Penale

PENALE - 'La Giustizia ai tempi del coronavirus', di G. Stornaiuolo

Riflessioni della Dott.ssa Giulia Stornaiuolo, Firm Partner dello Studio Frattallone & Partners Law Firm, in ordine alla normativa vigente alla data del 25.03.2020 in materia di termini, processi civili e penali e svolgimento telematico delle udienze.

L’emergenza del Cornavirus “Covid-19”, che ha investito il nostro Paese con un tasso di mortalità superiore rispetto agli altri Paesi europei ed internazionali, ha comportato l’adozione di provvedimenti e misure urgenti, ai fini del contenimento dello stesso, anche in materia giudiziaria.

Sul punto, il Decreto Legge “Cura Italia” del 8 marzo 2020, n. 11, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data summenzionata, rubricato “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria”, ha introdotto delle considerevoli e necessitate disposizioni - con efficacia immediata -  in ordine  all’organizzazione e gestione dell’attività giudiziaria.

In particolare, da una prima disamina del Decreto Legge n. 11, del 8 marzo 2020, si evince come lo stesso intervenga su più fronti: dal differimento delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari (salvo le eccezioni previste al di cui Decreto, nella specie art. 2, comma 2, lett. g); alla sospensione dei termini processuali; alla limitazione e regolamentazione dell’accesso al pubblico negli uffici giudiziari (garantendo in ogni caso, secondo quanto disposto dall’art. 2 comma 2, lett. b, l’accesso ai cittadini limitatamente alle sole attività urgenti); alle modalità di svolgimento delle udienze non “differibili”, e, dunque “urgenti”, mediante videoconferenze con collegamento da remoto individuato e regolato con provvedimento dal Direttore Generale dei sistemi informativi e automatizzati dal Ministero della Giustizia.  

Come poc’anzi accennato,

l’art. 1, comma 1, del d.l. n.11/2020, ha disposto il “rinvio d’ufficio” a data successiva al 22 marzo - con conseguente sospensione dei termini processuali, successivamenti prorogati al 15 aprile 2020 per effetto dell’art 83 d.l. n. 18 del 17 marzo - delle udienze afferenti tanto i procedimenti civili quanto i procedimenti penali, salvo (si ribadisce) i procedimenti aventi carattere “urgente” e le “eccezioni” di cui all’art. 2, comma 2 lettera b).  Più precisamente, in ambito civile:

1) le udienze nelle cause di competenza del Tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio;

2) le cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità;

3) i procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona;

4) i procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione nei soli casi in cui viene dedotta una motivata situazione di indifferibilità incompatibile anche con l’adozione di provvedimenti provvisori, e sempre che l’esame diretto della persona del beneficiario, dell’ interdicendo e dell’ inabilitando non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute;

4) i procedimenti di cui all’art. 35 della l. 23 dicembre 1978, n. 833 (nella specie, i procedimenti di convalida da parte del giudice tutelare del provvedimento che dispone il Trattamento Sanitario Obbligatorio in condizione di degenza ospedaliera; ricorso degli interessati contro il provvedimento di convalida del giudice tutelare);

5) i procedimenti di cui all’articolo 12 della l. 22 maggio 1978, n. 194 (nella specie, il ricorso al giudice tutelare per ottenere la autorizzazione alla interruzione volontaria della gravidanza per le donne di età inferiore ai 18 anni);

6) i procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari;

7) i procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’UE;

8) infine, i procedimenti di cui all’articolo 283, 351 e 373 del c.p.c. e, in genere, in tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti. In quest’ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell’ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile.

Con riguardo al procedimento penale, il decreto pone poi delle eccezioni in ordine:

1) alle udienze di convalida dell’arresto o del fermo, udienze dei procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all’articolo 304 del codice di procedura penale, udienze nei procedimenti in cui sono state richieste o applicate misure di sicurezza detentive e, quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda, altresì le seguenti udienze nei procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell’articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354; 2) alle udienze nei procedimenti in cui sono state applicate misure cautelari o di sicurezza;

3) alle udienze nei procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono state disposte misure di prevenzione;

4) infine, alle udienze nei procedimenti a carico di imputati minorenni.

 

Il decreto, inoltre, chiarisce che per il periodo di efficacia dei provvedimenti di cui al comma 2 dell’art. 2, ovvero di tutti quelli che precludono la presentazione della domanda giudiziale risulta sospesa la decorrenza dei termini prescrizionali e di decadenza dei diritti che possono essere esercitati mediante il compimento dell’attività precluse dai provvedimenti.

Altresì, nei procedimenti penali i termini di cui all’art. 303, 309 comma 9, 311 comma 5 e 5 bis, e 324 del codice di procedura penale e gli articoli 24 comma 2, e 27 comma 6 del d. lgs 6 settembre del 2011, n. 159, rimarranno sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 2, lett. g) e, in ogni caso, non oltre il 31 maggio 2020, con la precisazione ulteriore che, ai fini del computo di cui all’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89,  non si dovrà tener conto del periodo decorrente dalla data del provvedimento di rinvio dell’udienza alla data udienza, sino al limite massimo di tre mesi successivi al 31 maggio 2020.

 

Circa le modalità di svolgimento delle udienze, il decreto de quo al comma 2, lett. e), ha disposto la celebrazione “a porte chiuse” o, in alternativa, mediante collegamenti da remoto o attraverso videoconferenze mediante un’ apposito programma –  Microsft  Teams –  individuato e regolamentato dalla  Direzione per i sistemi informativi del ministero della Giustizia (Dgsia), al fine di garantire il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. In questo senso, ferma l’applicazione del disposto di cui all’articolo 472, comma 3, del codice di rito penale, è garantita, ove possibile, la  partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare in quanto compatibili le disposizioni di cui ai comma 3, 4 e 5 dell’articolo 146-bis del D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271.

Le disposizioni, in quanto contabili, a norma dell’art. 3 e 4 troveranno applicazione anche in materia di giustizia amministrativa e contabile.

 

Ulteriore elemento di novità, rispetto all’ordinaria organizzazione dell’attività giudiziaria, è l’estensione del servizio di deposito telematico agli atti e documenti di cui all’articolo 16-bis, comma 1-bis, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.  Allo stesso modo, il pagamento del contributo unificato di cui all’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nonché l’anticipazione forfettaria di cui all’articolo 30 del medesimo decreto, connessi al deposito degli atti con le modalità previste dal periodo precedente, dovranno essere assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

 

Orbene, al fine di fornire un’esaustiva informazione in ordine all’odierna organizzazione dell’attività giudiziaria, appare doveroso segnalare il nuovo intervento normativo n. 18 del 17 marzo 2020, ed in particolare l’art. 83 il quale, con i suoi 22 commi, “dovrebbe” perseguire il fine ultimo di fornire al lettore un’interpretazione (letterale) univoca del testo normativo, posto che, sul punto, non sono stati pochi i pareri discordanti provenienti dall’Avvocatura in ordine, ad esempio, alla sospensione del decorso dei termini processuali.  

 

Innanzitutto, il comma 22 dell’art. 83 d. l n. 18 del 17 marzo 2020 abroga espressamente gli art. 1 e 2 del d.l n. 11/2020, con la conseguenza che, e, per l’effetto del comma 1, viene ulteriormente prorogato il “rinvio d’ufficio”, a data successiva al 15 aprile 2020, di tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari.

In secondo luogo, il comma 2 dell’art. 83, anche a seguito dei pareri discordanti provenienti dall’Avvocatura  in ordine al tenore letterale della norma,  ha chiarito che la sospensione del decorso dei termini processuali concerne “qualsiasi atto di tutti i procedimenti” (comprensivi quelli concernenti le indagini preliminari)  e, dunque, non soltanto quelli le cui udienze vengono rinviate per effetto del 1 comma.

Successivamente, la norma disciplina l’ipotesi del “termine computato a ritroso” (ad esempio, il deposito delle liste testimoniali) prevedendo il differimento dell’udienza o dell’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto.  Inoltre, la norma precisa altresì la sospensione, per la stessa durata indicata al primo comma, dei termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie.

 

Quanto ai procedimenti penali, a differenza dei procedimenti civili, nei quali non sono previste eccezioni alla regola generale in ordine al tipo di reato, si avrà riguardo all’individuale posizione assunta dall’imputato (convalida arresto o fermo, scadenza termini massimi delle misure cautelari, applicazione misure sicurezza detentive) e ai casi aventi carattere di “urgenza” per la necessità di assumere prove indifferibili (classico esempio è l’incidente probatorio di cui all’art. 392 c.p.p.).

In tale ultimo caso,  a norma del comma 3, lett. c),  la dichiarazione di urgenza è fatta dal giudice o dal presidente del collegio, su richiesta di parte, con provvedimento motivato e non impugnabile.

Oltre a ciò, per effetto del comma 13, è espressamente previsto che le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati nei procedimenti penali dovranno essere effettuate attraverso il “sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali”, ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, o, in alternativa, attraverso sistemi telematici individuati e regolati dal Ministero di Giustizia.

Quanto poi, alle comunicazioni e le notificazioni degli avvisi e agli imputati e alle altre parti dovranno essere eseguite mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia (PEC), ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio.

 

In ordine al procedimento civile, il comma 3, lett. a) dell’art 83 ripropone un elenco esaustivo e tassativo in merito alle ipotesi eccezionali - le quali, come sopra rilevato, investono prevalentemente il diritto di famiglia -  di mancato rinvio e sospensione dei termini processuali, apportando delle modifiche al previgente testo le quali paiono essere incongruenti.

 

La norma ad esempio ha previsto, in virtù dell’ultimo capoverso del comma 3, lett. a), la trattazione dei  procedimenti di cui agli articoli 283, 351 e 373 del codice di procedura civile (ovvero i giudizi  relativi alla sospensione dell’esecutività della sentenza di primo o secondo grado) e, in genere, di tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti.

Ebbene, sul punto va ribadito come il comma 2 dell’art. 83 prevede espressamente la sospensione di tutti i procedimenti, compresi quelli esecutivi, indicando nell’elencazione esemplificativa la sospensione dei termini per la proposizioni degli atti introduttivi dei procedimenti esecutivi.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, e sulla premessa che non può essere messa in dubbio la sospensione di tutti i procedimenti esecutivi, viene da domandarsi per quale ragione il legislatore abbia voluto introdurre una deroga al regime di sospensione proprio per i procedimenti di cui agli artt. 283, 351 e 373 c.p.c.. 

Da tale rapida “analisi”, ne discende l’inevitabile conseguenza che si porranno delle “questioni”  proprio in ordine all’interpretazione letterale da attribuire al decreto medesimo.

 

Invero, con una recentissimo intervento del 23 marzo 2020 redatto e diffuso dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo del Servizio Penale, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto di dover sottolineare i profili di criticità del provvedimento normativo in merito ai giudizi di merito e di legittimità.

La relazione affronta innanzitutto il tema del differimento delle udienze. A questo proposito, la Suprema Corte di Cassazione ha messo in evidenza, da un lato, come la formulazione della norma ex art. 83, comma 1, non contenga alcuna precisazione in ordine alle modalità di attuazione del rinvio, limitandosi in tal senso a prevedere che il rinvio deve essere effettuato d’ufficio e fuori udienza, mediante comunicazione alle parti con modalità telematiche (art. 83, commi 13 e 14), mentre, dall’altro, sottolinea come la previsione normativa, riguarda, all’evidenza, qualsiasi tipologia di udienza posto che non opera alcuna di distinzione in merito alle diverse tipologie di udienze in sede di giudizio di legittimità (udienze pubbliche e udienze camerali, partecipate o non partecipate).

Per quanto concerne poi l’individuazione della data del rinvio, la Suprema Corte sottolinea la necessità di tener conto dell’incidenza della parallela sospensione dei termini ricadenti nel medesimo periodo temporale.

 

La relazione continua nel prosieguo con l’analisi del “termine computato a ritroso”(ad esempio, il deposito delle liste testimoniali) disciplinato dal comma 2 dell’art 83, secondo cui “quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto”. 

 

Sul punto, la Suprema Corte richiama all’attenzione quanto statuito dall’art. 610, comma 5, cod. proc. pen., secondo cui “almeno trenta giorni prima della data dell’udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale ed ai difensori, indicando se il ricorso sarà deciso in udienza pubblica o in camera di consiglio”, e, nel caso di procedimento in camera di consiglio, il comma 1 dell’art. 611,  cod. proc. pen., secondo cui “fino a quindici giorni prima dell’udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e fino a cinque giorni prima presentare memorie di replica.

Ne deriva, che, alla sospensione dei termini per il deposito di memorie e repliche consegue necessariamente il differimento dell’udienza camerale ad una data non solo successiva al 15 aprile 2020, ma che tenga anche conto della necessità di riconoscere l’intero termine previsto per l’esercizio delle facoltà difensive.  In questo senso, sottolinea la Suprema Corte, le udienze di rinvio dovranno essere fissate in una data che assicuri che il termine con computo a ritroso possa essere interamente sfruttato, tenendo conto a tal fine della porzione di esso eventualmente trascorsa al di fuori del periodo di sospensione.  A tal fine sarà necessario considerare che, ove il termine iniziale di 15 giorni sia già decorso senza rientrare nel periodo di sospensione e qualora le parti non abbiano depositato memorie, si potrebbe procedere alla fissazione della nuova udienza senza rispettare il termine di cui all’art. 611 cod. proc. pen. per il deposito delle repliche, applicando il principio secondo cui «le parti possono presentare memorie di replica cinque giorni prima dell'udienza, ai sensi dell'art.611, comma 1, ult. parte, cod. proc. pen., nel solo caso in cui la controparte abbia presentato sue memorie, per contrapporre le proprie argomentazioni a quelle avverse» (Sez. II, n. 32033 del 21 marzo 2019. PG in proc. B., Rv. 277512). In sede di differimento, invece, non occorrerà rispettare il termine a ritroso nel solo caso in cui al momento del rinvio dell’udienza i termini ex art.611 cod.proc.pen. erano già scaduti, atteso che in tal caso le parti hanno già usufruito della facoltà difensiva ed il rinvio a nuovo ruolo non determina una sorta di rimessione in termini (Sez. I, n. 16740 del 16 aprile 2019, B., Rv. 275808).

Secondo il Massimario della Suprema Corte, i principi summenzionati potranno essere pacificamente applicati non solo alle udienze camerali ex art. 611 c.p.p. ma altresì ai giudizi con udienza pubblica:a riprova di ciò, richiama il principio giurisprudenziale secondo cui «l'art. 611 cod. proc. pen., che prevede, per il giudizio di Cassazione, la presentazione di motivi nuovi e memorie fino a quindici giorni prima dell'udienza in camera di consiglio, si applica anche per il procedimento in udienza pubblica, in quanto disposizione finalizzata a garantire la pienezza e l'effettività del contraddittorio ed a consentire al giudice di conoscere tempestivamente le varie questioni prospettate» (Sez. III, n.14038 del 27 marzo 2018, F., Rv. 272553).

Per altro, l’esigenza di rispettare i termini processuali sopra indicati dovrebbe essere comunque garantita dall’indicazione contenuta nel decreto n.36/20 del Primo Presidente, con il quale è stato disposto che le udienze ricadenti nel periodo di sospensione debbano essere rinviate a data successiva al 31 maggio 2020. Con il medesimo provvedimento infatti (si ribadisce) è stata anche espressamente prevista la facoltà per i difensori di inviare a mezzo PEC motivi aggiunti o memorie, con riguardo ai procedimenti da trattare nel periodo intercorrente tra il 23 marzo 2020 ed il 31 maggio 2020.

 

Ulteriore tema ancor più spinoso concerne la sospensione dei termini processuali ex art 83, comma 2. Per quanto concerne il giudizio in sede di legittimità, la norma determinerebbe in primo luogo una ricaduta sui termini per proporre il ricorso, di cui si dovrà tener conto nella valutazione della tempestività nei futuri procedimenti. Altro aspetto rilevante è quello concernente la sospensione dei termini riferita all’adozione ed al deposito dei provvedimenti giudiziari, ciò che, peraltro, non pare impedire che detto deposito possa validamente proseguire anche durante il periodo di sospensione.

A tal riguardo, Il Massimario della Suprema Corte ritiene necessario richiamare il provvedimento organizzativo adottato in data 19 marzo 2020 volto a consentire il deposito da remoto delle minute delle sentenze, in modo da consentire ai Consiglieri di non recarsi presso la Corte per tale adempimento, e l’indicazione delle specifiche tecniche, in pari data, ad opera del Ced.

 

Una ulteriore criticità rilevata riguarda le ipotesi dei procedimenti indifferibili per legge o su richiesta di parte ex art. 83, comma 1 e 2.

Riguardo alla prima ipotesi, rappresentata dai procedimenti in cui sono state adottate misure cautelari per i quali, nel periodo di sospensione (cioè, dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020) scadono i termini massimi di cui all’art. 304 cod. proc. pen., la Corte esclude che, questo ultimo termine, possa rientrare tra quelli che sospesi, come confermato dal mancato riferimento ad esso da parte del comma 4. Quanto all’ipotesi di cui alla lett. a) pare potersi escludere che, nel riferirsi ai “procedimenti a carico di persone detenute”, la norma possa essere estesa fino a ricomprendere coloro che sono detenuti “per altro”. In merito alle “misure cautelari” di cui alla lett. b), deve ritenersi che in tale generica e complessiva dizione vadano ricomprese tutte le misure cautelari personali, detentive, non detentive, e interdittive, nonché le misure cautelari reali.

Si dovrebbero dunque ritenere non ricompresi i sequestri probatori (inseriti dal codice di rito tra i mezzi di ricerca della prova)e i D.a.s.p.o di cui all’art. 6 l. 14 dicembre 1989 n. 401, formalmente non definiti e non definibili quali misure cautelari odi sicurezza.

 

Ed ancora, la richiesta per la trattazione del procedimento non pare presupporre che gli interessati devano essere “informati” di tale facoltà, trattandosi dell’esercizio di una facoltà di legge che il detenuto e il suo difensore sono tenuti a conoscere.  Inoltre, la norma in esame non ha previsto un termine entro cui le parti possano avanzare la richiesta di trattazione, il che pone il problema di consentire agli uffici giudiziari di predisporre la necessaria organizzazione dell’udienza anche nell’imminenza della sua celebrazione, con la conseguenza che potrebbe  porsi il problema dell’efficacia preclusiva del termine previsto per la presentazione delle istanze, mancando una specifica previsione normativa che consenta di dichiarare la tardività delle istanze pervenute oltre il limite dei tre giorni.

 

Altro aspetto problematico si pone nel caso in cui il procedimento sia cumulativo e solo uno o alcuni dei detenuti avanzino richiesta di trattazione, potendo chiedersi se in tal caso debba o meno procedersi mediante provvedimento di separazione. Sul punto, pare potersi ritenere che l’esigenza di tutelare la salute pubblica impedisca di far partecipare al giudizio persone, anche detenute, che non abbiamo richiesto di evitare il differimento.

Per quanto concerne, infine, le modalità di svolgimento delle udienze pubbliche ex art. 83, comma 7, per la Suprema Corte pone in rilievo la previsione contenuta al comma 7, lett.e), lì dove si prevede la possibilità di tenere le udienze pubbliche “a porte chiuse”, in applicazione del principio generale dettato dall’art.472, comma 3, cod.proc.pen

Infine, riguardo al tema della sospensione della prescrizione e dei termini delle misure cautelari si ritiene che, la norma in esame, pur richiamando genericamente l’art.304 cod.proc.pen., dovrebbe interpretarsi nel senso che non sono sospesi esclusivamente i termini di durata massima della custodia cautelare previsti dal comma 6 dell’art.304, cod.proc.pen., atteso che le previsioni precedenti non concernono la durata della misura, bensì disciplinano ulteriori ipotesi di sospensione

 

Fermo quanto rilevato in tema di procedimenti penali e civili,  il decreto n. 18/2020 nei commi successivi ribadisce, ad esempio, la possibilità di limitare l’accesso al pubblico presso gli uffici giudiziari; l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze; la celebrazione a porte chiuse delle udienze civili e penali.

 

Ulteriore menzione merita il nuovo intervento legislativo del 22 marzo del 2020, con il quale è stato disposto la sospensione di tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezioni di quelle “essenziali” o che “erogano  servizi di pubblica utilità” (comprese all’interno dell’allegato A al di cui decreto).

 

Per le attività commerciali resta fermo, dunque, quanto disposto dal decreto del 11 marzo 2020 (che all’allegato 1 prevede un elenco di attività di commercio al dettaglio non soggette a sospensione ovvero ipermercati, supermercati, discount ecc) e dall’ordinanza del Ministro della Salute del 20 marzo 2020. Proseguono quindi, garantendo la distanza interpersonale di almeno un metro, le sole attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità; edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie; i servizi bancari, finanziari, assicurativi nonché l’attività del settore agricolo, zootecnico di trasformazione agroalimentare comprese le filiere che ne forniscono beni e servizi.

Proseguirà, inoltre, la produzione di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico chirurgici e  ogni attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza.

 

Per le pubbliche amministrazioni resta fermo quanto previsto dall’articolo 87 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, per il quale è limitata la presenza negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza.

Da ultimo, si segnala che le attività professionali non sono state oggetto di sospensione per cui per quest’ultime varrà quanto già stabilito nel decreto del 11 marzo scorso (articolo 1 punto 7), fra cui massimo utilizzo del lavoro agile (smartworking) e  protocolli di sicurezza  anti-contagio.

 

A conclusione di quanto esaminato finora, si segnala il recentissimo ed ulteriore intervento legislativo del 24 marzo 2020 con il quale è stato previsto che possano essere adottate, su specifiche parti del territorio nazionale o sulla totalità di esso, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al termine dello stato di emergenza, fissato al 31 luglio 2020 dalla delibera assunta dal Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, una o più tra le misure previste dal decreto stesso.

L’applicazione delle misure potrà essere modulata in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus secondo criteri di adeguatezza specifica e principi di proporzionalità al rischio effettivamente presente. Il decreto disciplina le procedure per l’adozione di tali misure, prevedendo che siano introdotte con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute o dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino una o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale.

Inoltre è previsto che, nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro della salute possa introdurre le misure di contenimento con proprie ordinanze.

Per di più, per specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario, i Presidenti delle regioni possono emanare ordinanze contenenti ulteriori restrizioni, esclusivamente negli ambiti di propria competenza. Le ordinanze ancora vigenti all’entrata in vigore del decreto-legge continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori dieci giorni.

Di seguito, il testo prevede che, salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 3.000 euro, con la conseguenza che non troveranno applicazione le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità. Inoltre, la violazione intenzionale del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte a quarantena perché risultate positive al virus è punita con la pena di cui all’articolo 452, primo comma, n. 2, del codice penale (reclusione da uno a cinque anni).

Infine, nei casi di mancato rispetto delle misure previste per pubblici esercizi o attività produttive o commerciali, troverà applicazione altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. In caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima.

Dott.ssa Giulia Stornaiuolo 

 

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