Resp. sanitaria

MINORI - Escussione di p.o. minore per reati sessuali, perizia e nullità nel giudizio abbreviato.

Scritto da Avv. Salvatore Frattallone. Pubblicato in RESPONSABILITÀ SANITARIA

Corte di Cassazione, Sez. III Penale, Sentenza 06.12.2011/08.02.2012 n° 4939

È nulla la perizia con cui è stato escusso il minore p.o. di reati sessuali, se la psicologa nominata dal G.U.P. non ha consentito che il difensore dell'imputato, che aveva chiesto di potervi assistere, partecipasse alle operazioni peritali da una saletta attigua, collegata telematicamente a quella in cui si svolgeva l'incidente probatorio? L'eventuale nullità attiene alla violazione del diritto di difesa? È superabile detto vizio se l'audizione è stata videoregistrata e il materiale della perizia psicologica è stato posto a disposizione della parte?
Per la Cassazione, al difensore che ne abbia fatto richiesta
spetta il diritto di assistere alle operazioni peritali e l'impedimento dell'esercizio di tale diritto si traduce, a prescindere dalla presenza o no dei C.T.P., a nullità di ordine generale attinente all'assistenza dell'imputato.

Non può infatti denegarsi l'esercizio dei poteri difensivi, ivi compresi i poteri di assistere fisicamente alle perizie e formulare a verbale istanze, osservazioni e riserve. Ancorché il nuovo codice di rito penale contempli analoga facoltà soltanto per i C.T.P., senza menzionare espressamente i difensori, l'eventuale presenza del C.T.P. non soddisfa la necessaria garanzia del diritto di difesa nel corso delle operazioni peritali, atteso che, quando occorrono specifiche competenze scientifiche, artistiche o tecnologiche, il C.T.P. integra la difesa tecnica ma non la può sostituire, giacché essa è immanente in ogni fase del procedimento (del resto prima del dibattimento l'art. 360, co. 3, C.P.P. esplicitamente prevede la facoltà del difensore di assistere ad indagini tecniche destinate a essere spese nel dibattimento, con riguardo agli accertamenti non ripetibili del P.M.; anche l'art. 403 C.P.P. dispone che analoga facoltà difensiva spetta nel caso di perizia assunta nell'incidente probatorio).
Quindi, della perizia assunta contra legem non può tenersi conto per la decisione.
Né sono invoccabili sanatorie per il fatto che sia stato richiesto e disposto il rito abbreviato, poiché la nullità già era verificata ed era stata tempestivamente eccepita: la mancata autorizzazione del consulente della difesa ad assistere all'esame del minore non è nullità assoluta e insanabile ma di ordine generale a regime intermedio, talché se il difensore era presente la nullità va immediatamente eccepita, nella contestualità dello svolgimento dell'incidente probatorio (ex artt. 182 e 180 C.P.P.).
Peraltro, detta nullità non attiene solo al diritto al contraddittorio, bensì al diritto fondamentale di difesa e assistenza dell'imputato.
Pur tuttavia, la S.C., piegandosi su un precedente orientamento conforme, contraddice l'essenza stessa del vizio dedotto dalla difesa, poiché da un lato ne riconosce l'ontologica essenza in capo al supremo diritto di difesa (piuttosto che in riferimento al mero diritto al contraddittorio fra le parti) ma poi, d'altro lato, ne esclude la deducibilità se la nullità non è stata ritualmente eccepita dal difensore presente alle operazioni peritali. Sarebbe stato più rigoroso, viceversa, trarre la logica conseguenza e attribuire alla suddetta nullità carattere di vizio assoluto ed insanabile.

 

Corte di Cassazione, Sez. III Penale, Sentenza 06.12.2011/08.02.2012 n° 4939

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo, Presidente
Dott. SQUASSONI Claudia, Consigliere
Dott. FRANCO Amedeo, Consigliere, rel.
Dott. GRILLO Renato, Consigliere
Dott. RAMACCI Luca, Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul Ricorso proposto da: S.M., nato il (omissis);
avverso la Sentenza emessa il 15.11.2010 dalla Corte d'Appello di Milano;
udita nella pubblica udienza del 06.12.2011 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del Ricorso;
udito per la parte civile l'Avv. Laura De Rui, in sostituzione dell'Avv. Ottavia Borella;
udito per l'imputato i difensori, lìAvv. Francesco Marcone e l'Avv. Marco Rigamonti.

Svolgimento del processo
Con la Sentenza in epigrafe la Corte d'Appello di Milano confermò la Sentenza 03.12.2008 del G.U.P. del Tribunale di Lecco, che aveva dichiarato S.M. colpevole del reato di cui all'articolo 609-quater, co. 1, n. 1, C.P. e art. 4 C.P. e all'art. 609-ter C.P., perchè, avendo libero accesso ad una scuola materna, aveva adescato più fanciulli, tra i quali X.Y., di anni 4, e compiuto con lo stesso atti sessuali, e lo aveva condannato alla pena di anni sette di reclusione, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili, da liquidarsi in separata sede con una provvisionale di € 80.000,00 in favore del minore e di € 20.000,00 in favore di ciascun genitore.
In particolare la Corte d'Appello osservò:
- che non aveva violato il diritto di difesa l'audizione protetta del minore da parte della P.G. il 07.11.2006, sia perché si trattava della audizione della persona offesa e quindi di un atto ripetibile, sia perché l'audizione era avvenuta per mezzo di una psicologa con una puntuale trascrizione e video registrazione.
- che non vi era stata violazione del diritto di difesa nel corso dello incidente probatorio, per la mancata ammissione del consulente di parte, dato che era presente il difensore.
- che era legittimo il rigetto della richiesta di ricusazione della consulente, Dott.ssa P., perché il difensore non era legittimato a proporla trattandosi di atto personalissimo dell'imputato e perché manifestamente infondata.
- che non aveva violato il principio del contraddittorio l'allontanamento da parte del C.T.U., Dott.ssa P., del difensore, perché non vi sono norme che lo vietavano e perché l'audizione era videoregistrata e il materiale era posto a disposizione della parte.
- che d'altra parte si trattava di giudizio abbreviato e non vi erano state modalità di assunzione contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento.
- che erano attendibili i racconti del minore, avvalorati da riscontri estrinseci.
L'imputato propone Ricorso per cassazione deducendo:
1) inosservanza ed erronea applicazione di norme penali e processuali; lamenta innanzitutto che è erroneo l'assunto della Corte d'Appello secondo cui la richiesta di essere giudicato con il rito abbreviato comporta anche l'accettazione degli atti nulli, quando la nullità sia stata eccepita tempestivamente e precedentemente alla richiesta del rito;
2) mancata applicazione dell'art. 360 C.P.P.; sostiene che l'audizione del minore - avvenuta in Questura attraverso una psicologa - doveva considerarsi un accertamento tecnico non ripetibile; ne deriva che la stessa è nulla ed inutilizzabile perché non è stata fatta con le modalità di cui all'art. 360 C.P.P.; erroneamente la Corte d'Appello ha ritenuto che il contraddittorio è stato rispettato perché era stata fatta la videoregistrazione, in tal modo confondendo la formazione della prova con la sua documentazione;
3) mancata applicazione dell'art. 178, lett. c), C.P.P. anche nel corso dello incidente probatorio al quale non è stato ammesso il consulente della difesa nonché nel corso delle operazioni peritali quando la psicologa ha vietato ai difensori dell'imputato di assistervi nella stanza predisposta allo scopo con apposito monitor; ne sono derivate nullità di ordine generale;
4) violazione dell'art. 401 C.P.P. e nullità della perizia, perché nel fascicolo dello incidente probatorio con il quale è stata disposta sono confluiti tutti gli atti di indagine compiuti dal P.M., come le s.i.t., i verbali di audizione del minore, la denuncia, ossia atti che non potevano entrare nel fascicolo del dibattimento.
5) inosservanza degli artt. 38 e 99 C.P.P. nella parte in cui la Corte d'Appello ha ritenuto inammissibile la dichiarazione dei difensori di ricusazione del perito perché formulata dai difensori senza una procura speciale, che invece non era necessaria;
6) mancanza di motivazione in ordine a temi specifici indicati in sede di appello, quali il tema dei diari tenuti dagli operatori della casa famiglia; il tema degli orari e della possibilità che il minore sfuggisse al controllo della maestra; il tema del diniego di incidente probatorio richiesto dopo il rifiuto dei genitori del minore e delle maestre di rendere dichiarazioni nell'ambito delle investigazioni difensive; il tema della mancata acquisizione delle indagini difensive costituite dalle dichiarazioni della moglie del S.M.

Motivi della decisione
- Ritiene il Collegio che sia infondata l'eccezione di nullità dell'audizione del minore, nel novembre del 2006, da parte della P.G. con l'aiuto di una psicologa perché non effettuata con le modalità di cui all'art. 360 C.P.P. mentre avrebbe dovuto essere fatta con le dette modalità in quanto nella sostanza si sarebbe trattato di un accertamento tecnico non ripetibile.
E, difatti, il Collegio condivide le considerazioni svolte della Corte d'Appello, secondo cui l'audizione protetta del minore (omissis) non può essere ritenuta come atto irripetibile, ossia come atto che comporta la distruzione dell'oggetto dello accertamento, trattandosi della audizione della parte offesa, svoltasi con modalità protetta in ragione dell'età della stessa, e quindi di una attività d'indagine, diretta ad accertare la fondatezza della originaria notizia di reato, di per sé certamente ripetibile.
D'altra parte, sempre in tema di reati sessuali in danno di minori di età, è stato ritenuto che la valutazione giudiziale delle dichiarazioni accusatorie rese dalle vittime degli abusi, che richiede specifiche cognizioni tecniche mediante il ricorso al sapere scientifico esterno, non impone però nella fase delle indagini preliminari alcun obbligo al pubblico ministero di affidare la cosiddetta consulenza personologica nelle forme dell'art. 360 C.P.P., essendo ammissibile il ricorso alla procedura non garantita prevista dall'art. 359 C.P.P., le cui risultanze hanno tuttavia valore solo endoprocessuale, sottraendo agli indagati la facoltà di controllare, tramite i difensori e i consulenti tecnici, l'operato del consulente e sono quindi utilizzabili solo nei riti speciali (come quello seguito nella specie) ovvero nel giudizio ordinario, sull'accordo delle parti (cfr. Sez. III, 18.09.2007 n° 37147).

- È infondata anche l'eccezione relativa alla dichiarata inammissibilità della ricusazione del perito perché formulata dai difensori non muniti di procura speciale.
Ed invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, la dichiarazione di ricusazione è atto personalissimo della parte processuale ed è dunque inammissibile se proposta dal difensore non munito di procura speciale ovvero di mandato specifico, ma solo del generico mandato defensionale (Sez. I, 26.05.2009 n° 24099; Sez. VI, 27.11.2003 n° 37822); la ricusazione è atto personale dell'interessato, sicché deve escludersi un'autonoma, parallela, legittimazione del difensore, il quale, tuttavia, può proporre istanza di ricusazione a condizione che sia munito di apposito mandato, anche se non necessariamente nelle forme della procura speciale, ma pur sempre tali da rivelare l'espressa volontà della parte mirante alla ricusazione del giudice (Sez. V, 07.11.2003 n° 6441; Sez. I, 07.12.1999 n° 6965; Sez. I, 18.09.1997 n° 4969; Sez. Un., 05.10.1994 n° 18).
Nella specie, appunto, la Corte d'Appello ha escluso che il difensore avesse ricevuto apposito specifico mandato per proporre l'istanza di ricusazione del perito d'ufficio.

- Il ricorrente deduce poi la violazione dell'art. 401 C.P.P. e la nullità della perizia perché nel fascicolo dell'incidente probatorio, durante il quale la perizia è stata disposta, sono confluiti tutti gli atti di indagini compiuti dal pubblico ministero, e quindi anche atti che non potevano entrare nel fascicolo del dibattimento.
Il motivo è inammissibile, in quanto consiste in una censura nuova che non risulta dedotta con l'atto di Appello, e che non può quindi essere proposta per la prima volta in questa sede di legittimità.
In ogni caso il motivo è infondato, perché, da un lato, legittimamente il perito, per l'espletamento del suo incarico, ha preso visione di tutti gli atti compiuti nel corso delle indagini preliminari e contenuti nel fascicolo del pubblico ministero e, da un altro lato, perché, essendo stato richiesto il rito abbreviato, il fascicolo del pubblico ministero è stato legittimamente acquisito.

- È invece fondato il motivo con il quale si eccepisce la nullità, per violazione del diritto di difesa, della perizia espletata dalla psicologa dott.ssa P., in quanto non è stato consentito ai difensori dell'imputato (che avevano esplicitamente chiesto di assistervi, ovviamente nella saletta predisposta allo scopo con apposito monitor) di partecipare alle operazioni peritali.
La Corte d'Appello si è limitata sul punto ad affermare genericamente che non vi sarebbe stata violazione di norme e di principi, senza considerare, a prescindere dalle altre, la violazione dell'art. 24 Cost.
Nè può condividersi l'assunto della Sentenza impugnata secondo cui il diritto di difesa non sarebbe stato leso perché l'audizione era videoregistrata e il materiale posto a disposizione della parte, in quanto la partecipazione diretta del difensore (sia pure con le modalità del caso dovute alla minore età del soggetto) non può certamente essere surrogata in pieno da un successivo esame documentale.
È invero evidente che, anche in un caso peculiare come quello in esame, la presenza, sia pure all'esterno, del difensore era idonea a garantire un immediato controllo fisico e personale sulle regolarità e diligenza delle operazioni peritali.
Analogamente, è del tutto generica e apodittica l'affermazione che la presenza del difensore avrebbe potuto pregiudicare il benessere psicofisico del minore, non essendo in alcun modo spiegato in che cosa sarebbe consistito questo pregiudizio e come lo stesso sarebbe potuto derivare dalla mera presenza dei difensori in una sala separata.
In ogni caso, dalla costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, si ricava il principio che il difensore, il quale ne abbia fatto richiesta, ha diritto di assistere alle operazioni peritali, con la conseguenza che la sua esclusione da luogo, indipendentemente dalla presenza, o no, dei consulenti di parte, a nullità di ordine generale attinente all'assistenza dell'imputato, dovendo sempre essere garantito l'esercizio dei poteri difensivi (Sez. I, 19.06.1998 n° 3643; Sez. VI, 09.12.2008 n° 3523/09). Quest'ultima decisione, in particolare, ha esattamente osservato che il diritto dei difensori di assistere “alle perizie” era espressamente previsto dall'art. 304-bis C.P.P. del 1930 e includeva indubbiamente la facoltà di presenziare “fisicamente” a tutte le operazioni del perito stesso (cfr. Cass., Sez. V, 11.11.1978, in Mass. 1980, 185), nel corso delle quali si potevano appunto formulare a verbale istanze, osservazioni e riserve. La stessa facoltà era riconosciuta ai consulenti di parte (art. 324 C.P.P. del 1930). Il nuovo codice di rito del 1988, mentre contiene analoga e più dettagliata previsione per i consulenti di parte (“possono partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini” - art. 230, co. 2, C.P.P.) non menziona, direttamente ed esplicitamente, i difensori.
“Non sarebbe però conforme ai principi ispiratori del nuovo codice ritenere che il legislatore del 1988 abbia ritenuto sufficientemente garantita la difesa, nel corso delle operazioni del perito, dalla sola, eventuale presenza del consulente di parte.
Anzitutto, perché di tale innovazione non v'è traccia nei lavori preparatori; in secondo luogo perché ad essa ostano ragioni sistematiche, in quanto il consulente integra, e non sostituisce la difesa tecnica, immanente in ogni fase del procedimento, quando occorrono specifiche competenze scientifiche, artistiche o tecnologiche.
In realtà, la mancata menzione delle facoltà difensive in corso di perizia deve ritenersi legata ai caratteri di oralità e almeno tendenziale immediatezza (cfr. art. 227 C.P.P.) che caratterizzano nel nuovo processo tale mezzo di prova, di regola assunto nel giudizio alla presenza delle parti.
Del resto, nei casi in cui, prima del dibattimento, vengano espletate indagini tecniche destinate ad essere in esso utilizzate, la facoltà del difensore di assistere alle operazioni è espressamente menzionata: cfr. l'art. 360, co. 3, C.P.P. riguardo agli accertamenti non ripetibili del P.M. e argomentando ex art. 403 C.P.P. nel caso di perizia assunta nell'incidente probatorio.
Ne consegue appunto che, sicuramente, l'esclusione del difensore che abbia richiesto di partecipare alle operazioni peritali da luogo, indipendentemente dalla presenza o meno dei consulenti di parte, a nullità di ordine generale attinente all'assistenza dell'imputato”.
Ha anche precisato, condivisibilmente, la ricordata decisione che il pieno diritto del difensore “non può essere qualitativamente inferiore al potere di richiesta, osservazione e riserva che l'art. 230, co. 2, C.P.P. attribuisce al consulente tecnico di parte, che partecipi e sia presente alle attività del perito indicate nell'art. 228 C.P.P.”.
Nel caso di specie si è dunque verificata una violazione del diritto di difesa, che ha dato luogo ad una nullità di ordine generale attinente all'assistenza dell'imputato e che investe la perizia psicologica della dott.ssa P. e i suoi risultati.
Non vi è stata una sanatoria della nullità, in quanto questa è stata tempestivamente eccepita dai difensori, che non solo avevano chiesto espressamente di assistere alle operazioni peritali, ma si erano addirittura presentati al fine di assistere alla perizia psicologica dalla stanza predisposta allo scopo con monitor, e ne erano stati allontanati.
La nullità non potrebbe, poi, ritenersi sanata dal fatto che è stato richiesto e disposto il rito abbreviato, dal momento che la nullità si era già verificata (ed era stata eccepita) in precedenza e che essa non riguarda solo il diritto al contraddittorio, bensì il diritto fondamentale alla difesa ed all'assistenza dell'imputato e, quindi, i principi inderogabili per la regolarità dell'accertamento tecnico, dal che consegue che l'atto deve qualificarsi come assunto cantra legem.
Dei risultati di detta perizia, quindi, non poteva tenersi conto per la decisione.

- È altresì fondata - con la precisazione di cui infra - l'eccezione con la quale il ricorrente lamenta la nullità del primo incidente probatorio del 30.05.2007 per violazione del diritto di difesa in quanto non era stata ammessa la partecipazione del consulente di parte.
La Sentenza impugnata ha ritenuto che non fosse ravvisabile alcuna nullità perché era presente il difensore e perché nessuna norma prevede la presenza del consulente a pena di nullità.
Tale motivazione è effettivamente insoddisfacente e non condivisibile, perché si limita, anche qui, ad una generica affermazione della mancanza di una norma specifica che preveda la presenza del consulente, senza considerare, tra l'altro, le norme costituzionali e convenzionali che impongono una interpretazione che meglio assicuri la piena esplicazione del fondamentale diritto di difesa.
Sul punto, peraltro, la giurisprudenza di questa Corte, ha più volte affermato (cfr., fra le sole decisioni massimate, Sez. III, 13.05.2009 n° 25992; Sez. III, 09.06.2009 n° 35702) che sussiste sicuramente il diritto dell'imputato, ai sensi dell'art. 233, co. 1, C.P.P. di farsi assistere nel corso dell'espletamento dello incidente probatorio anche da un consulente tecnico, quale aspetto essenziale del diritto di difesa in relazione allo svolgimento di indagini o all'acquisizione di dati o di valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, specialmente nel particolare caso di esame di minori espletato ai sensi dell'art. 398, co. 5-bis, C.P.P. senza che tuttavia detto consulente abbia facoltà di intervento diretto (dovendo svolgere essenzialmente attività di assistenza al difensore e di acquisizione di dati per le sue eventuali successive elaborazioni tecniche) e tenuto conto delle modalità stabilite dal giudice per procedere all'esame del testimone in modo da assicurare la tutela del minore e la genuinità della prova.
E difatti, qualora ci si trovi in presenza di uno di quei casi in cui l'esame del teste - per ragioni connesse all'età, come quando si tratti di minore, ovvero per particolari cognizioni o preparazione tecnica o peculiarità della materia da trattare - richieda un bagaglio di nozioni tecniche diverse rispetto a quelle proprie del difensore e rispetto alle quali la mera difesa tecnica sia inadeguata, sì da rendere necessario o anche solo opportuno l'ausilio di un esperto che possa assistere il difensore nella scelta delle domande da rivolgere al teste o da sottoporre all'esame del giudice, la mancata autorizzazione del giudice che, senza valide e congrue motivazioni collegate ad eccezionali esigenze del caso concreto, impedisca al difensore di essere affiancato da un esperto, impedisce in sostanza un effettivo e pieno esercizio del diritto costituzionale di difesa dell'imputato.
D'altra parte, l'essenzialità della presenza di un esperto che, ove occorra, affianchi il difensore, è stata più volte e da gran tempo evidenziata dalla Corte costituzionale, la quale ha affermato che “il consulente tecnico appartiene all'ufficio della difesa come è dimostrato anche dalle norme che lo equiparano al difensore nei diritti e nei doveri... (ed) integra la difesa tecnica mediante l'apporto delle sue conoscenze scientifiche in discipline diverse da quelle giuridiche” (Sentenza n° 498/1989).
È poi priva di pregio l'affermazione della Sentenza impugnata secondo cui, nella specie, non sarebbe prospettabile una lesione del diritto di difesa in quanto l'audizione del teste non si sarebbe comunque potuta svolgere con un esame diretto trattandosi di minore, e ciò:
a) perché, pur dovendo rimanere difensore e consulente nella saletta attigua, il consulente ben poteva suggerire al difensore domande da chiedere, nei dovuti modi, al giudice e alla esperta che lo assisteva di effettuare nell'immediatezza;
b) perché la partecipazione del consulente al momento processuale gli avrebbe comunque consentito di avere una percezione diretta ed immediata di ciò che avveniva, permettendogli di esplicare in modo puntuale e specifico il proprio incarico, senza relegarlo in un ruolo secondario, limitato all'esame della documentazione messa a disposizione della parte che assiste.
Anche in questo caso si è quindi verificata una violazione del diritto di difesa, che ha dato luogo ad una nullità di ordine generale attinente alla difesa ed assistenza dell'imputato e che investe l'intero incidente probatorio svoltosi il 30.05.2007.
Anche questa nullità non è stata sanata con la richiesta di giudizio abbreviato, sia perché si era già verificata, sia comunque perché anch'essa non riguarda la violazione delle norme a tutela dal contraddittorio bensì delle norme a tutela della assistenza e difesa dell'imputato, che hanno comportato che l'escussione del minore in quella occasione debba considerarsi avvenuta contra legem.
Deve tuttavia osservarsi che le decisioni di questa Corte dianzi citate hanno affermato che la mancata autorizzazione del consulente della difesa ad assistere all'esame del minore non da luogo ad una nullità assoluta ed insanabile, bensì ad una nullità assoluta di ordine generale a regime intermedio con le conseguenza che ne derivano sul piano della deducibilità ex artt. 182 e 180 C.P.P., e cioè che se il difensore era presente la nullità deve essere eccepita immediatamente, ossia nella contestualità dello svolgimento dell'incidente probatorio.
Ora, dalla sentenza impugnata nonché dalla Sentenza di primo grado non emerge alcun elemento che possa far ritenere che la nullità non sia stata eccepita tempestivamente, dal momento che nessuna delle due sentenze fa riferimento ad una decadenza della sua deducibilità.
Dovrebbe quindi presumersi che la nullità sia stata eccepita tempestivamente.
Tuttavia, questa Corte non è in grado di compiere questo accertamento in quanto non le sono stati inviati dalla Cancelleria della Corte d'Appello gli atti necessari (è infatti qui pervenuto esclusivamente il fascicolo di appello mentre non è stato inviato né il fascicolo di primo grado nè quello dell'incidente probatorio).
Ritiene pertanto il Collegio che in questa situazione - anche in ossequio al principio della ragionevole durata del processo e tenuto conto che la sentenza impugnata deve comunque essere annullata con rinvio per nuovo giudizio a seguito della accertata nullità della perizia - ci si debba limitare ad affermare che si è verificata la nullità dell'incidente probatorio del 30.05.2007, demandando poi al giudice del rinvio di verificare se la nullità stessa sia stata tempestivamente eccepita (nel qual caso non si potrà tenere conto nemmeno dell'incidente probatorio) oppure sia stata sanata per mancata tempestiva deduzione.
Questa Corte, ovviamente, non è nemmeno in grado di stabilire quale sia stata l'incidenza della perizia, ed eventualmente anche dello incidente probatorio, sulla decisione adottata dal giudice del merito.
La dichiarazione di nullità della perizia psicologica della dott.ssa P. e l'accertamento (con le precisazioni di cui sopra) della nullità dell'incidente probatorio comportano pertanto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, dovendo il giudice del merito procedere ad una nuova valutazione sulla base degli acquisiti elementi probatori non viziati da nullità.
Di conseguenza, dovendo comunque procedersi a questa nuova valutazione, tutti gli altri motivi di ricorso relativi al merito della vicenda e quello relativo al diniego dello incidente probatorio restano assorbiti, anche se non preclusi.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla la Sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 06.12.2011.
Depositato in Cancelleria il 08.02.2012

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