita in Roma l'attività di investigazioni, in qualità di A.D. della W. S.r.l.;
b) il 25.02.2010 respinge l'istanza del Sig. A. in quanto l'avvenuto esercizio, senza licenza, dell'attività investigativa interdice il rilascio del titolo ex art.257-quater del D.p.R. n° 153/2008.
I.3) Occorre ora - in sintonia con la metodologia espositiva sopra praticata - soffermare l'attenzione su detti provvedimenti prefettizi.
Tanto consente di cogliere che la logicità del primo non permea anche il secondo. E difatti:
- una volta ribaltata la situazione dell'assetto societario della W. S.r.l. delineata nella richiesta di voltura del Sig. A. del 24.06.2009 (si ricordi che ivi si descriveva il Sig. P. quale dimissionario, con contestuale scioglimento dell'intero consiglio, nonché la nomina del Sig. A. ad A.U. della società, come da verbale assembleare del 10.12.2008);
- una volta annullato il verbale del 10.12.2008 e ripristinato, l'08.09.2009, ex tunc (?), l'intero consiglio di amministrazione con la nomina del Sig. P. ad A.D. con legale rappresentanza della società, conferendo, per l'attività dei servizi investigativi, a lui solo, tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione;
- una volta comunicata (dal Sig. P., in veste di l.r.p.t. della società) tale variazione alla Prefettura, senza alcuna indicazione sulla durata di detta investitura (es. temporanea, in attesa della definizione della pratica di voltura avviata dal Sig. A.);
allora, un ragionamento logico avrebbe dovuto indurre a considerare superata e/o improcedibile la domanda attivata il 24.06.2009 dal Sig. A. sulla base di una situazione societaria e (di rappresentanza) organica totalmente diversa.
Ma tale non è stata la soluzione amministrativa praticata.
E, quindi, il Sig. A. ha reagito col Ricorso introduttivo dell'odierno giudizio contestando la violazione dell'art.10-bis della Legge n°241/1990 nonché la violazione, sotto più profili, della normativa disciplinante la fattispecie.
L'istanza cautelare acclusa al gravame è stata accolta dalla Sezione con la prima delle Ordinanze in epigrafe richiamate.
In ottemperanza a tale iussus iudicis la Prefettura, con nota del 04.06.2010, ha avviato il procedimento di riesame, confermando, il 28.09.2010, il diniego al rilascio del titolo sulla base di differenti argomentazioni.
Accadeva, difatti, nelle more del procedimento di riesame, che il Prefetto di Milano, in adesione ad istanza dell'Alfieri del 02.03.2010, unificava le licenze di p.s. già rilasciate a costui dalle Prefetture di Milano, Treviso e Torino (e delle quali si è detto sub par. I) e lo autorizzava, in nome e per conto della K. S.r.l., ad operare nelle città e province di varie regioni, Lazio compresa (Decreto del 02.07.2010).
Tale estensione operativa della licenza veniva intesa dalla Prefettura di Roma quale interdittiva, ex art.8 del T.u.l.p.s., al rilascio, al Sig. A., di analogo titolo per la medesima attività.
É seguita la tempestiva impugnativa di tale provvedimento con atto di Ricorso in cui l'ovvia e principale doglianza si raccorda alla circostanza che l'estensione operativa autorizzata dal Prefetto di Milano riguarda l'attività di investigazioni svolta K. S.r.l. e non investe in alcun modo la W. S.r.l. che è la distinta persona giuridica in nome e per conto della quale il Sig. A. ha chiesto, il 24.06.2009, la voltura della licenza già rilasciata al Sig. P.
La Sezione, in sede cautelare, dopo aver disposto un primo intervento istruttorio e di chiarimenti (Ord. n° 305/2011 del 14.01.2011), ha, con Ord. n° 720/2011 del 25.02.2011, riportato testualmente un tratto della decisione del Cons. St. n° 5902/2005 (che si ricorda, ha affrontato caso del tutto analogo a quello in trattazione), così concludendo: << Considerato che il principio di personalità della licenza di p.s. di cui all'art.8 T.u.l.p.s. presuppone, in sintonia con l'insegnamento di cui sopra, che il richiedente la licenza sia titolare (con riferimento all'attività investigativa), dei poteri di rappresentanza organica della società; mentre non appare trovare ostacolo nella predetta disposizione dell'art. 8 la possibilità che il richiedente, ove sussistenti i necessari requisiti progettuali ed organizzativi dell'attività investigativa nonché gli ulteriori requisiti richiesti dal T.u.l.p.s. e dal Regolamento di Esecuzione dello stesso T.u.l.p.s., sia autorizzato (contrariamente all'avviso manifestato dalla locale Prefettura) a svolgere detta attività investigativa in nome e per conto di persone giuridiche (e cioè società imprenditoriali) diverse>>.
Non risulta, allo stato degli atti, che la Prefettura sia re-intervenuta con un ulteriore provvedimento di riesame sull'istanza del Sig. A.
II) Va ora esaminato il Ricorso introduttivo del giudizio.
Prima di tale scrutinio è perà opportuno richiamare il principio, più volte enunciato dal G.A. (ved. Cons. St., Sez. IV, 16.11.1999 n° 2168 e 05.12.2006 n° 7119; Sez. V, 10.07.2000, n° 3848, 25.05.1995, n° 830 ; Sez. VI, 12.04.2000, n° 2184), per il quale la definizione del giudizio principale comporta la caducazione degli effetti dell'Ordinanza cautelare emanata medio tempore dal giudice amministrativo, nonché degli effetti dell'atto adottato dall'Amministrazione in sede di esecuzione della medesima Ordinanza.
Invero, occorre rilevare quanto segue:
a) sul piano processuale, qualora il Giudice amministrativo in sede cautelare sospenda gli effetti di un diniego e l'Amministrazione confermi il provvedimento negativo oppure emani un atto consequenziale adeguandosi al contenuto dell'ordinanza cautelare, non è in alcun modo configurabile l'improcedibilità del Ricorso o la cessazione della materia del contendere (rispettivamente, se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole all'originario ricorrente), salvo particolari disposizioni di legge (ad es. per l'esame di Avvocato ex art. 4 D.L. n° 115/2005, conv. dalla L. n° 168/2005 e su tale disposizione la decisione Cons. St., Sez. IV, n° 3653/2006);
b) sul piano sostanziale, l'adozione non spontanea dell'atto consequenziale, con cui l'Amministrazione si limita a dare esecuzione all'Ordinanza di sospensione degli effetti di un diniego (ovvero di un provvedimento di esclusione da una procedura selettiva), non comporta la revoca del precedente provvedimento sospeso ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo (cfr., sul principio, Cons. St., Sez. VI, 23.06.2008, n° 3132 e n° 2838/2008).
In altri termini (e salvo il caso in cui il contenuto della motivata Ordinanza cautelare sia tanto condiviso dall'Amministrazione, da indurre questa a ritirare il precedente provvedimento già sospeso, sostituendolo in sede di autotutela con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento), di regola la dovuta esecuzione di un'Ordinanza cautelare non comporta la sopravvenuta irrilevanza del provvedimento sospeso e l'estinzione del giudizio pendente.
Per cui, come autorevolmente precisato dalla stessa Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (27.02.2003, n° 3), l'improcedibilità del Ricorso può discendere solo dall'adozione da parte dell'Amministrazione di provvedimenti diversi ed ulteriori rispetto a quelli imposti dalla necessità di dare esecuzione alla misura cautelare; per contro, la mera esecuzione di un provvedimento cautelare, non presentando profili di discrezionalità nell'an, non comporta il venir meno della res litigiosa.
Nella specie, l'Amministrazione ha proceduto al riesame del Decreto del 25.02.2010 unicamente per ottemperare all'ordine cautelare impartitole (ved. nota U.t.g. del 04.06.2010), confermando poi il provvedimento di diniego, sia pure sulla base di diversa motivazione; al che accede, di necessità, lo scrutinio del Ricorso introduttivo e solo nel caso di fondatezza dello stesso, la disamina dei profili aggiunti di doglianza collocati nel secondo atto di Ricorso (che, viceversa, deve ritenersi improcedibile ove risulti infondato il ricorso introduttivo).
II.1) L'analisi, svolta sub paragrafi I), I.1) e I.2) sia degli accadimenti connotativi della controversia che dei relativi riflessi giuridici, consente - melius re perpensa - di superare l'approccio che, in sede di sommaria delibazione del gravame, è stato seguito dalla Sezione con l'Ord. n° 2132/2010.
- Col primo mezzo di gravame parte ricorrente deduce la violazione dell'art. 10-bis della Legge n°241/1990, ricollegandola al fatto che il procedimento attivato con la sua istanza del 24.06.2009 sarebbe stato riavviato dalla Prefettura con nota del 13.07.2009.
Tale motivo è privo di pregio.
Si è già in precedenza, sub par. I.2), evidenziato e riscontrato che, a seguito dell'istanza del Sig. A. del 24.06.2009, la Prefettura il 26.06.2009 richiedeva documentazione integrativa per poter avviare l'iter istruttorio e il successivo 06.07.2009 avvisava l'interessato, ex art. 10-bis della Legge n° 241/1990, delle ragioni ostative (si tratta dell'informativa di reato di cui sopra si é detto) all'accoglimento dell'istanza: preavviso cui seguivano le osservazioni dell'interessato.
Segue a tanto - ed anche questa è considerazione già sopra svolta - che la nota del 13.07.2009 (con cui la Prefettura, omettendo ogni riferimento a precorsa corrispondenza, comunica al Sig. A. l'avvio del procedimento relativo alla sua istanza di voltura del 24.06.2009) è una nota del tutto inutile, frutto di un ovvio errore burocratico del citato U.t.g., essendo detto procedimento già stato avviato con la comunicazione (sopra citata) del 26.06.2009 e trovandosi (stante l'avvenuta comunicazione del preavviso di rigetto e le osservazioni trasmesse dall'interessato) in avanzata fase istruttoria: tant'è che il provvedimento conclusivo del 25.02.2010 (oggetto d'impugnativa) richiama, nel proprio preambolo, tutte dette tappe procedimentali e non anche l'erronea nota del 13.07.2009.
Accede a tanto che nessun obbligo di reiterare il preavviso di rigetto incombeva sulla Prefettura; e ciò in quanto l'unico procedimento avviato e concluso è quello il cui iter si è principiato il 26.06.2009 e in seno al quale è stato assicurato il rispetto dell'art. 10-bis della Legge n° 241/1990.
- Il secondo, e più complesso, mezzo di gravame è preceduto da una ricostruzione dei fatti non corretta.
Sostiene il ricorrente - a sostegno della censura di eccesso di potere per contraddittorietà e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto - che l'accertamento da parte di personale della Questura di Roma dell'attività di antitaccheggio svolta da agenti investigativi dipendenti dalla W. S.r.l si sarebbe verificato nelle more del procedimento avviato di seguito alla sua istanza di voltura del 24.06.2009 (ved. pag. 14 Ricorso introduttivo) e che il Sig. P. non ha mai interrotto il proprio rapporto collaborativo e il proprio apporto alla società di investigazioni.
Con la sopra indicata delibera l'assemblea provvedeva ad annullare l'atto adottato nel dicembre 2008 e quindi a deliberare che il Sig. P. era stato da sempre consigliere delegato della società con l'attribuzione di tutti i poteri relativi al titolo di polizia in possesso.
Si tratta di un insieme di affermazioni manifestamente smentito dagli atti di causa, in cui è documentalmente testimoniato che l'accertamento della Questura di Roma risale al 16.06.2009, che lo stesso Sig. A. è stato chiamato a rendere informazioni il 23.06.2009 (si rinvia sul punto, onde evitare di ripetersi, al par. I.2) e che solo il 24.06.2009 costui ha presentato alla Prefettura di Roma richiesta (pur datata 15.06.09) di voltura della licenza già intestata al Sig. P.
Quanto poi all'assunta persistenza dell'apporto collaborativo del Sig. P., basta richiamare la stessa istanza di voltura del Sig. A. in cui si dà atto della immediata cessazione per motivi personali improrogabiliî del rapporto di immedesima organica prima corrente tra il Sig. P. e la società; mentre l'annullamento, ad opera del verbale assembleare del 08.09.2009, del precedente verbale del 10.12.2008 col ripristino ex tunc del precedente C.d.A. (e la nomina del Sig. P. a A.D. per l'attività investigativa), non consente, come per magia, di considerare il Sig. P. come mai cessato dalla carica prima rivestita (e dunque quale perenne titolare della licenza ex art. 134 T.u.l.p.s.).
Il dichiarato ripristino ex tunc del vecchio C.d.A. non sana l'avvenuta cessazione del rapporto organico tra il Sig. P. e la società nè consente di addebitare al Sig. P. le responsabilità che gravano sul Sig. A. per l'attività antitaccheggio non autorizzata svolta sin da prima di avanzare la richiesta di voltura del titolo.
L'illiceità di tale condotta non è superabile neanche evocando la sentenza della Corte di Giustizia CE citata in premessa e l'abolizione del limite territoriale della licenza di cui all'art. 134 del T.u.l.p.s.
E ciò in quanto, a tacer d'altro, la non consentita attività antitaccheggio è stata svolta da personale dipendente dalla W. S.r.l e non dalla K. S.r.l. e/o da altro istituto autorizzato dai Prefetti di Treviso, Milano e Torino.
Nè la circostanza che il procedimento penale attivato nei confronti del Sig. A. (per non consentita attività antitaccheggio) non si sia ancora definito (con una sentenza passata in giudicato) è ostativa al diniego del titolo in questione.
Da un lato l'art. 257-quater del Regolamento di Esecuzione del T.u.l.p.s. prevede il diniego della licenza di cui all'art. 134 T.u.l.p.s. quando risulta che gli interessati abbiano esercitato taluna delle attività ivi disciplinate in assenza della prescritta licenza (e non quando tale condotta sia definitivamente acclarata con sentenza coperta da giudicato).
Dall'altro lato il diniego dell'autorizzazione di p.s. impone all'Amministrazione di indicare gli specifici fatti impeditivi e i concreti elementi rivelatori di un'apprezzabile possibilità di abuso della licenza di pubblica sicurezza.
Tra i vari, assumono un rilievo particolarmente significativo i fatti penalmente rilevanti che riguardano la gestione dell'impresa, tanto più se attinenti direttamente all'attività per la quale viene richiesta l'autorizzazione e se indicativi di una pregressa condotta non conforme alle norme che ne regolano l'esercizio. Non è, d'altra parte, necessario un giudizio penale di colpevolezza - e cioè un accertamento definito con sentenza - stante l'ampia discrezionalità dell'Amministrazione in materia e la rilevanza degli interessi in gioco, con il solo limite di una valutazione che deve essere fondata su parametri logici e non travisati.
Anche una mera denuncia può, dunque giustificare il giudizio di mancato possesso del requisito della buona condotta, se l'Amministrazione, in relazione a specifici e sufficientemente comprovati fatti, ne trae indicazioni ragionevoli circa il pericolo di abuso del titolo di polizia.
Concludendo, il ricorso introduttivo del giudizio è infondato.
III) Alla declaratoria di cui sopra, segue - per le ragioni già in precedenza esplicitate - l'improcedibilità dei mm.aa. di gravame successivamente interposti.
Peraltro il Collegio - collegandosi tali mm.aa. a provvedimento adottato dalla Prefettura in ottemperanza ad Ordinanza della Sezione - ritiene doveroso soffermarsi sulle ragioni del rinnovato diniego che, come già anticipato in sede cautelare, non sono condivisibili.
Si è al riguardo segnalato l'insegnamento offerto dal Cons. St. nella decisione n° 5902/2005, la quale sottolinea che il principio di personalità delle licenze di polizia (ex art. 8 T.u.l.p.s.) impone che anche quando l'istituto di investigazioni sia organizzato in forma societaria, la licenza deve essere comunque intestata ad una persona fisica che deve essere investita dei poteri di rappresentanza organica della società. Se sussiste, dunque, tale presupposto allora la circostanza che la stessa persona fisica sia investita dei poteri di rappresentanza in due diverse società (id est: due differenti persone giuridiche) non può comportare, per tale fatto, il diniego delle licenze, posto che detta evenienza non trova ostacolo alcuno nella norma dell'art. 8 citato.
Naturalmente dovranno sussistere i necessari requisiti progettuali ed organizzativi dell'attività investigativa nonché gli ulteriori requisiti richiesti dal T.u.l.p.s. in relazione a ciascuna delle società, in nome e per conto della quale, il titolo viene rilasciato al legale rappresentante (coincidente con la medesima persona fisica).
Del pari è ovvio che la sopravvenienza di condotte incompatibili con la detenzione del titolo potranno incidere negativamente sull'una e sull'altra delle società amministrate dalla medesima persona fisica (es. si faccia il caso che sia formulata la proposta per l'applicazione di una misura di prevenzione nei confronti dell'intestatario, in nome e per conto di due diverse società, di due licenze di investigazioni); ma, a parte quanto sopra, la disciplina vigente non consente di negare il titolo de quo per le ragioni motive sostenute dalla Prefettura di Roma col secondo dei provvedimenti impugnati.
Nel caso di specie, poi, ove - come pare prevedibile - il Sig. A. (che in atto detiene la carica di Presidente del C.d.A. della W. S.r.l. e , dunque, è titolare di poteri di rappresentanza legale della stessa), abbia a formulare nuova istanza di rilascio dell'autorizzazione de qua, corredata dell'atto in cui il Sig. P. (che è l'attuale intestatario del titolo che decadrà in caso di voltura e dovrà essere tempestivamente restituito) presta il suo assenso, la Prefettura dovrà valutare anche la circostanza che il Prefetto di Milano, nell'estendere il 02.07.2010, l'ambito operativo della licenza detenuta dal Sig. A., in nome e per conto della K. S.r.l., non ha ritenuto vincolante (in senso negativo) l'informativa di reato della Questura di Roma e il procedimento avviato in esito alla stessa nei confronti del Sig. A.
IV) Conclusivamente il Ricorso introduttivo del giudizio é infondato e i mm.aa. di gravame sono improcedibili.
Le spese di lite, attesa la peculiarità della controversia, possono compensarsi tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) definitivamente pronunciando respinge, come da motivazione, il Ricorso in epigrafe. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
CosÏ deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14.07.2011 con l'intervento dei magistrati:
Pres. Linda Sandulli
Cons. Pietro Morabito Est.
Cons. Roberto Proietti
Depositata in Segreteria il 19.10.2011

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