Investigazioni

INVESTIGAZIONE PRIVATA - Sospensione condizionale e revoca di licenza prefettizia

investigatore privato
Non sussiste violazione di legge né l'eccesso di potere nella decisione con cui il Prefetto revochi l'autorizzazione ex art. 134 T.U.L.P.S. e ex artt. 222 D.L.vo n° 271/89 a un investigatore privato condannato in sede penale con pena detentiva sospesa.
Infatti, benché l'art 166 C.P. preveda che la condanna a pena condizionalmente sospesa non possa costituire in alcun caso, di per sé sola, motivo per l'applicazione di misure di prevenzione, né per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa, così affievolendo la rigorosa disciplina di cui al combinato disposto degli art. 134, co. 2, T.U.L.P.S. e 257-quater, co. 2, Reg. d'esecuzione (per i quali la P.A. deve revocare la licenze a colui che abbia riportato condanna per delitto non colposo), va tenuto presente che il Prefetto deve considerare le vicende oggettivamente idonee ad incidere sull'attitudine e sull'affidabilità dell'aspirante ad esercitare correttamente le funzioni connesse alla licenza, senza abuso del titolo, ritenendo significativi in tal senso, tra l'altro, la pendenza di procedimenti penali o l'esistenza di una sentenza di condanna.
Laddove, a prescindere dalla sospensione condizionale cui il reo sia stato ammesso a beneficiare, i fatti-reato oggetto della condanna siano stati valorizzati, nel provvedimento di revoca, nella loro intrinseca gravità, dovranno perciò ritenersi venuti meno i presupposti soggettivi per il mantenimento della licenza: le vicende penali - quelle definite e quelle pendenti - ascrivibili, come nella fattispecie, all'investigatore privato in qualità di pubblico ufficiale (per il suo ruolo peritale quale ausiliario dell'A.G.) non possono non reputarsi oggettivamente sintomatiche della sua inaffidabilità.

T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, Sent. 27.08.2010 n° 4421
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

Sentenza

ex art. 21 e 26 della legge n° 1034/71 e successive modifiche e integrazioni,
sul ricorso numero di registro generale 1737 del 2010, proposto da:
(omissis), rappresentato e difeso dall'Avv. Giancarlo Turri, domiciliato presso la segreteria del T.A.R. Lombardia Milano, in Milano via Corridoni n. 39;
 contro Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano presso i cui uffici domicilia per legge in Milano, via Freguglia n. 1;
per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, del provvedimento del Prefetto di (omissis) prot. n. 35131/09 Area 1/bis PA datato 11.05.2010, con il quale è stata disposta la revoca sia della licenza rilasciata per la gestione dell'istituto di investigazioni private denominato "(omissis)", sia della licenza per svolgere l'attività di investigatore privato in campo penale ai sensi degli artt. 38 e 222 D.L.vo n° 271/1989, e di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25.08.2010 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art. 21, co. 10, della legge n° 1034/71, introdotto dalla legge n° 205/2000;
Il ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe deducendone l'illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Si è costituita in giudizio l'amministrazione resistente, eccependo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.
Durante la Camera di Consiglio del 25.08.2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1) Preliminarmente va considerato che, in relazione agli elementi di causa, sussistono i presupposti per l'adozione di una decisione in forma semplificata, emessa ai sensi dell'art. 26 della legge 1971 n° 1034, come modificato dall'art. 9 della legge 2000 n° 205, adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell'istanza cautelare, stante l'integrità del contraddittorio, l'avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.
2) Con il provvedimento impugnato il Prefetto di (omissis) ha disposto la revoca delle licenze rilasciate in favore di (omissis) per la gestione dell'istituto di investigazioni private denominato "(omissis)" e per lo svolgimento dell'attività di investigatore privato in campo penale, ai sensi degli artt. 38 e 222 del D.L.vo n° 271/89.
Il decreto evidenzia che sono venuti meno i requisiti soggettivi necessari per il mantenimento delle licenze suindicate e in tale senso richiama, da un lato, la circostanza che il (omissis) è stato condannato con sentenza definitiva per i reati di truffa tentata continuata e falso materiale commesso da un pubblico ufficiale in atti pubblici, dall'altro, la circostanza che egli risulta imputato per falsa testimonianza.
Il provvedimento dà atto della richiesta avanzata in sede procedimentale all'interessato affinché chiarisse la "situazione delle proprie attività investigative", evidenziando che egli si è limitato a riferire di avere presentato istanza di revisione del processo.

Tanto premesso, va rilevata l'infondatezza dell'unico motivo proposto, mediante il quale si deduce la violazione di legge e l'eccesso di potere, in quanto l'amministrazione avrebbe fondato l'atto impugnato sulla mera esistenza di una condanna a pena detentiva, che il Prefetto avrebbe considerato elemento che impone la revoca, senza considerare che nel caso di specie la pena è stata condizionalmente sospesa e che l'art. 166 C.P. stabilisce che "la condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire in alcun caso, di per sé sola, motivo per l'applicazione di misure di prevenzione... né per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa".
Insomma, il Prefetto avrebbe meccanicamente applicato il combinato disposto dell'art. 134, co. 2, del R.D. 1931 n° 773 (T.U.L.P.S.) e dell'art. 257-quater, co. 2, del R.D. 1940 n° 635 (Reg. d'esecuzione), dai quali risulta che è doverosa per l'amministrazione la revoca delle licenze nei confronti di coloro che "abbiano riportato condanna per delitto non colposo", senza considerare che in base all'art. 166 C.P. la revoca non poteva essere motivata unicamente sul presupposto dell'intervenuta condanna ad una pena condizionalmente sospesa.
La tesi non merita condivisione.
Dalla semplice lettura della motivazione del provvedimento impugnato emerge che l'amministrazione non ha valorizzato la mera sussistenza in capo al (omissis) di una sentenza di condanna a pena detentiva per delitto non colposo, considerando tale fattore come circostanza che impone la revoca delle licenze.
Invero, il Prefetto ha valorizzato la natura dei reati commessi, consistenti in una tentata truffa continuata commessa ai danni dell'Autorità Giudiziaria dalla quale il ricorrente era stato nominato consulente tecnico in materia balistica nell'ambito di un determinato procedimento penale, nonché in un falso in atto pubblico commesso dal ricorrente in qualità di pubblico ufficiale (per la dettagliata descrizione si veda la sentenza di condanna presente in atti e richiamata nel provvedimento impugnato).
Parimenti, l'amministrazione ha valorizzato la presenza di pendenze penali a carico del (omissis) per il reato di falsa testimonianza.
In definitiva, l'amministrazione ha ritenuto - seppure nel quadro di una motivazione sintetica - che i fatti materiali oggetto della condanna e della pendenza fossero tali da escludere la permanenza in capo al ricorrente dei requisiti soggettivi necessari per il mantenimento delle licenze.
Sul punto vale ricordare che la giurisprudenza, nell'esaminare i presupposti anche soggettivi per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza o investigativa, ex art. 134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza - il cui venire meno legittima la revoca ai sensi dell'art. 257-quater del R.D. 1940 n° 635 - ha rilevato che l'Amministrazione deve tenere conto delle vicende oggettivamente idonee ad incidere sull'attitudine e sull'affidabilità dell'aspirante ad esercitare correttamente le funzioni connesse alla licenza, senza abuso del titolo, ritenendo significativi in tal senso, tra l'altro, la pendenza di procedimenti penali o l'esistenza di una sentenza di condanna.
Ciò in ragione dell'ampiezza e della funzione preventiva del potere di valutazione discrezionale di cui l'Amministrazione dispone in materia, stante la delicatezza degli interessi pubblici coinvolti, afferenti all'ordine e alla sicurezza pubblica (cfr. tra le tante, Consiglio di stato, Sez. VI, 25.06.08 n° 3227; T.A.R. Emilia Romagna Parma, Sez. I, 15.07.08 n° 354; T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 06.10.08 n° 13002; T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 02.07.08, n° 6665).
Ecco, allora, che nel caso di specie l'Amministrazione, lungi dal considerare la condanna a pena detentiva come fatto di per sé ostativo - come sostenuto nel ricorso - ha ragionevolmente ritenuto carenti i presupposti soggettivi per il mantenimento delle licenze, in quanto le vicende penali - definite e pendenti - di cui il ricorrente si è reso protagonista in qualità di pubblico ufficiale, sono oggettivamente sintomatiche, secondo l'id quod plerumqe accidit, della sua inaffidabilità ai fini dell'esercizio dell'attività cui si riferiscono le licenze revocate.
Va, pertanto, ribadita l'infondatezza del motivo in esame.
3) In definitiva il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Milano, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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