Ord. forense

ORD. FORENSE - Cnf e DL "Fare" n° 69/2013, dossier dell’Ufficio Studi n° 6/13

Scritto da Avv. Salvatore Frattallone. Pubblicato in Ordinamento forense

D.L. del

Decreto “del fare”: la lettura critica/interpretativa dell’Ufficio Studi nel Dossier n° 6/2013
(da www.consiglionazionaleforense.it)
Le norme in materia di giustizia, già oggetto di un documento CNF consegnato in commissione giustizia alla Camera con riflessioni critiche e proposte di modifica; ma anche le disposizioni in materia di imprese e cittadinanza.
E’ stato pubblicato sul sito del CNF il Dossier n. 6/2013 dell’Ufficio studi, che contiene una lettura critica e interpretativa degli interventi sui temi di maggior interesse per l’Avvocatura e le altre professioni contenuti nel decreto legge 69/2013.
Nel Dossier, tra gli allegati, è pubblicato anche il testo coordinato e aggiornato del decreto legge con gli emendamenti approvati in sede di conversione parlamentare.

Premettendo una riflessione critica sulla circostanza di intervenire in materia di giustizia con un decreto legge, non ravvisandosi i necessari requisiti di necessità e urgenza e la opportunità di interventi organici e discussi preventivamente con gli operatori, il Dossier analizza norma per norma, anche con tavole sinottiche e testi coordinati, per suggerire le modifiche necessarie, alcune già contemplate nel parere della commissione giustizia della Camera (Newsletter CNF n.155) e poi accolte negli emendamenti approvati dalle commissioni affari costituzionali e bilancio (vedi Newsletter CNF 156).
Si suggerisce così di individuare criteri più dettagliati per la determinazione dei processi ai quali destinare i 400 giudici ausiliari per lo smaltimento dell’arretrato; di coordinare le norme sul tirocinio presso gli uffici giudiziari con la legge 247/2013 sul tirocinio forense, coinvolgendo i Consigli dell’Ordine; di stabilire con maggiore certezza i criteri di scelta dei magistrati assistenti in Cassazione ma sopratutto di richiamare i magistrati fuori ruolo per garantire una piena operatività dell’organico in magistratura a fini di efficienza del sistema e di sopprimere la norma sulla conciliazione giudiziale, che collide con la garanzia di imparzialità del giudice.
Sui temi delle misure a tutela del credito, il Dossier fa il punto sugli effetti della tardiva costituzione dell’opponente alla luce degli interventi normativi e giurisprudenziali dell’ultimo anno, e suggerisce di interpretare la norma sulla provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo nel senso di consentirne la pronuncia da parte del giudice nel corso di tutto il processo.
Sulla mediazione si esprime netta contrarierà per un ritorno “secco” all’obbligatorietà, ricordando che la giustizia convenzionale per costituire alternativa alla giurisdizione effettiva e rispettosa dei diritti delle parti non può che essere volontaria. E si rimette al Parlamento e alla legge ordinaria un intervento di più ampio respiro sull’istituto.
Nella seconda parte del Dossier si analizzano la norme in materia di impresa (indennizzo da ritardo nel processo amministrativo-zone a “burocrazia zero”- il foro per le società con sede all’estero-le modifiche al concordato preventivo).
Soprattutto con riguardo a quest’ultimo tema, il Dossier ritiene apprezzabili le modifiche introdotte alla luce della verifica del rischio “dilatorio” del concordato in bianco, già segnalato, e sottolinea la necessità che nella redazione dei necessari documenti sia imprescindibile l’apporto degli avvocati, come “filtro” alle reali esigenze dell’impresa debitrice.
Più in generale, nella materia della gestione della crisi di impresa, l’US suggerisce un ripensamento della filosofia di fondo che negli ultimi interventi ha indebolito le ragioni del creditore in misura tale da rischiare un boomerang per l’accesso al credito delle aziende. 

CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ufficio studi

IL DECRETO LEGGE DEL “FARE”*
DECRETO LEGGE 21 GIUGNO 2013, N. 69, RECANTE
DISPOSIZIONI URGENTI PER IL RILANCIO DELL’ECONOMIA

con allegato il testo coordinato con gli emendamenti approvati
durante i lavori di conversione in legge

Dossier di documentazione e analisi n° 6/2013
con tabelle sinottiche e testi coordinati
a cura dell’Ufficio studi del Consiglio nazionale forense

SOMMARIO

PARTE I – DISPOSIZIONI IN MATERIA DI GIUSTIZIA CIVILE ......................................... 1
1. Premessa. Rilievi generali e profili costituzionali. .................................................................. 1
2. Giudici ausiliari (artt. 62-72). .................................................................................................. 4
3. Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari (art. 73). ....................................................... 11
4. Magistrati assistenti di studio della Corte suprema di cassazione (art. 74). .......................... 14
5. Misure processuali (artt. 75-79) e modifiche all’ordinamento giudiziario (art. 81) .............. 17
5.1 Intervento del Pubblico Ministero nei giudizi civili dinanzi alla Corte di cassazione (art.
75) e modifiche all’ordinamento giudiziario (art. 81). ........................................................... 17
5.2 Divisione a domanda congiunta demandata al notaio (art. 76). ....................................... 20
5.3 Conciliazione giudiziale (art. 77). .................................................................................... 22
5.4 Misure per la tutela del credito (art. 78)........................................................................... 24
5.5 Semplificazione della motivazione della sentenza civile ................................................. 26
6. Altre misure per il funzionamento dei servizi di giustizia: modifiche alla disciplina
dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato (art. 83). ...... 27
7. Misure in materia di mediazione civile e commerciale (art. 84). .......................................... 29
* Il presente dossier è stato realizzato da Giuseppe Colavitti (coordinamento), Gianluca Bertolotti, Marina Chiarelli, Riccardo Maria Cremonini, Stefania Gentile, Silvia Izzo, Francesca Mesiti, Angelo Schillaci e Cecilia Zoppé.

PARTE II – DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DIRITTO D’IMPRESA ................................. 37
8. Indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento (art. 28). ..................................... 37
9. Zone a burocrazia zero (art. 37). ............................................................................................ 40
10. Foro delle società con sede all’estero (art. 80). .................................................................... 44
11. Disposizioni in materia di concordato preventivo: considerazioni sul c.d. concordato “in
bianco” e sulla disciplina in tema di crisi d’impresa (art. 82). ................................................... 46
PARTE III – ALTRE DISPOSIZIONI DI INTERESSE ............................................................. 49
12. Semplificazione del procedimento per l’acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia (art. 33).............................................................................................................................. 49
13. Proroga e differimento di termini in materia di spending review (art. 49) .......................... 50
ALLEGATI ...................................................................................................................................... 52
Testo coordinato del DL 69/2013 con gli emendamenti approvati durante i lavori di conversione in legge ................................................................................................................. 52
Parere del Consiglio Nazionale Forense sul decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 depositato presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, in occasione dell’audizione del 3 luglio 2013 ................................................................................................................................. 70
Parere della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, del 9 luglio 2013 sul disegno di legge as1248, di conversione del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 ................... 84
Elenco Dossier pubblicati dall’Ufficio Studi al 15 luglio 2013 ............................................... 101
Composizione Ufficio studi ..................................................................................................... 104

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PARTE I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI GIUSTIZIA CIVILE

1. Premessa. Rilievi generali e profili costituzionali.
Il d.l. n. 69/2013, al titolo III, contiene molteplici disposizioni in materia di giustizia; si tratta di norme che incidono sia sull’ordinamento giudiziario, sia sul codice di rito, sia, infine, sulla legislazione speciale asseritamente accomunate dal riferimento al recupero di «efficienza del sistema giudiziario» e dalla «definizione del contenzioso civile» (sic!).
Prima di analizzarle singolarmente nello specifico, appare necessario svolgere alcune considerazioni relative alla fonte ed in particolare al ricorso, nella materia de qua – specie con riferimento alle innovazioni in tema di organizzazione giudiziaria – al decreto legge. Come noto, infatti, la materia dell’ordinamento giudiziario è soggetta, giusta gli artt. 102 e 108 Cost., ad una riserva di legge. Tale riserva, in particolare, affonda le proprie radici nel principio di separazione dei poteri e segnatamente nell’esigenza – ad esso correlata – di mettere l’organizzazione del potere giudiziario al riparo da interventi del potere esecutivo. Da simili considerazioni emerge un profilo di dubbia legittimità costituzionale del provvedimento, in quanto la statuizione delle norme in esso contenute è stata effettuata mediante il ricorso alla decretazione d’urgenza; in ogni caso è evidente la sua grave inopportunità sul piano degli equilibri degli assetti costituzionali, come ribadito anche dal Parere della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, reso il 9 luglio 2013 in sede consultiva, nell’ambito dei lavori di conversione del decreto (vedi l’Allegato al presente dossier).
Considerazioni in parte analoghe valgono per quelle disposizioni del Titolo III del Decreto che, recando modifiche al diritto processuale – segnatamente con riferimento alle modalità di accesso al processo civile, con la reintroduzione dell’obbligatorietà della mediazione – intervengono incisivamente sulla tutela del diritto costituzionale alla difesa in giudizio. Benché il Decreto legge sia idoneo, almeno in astratto, a soddisfare la riserva di legge in materia di limitazioni a diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, il suo utilizzo desta notevoli perplessità, relative in particolare alla circostanza che l’adozione del Decreto legge, e i rapidi tempi del procedimento parlamentare di conversione non sono idonei a garantire un’adeguata discussione e ponderazione degli interessi in conflitto.
1.1. Sugli artt. 80, comma 5 e 84, comma 2 (differimento dell’applicabilità di talune innovazioni apportate dal Decreto). In ogni caso, anche a voler ritenere ammissibile in materia il ricorso alla decretazione d’urgenza, gravi perplessità sorgono in merito alla ravvisabilità dei presupposti di necessità ed urgenza di cui all’art. 77 Cost.

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 La mancanza di essi, peraltro, è confermata da talune disposizioni del Decreto in esame (segnatamente, gli artt. 80, comma 5 e 84, comma 2), che differisce l’applicabilità delle innovazioni ivi contenute – relative alla nuova competenza territoriale inderogabile per le controversie di cui sia parte una società avente sede all’estero e alla reintroduzione dell’obbligatorietà della mediazione – al trentesimo giorno successivo alla sua entrata in vigore, con ciò implicitamente confermando l’insussistenza della straordinaria necessità e urgenza dell’intervento normativo.
Oltre a rappresentare un significativo segnale dell’insussistenza dei requisiti di cui all’art. 77, comma 2, della Costituzione, l’incongruenza appena segnalata vale a confermare l’assoluta irragionevolezza del ricorso, in una materia complessa come quella processuale, allo strumento della decretazione d’urgenza. Il differimento dell’applicabilità di disposizioni contenute in Decreti legge rappresenta una palese violazione della ratio costituzionale dell’istituto della decretazione d’urgenza, destinato a coprire interventi straordinari dettati dallo stato di necessità e non a recare innovazioni sistematiche di largo respiro, per loro natura comportanti un – più o meno lungo – periodo di “assorbimento”, che può tradursi nel differimento dell’applicazione delle disposizioni recanti le innovazioni.
È appena il caso di osservare, peraltro, che l’insussistenza dei requisiti, lungi dall’essere sanata dall’intervento della legge di conversione, si traduce – secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale – in vizio della medesima, censurabile nel giudizio di legittimità costituzionale (cfr. da ultimo, Corte cost. sent. n. 171/2007).
1.2. Contraddittorietà interna del provvedimento. Inoltre, appare opportuno rilevare la contraddittorietà interna che caratterizza le misure in materia di giustizia. Sulla scorta della premessa dello stato di affanno della giustizia civile si prevedono a) un reclutamento straordinario di figure professionali che agevolino il magistrato nel suo compito quotidiano; b) una riallocazione delle risorse esistenti che comporta una massiccia riduzione della presenza del P.M. nel giudizio di cassazione. Tuttavia, nello stesso provvedimento: c) si prevede l’impegno dei magistrati in servizio nelle commissioni di abilitazione alla professione forense; d) si destinano (senza peraltro definire, come rilevato dal Servizio studi della Camera dei deputati (3 luglio 2013), lo stato giuridico, la modalità e la tempistica di tale destinazione) un certo numero di magistrati ordinari alla funzione di assistenti di studio dei giudici di cassazione. Se mai vi fosse un recupero di efficienza per quest’ultima Corte, di certo sarebbe ampiamente neutralizzato dalla corrispondente perdita di efficienza dell’ufficio giudiziario di provenienza. Si tratta, dunque e nel complesso, di un intervento “cosmetico” che, come rilevato anche dal Presidente Santacroce nell’audizione presso la Commissione giustizia della Camera del 3 luglio u.s., costituisce “un rilevante successo politico” ma difficilmente ci si potrà “attendere un realistico effetto deflattivo delle cause ordinarie pendenti davanti ai giudici di merito”. Come rilevato dal dossier di analisi del Servizio studi della Camera, infatti, «Il provvedimento si contraddistingue per la genericità di molte delle disposizioni [...] e nella presenza di: 1. un numero elevato di norme prive di portata normativa, in quanto meramente descrittive; 2. rinvii generici alla normativa vigente (risultando così difficilmente individuabile la

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disciplina oggetto del rinvio); 3. clausole abrogative generiche; 4. deroghe implicite [...]; 5. «disposizioni avulse da un idoneo tessuto normativo». La circostanza, esecrabile in qualsiasi provvedimento legislativo, lo è vieppiù in un decreto legge, ovvero in un atto promanante da un organo “tecnico” come il Governo.
1.3. Proposte alternative dell’Avvocatura. A fronte dell’insufficienza degli interventi apprestati dal Governo per far fronte allo stato di affanno della giustizia civile, il CNF, responsabilmente, ha proposto soluzioni alternative. La proposta dell’Avvocatura risponde alla convinzione che l’obiettivo di restituire efficienza alla giurisdizione va perseguito in primo luogo attraverso un organico progetto di aumento della capacità di risposta del sistema. Il recupero di efficienza va realizzato anche attraverso la predisposizione di valide alternative al ricorso alla giurisdizione, capaci di coniugare qualità, efficienza e costi calmierati. Si propone così la disciplina delle Camere arbitrali dell’Avvocatura, in conformità con la previsione dell’art. 39, comma 1, lett. n), della legge n. 247/2012.
Si tratta di organismi costituiti presso ciascun Ordine degli Avvocati, al fine di amministrare arbitrati rituali mediante arbitro unico o, su richiesta delle parti, apposito collegio. La Camera è composta dai membri del Consiglio dell’Ordine, con il compito di tenere ed aggiornare l’elenco degli arbitri, oltre che assegnare gli incarichi: per la definizione dei requisiti per l’iscrizione nell’elenco e dei criteri per l’assegnazione degli incarichi è previsto apposito Regolamento ministeriale, da adottarsi previo parere del C.N.F.
Particolarmente significativi, anzitutto, i poteri attribuiti alla Camera arbitrale per ciò che riguarda la competenza a concedere decreto ingiuntivo per le cause di valore inferiore o uguale a 100.000 Euro e a decidere del relativo giudizio di opposizione, sempre previo accordo delle parti.
Altrettanto rilevante, proprio con riguardo al problema della gestione del contenzioso arretrato, pare la previsione relativa alla possibilità – per il giudice di primo grado – di disporre, su richiesta delle parti, la prosecuzione del giudizio dinanzi alla competente Camera arbitrale dell’Avvocatura.
Una seconda proposta, che si colloca anch’essa sul piano dei meccanismi di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione, riguarda l’introduzione di una procedura di negoziazione assistita da un avvocato. Tale procedura si fonda sull’accordo tra le parti – che non abbiano ancora agito in giudizio – di cooperare con buona fede e lealtà per risolvere in via amichevole il conflitto o la controversia tramite l’assistenza dei propri legali: sono escluse le controversie in tema di diritti indisponibili e le controversie alla risoluzione del rapporto di lavoro dipendente, alla certificazione dei contratti di lavoro e alla materia previdenziale; viene altresì fatta salva l’instaurazione – pur in pendenza di procedura di negoziazione assistita – dei procedimenti cautelari o urgenti. L’accordo raggiunto tra le parti può essere omologato dal giudice. In caso di mancato accordo e successiva azione in giudizio, le parti saranno dispensate dall’esperire il tentativo di conciliazione o la mediazione obbligatoria.

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2. Giudici ausiliari (artt. 62-72).
Art. 62
(Finalità e ambito di applicazione)
1. Al fine di agevolare la definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavoro e previdenza, secondo le priorità individuate dai presidenti delle Corti di appello con i programmi previsti dall'articolo 37, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, si applicano le disposizioni del presente capo.
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano ai procedimenti trattati dalla Corte di appello in unico grado.
Art. 63
(Giudici ausiliari)
1. Ai fini di quanto previsto dall'articolo 62 si procede alla nomina di giudici ausiliari nel numero massimo di quattrocento.
2. I giudici ausiliari sono nominati con apposito decreto del Ministro della giustizia, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta formulata dal consiglio giudiziario territorialmente competente nella composizione integrata a norma dell'articolo 16 del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25. Ai fini della formulazione della proposta i consigli giudiziari, nel caso di cui al comma 3, lettera d), acquisiscono il parere del Consiglio dell'ordine cui è iscritto, ovvero cui è stato iscritto negli ultimi cinque anni, il candidato. Ai fini della formulazione della proposta i consigli giudiziari, nel caso di cui al comma 3, lettera e), acquisiscono il parere del Consiglio notarile cui è iscritto, ovvero è stato iscritto negli ultimi cinque anni, il candidato.
3. Possono essere chiamati all'ufficio di giudice ausiliario:
a) i magistrati ordinari, contabili e amministrativi e gli avvocati dello Stato, a riposo;
b) i professori universitari in materie giuridiche di prima e seconda fascia anche a tempo definito o a riposo;
c) i ricercatori universitari in materie giuridiche;
d) gli avvocati, anche se a riposo;
e) i notai, anche se a riposo.
Art. 64
(Requisiti per la nomina)
1. Per la nomina a giudice ausiliario sono richiesti i seguenti requisiti:
a) essere cittadino italiano;
b) avere l'esercizio dei diritti civili e politici;
c) non aver riportato condanne per delitti non colposi;
d) non essere stato sottoposto a misura di prevenzione o di sicurezza;
e) avere idoneità fisica e psichica;
f) non avere precedenti disciplinari diversi dalla sanzione più lieve prevista dai rispettivi ordinamenti.
2. Nei casi di cui all'articolo 63, comma 3, lettere a) e b), al momento della presentazione della domanda il candidato non deve aver compiuto i settantacinque anni di età.
3. Nel caso di cui all'articolo 63, comma 3, lettere d) ed e), al momento della presentazione della domanda il candidato deve essere stato iscritto all'albo per un periodo non inferiore a cinque anni e non aver compiuto i sessanta anni di età.
4. Per la nomina a giudice ausiliario in relazione ai posti previsti per il circondario di Bolzano è richiesta anche una adeguata conoscenza delle lingua italiana e tedesca. Si osserva altresì il principio di cui all'articolo 8, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni.
5. Non possono essere nominati giudici ausiliari:
a) i membri del Parlamento nazionale ed europeo, i deputati e i consiglieri regionali, i membri del Governo, i presidenti delle regioni e delle province, i membri delle giunte regionali e provinciali;
b) i sindaci, gli assessori comunali, i consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali;
c) gli ecclesiastici e i ministri di culto;
d) coloro che ricoprano incarichi direttivi o esecutivi nei partiti politici.

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Art. 65
(Pianta organica dei giudici ausiliari. Domande per la nomina a giudici ausiliari)
1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del ministero della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, è determinata la pianta organica ad esaurimento dei giudici ausiliari, con l'indicazione dei posti disponibili presso ciascuna Corte di appello, assegnando ai soggetti di cui all'articolo 63, comma 3, lettera a), un numero di posti non superiore al dieci per cento dei posti di giudice ausiliario previsti presso ciascuna Corte di appello. In ogni caso le nomine dei soggetti di all'articolo 63, comma 3, lettera a), non possono superare complessivamente il numero di quaranta.
2. Con il medesimo decreto sono determinate le modalità e i termini di presentazione della domanda per la nomina a giudice ausiliario nonché i criteri di priorità nella nomina. E' riconosciuta preferenza ai fini della nomina agli avvocati iscritti all'albo. A parità di titoli sono prioritariamente nominati coloro che abbiano maturato la maggiore anzianità di servizio o di esercizio della professione. Della pubblicazione del decreto è dato avviso sul sito internet del Ministero della giustizia.
3. Le domande dei candidati sono trasmesse, senza ritardo, al consiglio giudiziario che formula le proposte motivate di nomina, indicando, ove possibile, una rosa di nomi pari al doppio dei posti previsti in pianta organica per ciascun ufficio giudiziario e redigendo la graduatoria.
4. Il presidente della Corte di appello assegna i giudici ausiliari alle diverse sezioni dell'ufficio.
Art. 66
(Presa di possesso)
1. Il giudice ausiliario prende possesso dell'ufficio entro il termine indicato nel decreto di nomina previsto dall'articolo 63, comma 2, ed è assegnato con apposito provvedimento del presidente della Corte di appello a norma dell'articolo 65, comma 4.
Art. 67
(Durata dell'ufficio)
1. La nomina a giudice ausiliario ha durata di cinque anni e può essere prorogata per non più di cinque anni.
2. La proroga è disposta con le modalità di cui all'articolo 63, comma 2.
3. Il giudice ausiliario cessa dall'incarico al compimento del settantottesimo anno di età e nelle ipotesi di decadenza, dimissioni, revoca e mancata conferma a norma dell'articolo 71.
Art. 68
(Collegi e provvedimenti. Monitoraggio)
1. Del collegio giudicante non può far parte più di un giudice ausiliario.
2. Il giudice ausiliario deve definire, nel collegio in cui è relatore e a norma dell'articolo 72, comma 2, almeno novanta procedimenti per anno.
3. Con cadenza semestrale il ministero della giustizia provvede al monitoraggio dell' attività svolta dai giudici ausiliari al fine di rilevare il rispetto degli standard produttivi ed il conseguimento degli obiettivi fissati dal presente capo.
Art. 69
(Incompatibilità ed ineleggibilità)
1. Al giudice ausiliario si applica la disciplina delle incompatibilità e delle ineleggibilità prevista per i magistrati ordinari.
2. Il giudice ausiliario, nominato tra i candidati di cui all'articolo 63, comma 3, lettera d), non può svolgere le funzioni presso la corte di appello nel cui distretto ha sede il consiglio dell'ordine cui era iscritto al momento della nomina o nei cinque anni precedenti.
3. Gli avvocati che svolgono le funzioni di giudice ausiliario non possono esercitare la professione dinanzi agli uffici giudiziari del distretto di Corte di appello in cui svolgono le funzioni, e non possono rappresentare, assistere o difendere anche nei successivi gradi di giudizio.
4. Gli avvocati che svolgono le funzioni di giudice ausiliario non possono rappresentare, assistere o difendere, anche presso uffici di altri distretti di corte d'appello, le parti di procedimenti in relazione ai quali hanno svolto le funzioni.

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Art. 70
(Astensione e ricusazione)
1. Il giudice ausiliario ha l'obbligo di astenersi e può essere ricusato a norma dell'articolo 52 del codice di procedura civile, oltre che nei casi previsti dall'articolo 51, primo comma, del medesimo codice, quando è stato associato o comunque collegato, anche mediante il coniuge, i parenti o altre persone, con lo studio professionale di cui ha fatto o fa parte il difensore di una delle parti.
2. Il giudice ausiliario ha altresì l'obbligo di astenersi e può essere ricusato quando ha in precedenza assistito nella qualità di avvocato una delle parti in causa o uno dei difensori ovvero ha svolto attività professionale nella qualità di notaio per una delle parti in causa o uno dei difensori.
Art. 71
(Decadenza, dimissioni, mancata conferma e revoca)
1. I giudici ausiliari cessano dall'ufficio quando decadono perché viene meno taluno dei requisiti per la nomina, in caso di revoca e di dimissioni, in caso di mancata conferma annuale ovvero quando sussiste una causa di incompatibilità.
2. Entro trenta giorni dal compimento di ciascun anno dalla nomina, il consiglio giudiziario in composizione integrata verifica che il giudice ausiliario ha definito il numero minimo di procedimenti di cui all'articolo 68, comma 2, propone al Consiglio superiore della magistratura la sua conferma o, in mancanza e previo contraddittorio, la dichiarazione di mancata conferma.
3. In ogni momento il presidente della corte di appello propone motivatamente al consiglio giudiziario la revoca del giudice ausiliario che non è in grado di svolgere diligentemente e proficuamente il proprio incarico.
4. Nei casi di cui al comma 3 il consiglio giudiziario in composizione integrata, sentito l'interessato e verificata la fondatezza della proposta, la trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente ad un parere motivato.
5. I provvedimenti di cessazione sono adottati con decreto del Ministro della giustizia su deliberazione del Consiglio superiore della magistratura.
Art. 72
(Stato giuridico e indennità)
1. I giudici ausiliari acquisiscono lo stato giuridico di magistrati onorari.
2. Ai giudici ausiliari è attribuita un'indennità onnicomprensiva, da corrispondere ogni tre mesi, di duecento euro per ogni provvedimento che definisce il processo, anche in parte o nei confronti di alcune delle parti, a norma dell'articolo 68, comma 2.
3. L'indennità annua complessiva non può superare, in ogni caso, la somma di ventimila euro e sulla stessa non sono dovuti contributi previdenziali.
4. L'indennità prevista dal presente articolo è cumulabile con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati.
Il capo I del titolo III del decreto reca misure organizzative di carattere straordinario, volte ad incentivare l’efficienza del sistema giudiziario, introducendo la nuova figura dei «giudici ausiliari», magistrati onorari in numero massimo di 400 unità, destinati ad integrare i collegi civili delle Corti d’appello per contribuire alla riduzione del contenzioso civile pendente.
A giustificare l’intervento in via di decretazione d’urgenza si invocano le critiche provenienti dalla Banca mondiale in merito all’eccessiva durata di procedimenti, unitamente all’aggravamento delle pendenze presso gli uffici giudiziari civili, situazione che ha determinato il proliferarsi di giudizi risarcitori per la violazione dei termini di ragionevole durata del processo, anch’essi gravanti sulle Corti d’appello. Di qui l’intervento sul sistema giudiziario, in primo luogo attraverso misure di carattere organizzativo, con l’introduzione di nuovi magistrati onorari, attraverso una pianta organica ad esaurimento.

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La figura del giudice onorario, in realtà, non risulta affatto estranea al sistema della giustizia civile: l’art. 106, comma 2 Cost., consente la possibilità di affidare a magistrati onorari (anche di nomina elettiva) le funzioni attribuite a giudici singoli; di qui il giudice conciliatore, sostituito poi con la legge 374/1991 dal giudice di pace; nonché, in particolare, la legge 276/1997, che istituiva apposite sezioni stralcio, cui assegnare 1.000 giudici onorari (c.d. aggregati, i Goa) reclutati in via straordinaria per affrontare l’arretrato civile pendente presso i tribunali mediante un procedimento specifico, utilizzando il rito delle vecchie cause, in collegi composti da un giudice togato e da almeno due giudici onorari aggregati. L’esperienza, che doveva concludersi entro cinque anni, si è in realtà protratta per un periodo di gran lunga più ampio (sino al 31 dicembre 2006), ed un costo notevolmente superiore a quello inizialmente previsto.
L’art. 62 del decreto inquadra l’ambito di applicazione e la finalità della nuova disciplina, qualificando il giudice ausiliario in chiave di integrazione della composizione dei collegi civili delle Corti d’appello, al fine di contribuire allo smaltimento dell’arretrato, contribuendo alla realizzazione dei programmi annuali per la gestione dei procedimenti di cui all’art. 37 del d.l. 98/2011.
2 Vengono escluse dalla cognizione dei giudici ausiliari i procedimenti trattati in unico grado dalla Corte d’appello (quali, ad esempio, quelli di equa riparazione per eccessiva durata del procedimento, le controversie elettorali e così via) per ragioni di opportunità, ritenendo preferibile la scelta in favore del giudice professionale in mancanza di un provvedimento da impugnare Il numero massimo dei giudici ausiliari è fissato in 400 unità dall’art. 63, cifra idonea ad assicurare la definizione di circa 36.000 procedimenti all’anno, considerato l’obbligo introdotto dall’art. 68, comma 2 di definire almeno 90 procedimenti all’anno. Viene disciplinato il procedimento di nomina, affidato ad un decreto del Ministro della giustizia, sulla base di una delibera del CSM, adottata su proposta del Consiglio giudiziario competente per territorio, in composizione allargata ai componenti laici, ai sensi dell’art. 16 d.lgs. 25/2006, nonché acquisito il parere del competente consiglio dell’ordine forense o notarile, qualora si tratti di nominare avvocati o notai. La disposizione individua le categorie di soggetti che possono essere nominate giudici ausiliari, ricalcando le disposizioni della legge 276/1997 istitutiva delle c.d. sezioni stralcio: magistrati ed avvocati dello Stato a riposo, professori universitari e ricercatori in materie giuridiche, avvocati e notai anche se a riposo.
Per quanto concerne i requisiti per la nomina, l’art. 64 sembra riprodurre quanto già previsto dagli artt. 42-ter e 42-quater del R.D. 12/1941 sull’ordinamento giudiziario (cittadinanza, esercizio dei diritti civili e politici, assenza di condanne per delitti non colposi nonché di misure di sicurezza e prevenzione, assenza di precedenti disciplinari superiori alla sanzione più lieve, incarichi che escludono la possibilità di essere nominati giudici ausiliari). Curiosa risulta la

2 Tale disposizione prevede che i capi degli uffici giudiziari redigano dei programmi annuali per determinare gli obiettivi di riduzione delle pendenze e di rendimento degli uffici, assegnando priorità nella trattazione dei procedimenti alla stregua di criteri oggettivi, tra i quali rilievo primario assume la durata della causa.

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previsione relativa al requisito anagrafico di cui al comma 2, ove si stabilisce un limite di età per magistrati a riposo e professori universitari pari a 75 anni e, al comma 3, tale limite viene inspiegabilmente ridotto per avvocati e notai a 60 anni. Sempre in relazione ai liberi professionisti, avvocati e notai, viene richiesta l’iscrizione al relativo albo da almeno cinque anni, quale indice sintomatico di adeguata esperienza professionale. Allo stesso tempo, si dettano disposizioni particolari per il circondario di Bolzano, in modo da garantire le minoranze linguistiche ed un’adeguata competenza.
La pianta organica ad esaurimento dei giudici ausiliari, con l’indicazione dei posti disponibili presso ciascuna Corte d’appello, sarà determinata in forza dell’art. 65 con decreto del Ministero della giustizia, sentito il CSM, entro due mesi dall’entrata in vigore del decreto (ovvero entro il 22 agosto p.v.); lo stesso decreto dovrà prevedere modalità e termini di presentazione della domanda per la nomina a giudice ausiliario nonché i criteri di priorità, ferma la preferenza espressa in favore degli avvocati iscritti all’albo ovvero di chi abbia raggiunto la maggiore anzianità di esercizio professionale a parità di titoli. Si prevede altresì un limite numerico per la nomina di magistrati ed avvocati dello Stato (non superiori a 40 né al 10% dei posti previsti presso ciascuna Corte d’appello). Viene rimesso al Consiglio giudiziario il compito di formulare proposte di nomina, indicando una rosa di nomi pari al doppio dei posti previsti in pianta organica, una volta acquisito il parere del competente consiglio dell’ordine forense o notarile per avvocati o notai, redigendo una graduatoria (comma 3); una volta nominati, e preso possesso dell’ufficio entro il termine indicato dal decreto (art. 66), sarà il presidente della Corte d’appello ad assegnarli alle diverse sezioni (comma 4).
Il carattere di straordinarietà della misura risulta confermato dall’art. 67, ove si dispone comporta la temporaneità dell’ufficio in quanto la nomina ha la durata di cinque anni, prorogabile per un periodo non superiore ad altri cinque, e dispone la cessazione dall’incarico al compimento di 78 anni ovvero in caso decadenza, dimissioni, revoca e mancata conferma.
A differenza di quanto disposto nella legge 276/1997 sulle sezioni stralcio, l’art. 68 prevede che del collegio giudicante non possa far parte più di un giudice ausiliario, al fine di garantire la presenza di una maggioranza di giudici togati e professionali. Viene introdotto al secondo comma un criterio standard di efficienza da rispettare, pari alla definizione di almeno 90 procedimenti per anno; viene infine affidato al Ministero il monitoraggio con cadenza semestrale del rispetto degli standard produttivi e degli obiettivi fissati (comma 3).
L’art. 69 prevede l’applicazione della disciplina dell’incompatibilità ed ineleggibilità stabilita per i magistrati ordinari (artt. 16-18 R.D. 12/1941; art. 8 TU 361/1957; art. 60, co. 1, n. 6 TU 267/2000) anche ai giudici ausiliari. Sono previste specifiche ulteriori ipotesi di incompatibilità per l’esercizio delle funzioni di giudice ausiliario nominato tra gli avvocati, al fine di evitare possibili conflitti di interessi, escludendo la possibilità che l’avvocato possa svolgere le funzioni nella Corte presso il cui distretto risultava iscritto, così come esercitare la professione dinanzi agli uffici del distretto ove svolge la funzione di giudice ausiliario. La stessa ratio viene seguita in tema

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di astensione e ricusazione (art. 70), ove alle ordinarie ipotesi di cui all’art. 51, comma 1 c.p.c., si aggiungono ulteriori casi specifici, in relazione all’attività professionale svolta (associazione o collegamento con il difensore di una delle parti in causa, aver svolto in passato attività professionale per una delle parti in causa). Vengono regolate le ipotesi di cessazione dall’ufficio: la decadenza, qualora vengano meno i requisiti per la nomina ovvero in caso di revoca decisa dal Consiglio giudiziario competente; le dimissioni; la mancata conferma in caso di mancato raggiungimento degli standard di definizione di 90 procedimenti annuali (è il Consiglio giudiziario a procedere a verifica annuale, proponendo al CSM la conferma o meno del magistrato onorario); la revoca, su proposta motivata del presidente della Corte d’appello al Consiglio giudiziario, che sentito l’interessato formula un parere al CSM che delibera la revoca, poi resa effettiva con decreto del Ministro.
I giudici ausiliari,. a norma dell’art. 72, acquisiscono lo stato giuridico di magistrati onorari.
La loro indennità viene fissata in 200 euro, quale onnicomprensiva e da corrispondersi con cadenza trimestrale, per ogni provvedimento che definisce il processo, anche parzialmente su alcune domande o rispetto ad alcune parti. Allo stesso tempo, viene fissato un tetto massimo di 20.000 euro annui, cumulabili con la percezione di trattamenti pensionistici o di quiescenza, considerato altresì che viene espressamente esclusa la spettanza di contributi previdenziali. La legge 276/1997, al contrario, prevedeva espressamente il diritto dei GOA delle sezioni stralcio ai contributi previdenziali; si è preferito seguire la strada già intrapresa per i Giudici di pace e per i GOT, escludendo la copertura previdenziale
L’esame complessivo delle disposizioni del capo I consente di rilevare che l’impiego di nuove figure di magistrati onorari non sembra destinato a spiegare l’efficacia sperata: trattasi, in realtà, di un intervento più “cosmetico” che effettivamente capace di contribuire alla risoluzione dell’eccessivo carico dei ruoli giudiziari civili. Il reclutamento di 400 unità di professionisti del diritto, infatti, unitamente alla previsione di un compenso commisurato unicamente ai provvedimenti adottati, lascia trasparire come la misura sia destinata a costituire un mero palliativo rispetto all’elevatissimo numero di pendenze che, pur nell’opacità dei dati, pare superare le 400.000 presso le Corti d’appello. Rimedio palliativo che, peraltro, risulta oltremodo oneroso per lo Stato, tenuto a retribuire – seppure simbolicamente, in quanto la cifra di 200 euro per ogni provvedimento non risulta affatto remunerativa – i professionisti impiegati come giudici ausiliari. I rilevanti oneri finanziari, previsti dall’art. 85, comma 1 (quantificati in 4.850.000 per il 2013 e 8.000.000 a decorrere dall’anno 2014, sino all’anno 2024) sono determinati assumendo la corresponsione dell’indennità nella misura massima, pari a 20.000 euro: tali oneri, pertanto, servirebbero a finanziare l’adozione di 36.000 provvedimenti (definitivi ma, tuttavia, anche parzialmente); non sembra, pertanto, che possa trattarsi di una misura sufficiente a contribuire in modo effettivo allo smaltimento dell’arretrato.
Si aggiunga peraltro la considerazione che, come già accennato, il reclutamento di giudici onorari è fenomeno già ampiamente conosciuto dalla legislazione italiana: nonostante gli effetti

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positivi ottenuti in taluni casi, non possono tacersi i problematici profili di stabilizzazione del personale impiegato, ormai da decenni, nel servizio giustizia, senza essere inquadrato nei ruoli dell’ordinamento giudiziario. Basti pensare alla precaria condizione dei magistrati onorari (giudici di pace, Got e Vpo), il cui incarico viene, di fatto, prorogato di anno in anno, anche dopo la scadenza del mandato, nonché alla mancata copertura previdenziale, ad intero carico del professionista chiamato a svolgere la funzione. Non a caso, in Parlamento pende da diverso tempo l’esame di ben quattro disegni di legge sulla riforma della magistratura onoraria (AS 127; 2080; 897e 2359), volti alla risoluzione di tali delicati ulteriori profili.
La previsione risulterebbe, dunque, superflua ai fini di un effettivo smaltimento dell’arretrato civile presso i giudici del gravame di merito. Sicuramente più positiva ed efficace risulterebbe un progetto più organico di aumento della capacità di risposta del sistema, da attuarsi non attraverso la penalizzazione della domanda di giustizia (rimedio ormai destinato a fare cassa e finanziare, almeno in parte, anche la nuova figura dei giudici ausiliari, nonché a premiare la produttività di uffici già efficienti, a discapito di quelli ove l’arretrato non risulta ancora efficacemente gestito), ma attraverso un coordinamento degli strumenti a disposizione, eliminando le sacche di improduttività, promuovendo la diffusione del processo civile telematico e riformando in maniera organica la magistratura onoraria. Allo stesso tempo, occorre prevedere alternative valide rispetto al ricorso alla giurisdizione, capaci di coniugare qualità, efficienza e costi calmierati.
Si propone così la disciplina delle Camere arbitrali dell’Avvocatura, in conformità con la previsione dell’art. 39, comma 1, lett. n), della legge n. 247/2012, con la previsione dell’attribuzione di funzioni in materia di decreti ingiuntivi e di opposizione ai decreto ingiuntivi, nonché della possibilità di trasferire agli arbitrati da esse amministrati controversie pendenti in primo grado dinanzi all’Autorità Giudiziaria.
In ogni caso, affinché la disciplina introdotta possa realizzare le finalità di cui all’art. 62, appare necessario quantomeno apportare taluni correttivi all’impianto predisposto.
In primo luogo, occorrerebbe prevedere criteri più dettagliati e specifici all’art. 62, ai fini della determinazione dei giudizi ai quali destinare l’intervento dei giudici ausiliari: il riferimento ai programmi per la gestione delle pendenze, redatti dai presidenti delle Corti d’appello, non sembra infatti sufficiente ad evitare che tali figure vengano utilizzate per le cause di nuova introduzione.
L’art. 37 d.l. 98/2011, infatti, con il riferimento alla durata della causa, impone di tenere conto anche della durata del giudizio di primo grado, prevedendo una sorta di totalizzazione del periodo di pendenza; risulterebbe preferibile, tuttavia, limitare l’utilizzo al contenzioso cd. “arretrato”, in modo da contribuire ad una più celere risoluzione delle pendenze, particolarmente quelle giacenti in sede di gravame da tempo maggiore. Potrebbe precisarsi, ad esempio, che i giudici ausiliari vengano impiegati per la decisione delle cause pendenti in grado d’appello da più di 18 mesi, nonché per quelle cause per le quali sia già stata fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni.

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Allo stesso tempo, come si è esclusa la competenza in relazione ai giudizi di competenza della Corte d’appello in grado unico, risulterebbe preferibile escludere la competenza dei giudici ausiliari qualora la sentenza in primo grado sia stata resa da un giudice onorario: ragioni di opportunità, infatti, richiedono che almeno in un grado di giudizio la questione sia delibata compiutamente da un magistrato professionale.
Per quanto concerne i soggetti che possono essere chiamati all’ufficio di giudice ausiliario, occorrerebbe, in primo luogo, prevedere un limite temporale per l’impiego di professionisti ed operatori del diritto dal momento del collocamento a riposo ovvero dalla cancellazione dall’albo, al fine di non impiegare nelle funzioni giudicanti giuristi che si siano allontanati troppo dalla pratica del diritto e dalle aule di giustizia. Allo stesso tempo, appare necessario uniformare, come già anticipato, i requisiti anagrafici di cui all’art. 64, commi 2-3, elevando l’età per tutte le categorie a 75 anni, non sussistendo ragioni di prevedere disposizioni differenti per magistrati, notai ed avvocati. Potrebbe semmai incentivarsi la partecipazione dei giovani professionisti, pur nel rispetto della professionalità e competenza richieste per lo svolgimento dell’ufficio.
Allo stesso tempo, appare necessario garantire la competenza dei giudici ausiliari, indipendentemente dalla categoria di appartenenza. A tal uopo, sarebbe utile consentire ai Consigli giudiziari la selezione dei profili curricolari che presentino maggiori garanzie di professionalità e competenza (artt. 64 e 65), in base all’attività professionale svolta ed alle specifiche competenze professionali maturate.
Occorre prevedere, inoltre, l’estensione delle specifiche ipotesi di incompatibilità di cui all’art. 69, previste per gli avvocati, anche in relazione ai professionisti nominati tra i notai, al fine di garantire la medesima esigenza perché si eviti un potenziale rischio di conflitto di interessi con le parti del giudizio.
3. Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari (art. 73).
Art. 73
(Formazione presso gli uffici giudiziari)
1. I laureati in giurisprudenza all'esito di un corso di durata almeno quadriennale, in possesso dei requisiti di onorabilità' di cui all'articolo 42-ter, secondo comma, lettera g), del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, che abbiano riportato una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, un punteggio di laurea non inferiore a 102/110 e che non abbiano compiuto i ventotto anni di età, possono accedere, a domanda e per una sola volta, a un periodo di formazione teorico-pratica presso i tribunali e le Corti di appello della durata complessiva di diciotto mesi. Lo stage formativo, con riferimento al procedimento penale, può essere svolto esclusivamente presso il giudice del dibattimento. I laureati, con i medesimi requisiti, possono accedere a un periodo di formazione teorico-pratica, della stessa durata, anche presso il Consiglio di Stato, sia nelle sezioni giurisdizionali che consultive, e i Tribunali Amministrativi Regionali. La Regione Siciliana e la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige, nell'ambito della propria autonomia statutaria e delle norme di attuazione, attuano l'istituto dello stage formativo e disciplinano le sue modalità di svolgimento presso il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana e presso il Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa per la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige.

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2. Quando non è possibile avviare al periodo di formazione tutti gli aspiranti muniti dei requisiti di cui al comma 1 si riconosce preferenza, nell'ordine, alla media degli esami indicati, al punteggio di laurea e alla minore età anagrafica.
3. Per l'accesso allo stage i soggetti di cui al comma 1 presentano domanda ai capi degli uffici giudiziari con allegata documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui al predetto comma, anche a norma degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Nella domanda può essere espressa una preferenza ai fini dell'assegnazione a uno o più magistrati dell'ufficio incaricati della trattazione di affari in specifiche materie, di cui si tiene conto compatibilmente con le esigenze dell'ufficio. Per il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige, i Tribunali Amministrativi Regionali la preferenza si esprime con riferimento ad una o più sezioni in cui sono trattate specifiche materie.
4. Gli ammessi allo stage sono affidati a un magistrato che ha espresso la disponibilità ovvero, quando e' necessario assicurare la continuità della formazione, a un magistrato designato dal capo dell'ufficio. Gli ammessi assistono e coadiuvano il magistrato nel compimento delle ordinarie attività. Il magistrato non può rendersi affidatario di più di due ammessi. Il ministero della giustizia fornisce agli ammessi allo stage le dotazioni strumentali, li pone in condizioni di accedere ai sistemi informatici ministeriali e fornisce loro la necessaria assistenza tecnica. Nel corso degli ultimi sei mesi del periodo di formazione il magistrato può chiedere l'assegnazione di un nuovo ammesso allo stage al fine di garantire la continuità dell' attività di assistenza e ausilio. L' attività di magistrato formatore e' considerata ai fini della valutazione di professionalità di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, nonché ai fini
del conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi di merito. L' attività di magistrato formatore espletata nell'ambito dei periodi formativi dei laureati presso gli organi della Giustizia amministrativa non si considera ai fini dei passaggi di qualifica di cui all'articolo 15 della legge 27 aprile 1982 n. 186 ne' ai fini del conferimento delle funzioni di cui all'articolo 6, comma 5, della medesima legge. Al magistrato formatore non spetta alcun compenso aggiuntivo o rimborso spese per lo svolgimento dell' attività formativa.
5. L' attività degli ammessi allo stage si svolge sotto la guida e il controllo del magistrato e nel rispetto degli obblighi di riservatezza e di riserbo riguardo ai dati, alle informazioni e alle notizie acquisite durante il periodo di formazione, con obbligo di mantenere il segreto su quanto appreso in ragione della loro attività e astenersi dalla deposizione testimoniale. Essi sono ammessi ai corsi di formazione decentrata organizzati per i magistrati dell'ufficio ed ai corsi di formazione decentrata loro specificamente dedicati e organizzati con cadenza almeno semestrale. I laureati ammessi a partecipare al periodo di formazione teorico-pratico presso il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, i Tribunali Amministrativi Regionali e il Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige sono ammessi ai corsi di formazione organizzati dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.
6. Gli ammessi allo stage hanno accesso ai fascicoli processuali, partecipano alle udienze del processo, anche non pubbliche e dinanzi al collegio, nonché alle camere di consiglio, salvo che il giudice ritenga di non ammetterli; non possono avere accesso ai fascicoli relativi ai procedimenti rispetto ai quali versano in conflitto di interessi per conto proprio o di terzi, ivi compresi i fascicoli relativi ai procedimenti trattati dall'avvocato presso il quale svolgono il tirocinio.
7. Gli ammessi allo stage non possono esercitare attività professionale innanzi l'ufficio ove lo stesso si svolge, né possono rappresentare o difendere, anche nelle fasi o nei gradi successivi della causa, le parti dei procedimenti che si sono svolti dinanzi al magistrato formatore o assumere da costoro qualsiasi incarico professionale.
8. Lo svolgimento dello stage non dà diritto ad alcun compenso e non determina il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo ne' di obblighi previdenziali e assicurativi.
9. Lo stage può essere interrotto in ogni momento dal capo dell'ufficio, anche su proposta del magistrato formatore, per sopravvenute ragioni organizzative o per il venir meno del rapporto fiduciario, anche in relazione ai possibili rischi per l'indipendenza e l'imparzialità dell'ufficio o la credibilità della funzione giudiziaria, nonché per l'immagine e il prestigio dell'ordine giudiziario.
10. Lo stage può essere svolto contestualmente ad altre attività, compreso il dottorato di ricerca, il tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato o di notaio e la frequenza dei corsi delle scuole di specializzazione per le professioni legali, purché con modalità compatibili con il conseguimento di un'adeguata formazione. Il contestuale svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione forense non impedisce all'avvocato presso il quale il tirocinio si svolge di esercitare l' attività professionale innanzi al magistrato formatore.

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11. Il magistrato formatore redige, al termine dello stage, una relazione sull'esito del periodo di formazione e la trasmette al capo dell'ufficio.
12. L'esito positivo dello stage, come attestato a norma del comma 11, costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario, a norma dell'articolo 2 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. Costituisce, altresì, titolo idoneo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario lo svolgimento del tirocinio professionale per diciotto mesi presso l'Avvocatura dello Stato, sempre che sussistano i requisiti di merito di cui al comma 1 e che sia attestato l'esito positivo del tirocinio.
13. Per l'accesso alla professione di avvocato e di notaio l'esito positivo dello stage di cui al presente articolo e' valutato per il periodo di un anno ai fini del compimento del periodo di tirocinio professionale ed e' valutato per il medesimo periodo ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, fermo il superamento delle verifiche intermedie e delle prove finali d'esame di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398.
14. L'esito positivo dello stage costituisce titolo di preferenza a parità di merito, a norma dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, nei concorsi indetti dall'amministrazione della giustizia, dall'amministrazione della giustizia amministrativa e dall'Avvocatura dello Stato. Per i concorsi indetti da altre amministrazioni dello Stato l'esito positivo del periodo di formazione costituisce titolo di preferenza a parità di titoli e di merito.
15. L'esito positivo dello stage costituisce titolo di preferenza per la nomina di giudice onorario di tribunale e di vice procuratore onorario.
16. All'articolo 5 della legge 21 novembre 1991, n. 374, dopo il comma 2 e' aggiunto il seguente comma: "2-bis. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche a coloro che hanno svolto con esito positivo lo stage presso gli uffici giudiziari".
17. Al fine di favorire l'accesso allo stage è in ogni caso consentito l'apporto finanziario di terzi, anche mediante l'istituzione di apposite borse di studio, sulla base di specifiche convenzioni stipulate con i capi degli uffici, o loro delegati, nel rispetto delle disposizioni del presente articolo.
18. I capi degli uffici giudiziari di cui al presente articolo quando stipulano le convenzioni previste dall'articolo 37 del decreto- legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, devono tenere conto delle domande presentate dai soggetti in possesso dei requisiti di cui al comma 1.
19. L'esito positivo dello stage presso gli uffici della Giustizia amministrativa, come attestato a norma del comma 11, e' equiparato a tutti gli effetti a quello svolto presso gli uffici della Giustizia ordinaria.
20. La domanda di cui al comma 3 non può essere presentata prima del decorso del termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
L’art. 73 introduce la possibilità, per i laureati in giurisprudenza, di svolgere un periodo di formazione teorico – pratica presso gli uffici giudiziari. Tale previsione, che mira ad arricchire la formazione del giurista ma anche a dotare gli uffici giudiziari di utili risorse ausiliarie (specie per le attività di studio) pare in linea con analoghe previsioni recate dagli interventi normativi che, negli ultimi anni, si sono occupate di disciplina dell’ordinamento professionale forense e da ultimo, soprattutto, la legge n. 247/12.
Allo stesso tempo, tuttavia, la disposizione in esame si rivolge anche a quei laureati che, pur non intendendo accedere alla professione di avvocato, intendano arricchire la propria formazione teorico–pratica attraverso la frequenza di uffici giudiziari.
L’attività di formazione - sottoposta all’indirizzo e alla vigilanza di un “magistrato che ha espresso la disponibilità ovvero, quando e' necessario assicurare la continuità della formazione, a un magistrato designato dal capo dell'ufficio” (co. 4) – consiste nella partecipazione attiva alle attività dell’ufficio, ivi compresa la partecipazione alle udienze.

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All’esito dello stage è rilasciata una relazione, nella quale il magistrato formatore dà conto delle attività svolte e dell’esito complessivo del periodo di formazione. L’esito positivo dello stage costituisce titolo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario, nonché titolo di preferenza, a parità di merito, titolo di preferenza a parità di merito, nei concorsi indetti dall'amministrazione della giustizia, dall'amministrazione della giustizia amministrativa e dall'Avvocatura dello Stato e per i concorsi indetti da altre amministrazioni dello Stato: costituisce altresì titolo di preferenza per la nomina a giudice onorario e a vice procuratore onorario.
Nel caso in cui lo stagista sia contestualmente tirocinante avvocato o notaio, lo stage è valutato ai fini del compimento di un anno di tirocinio, nonché - per il medesimo periodo - ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, fermo il superamento delle verifiche intermedie e delle prove finali d'esame.
Nel complesso, si tratta di una previsione opportuna e sicuramente utile. Devono tuttavia segnalarsi alcune perplessità, relative al coordinamento tra la disciplina in esame e la disciplina del tirocinio per l’accesso alla professione forense, ed in particolare:
a) appare necessario, anzitutto, coordinare la previsione in esame con la disciplina del tirocinio per l’accesso alla professione forense dal momento che la legge n. 247/12 già prevede la possibilità che parte del tirocinio venga svolto attraverso la frequenza di uffici giudiziari, affidando altresì la disciplina di tale modalità di svolgimento del tirocinio ad apposito regolamento del Ministro della Giustizia (cfr. art. 44, l. n. 247/12). A tal fine, potrebbero proporsi emendamenti al comma 13 della disposizione in esame, che rechino un rinvio al predetto regolamento e prevedano il necessario coordinamento tra ufficio giudiziario e Consiglio dell’Ordine. Vale rilevare che tale aspetto è stato sottolineato e fatto oggetto di apposito rilievo critico anche dal parere reso dalla Commissione giustizia della Camera dei Deputati nella seduta del 9 luglio 2013 (punto 1.13);
b) allo stesso tempo, è opportuno migliorare il coordinamento tra svolgimento dello stage e frequenza delle Scuole di specializzazione per le professioni legali, ad esempio escludendo che lo stagista che sospenda – per il periodo dello stage – la frequenza della Scuola, sia comunque tenuto al superamento delle verifiche intermedie.
b) con riferimento al comma 6, appare particolarmente problematica la previsione secondo cui lo stagista può assistere alla Camera di consiglio, dal momento che essa è il momento più delicato del procedimento nel quale si forma la volontà dell’organo decisionale, come tale assistita da fondamentali garanzie di segretezza.
4. Magistrati assistenti di studio della Corte suprema di cassazione (art. 74).
Art. 74
(Magistrati assistenti di studio della Corte di Cassazione)
1. All'articolo 10, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, dopo le parole "Corte di cassazione" sono inserite le seguenti: "e di magistrato assistente di studio della Corte di cassazione".

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2. Al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, dopo l'articolo 115 e' inserito il seguente: "Art. 115-bis. Magistrati assistenti di studio della Corte di cassazione. Al fine di garantire la celere definizione dei procedimenti pendenti, nella pianta organica della Corte di cassazione sono temporaneamente inseriti trenta magistrati, con le attribuzioni di assistente di studio, da destinare alle sezioni civili. Le attribuzioni di magistrato assistente di studio possono essere assegnate a magistrati per i quali e' stato deliberato il conferimento delle funzioni giurisdizionali al termine del periodo di tirocinio e con non meno di cinque anni di effettivo esercizio delle funzioni di merito. Le attribuzioni del magistrato assistente di studio sono stabilite dal primo presidente della Corte di cassazione, sentito il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione. In ogni caso il magistrato assistente di studio non puo' far parte del collegio giudicante. Il magistrato assegnato, a seguito di trasferimento, a svolgere le attribuzioni di magistrato assistente di studio non puo' essere trasferito ad altre sedi prima di cinque anni dal giorno in cui ne ha assunto effettivo possesso, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia. Il posto resosi vacante a seguito di trasferimento non puo' essere ricoperto. Con decreto del Ministro della giustizia si procede annualmente alla ricognizione dell'effettiva consistenza della pianta organica dei magistrati assistenti di studio. La pianta organica di cui al periodo precedente e' ad esaurimento, fino alla cessazione dal servizio o al trasferimento dei magistrati assistenti di studio. Ai magistrati assistenti di studio non spettano compensi aggiuntivi al trattamento economico in odimento.".
3. Al decreto legislativo 23 gennaio 2006, n. 24, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2, dopo le parole "Corte di cassazione" sono inserite le seguenti: "o quale magistrato assistente di studio della Corte di cassazione";
b) l'allegato 2 e' sostituito dall'allegato A del presente decreto.
4. I procedimenti per la prima copertura dei posti previsti per le funzioni di magistrati assistenti di studio della Corte di cassazione devono essere conclusi entro il termine di centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
5. Con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, da adottarsi entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinate le piante organiche degli uffici giudiziari, tenuto conto delle disposizioni del presente articolo.
L’art. 74 del d.l. 69/2013 introduce la figura di magistrato assistente di studio da destinare alle sezioni civili della Corte di Cassazione, con l’intento di assicurare una celere definizione dei procedimenti pendenti, probabilmente ricalcata sul modello della Corte costituzionale, dove però la posizione dell’assistente di studio può essere coperta anche da figure professionali diverse (in particolare, anche personale accademico).
Il comma 2 della norma opera una vera e propria integrazione dell’ordinamento giudiziario, aggiungendo, dopo l’art. 115 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, il nuovo articolo 115-bis che integra la pianta organica della Corte di cassazione attraverso l’inserimento temporaneo di 30 magistrati.
Tale funzione di “assistente di studio” può essere assegnata a magistrati per i quali è stato deliberato il conferimento delle funzioni giurisdizionali al termine del periodo di tirocinio (1) e con non meno di cinque anni di effettivo esercizio delle funzioni di merito (2).
Si tratta degli unici due criteri previsti dalla norma nella scelta dei 30 magistrati, ed è il primo Presidente della Corte di Cassazione colui al quale spetta la definizione delle attribuzioni del magistrato, che ad ogni modo non potrà far parte del collegio giudicante.
L’incertezza di tali criteri risulta in sé non opportuna, trattandosi di una nuova funzione riconosciuta alla Magistratura, e verso la quale, per l’importanza del ruolo costituzionale dell’organo, ci si sarebbe aspettati una maggiore chiarezza rispetto ai compiti assegnati.

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Il nuovo art. 115-bis stabilisce, inoltre, il periodo di permanenza del nuovo incarico che, salvo gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia, non potrà essere trasferito ad altre sedi prima di cinque anni dall’assunzione dell’ufficio. La ratio sta nel garantire continuità a detta funzione.
Ogni anno il Ministro della giustizia procede alla ricognizione dell’effettiva consistenza della pianta organica dei magistrati assistenti di studio, così rendendo temporaneo detto inserimento.
Rispetto allo stipendio da magistrato, nessun compenso economico aggiuntivo è riconosciuto a tale funzione.
Il comma 3 dell’art. 74 apporta talune modifiche anche al d.lgs. 23 gennaio 2006 n. 24, stabilendo, come già previsto per il servizio presso l’ufficio del massimario, che lo svolgimento della nuova funzione di assistente di studio per un periodo ininterrotto di almeno otto anni, rappresenta un titolo preferenziale nell’attribuzione delle funzioni giudicanti di legittimità, a parità di posizione in graduatoria.
Per quanto concerne la previsione di cui al comma 4 dell’art. 74, che fissa un termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto per la conclusione della prima procedura di copertura di posti di magistrati assistenti di studio, si ribadiscono gravi perplessità in merito alla sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza di cui all’art. 77 Cost.: nel differimento dell’applicazione delle innovazioni introdotte dalla norma si può cogliere l’implicita conferma dell’insussistenza della straordinaria necessità ed urgenza dell’intervento normativo in esame, e conseguentemente una palese violazione della ratio costituzionale della decretazione d’urgenza.
Nello stesso termine di 180 gg., l’art. 74, comma 5, sancisce che, alla luce dei trasferimenti dei magistrati presso la Corte di Cassazione con la funzione di assistenti di studio, il Ministro della Giustizia, con decreto e sentito il CSM, provvederà alla rideterminazione delle nuove piante organiche degli uffici giudiziari.
A quest’ultimo proposito si osserva che la norma in esame appare connotata da un’elevata contraddittorietà interna: da un lato mira ad incrementare la produttività degli uffici civili della Cassazione, dall’altro determina una diminuzione dell’efficienza degli uffici giudiziari dai quali provengono i magistrati assistenti di studio.
In termini più generali, non si comprende perché il provvedimento in esame da una parte dispone il reclutamento di nuove figure di magistrati onorari e opera una sostanziale diminuzione dei casi di intervento del procuratore generale presso la Cassazione, dall’altro opera un distacco dei magistrati dagli uffici di provenienza al fine di destinarli alla sezioni civili della Corte di Cassazione.
Inoltre si rileva la non opportunità dell’intervento normativo descritto a fronte della sentita necessità di potenziamento dell’ufficio del massimario.

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A tal proposito la norma sarebbe apparsa più ragionevole e l’intervento più organico e logico, se avesse destinato lo stesso apporto quantitativo previsto per l’incerta figura dell’assistente di studio al rafforzamento di detto ufficio, prevedendo l’integrazione dei magistrati più esperti del massimario all’interno dei collegi della Corte, e contribuendo in tal modo a garantire un’effettiva celere definizione dei procedimenti civili. Sarebbe invece più opportuno impiegare i magistrati attualmente collocati fuori ruolo, per ricoprire incarichi di qualunque natura in qualsiasi amministrazione pubblica: la mole di contenzioso pendente e le attuali carenze di organico giustificano ampiamente tale misura straordinaria, nella convinzione che tutti gli operatori della giustizia debbano farsi carico dell’esigenza di gestione delle pendenze.
5. Misure processuali (artt. 75-79) e modifiche all’ordinamento giudiziario (art. 81)
5.1 Intervento del Pubblico Ministero nei giudizi civili dinanzi alla Corte di cassazione (art. 75) e modifiche all’ordinamento giudiziario (art. 81).
Art. 75
(Intervento del pubblico ministero nei giudizi civili dinanzi alla corte di cassazione)
1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 70, il secondo comma e' sostituito dal seguente: "Deve intervenire nelle cause davanti alla corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge.";
b) all'articolo 380-bis, secondo comma, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: "Almeno venti giorni prima della data stabilita per l'adunanza, il decreto e la relazione sono notificati agli avvocati delle parti i quali hanno facolta' di presentare memorie non oltre cinque giorni prima, e di chiedere di essere sentiti, se compaiono.";
c) all'articolo 390, primo comma, le parole "o sia notificata la richiesta del pubblico ministero di cui all'articolo 375" sono sostituite dalle seguenti: "o siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministero nei casi di cui all'articolo 380-ter".
2. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla corte di cassazione instaurati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Art. 81
(Modifiche ai regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12)
1. L'articolo 76 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e' sostituito dal seguente: "Art. 76 (Attribuzioni del pubblico ministero presso la Corte suprema di cassazione). 1. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude:
a) in tutte le udienze penali;
b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di cui all'articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile.
2. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge."
Tavole sinottiche
Art. 75 d.l. 69/2013

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L’art. 75 e l’art. 81 vengono esaminati congiuntamente stante la diretta incisione sulla
medesima materia.
L’art. 75 del d.l. 69/2013 riduce l’intervento della procura generale della Repubblica nei procedimenti civili in Cassazione, cercando di porre rimedio alla dispersione di risorse dell’ufficio della procura a fronte dell’obbligo generalizzato da parte del PM di intervento in tutte le cause civili davanti al giudice di legittimità.
L’ultimo comma della disposizione in esame prevede l’applicazione della nuova disciplina ai procedimenti civili instauratisi a decorrere dal trentesimo giorno dell’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in oggetto.
Le modifica principale apportata al codice di procedura civile dall’art. 75 del d.l. riguarda l’art. 70 del c.p.c.
Ai sensi della novella dell’art. 70 c.p.c. il PM interviene in Cassazione nei soli casi stabiliti dalla legge (e non più in ogni causa civile davanti alla Corte di Cassazione).
La sua funzione è, pertanto, più selettiva.
Per coordinamento con tale modifica sono novellati gli artt. 380-bis, secondo comma, e 390, primo comma, del c.p.c., come risulta dal quadro sinottico di seguito riportato.

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La disposizione di cui all’art. 75 d.l. 69/2013 è, poi, integrata dall’art. 81 d.l. 69/2013 che a sua volta novella l’art. 76 dell’Ordinamento giudiziario sulle attribuzioni del Pubblico Ministero presso la Corte di Cassazione, escludendo l’obbligo di intervento del PM in alcune udienze civili.
Prima della novella, l’art. 76 del R.D. n. 12 del 1941 sanciva che il PM interveniva e concludeva tutte le udienze civili e penali, e redigeva requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.
L’intervento operato dall’art. 81 d.l. 69/2013 conferma le funzioni del PM in tutte le udienze penali, e l’opportunità delle requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge, mentre apporta modifiche per quanto concerne le udienze civili.
Segnatamente secondo la nuova formulazione dell’art. 76 R.D. n. 12 del 1941 il PM interviene e conclude in tutte le udienze delle Sezioni Unite, e nelle pubbliche udienze delle sezioni semplici, con esclusione della sezione prevista dall’art. 376 c.p.c., comma 1, - c.d. sezione filtro -, per la verifica della sussistenza delle condizioni per la pronuncia in camera di consiglio.
5.2 Divisione a domanda congiunta demandata al notaio (art. 76).
Art. 76
(Divisione a domanda congiunta demandata al notaio)
1. Al codice di procedura civile, dopo l'articolo 791, e' aggiunto il seguente:
"791-bis (Divisione a domanda congiunta) Quando non sussiste controversia sul diritto alla divisione ne' sulle quote o altre questioni pregiudiziali gli eredi o condomini e gli eventuali creditori e aventi causa che hanno notificato o trascritto l'opposizione alla divisione possono, con ricorso congiunto al tribunale competente per territorio, domandare la nomina di un notaio avente sede nel circondario al quale demandare le operazioni di divisione. Se riguarda beni immobili, il ricorso deve essere trascritto a norma dell'articolo 2646 del codice civile. Si procede a norma degli articoli 737 e seguenti. Il giudice, con decreto, nomina il notaio eventualmente indicato dalle parti e, su richiesta di quest'ultimo, nomina un esperto estimatore.
Quando risulta che una delle parti di cui al primo comma non ha sottoscritto il ricorso, il notaio rimette gli atti al giudice che, con decreto, dichiara inammissibile la domanda e ordina la cancellazione della relativa trascrizione. Il decreto e' reclamabile a norma dell'articolo 739.
Il notaio designato, sentite le parti e gli eventuali creditori iscritti o aventi causa da uno dei partecipanti che hanno acquistato diritti sull'immobile a norma dell'articolo 1113 del codice civile, nel termine assegnato nel decreto di nomina predispone il progetto di divisione o dispone la vendita dei beni non comodamente divisibili e da' avviso alle parti e agli altri interessati del progetto o della vendita. Alla vendita dei beni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative al professionista delegato di cui al Libro III, Titolo II, Capo IV. Entro trenta giorni dal versamento del prezzo il notaio predispone il progetto di divisione e ne da' avviso alle parti e agli altri interessati.
Ciascuna delle parti o degli altri interessati puo' ricorrere al Tribunale nel termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione dell'avviso per opporsi alla vendita di beni o contestare il progetto di divisione. Sull'opposizione il giudice procede secondo le disposizioni di cui al Libro IV, Titolo I, Capo III bis; non si applicano quelle di cui ai commi secondo e terzo dell'articolo 702-ter. Se l'opposizione e' accolta il giudice da' le disposizioni necessarie per la prosecuzione delle operazioni divisionali e rimette le parti avanti al notaio.
Decorso il termine di cui al quinto comma senza che sia stata proposta opposizione, il notaio deposita in cancelleria il progetto con la prova degli avvisi effettuati. Il giudice dichiara esecutivo il progetto con decreto e rimette gli atti al notaio per gli adempimenti successivi.".
L’art. 76 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 novella il codice di procedura civile.

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Nella relazione a corredo del decreto nulla viene aggiunto con riferimento alla disposizione in esame.
In una nota dell’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia in data 10 giugno 2013 si precisa come la scelta di affidare, tra tutti i professionisti, solamente ai notai il compito di procedere alla divisione della comunione ereditaria, nel caso di accordo tra tutti gli aventi diritto, trovi giustificazione nell’esigenza di rendere più celeri dette operazioni, mediante l’affidamento a un professionista dotato di specifica professionalità in questa materia.
Ad una prima lettura, il testo della disposizione appare per alcuni aspetti pleonastico per altri poco cristallino.
L’incipit della norma, disponendo che “quando non sussiste controversia sul diritto alla divisione …”, sembra orientare l’interprete verso l’ipotesi della c.d. divisione ereditaria amichevole.
Quest’ultima è già disciplinata dall’art. 730 cod. civ.3 secondo cui, nel caso in cui tutti gli aventi diritto siano favorevoli alla divisione dell’asse ereditario, è possibile deferire a un notaio le operazioni che si rendono necessarie a tale fine.
La divisione amichevole si differenzia da quella giudiziale nella quale, invece, uno o più coeredi, in assenza di accordo con gli altri aventi diritto, sono costretti a rivolgersi a un giudice.
In questa seconda circostanza, la presenza di un notaio è solo eventuale e avviene dietro designazione del giudice stesso o anche su richiesta delle parti.
Il nuovo art. 791-bis c.p.c., pertanto, da questo punto di vista non appare latore di una novità particolarmente significativa, essendo la c.d. “divisione ereditaria amichevole” già presente nell’ordinamento.
A destare qualche perplessità è, poi, la prevista necessità, anche nel caso in cui vi sia pieno accordo sulla divisione nonché sulle quote, di rivolgersi a un giudice che provveda alla nomina del notaio.
Si tratta di una operazione che, contrariamente agli intenti del Legislatore, decreterebbe un’inutile dilazione dei tempi.
Più opportuno sarebbe, come peraltro già previsto dall’art 730 cod. civ., sopra richiamato, limitare detto intervento alla sola ipotesi in cui non vi sia l’accordo delle parti circa la scelta del notaio da incaricare. Il Legislatore, di contro, sembra ritenere necessario l’intervento del Giudice anche quando siano le stesse parti a suggerirgli il professionista da nominare.

3 Art. 730, libro secondo - Delle successioni – titolo quarto - Della divisione – capo primo - Disposizioni generali del cod. civ., secondo cui: “le operazioni indicate negli articoli precedenti possono essere, col consenso di tutti gli eredi, deferite a un notaio. La nomina di questo, in mancanza di accordo, è fatta con decreto del Tribunale del luogo dell’apertura della successione. Qualora sorgano contestazioni nel corso delle operazioni, esse sono riservate e rimesse tutte insieme alla cognizione dell’autorità giudiziaria competente, che provvede con unica sentenza”.

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Alla luce di tutto quanto esposto, si ritiene opportuno modificare sul punto la norma in esame, circoscrivendo l’intervento del giudice al caso in cui le parti non si accordino circa la individuazione del notaio.
A meno di non sostenere che, invece, il Legislatore abbia voluto indicare una terza via oltre a quelle già esistenti della divisione giudiziale e di quella amichevole per procedere alla divisione dell’eredità. Resterebbe, tuttavia, difficile comprendere la necessità di un intervento di questo tipo.
Un ulteriore profilo di criticità della norma è rappresentato dalla scelta del Legislatore di limitare alla sola persona del notaio il professionista idoneo ad assistere le parti nella redazione del contratto di divisione. La giustificazione addotta a sostegno di questa decisione, ossia la specifica professionalità dei notai in questa materia, non appare condivisibile, essendovi altresì avvocati esperti di diritto delle successioni.
Sarebbe opportuno, pertanto, anche sotto questo profilo, emendare la norma provvedendo a sostituire alla parola “notaio” quella più generica di “professionista”.
5.3 Conciliazione giudiziale (art. 77).
Art. 77
(Conciliazione giudiziale)
1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 185 e' inserito il seguente:
"185-bis. (Proposta di conciliazione del giudice) - Il giudice, alla prima udienza, ovvero sino a quando e' esaurita l'istruzione, deve formulare alle parti una proposta transattiva o conciliativa. Il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio.";
b) all'articolo 420, primo comma, primo periodo, dopo la parola "transattiva" sono aggiunte le parole "o conciliativa"; allo stesso comma, secondo periodo, dopo la parola "transattiva" sono aggiunte le parole o conciliativa".
Si riporta il testo dell’art. 420 c.p.c., come risultante dalla modifica apportata.
Art. 420
(Udienza di discussione della causa)
[1] Nell'udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva o conciliativa. La mancata comparizione personale delle parti, o il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio. Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate previa autorizzazione del giudice 2.
[2] Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione.
[3] Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo.

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[4] Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo.
[5] Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell'udienza, per la loro immediata assunzione.
[6] Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive.
[7] Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni. Nell'udienza fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione.
[8] L'assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi.
[9] Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell'articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione.
[10] Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando la propria memoria a norma dell'articolo 416.
[11] A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l'ufficio.
[12] Le udienze di mero rinvio sono vietate.
L’art. 77 introduce l’obbligo per il giudice della cognizione ordinaria (inserendo l’art. 185- bis c.p.c.) di formulare, al più tardi al termine della fase istruttoria, una proposta di soluzione transattiva o conciliativa della lite che, se accettata dalle parti, lo esonererà dal giudizio. La previsione suscita serie perplessità. È vero che la tendenza attuale va nel senso di un’evoluzione della considerazione classica del giudicante che mira ad affiancargli funzioni sempre più penetranti di conciliatore (Rapporto CEPEJ su Contractualisation and judicial process in Europe”, 2009). In questo senso si è orientato anche il legislatore italiano che, nel 2009 e nel 2010 (l. 69/2009 e l.183/2010), ha potenziato i poteri conciliativi sia del giudice della cognizione ordinaria che di quella speciale del lavoro. Tuttavia, imporre al giudicante la formulazione di una proposta di soluzione conciliativa o transattiva supera il segno. In generale, la previsione collide con la garanzia di imparzialità del giudice, prima chiamato a formulare una proposta, con un’indebita anticipazione del giudizio, che poi, in caso di esito negativo, dovrà compiere. Sul piano pratico, poi, la previsione si tradurrà in un allungamento secco del processo. Il magistrato, che gestisce un ruolo sovraccarico, non avrà il tempo necessario a valutare le potenzialità conciliative della lite, sicché presumibilmente l’esito conciliativo sarà raro. Certa invece sarà la necessità di fissare un’udienza successiva a quella di trattazione e di assegnare un ulteriore termine per l’accettazione o il rifiuto della proposta formulata. Se a ciò si aggiunge la previsione dell’ulteriore filtro all’accesso al giudizio costituito dall’obbligo di procedere alla mediazione (art. 84) appare di tutta evidenza che il lasso di tempo richiesto al cittadino per giungere alla decisione giudiziale della lite diviene insopportabile e lesivo dell’art. 24 Cost.

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Più blando l’intervento sul giudizio del lavoro atteso che la proposta transattiva o, in forza della modifica in commento, conciliativa dovrà essere formulata in esito al tentativo di conciliazione. Mentre, è utile ribadirlo, per il giudice della cognizione ordinaria la formulazione della proposta prescinde dal tentativo di conciliazione traducendosi, come detto, in una inopportuno e irragionevole anticipazione del giudizio.
5.4 Misure per la tutela del credito (art. 78).
Art. 78
(Misure per la tutela del credito)
1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 645, secondo comma, e' aggiunto il seguente periodo: "L'anticipazione di cui all'articolo 163-bis, terzo comma, deve essere disposta fissando udienza per la comparizione delle parti non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine minimo a comparire";
b) all'articolo 648, primo comma, le parole "con ordinanza non impugnabile" sono sostituite dalle seguenti parole:
"provvedendo in prima udienza, con ordinanza non impugnabile".
2. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai procedimenti instaurati, a norma dell'articolo 643, ultimo comma, del codice di procedura civile, successivamente all'entrata in vigore del presente decreto.
Tavola sinottica



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Le disposizioni del codice di procedura civile modificate dall’art. 78 del d.l. 69/2013 trovano applicazione nei procedimenti nei quali la data di notifica del decreto ingiuntivo è successiva al 22 giugno 2013, ovvero alla data di entrata in vigore del decreto in esame.
La ratio dell’intervento legislativo, che modifica gli artt. 645 (Opposizione) e 648 (Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione) del c.p.c., è ravvisabile nella volontà di garantire al creditore una maggiore celerità nell’accertamento giudiziale e nella soddisfazione dei propri crediti.
La finalità descritta è perseguita attraverso un tentativo di regolare l’attività dell’organo giudicante, e segnatamente attraverso a) una più tempestiva fissazione dell’udienza di comparizione delle parti (art. 645, comma 2, c.p.c.); b) la concessione del giudice in detta udienza, con ordinanza non impugnabile, della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, se l’opposizione non è fondata su prova scritta e di pronta soluzione (art. 648, comma 1, c.p.c.).
La storia delle modifiche dell’art. 645 c.p.c. e l’attuale formulazione Originariamente la disposizione normativa contenuta nell’art. 645 c.p.c., comma 2, prevedeva che i termini di comparizione fossero ridotti a metà.
La questione ha dato spunto a vivacissimi dibattiti sia in ambito dottrinale che giurisprudenziale.
L’Avvocatura ha chiesto e ottenuto un intervento normativo interpretativo dell’art. 645 c.p.c. preoccupata dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 9 settembre 2010 n. 19246 che, nel ribadire il costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’abbreviazione dei termini di costituzione dell’opponente consegue automaticamente al fatto obiettivo della concessione dell’opposto di un termine di comparizione inferiore a quello ordinario, puntualizzava che “l’effetto automatico della riduzione a metà del termine di costituzione dell’opposto opera per il “solo fatto” che l’opposizione sia stata proposta”.
Ne conseguiva che la tardiva costituzione dell’opponente, oltre il termine di cinque giorni, andava quiparata alla sua mancata costituzione, comportando l’improcedibilità dell’opposizione.
Si trattava di un effetto devastante, ed il CNF evidenziava l’esigenza di chiarire urgentemente e in via ormativa la portata della norma, specificando che l’abbreviazione dei termini non era automatica, ma discendeva dalla scelta di avvalersi della facoltà di ridurre all’opposto il termine a comparire.

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L’art. 645 c.p.c. veniva modificato dall’art. 1, comma 1, l. 29 dicembre del 2011 n. 218: le parole “ma i termini di comparizione sono ridotti a metà” presenti nel testo originario sono state, infatti, soppresse.
Sull’art. 645 è intervenuto nuovamente il legislatore con il d.l. 69/2013, aggiungendo un ultimo periodo nel secondo comma, ove si specifica che l’anticipazione dell’udienza di comparizione delle parti, ex art. 163-bis, comma 3, c.p.c., deve essere disposta non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine minimo a omparire, ossia di 90 giorni.
Pertanto tra la notificazione dell’opposizione e l’udienza di comparizione delle parti non possono ntercorrere più di 120 giorni.
La nuova formulazione dell’art. 648 c.p.c.
Rispetto alla concessione da parte del giudice istruttore, in prima udienza, della provvisoria esecutività del decreto, il mantenimento del verbo potestativo suscita perplessità perché dà luogo a due diverse letture: il giudice deve provvedere in ogni caso nella prima udienza, ovvero il giudice può prendere o meno tale decisione nel corso di tutto il processo? Tale seconda interpretazione sembrerebbe la più corretta, non essendovi nel codice di rito alcuna norma che impone al creditore di richiedere entro un termine perentorio la provvisoria esecutività.
5.5 Semplificazione della motivazione della sentenza civile
Art. 79
(Semplificazione della motivazione della sentenza civile)
1. All'articolo 118 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, il primo e il secondo comma sono sostituiti dal seguente comma: "La motivazione della sentenza di cui all'articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella concisa esposizione dei fatti decisivi e dei principi di diritto su cui la decisione e' fondata, anche con esclusivo riferimento a precedenti conformi ovvero mediante rinvio a contenuti specifici degli scritti difensivi o di altri atti di causa. Nel caso previsto nell'articolo 114 del codice debbono essere esposte le ragioni di equita' sulle quali e' fondata la decisione.".
Testo coordinato Art. 118 Disp. Att. C.p.c.
(Motivazione della sentenza)
La motivazione della sentenza di cui all’articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella succinta concisa esposizione dei fatti rilevanti decisivi della causa e delle ragioni giuridiche della decisione dei principi di diritto su cui la decisione e' fondata, anche con esclusivo riferimento a precedenti conformi ovvero mediante rinvio a contenuti specifici degli scritti difensivi o di altri atti di causa. Nel caso previsto nell'articolo 114 del codice debbono essere esposte le ragioni di equità sulle quali è fondata la decisione.
Debbono essere esposte concisamente e in ordine le questioni discusse e decise dal collegio ed indicati le norme di legge e i principi di diritto applicati. Nel caso previsto nell’articolo 114 del codice debbono essere esposte le ragioni di equità sulle quali è fondata la decisione.
In ogni caso deve essere omessa ogni citazione di autori giuridici.

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La scelta dell’estensore della sentenza prevista nell’articolo 276 ultimo comma del codice è fatta dal presidente tra i componenti il collegio che hanno espresso voto conforme alla decisione.
La disposizione incide, dopo gli interventi di “riduzione” operati con la l. n. 69/2009 sul contenuto della motivazione della sentenza civile, già ridotta all’osso. Dopo i numerosi tentativi (arginati dal Parlamento anche grazie alla levata di scudi dell’Avvocatura) di renderla meramente eventuale e subordinata all’anticipazione delle spese del grado successivo, l’intervento odierno non la elimina ma ne erode completamente il contenuto. A tenore della disposizione in esame, una sentenza potrebbe essere limitata a disporre che “la domanda è rigettata in conformità di Cass. 23 aprile 203, n. 7654” (sic!) vista la possibilità di fare riferimento «esclusivo a precedenti conformi».
L’esposizione dei fatti di causa viene limitata a quelli «decisivi» e viene meno la necessità di indicare le questioni discusse e decise dal giudicante (vedi testo novellato).
È evidente la lesione della garanzia costituzionale volta a permettere il controllo sull’iter decisionale seguito dal giudice attraverso il rimedio impugnatorio. In forza delle gravissime limitazioni all’appello (348 bis, ter c.p.c.) e al controllo sulla motivazione esperibile in cassazione (art. 360, n. 5 c.p.c.) previste nell’estate scorsa, la disposizione dell’art. 79 presenta profili di incostituzionalità manifesta per contrasto con l’art. 111 Cost. che prescrive la garanzia della motivazione della sentenza giurisdizionale.
6. Altre misure per il funzionamento dei servizi di giustizia: modifiche alla disciplina dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato (art. 83).
Art. 83
(Modifiche alla disciplina dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato)
1. All'articolo 47, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, le parole "magistrati in pensione" sono sostituite dalle seguenti: "di regola magistrati in pensione, ovvero magistrati in servizio".
Testo dell’art. 47, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, risultante dalla modifica recata dall’art. 83
1. La commissione di esame è nominata, con decreto, dal Ministro della giustizia ed è composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti, dei quali: tre effettivi e tre supplenti sono avvocati designati dal CNF tra gli iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, uno dei quali la presiede; un effettivo e un supplente sono magistrati in pensione di regola magistrati in pensione, ovvero magistrati in servizio; un effettivo e un supplente sono professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche.
2. Con il medesimo decreto, presso ogni sede di corte d'appello, è nominata una sottocommissione avente composizione identica alla commissione di cui al comma 1.
3. Presso ogni corte d'appello, ove il numero dei candidati lo richieda, possono essere formate con lo stesso criterio ulteriori sottocommissioni per gruppi sino a trecento candidati.
4. Esercitano le funzioni di segretario uno o più funzionari distaccati dal Ministero della giustizia.
5. Non possono essere designati nelle commissioni di esame avvocati che siano membri dei consigli dell'ordine o di un consiglio distrettuale di disciplina ovvero componenti del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF.

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6. Gli avvocati componenti della commissione non possono essere eletti quali componenti del consiglio dell'ordine, di un consiglio distrettuale di disciplina, del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell'incarico ricoperto.
7. L'avvio delle procedure per l'esame di abilitazione deve essere tempestivamente pubblicizzato secondo modalità contenute nel regolamento di attuazione emanato dal Ministro della giustizia entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
8. Il Ministro della giustizia, anche su richiesta del CNF, può nominare ispettori per il controllo del regolare svolgimento delle prove d'esame scritte ed orali. Gli ispettori possono partecipare in ogni momento agli esami e ai lavori delle commissioni di uno o più distretti indicati nell'atto di nomina ed esaminare tutti gli atti.
9. Dopo la conclusione dell'esame di abilitazione con risultato positivo, la commissione rilascia il certificato per l'iscrizione nell'albo degli avvocati. Il certificato conserva efficacia ai fini dell'iscrizione negli albi.
La disposizione in esame interviene sull’art. 47 della legge professionale forense, modificando la composizione della Commissione per l’esame di Stato di accesso alla professione.
Nel testo originario, la disposizione prevedeva che i membri della Commissione provenienti dalla magistratura fossero designati esclusivamente tra i magistrati in pensione, mentre la modifica recata dal Decreto legge introduce la possibilità di selezionare i componenti anche tra i magistrati in servizio.
La previsione in esame desta notevoli perplessità. Come sottolineato dalla stessa Commissione giustizia della Camera dei Deputati nel parere reso a margine della seduta del 9 luglio 2013, essa “determina un pesante aggravio per il magistrato commissario di esame che finisce necessariamente [per] ripercuotersi in maniera negativa sul proprio carico di lavoro giudiziario e, quindi, sui tempi del processo”.
Sarebbe pertanto opportuna, come peraltro auspicato dalla stessa Commissione, la soppressione della previsione in oggetto.
In ipotesi, ove si ritenesse che l’attuale previsione della legge 247 possa rischiare di rendere difficile la copertura delle commissioni d’esame (ove fosse difficile acquisire la disponibilità di magistrati in pensione), si potrebbe prevedere che in questo caso si possa sopperire con le altre categorie di professionisti che compongono tali organi (avvocati e professori ovvero ricercatori universitari).
Sarebbe in ogni caso auspicabile un po’ di prima applicazione delle norme in parola prima di valutare qualsiasi ipotesi emendativa. Particolarmente sgradevole rimane il fatto che l’Ufficio legislativo del Ministero della giustizia abbia ritenuto di inserire tale previsione senza minimamente consultare il Consiglio nazionale forense, investito dalla legge 247/2012 della responsabilità di garantire una corretta applicazione della riforma.

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7. Misure in materia di mediazione civile e commerciale (art. 84).
Art. 84
(Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28)
1. Al decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) All'articolo 4, comma 3, dopo il primo periodo e' inserito il seguente periodo: "L'avvocato informa altresì l'assistito dei casi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale"; allo stesso comma, sesto periodo, dopo la parola "documento," sono inserite le seguenti parole: "se non provvede ai sensi dell'articolo 5, comma 1,";
b) all'articolo 5, prima del comma 2, e' inserito il seguente comma: "1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilita' medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita', contratti assicurativi, bancari e finanziari, e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale. L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione e' gia' iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e' stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.";
c) all'articolo 5, comma 2, primo periodo, prima delle parole "salvo quanto disposto" sono aggiunte le seguenti parole:
"Fermo quanto previsto dal comma 1 e"; allo stesso comma, stesso periodo, le parole "invitare le stesse a procedere alla" sono sostituite dalle seguenti parole: "disporre l'esperimento del procedimento di"; allo stesso comma, stesso periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "; in tal caso l'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale."; allo stesso comma, secondo periodo, le parole "L'invito deve essere rivolto alle parti" sono sostituite dalle seguenti parole: "Il provvedimento di cui al periodo precedente indica l'organismo di mediazione ed e' adottato"; allo stesso comma, terzo periodo, le parole "Se le parti aderiscono all'invito," sono soppresse;
d) all'articolo 5, comma 4, prima delle parole "2 non si applicano" sono aggiunte le parole "I commi 1 e"; allo stesso comma, dopo la lettera b) e' aggiunta la seguente lettera: "b-bis) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile;";
e) all'articolo 5, comma 5, prima delle parole "salvo quanto" sono aggiunte le parole "Fermo quanto previsto dal comma 1 e";
f) all'articolo 6, comma 1, la parola "quattro" e' sostituita dalla seguente parola: "tre"; al comma 2, dopo le parole "deposito della stessa" sono aggiunte le parole "e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del quarto o del quinto periodo del comma 1 dell'articolo 5 ovvero ai sensi del comma 2 dell'articolo 5,";
g) all'articolo 7, il comma 1 e' sostituto dal seguente comma: "1. Il periodo di cui all'articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell'articolo 5, commi 1 e 2, non si computano ai fini di cui all'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89";
h) all'articolo 8, comma 1, le parole "il primo incontro tra le parti non oltre quindici" sono sostituite dalle seguenti parole: "un primo incontro di programmazione, in cui il mediatore verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione, non oltre trenta";
i) all'articolo 8, dopo il comma 4, e' aggiunto il seguente comma: "5. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice puo' desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.";

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l) all'articolo 11, comma 1, dopo il terzo periodo, e' aggiunto il seguente periodo: "Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all'articolo 13.";
m) all'articolo 12, comma 1, dopo le parole "Il verbale di accordo," sono aggiunte le seguenti parole: "sottoscritto dagli avvocati che assistono tutte le parti e";
n) all'articolo 13, il comma 1 e' sostituito dal seguente comma: "1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta felina l'applicabilita' degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l'indennita' corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4."; dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti commi: "2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, puo' nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennita' corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente. 3. Salvo diverso accordo le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.";
o) all'articolo 16, dopo il comma 4, e' aggiunto il seguente comma: "4-bis. Gli avvocati iscritti all'albo sono di diritto mediatori.";
p) all'articolo 17, al comma 4 sono premesse le seguenti parole: "Fermo quanto previsto dai commi 5 e 5-bis del presente articolo,"; allo stesso comma, dopo la lettera c) e' aggiunta la seguente lettera: "d) le riduzioni minime delle indennita' dovute nelle ipotesi in cui la mediazione e' condizione di procedibilita' ai sensi dell'articolo 5, comma 1, ovvero e' prescritta dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 2."; dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti commi: "5.
Quando la mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda ai sensi dell'articolo 5, comma 1, ovvero e' prescritta dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 2, all'organismo non e' dovuta alcuna indennita' dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tale fine la parte e' tenuta a depositare presso l'organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta', la cui sottoscrizione puo' essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilita', se l'organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicita' di quanto dichiarato. 5-bis. Quando, all'esito del primo incontro di programmazione con il mediatore, il procedimento si conclude con un mancato accordo, l'importo massimo complessivo delle indennita' di mediazione per ciascuna parte, comprensivo delle spese di avvio del procedimento, e' di 60 euro, per le liti di valore sino a 1.000 euro; di 100 euro, per le liti di valore sino a 10.000 euro; di 180 euro, per le liti di valore sino a 50.000 euro; di 200 euro, per le liti di valore superiore.".
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Si riporta il testo coordinato degli artt. del d.lgs. n. 28/2010 come risultante dalle modifiche (che  ntreranno in vigore decorsi 30 giorni dalla legge di conversione):
Art. 4 - Accesso alla mediazione
1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo. In caso di piu' domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione.
2. L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa.
3. All'atto del conferimento dell'incarico, l'avvocato è tenuto a informare l'assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20.
L'avvocato informa altresì l'assistito dei casi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della

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domanda giudiziale. L'avvocato informa altresì l'assistito dei casi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l'avvocato e l'assistito è annullabile. Il documento che contiene l'informazione è sottoscritto dall'assistito e deve essere allegato all'atto introduttivo dell'eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell'articolo 5, comma 1, se non provvede ai sensi dell'articolo 5, comma 1, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione.
Art. 5 - Condizione di procedibilità e rapporti con il processo
1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.
2. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, puo' disporre l'esperimento del procedimento di mediazione ;in tal caso l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Il provvedimento di cui al periodo precedente indica l'organismo di mediazione ed è adottato prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. . . . il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. (3)
3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, nè la trascrizione della domanda giudiziale.
4. I commi 1 e 2 non si applicano:
a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;
b-bis) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile;
c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;
e) nei procedimenti in camera di consiglio;
f) nell'azione civile esercitata nel processo penale. (3)
5. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l'arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all'organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel

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registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all'articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all'atto costitutivo, l'individuazione di un diverso organismo iscritto. (3)
6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresi' la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo.
Art. 6 - Durata
1. Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi.
2. Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del quarto o del quinto periodo del comma 1 dell'articolo 5 ovvero ai sensi del comma 2 dell'articolo 5, e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del quarto o del quinto periodo del comma 1 dell'articolo 5, non è soggetto a sospensione feriale.
Art. 7 Effetti sulla ragionevole durata del processo
1. Il periodo di cui all'articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell'articolo 5, commi 1 e 2, non si computano ai fini di cui all'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89.
Art. 8 - Procedimento
1. All'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo designa un mediatore e fissa un primo incontro di programmazione, in cui il mediatore verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione, non oltre trenta dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l'organismo puo' nominare uno o piu' mediatori ausiliari.
2. Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell'organismo.
3. Il mediatore si adopera affinchè le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia.
4. Quando non puo' procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore puo' avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell'organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti.
5. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice puo'
desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Art. 11 - Conciliazione
1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell'accordo medesimo. Quando l'accordo non è raggiunto, il mediatore puo' formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all'articolo 13. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all'articolo 13. (3)
2. La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l'accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non puo' contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento.
3. Se è raggiunto l'accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della

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sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall'articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a cio' autorizzato. L'accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, puo' prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento.
4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l'indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.
5. Il processo verbale è depositato presso la segreteria dell'organismo e di esso è rilasciata copia alle parti che lo richiedono.
Art. 12 - Efficacia esecutiva ed esecuzione
1. Il verbale di accordo, sottoscritto dagli avvocati che assistono tutte le parti e il cui contenuto non è contrario all'ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all'articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l'accordo deve avere esecuzione.
2. Il verbale di cui al comma 1 costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
Art. 13 - Spese processuali
1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonchè al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresi' alle spese per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4.
2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, puo' nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.
3. Salvo diverso accordo le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.
Art. 16 - Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori
1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all'articolo 2 del presente decreto. Gli organismi devono essere iscritti nel registro.
2. La formazione del registro e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l'istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonchè la determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico. Fino all'adozione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio 2004, n. 223. A tali disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi di composizione extragiudiziale previsti dall'articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.
3. L'organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono

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essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per l'approvazione a norma dell'articolo 17. Ai fini dell'iscrizione nel registro il Ministero della giustizia valuta l'idoneità del regolamento.
4. La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal Ministero dello sviluppo economico.
4-bis. Gli avvocati iscritti all'albo sono di diritto mediatori.
5. Presso il Ministero della giustizia è istituito, con decreto ministeriale, l'elenco dei formatori per la mediazione. Il decreto stabilisce i criteri per l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonchè per lo svolgimento dell'attività di formazione, in modo da garantire elevati livelli di formazione dei mediatori. Con lo stesso decreto, è stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all'attività di formazione di cui al presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale.
6. L'istituzione e la tenuta del registro e dell'elenco dei formatori avvengono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti, e disponibili a legislazione vigente, presso il Ministero della giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza, e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Art. 17 - Risorse, regime tributario e indennità
1. In attuazione dell'articolo 60, comma 3, lettera o), della legge 18 giugno 2009, n. 69, le agevolazioni fiscali previste dal presente articolo, commi 2 e 3, e dall'articolo 20, rientrano tra le finalità del Ministero della giustizia finanziabili con la parte delle risorse affluite al «Fondo Unico Giustizia» attribuite al predetto Ministero, ai sensi del comma 7 dell'articolo 2, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, e dei commi 3 e 4 dell'articolo 7 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 luglio 2009, n. 127.
2. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
3. Il verbale di accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l'imposta è dovuta per la parte eccedente.
4. Fermo quanto previsto dai commi 5 e 5-bis del presente articolo,Con il decreto di cui all'articolo 16, comma 2, sono determinati:
a) l'ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi pubblici, il criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le parti;
b) i criteri per l'approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati;
c) le maggiorazioni massime delle indennità dovute, non superiori al venticinque per cento, nell'ipotesi di successo della mediazione;
d) le riduzioni minime delle indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell'articolo 5, comma 1, ovvero è prescritta dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 2.
5. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell'articolo 5, comma 1, ovvero è prescritta dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 2, all'organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tale fine la parte è tenuta a depositare presso l'organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, la cui sottoscrizione puo' essere autenticata dal medesimo mediatore, nonchè a produrre, a pena di inammissibilità, se l'organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.
5-bis. Quando, all'esito del primo incontro di programmazione con il mediatore, il procedimento si conclude con un mancato accordo, l'importo massimo complessivo delle indennità di mediazione per ciascuna parte, comprensivo delle spese di avvio del procedimento, è di 60 euro, per le liti di valore sino a 1.000 euro; di 100 euro, per le liti di valore sino a 10.000 euro; di 180 euro, per le liti di valore sino a 50.000 euro; di 200 euro, per le liti di valore superiore. 4
6. Il Ministero della giustizia provvede, nell'ambito delle proprie attività istituzionali, al monitoraggio delle mediazioni concernenti i soggetti esonerati dal pagamento dell'indennità di mediazione. Dei risultati di tale monitoraggio si tiene conto per la determinazione, con il decreto di cui all'articolo 16, comma 2, delle indennità spettanti agli organismi pubblici, in modo da coprire anche il costo dell'attività prestata a favore dei soggetti aventi diritto all'esonero.

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7. L'ammontare dell'indennità puo' essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall'Istituto Nazionale di Statistica, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente.
8. Alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni dei commi 2 e 3, valutati in 5,9 milioni di euro per l'anno 2010 e 7,018 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione della quota delle risorse del «Fondo unico giustizia» di cui all'articolo 2, comma 7, lettera b) del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, che, a tale fine, resta acquisita all'entrata del bilancio dello Stato.
9. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui ai commi 2 e 3 ed in caso si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 8, resta acquisito all'entrata l'ulteriore importo necessario a garantire la copertura finanziaria del maggiore onere a valere sulla stessa quota del Fondo unico giustizia di cui al comma 8.
L’art. 84 ripropone, con pochi e non esaustivi correttivi, le norme già colpite dalla pronuncia di incostituzionalità sulla mediazione obbligatoria per eccesso di delega in quanto «il carattere dell'obbligatorietà per la mediazione non trova alcun ancoraggio nella legge delega» (C. Cost. n. 272 del 2012). La pronuncia della Corte costituzionale non ha, però affrontato i profili di illegittimità costituzionale sottoposti da differenti Uffici giudiziari che avevano evidenziato differenti e molteplici profili problematici (v. Tar Lazio Ord. 12 aprile 2011, n. 3202, Trib. Genova, ord. 18 novembre 2011; Giud. pace Parma, ord. 1° agosto 2011, cit.; Giud. pace Catanzaro, ord. 1° settembre 2011, cit., e ord. 3 novembre 2011Giud. pace Salerno, ord. 19 novembre 2011, cit.; Trib. Torino, ord. 24 gennaio 2012).
La decisione della Consulta, di accoglimento sotto il profilo dell’eccesso di delega, come pure la recente sentenza della Corte di giustizia (27 giugno 2013) che ha dichiarato inammissibile per irrilevanza rispetto al giudizio a quo le questioni di pregiudizialità comunitaria del d.lgs. n. 28/20124, hanno comportato il loro assorbimento nel vizio pregiudiziale e capitale impedendone l’esame ma non certo privandoli di pregio. Un intervento legislativo coscienzioso in un settore tanto delicato avrebbe dovuto tenerne conto, mentre il d.l. n. 69/2013 si limita a riproporre, quasi testualmente, il previgente testo.
Con considerazioni che restano attuali perché coinvolgono l’istituto nel suo complesso, l’ordinanza di rimessione del Tar Lazio, per esempio, rilevava come a fronte dell’astratta idoneità dello strumento a «conformare definitivamente i diritti soggettivi da essa coinvolti» il legislatore non ne appresta «un’adeguata conformazione della figura del mediatore». In questo quadro l’esclusiva attenzione dedicata ai «parametri […] di «funzionalità generica» degli organismi, senza alcuna considerazione per i requisiti di professionalità, rischia di porsi in contrasto «con l’art. 24 Cost. nella misura in cui determina […] una incisiva influenza […] sull’azionabilità in giudizio di diritti soggettivi e sulla successiva funzione giurisdizionale statuale, su cui lo svolgimento della mediazione variamente influisce».
Nessun intervento correttivo è stato adottato per risolvere i problemi relativi al mancato

4 Proprio in forza della declaratoria di incostituzionalità che ha comportato il mutamento del dato normativo.

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coordinamento tra gli effetti prenotativi della trascrizione della domanda giudiziale e il raggiungimento della conciliazione. Lungi dal costituire mero problema di tecnica processuale, difatti, la lacuna sul punto determina il sacrificio del diritto della parte in caso di atti di disposizione del diritto litigioso medio tempore compiuti, attesa la necessaria conclusione in rito del processo che consegue alla composizione stragiudiziale della lite.
La disposizione si limita a reintrodurre l’obbligatorietà e le conseguenze in materia di spese e di condanna pecuniaria collegate alla mancata accettazione della proposta del mediatore oltre che la previsione di argomenti di prova quale conseguenza della mancata partecipazione al primo incontro.
Quest’ultimo – non definito dalla norma in commento – sembra comunque costituire l’unica previsione apprezzabile, atteso che collega all’adempimento un esborso per le parti minore di quanto originariamente previsto. Si segnala a questo proposito che il CNF ha depositato in Commissione giustizia della Camera (audizione del 3 luglio) una proposta emendativa volta a renderla del tutto gratuita.
Più in generale si esprime netta contrarierà per un ritorno “secco” all’obbligatorietà. La giustizia convenzionale per costituire alternativa alla giurisdizione effettiva e rispettosa dei diritti delle parti non può che essere volontaria. L’affermazione trova conferma negli studi specialistici sulla materia – le parti non accettano di buon grado di essere unilateralmente distolte dal proprio giudice naturale e, di conseguenza, i tentativi di addivenire ad un risultato conciliativo falliscono – come dimostrano le stesse statistiche semestrali diffuse dal Ministero della Giustizia nella vigenza dell’obbligo di esperire il tentativo di mediazione ai sensi del previgente art. 5 del d.lgs. n. 28/2010.
I dati raccolti al 31 dicembre 2012 segnalano un netto calo delle adesioni della parte invitata in mediazione che si assesta intorno al 22% (con un calo di più del 15% rispetto all’anno precedente).
Inoltre, nel tempo, è crollata anche la percentuale di raggiungimento del risultato conciliativo nonostante la partecipazione delle parti al procedimento. I dati relativi alla forma facoltativa, poi, sono sconcertanti, assestandosi solo sul 13%, ma ancor più lo sono quelli relativi al ricorso del giudice all’istituto, che non arrivano al 3%. E’ chiaro che il sistema congegnato nel 2010 non funzioni. Eppure il Legislatore lo ripropone oggi, in via d’urgenza, senza punto modificarlo nei suoi caratteri cardine.
Richiamando le osservazioni esposte in Premessa e ribadendo la ferma contrarietà ad un sistema di mediazione obbligatoria, dunque, si sottolinea l’opportunità di lasciare al Parlamento e alla legge ordinaria un intervento di più ampio respiro sull’istituto in parola.

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PARTE II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DIRITTO D’IMPRESA

8. Indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento (art. 28).
Art.28
(Indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimento)
1. La pubblica amministrazione procedente o quella responsabile del ritardo e i soggetti di cui all'art. 1, comma 1-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, con esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, corrispondono all'interessato, a titolo di indennizzo per il mero ritardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento, comunque complessivamente non superiore a 2.000 euro.
2. Al fine di ottenere l'indennizzo, l'istante è tenuto ad azionare il potere sostitutivo previsto dall'art. 2, comma 9-bis, della legge n. 241 del 1990 nel termine decadenziale di sette giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, della medesima legge individuano a tal fine il responsabile del potere sostitutivo.
3. Nel caso in cui anche il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine o non liquidi l'indennizzo maturato a tale data, l'istante puo' proporre ricorso ai sensi dell'articolo 117 del codice del processo amministrativo di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e successive modificazioni, oppure, ricorrendone i presupposti, dell'articolo 118 stesso codice.
4. Nel giudizio di cui all'articolo 117, puo' proporsi, congiuntamente al ricorso avverso il silenzio, domanda per ottenere l'indennizzo. In tal caso, anche tale domanda e' trattata con rito camerale e decisa con sentenza in forma semplificata.
5. Nei ricorsi di cui al comma 3, il contributo unificato e' ridotto alla meta' e confluisce nel capitolo di cui all'articolo 37, comma 10, secondo periodo del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
6. Se il ricorso e' dichiarato inammissibile o e' respinto in relazione all'inammissibilita' o alla manifesta infondatezza dell'istanza che ha dato avvio al procedimento, il giudice, con pronuncia immediatamente esecutiva, condanna il ricorrente a pagare in favore del resistente una somma da due volte a quattro volte il contributo unificato.
7. La pronuncia di condanna a carico dell'amministrazione e' comunicata, a cura della Segreteria del giudice che l'ha pronunciata, alla Corte dei conti al fine del controllo di gestione sulla pubblica amministrazione, al Procuratore regionale della Corte dei Conti per le valutazioni di competenza, nonché al titolare dell'azione disciplinare verso i dipendenti pubblici interessati dal procedimento amministrativo.
8. Nella comunicazione di avvio del procedimento e nelle informazioni sul procedimento pubblicate ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, e' fatta menzione del diritto all'indennizzo, nonché delle modalità e dei termini per conseguirlo ed e' altresì indicato il soggetto cui e' attribuito il potere sostitutivo e i termini a questo assegnati per la conclusione del procedimento.
9. All'articolo 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente: "2. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento".

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10. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in via sperimentale e dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell' attività di impresa iniziati successivamente al detta data di entrata in vigore.
11. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo restano a carico degli stanziamenti ordinari di bilancio di ciascuna amministrazione interessata.
12. Decorsi diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sulla base del monitoraggio relativo alla sua applicazione, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono stabilite la conferma, la rimodulazione, anche con riguardo ai procedimenti amministrativi esclusi, o la cessazione delle disposizioni del presente articolo, nonché eventualmente il termine a decorrere dal quale le disposizioni ivi contenute sono applicate, anche gradualmente, ai procedimenti amministrativi diversi da quelli individuati al comma 10. Legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo, coordinata con le modifiche introdotte dall’art. 28 del decreto n. 69 del 2013
Art. 2 bis
(Conseguenze per il ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento)
1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'art. 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.
2. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento.
L’articolo 28 del decreto c.d. fare prevede, limitatamente ai procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell' attività di impresa, un indennizzo di 30 euro al giorno fino ad un massimo di 2mila euro in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento avviato su istanza di parte.
Viene introdotto il diritto di chiedere un indennizzo per il ritardo della pubblica amministrazione nella conclusione dei procedimenti amministrativi iniziati ad istanza di parte.
L’indennizzo non può essere richiesto nei procedimenti avviati d’ufficio, ma è espressamente escluso anche in caso di procedimenti avviati su iniziativa di parte concernenti lo svolgimento di concorsi e nelle ipotesi di silenzio qualificato.
La misura dell’indennizzo è determinata in una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo successivo alla data di scadenza del termine per la conclusione del procedimento. È stabilito anche un limite massimo di indennizzo, che non può essere superiore in ogni caso alla somma di 2.000 euro.
Va precisato che l’applicazione dell’istituto è effettuata in via sperimentale per i procedimenti relativi all’attività di impresa. Decorsi diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sulla base del monitoraggio relativo alla sua applicazione, con regolamento di delegificazione, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono stabilite la conferma, la rimodulazione, anche con riguardo ai procedimenti

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amministrativi esclusi, o la cessazione delle disposizioni del presente articolo, nonché eventualmente il termine a decorrere dal quale le disposizioni ivi contenute sono applicate, anche gradualmente, ai procedimenti amministrativi diversi da quelli individuati al comma 10.
Al fine di ottenere l'indennizzo, l'istante è tenuto ad azionare, a pena di decadenza, il potere sostitutivo previsto dall'art. 2, comma 9-bis, della legge n. 241 del 1990 entro sette giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.
Il comma 3 dell’art. 28 prevede che nel caso in cui anche il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine o non liquidi l'indennizzo maturato a tale data, l'istante può proporre ricorso ai sensi dell'articolo 117 del codice del processo amministrativo (ricorsi avverso il silenzio) oppure, ricorrendone i presupposti, dell'articolo 118 stesso codice (decreto ingiuntivo).
Per i ricorsi appena sopra citati il contributo unificato è ridotto alla metà.
Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo restano a carico degli stanziamenti ordinari di bilancio di ciascuna amministrazione interessata.
L’istituto, finalizzato al rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi si aggiunge all’istituto già vigente del risarcimento del danno da ritardo, previsto dalla legge n. 241/1990 per i casi di ritardo doloso o colposo.
L’art. 28 comma 9 dispone che all'articolo 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 1 sia aggiunto il seguente: "2. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento”.
L’introduzione del comma in considerazione pone particolari problemi di coordinamento con le restanti disposizioni dell’art. 28 in commento. E’ da rilevare che in esso nessuna menzione viene fatta all’ammontare dell’indennizzo per ogni singolo giorno di ritardo né alla soglia massima, mentre si fa riferimento a condizioni e modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento di delegificazione. Non viene neppure fatto riferimento allo specifico limite dei procedimenti relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa.
Il comma 10 (disponendo che «Le disposizioni del presente articolo si applicano, in via sperimentale e dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell' attività di impresa iniziati successivamente al detta data di entrata in vigore.») peraltro, pare riferibile anche al comma 9, e dunque, a meno che non si tratti di un difetto clamoroso di coordinamento, il nuovo art. 2-bis della legge 241 non può che operare nei limiti di cui al comma 10, vale a dire solo nei confronti dell’avvio ed esercizio dell’attività di impresa.

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9. Zone a burocrazia zero (art. 37).
Art. 37
(Zone a burocrazia zero)
1. Fermo restando quanto previsto dalle norme di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri burocratici per le imprese, le convenzioni di cui all'articolo 12 del decreto-legge 9 febbraio, 2012. n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, possono essere sottoscritte dai soggetti sperimentatori entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Le attività di sperimentazione di cui al citato articolo 12 del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, sono estese a tutto il territorio nazionale, anche ai fini della definizione delle modalità operative per la creazione di un sistema integrato di dati telematici tra le diverse amministrazioni e i gestori di servizi pubblici e di servizi per la pubblica utilità.
3. I soggetti sperimentatori individuano e rendono pubblici sul loro sito istituzionale, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i casi in cui il rilascio delle autorizzazioni di competenza è sostituito da una comunicazione dell'interessato.
4. Il Ministero dello sviluppo economico promuove l'accesso alle informazioni, comprese quelle di cui al comma 3, tramite il proprio sito istituzionale.
Il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, predispone, altresì, un Piano nazionale delle zone a burocrazia zero e ne monitora costantemente l'attuazione pubblicando sul proprio sito una relazione trimestrale.
5. Le attività di cui al comma 2 non sono soggette a limitazioni, se non quando sia necessario tutelare i principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la libertà e la dignità dell'uomo e l'utilità sociale, il rispetto della salute, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale.
6. Agli adempimenti di cui al presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Le c.d. zone a burocrazia zero (ZBZ) sono state introdotte per la prima volta dal legislatore con l’art. 43 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 1, recante Misure urgenti in tema di stabilizzazione finanziaria e di competitività (convertito in Legge 30 luglio 2010, n. 122), con l’intento di snellire gli oneri burocratici per le imprese (in

1 Art.43 - (Zone a burocrazia zero) (1)
[1. Possono essere istituite nel Meridione d'Italia zone a burocrazia zero.
2. Nelle zone di cui al comma 1 istituite, nel rispetto del principio di sussidiarietà e dell'art. 118 della Costituzione, in aree non soggette a vincolo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, le nuove iniziative produttive avviate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto godono dei seguenti vantaggi:
a) nei riguardi delle predette nuove iniziative i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualsiasi natura ed oggetto avviati su istanza di parte, fatta eccezione per quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e di incolumità pubblica, sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo che vi provvede, ove occorrente, previe apposite conferenze di servizi ai sensi della legge n. 241 del 1990; i provvedimenti conclusivi di tali procedimenti si intendono senz'altro positivamente adottati entro 30 giorni dall'avvio del procedimento se un provvedimento espresso non è adottato entro tale termine. Per i procedimenti amministrativi avviati d'ufficio, fatta eccezione per quelli di natura tributaria, di pubblica sicurezza e di incolumità pubblica, le amministrazioni che li promuovono e li istruiscono trasmettono al Commissario di Governo, i dati e i' documenti occorrenti per l'adozione dei relativi provvedimenti conclusivi. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli atti riguardanti la
pubblica sicurezza e l'incolumità pubblica;

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particolare quelle medio-piccole) nelle zone geografiche collocate nel Meridione d’Italia ove si
intendeva promuovere la realizzazione di nuove iniziative produttive.
Come già previsto nell’art. 43 del DL 78/2010 se entro 30 giorni dall’avvio del procedimento non è adottato un provvedimento espresso si forma il silenzio assenso.
L’articolo 43 prevedeva la possibilità che le “zone a burocrazia zero” fossero istituite (come detto “nel Meridione d’Italia”), con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno. In tali zone le nuove iniziative produttive avviate avrebbero goduto di una serie di vantaggi in termini di semplificazione e snellimento del procedimenti amministrativi. La corte Costituzionale con sentenza 19-22 luglio 2011, n. 232, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 43, nella parte in cui è destinato ad applicarsi anche ai procedimenti amministrativi che si svolgono entro l'ambito delle materie di competenza regionale concorrente e residuale.
La legge di stabilità per il 2012 (Legge n. 183/2011, art. 14) aveva peraltro esteso in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2013, l’ambito applicativo dell’art. 43 D.L. 78/2010 all’intero territorio nazionale.
La disposizione in esame, ha ad oggetto la semplificazione degli oneri burocratici delle imprese nelle c.d. zone a burocrazia zero, e richiama l’art. 12 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, così come convertito dalla L. n. 35 del 20122 con il fine di valorizzare ulteriormente le attività di sperimentazione nelle predette cosiddette tramite lo strumento delle convenzioni.

b) ove la zona a burocrazia zero coincida, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, con una delle zone franche urbane individuate dalla delibera CIPE dell' 8 maggio 2009, n. 14, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana m 159 dell'11 luglio 2009[, nonché' in quella dell'Aquila individuata con deliberazione del CIPE assunta in data 13 maggio 2010], le risorse previste per tali zone franche urbane ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono utilizzate dal Sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero;
c) nella realizzazione ed attuazione dei piani di presidio e sicurezza del territorio, le Prefetture-Uffici territoriali di governo assicurano assoluta priorità alle iniziative da assumere negli ambiti territoriali in cui insistono le zone di cui al comma 1 (2).] (3)
(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 22 luglio 2011, n. 232 (in Gazz. Uff., 27 luglio, n. 32), ha dichiaratol'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui è destinata ad applicarsi anche ai procedimenti amministrativi che si svolgono entro l'ambito delle materie di competenza regionale concorrente e residuale.
(2) Vedi l'articolo 14, commi 1 e 2, della L. 12 novembre 2011, n. 183.
(3) Articolo abrogato dall'articolo 37-bis, comma 4, del D.L. 10 ottobre 2012, n. 179.
2 […] Capo III - Semplificazioni per le imprese - Sezione I - Semplificazioni in materia di autorizzazioni per l'esercizio delle attività economiche e di controlli sulle imprese
Art. 12 - Semplificazione procedimentale per l'esercizio di attività economiche e segnalazione certificata di inizio attività in caso di esercizio congiunto dell'attività di estetista, anche non prevalente, con altre attività commerciali
1. Fermo restando quanto previsto dalle norme di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi per le imprese e tenendo conto anche dei risultati del monitoraggio di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, le Regioni, le Camere di commercio industria agricoltura e artigianato, i comuni e le loro associazioni, le agenzie per le imprese ove costituite, le altre amministrazioni competenti e le organizzazioni e le associazioni di categoria interessate, comprese le organizzazioni dei produttori di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, possono stipulare convenzioni, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata Stato

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In particolare, l’art. 12 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 nella consapevolezza che gran parte degli ostacoli amministrativi deriva dalle norme regionali e comunali, prevede che il riordino della normativa autorizzatoria sia preceduto da una fase di sperimentazione volontaria cui potranno partecipare Regioni, Comuni, Camere di commercio e associazioni dei soggetti economici che a tal

regioni ed autonomie locali, per attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese sul territorio, in ambiti delimitati e a partecipazione volontaria, anche mediante deroghe alle procedure ed ai termini per l'esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti, dandone preventiva ed adeguata informazione pubblica.
2. Nel rispetto del principio costituzionale di libertà dell'iniziativa economica privata in condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti[, presenti e futuri], che ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica, il Governo adotta uno o più regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di semplificare i procedimenti amministrativi concernenti l'attività di impresa, compresa quella agricola, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) semplificazione e razionalizzazione delle procedure amministrative, anche mediante la previsione della conferenza di servizi telematica ed aperta a tutti gli interessati, e anche con modalità asincrona;
b) previsione di forme di coordinamento, anche telematico, attivazione ed implementazione delle banche dati consultabili tramite i siti degli sportelli unici comunali, mediante convenzioni fra Anci, Unioncamere, Regioni, agenzie per le imprese e Portale nazionale impresa in un giorno, in modo che sia possibile conoscere contestualmente gli oneri, le prescrizioni ed i vantaggi per ogni intervento, iniziativa ed attività sul territorio;
c) individuazione delle norme da abrogare a decorrere dall'entrata in vigore dei regolamenti e di quelle tacitamente abrogate ai sensi della vigente normativa in materia di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese.
c-bis) definizione delle modalità operative per l'integrazione dei dati telematici tra le diverse amministrazioni.
3. I decreti di cui al comma 2 sono adottati entro il 31 dicembre 2012, tenendo conto dei risultati della sperimentazione di cui al comma 1 e di quanto previsto dai regolamenti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che si intende reso in senso favorevole decorsi trenta giorni dalla richiesta.
4. Con i regolamenti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, sono altresì individuate le attività sottoposte ad autorizzazione, a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) con asseverazioni o a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) senza asseverazioni ovvero a mera comunicazione e quelle del tutto libere.
4-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 10 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n.40, e successive modificazioni, si applicano anche in caso di esercizio congiunto dell'attività di estetista con altra attività commerciale, a prescindere dal criterio della prevalenza.
5. Le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della loro potestà normativa, disciplinano la materia oggetto del presente articolo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 29 della legge 7 agosto 1990 n. 241, dall'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 e dall'articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. A tale fine, il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, promuovono anche sulla base delle migliori pratiche e delle iniziative sperimentali statali, regionali e locali, accordi, o intese ai sensi dell'articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59.
6. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente articolo i servizi finanziari, come definiti dall'articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, nonché i procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici e di tabacchi lavorati, per i quali restano ferme le particolari norme che li disciplinano.

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fine, possono stipulare convenzioni con il Ministero dello sviluppo economico e della amministrazione e per la semplificazione, al fine di attivare percorsi sperimentali di semplificazione in ambiti limitati e a partecipazione volontaria.
Il comma 1 dell’articolo in esame, prevede ora che i soggetti sottoscrittori delle convenzioni possano stipularle entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame.
Andrebbe valutata l’opportunità di chiarire il significato della disposizione che potrebbe prestarsi all’interpretazione secondo la quale è fissato un termine oltre il quale l’attività convenzionale non può più essere esercitata.
Il comma 2 attiene alle attività sperimentali di semplificazione attivate con le convenzioni sopra citate.
La norma non sembra apportare modifiche sostanziali in materia e, pertanto, il solo elemento innovativo sembra essere contenuto nella previsione specifica del co. 2, ove la finalità è quella di creare un sistema integrato di dati telematici dei soggetti sperimentatori ([…] le diverse amministrazioni e i gestori di servizi pubblici e di servizi per la pubblica utilità”).
Peraltro, dal momento che attualmente non sussistono limitazioni territoriali per l’attivazione delle convenzioni (art. 12 del D.L. 9 febbraio, 2012. n. 5), non risulta di chiara interpretazione la disposizione nella parte in cui estende l’attività sperimentale di semplificazione, oggetto di convenzione, a tutto il territorio nazionale; probabilmente si tratta di una norma c.d. “bandiera” che non ha contenuti normativi ma contenuti simbolico-comunicativi.
Il comma 3 prevede che i soggetti sperimentatori individuano e rendono pubblici sul loro sito istituzionale, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i casi in cui il rilascio delle autorizzazioni di competenza sia sostituito da una comunicazione dell’interessato.
Le informazioni devono consentire di poter giungere a condividere un'unica piattaforma informatica che semplifichi per le imprese l'individuazione delle specifiche procedure semplificate in base alla legge richiamata.
Il comma 4 prevede nuovi compiti per il Ministero dello sviluppo economico che dovrà promuovere l’accesso alle informazioni, comprese quelle in cui il rilascio delle autorizzazioni di competenza sia sostituito da una comunicazione dell’interessato, tramite il proprio sito istituzionale nonché predisporre, d’intesa con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, un Piano nazionale delle zone a burocrazia zero e monitorarne costantemente l’attuazione pubblicando sul proprio sito una relazione trimestrale.
Il comma 5 prevede che le attività di sperimentazione non sono soggette a limitazioni, se non quando sia necessario tutelare i principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la libertà e la dignità dell’uomo e l’utilità sociale, il rispetto della salute, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale.
Si tratta di una norma inutile e di contenuto pressoché identico a quanto previsto già dall’art. 41 della Costituzione.

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Infine, la clausola di non onerosità presente nel comma 6, conferma l’assenza di effetti finanziari secondo la quale agli adempimenti di cui al presente articolo, si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
10. Foro delle società con sede all’estero (art. 80).
Art. 80
(Foro delle società con sede all’estero)
1. Per tutte le cause civili nelle quali e' parte, anche nel caso di piu' convenuti ai sensi dell'articolo. 33 del codice di procedura civile, una societa' con sede all'estero e priva nel territorio dello Stato di sedi secondarie con rappresentanza stabile, che secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle disposizioni normative speciali che le disciplinano dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari di seguito elencati, sono inderogabilmente competenti:
a) gli uffici giudiziari di Milano per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Brescia, Genova, Milano, Torino, Trento e Bolzano (sezione distaccata), Trieste, Venezia;
b) gli uffici giudiziari di Roma per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Ancona, Bologna, Cagliari, Sassari (sezione distaccata), Firenze, L'Aquila, Perugia, Roma;
c) gli uffici giudiziari di Napoli per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di corte d'appello di Bari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Lecce, Taranto (sezione distaccata), Messina, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria, Salerno.
2. Quando una societa' di cui al comma 1 e' chiamata in garanzia, la cognizione cosi' della causa principale come dell'azione in garanzia, e' devoluta, sulla semplice richiesta della societa' stessa, con ordinanza del giudice, all'ufficio giudiziario compente a norma del medesimo comma.
3. Le norme ordinarie di competenza restano ferme per i giudizi relativi ai procedimenti esecutivi e fallimentari, nei casi di intervento volontario, e nei giudizi di opposizione di terzo. Resta altresì ferma la disposizione di cui all'articolo 25 del codice di procedura civile.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle cause di cui agli articoli 25, 409 e 442 del codice di procedura civile, e alle cause di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
5. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai giudizi instaurati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Sull’art. 80 (Foro delle società con sede all’estero) si osserva che la norma, modificando il sistema processuale nazionale della competenza per territorio, delinea una nuova competenza inderogabile degli uffici giudiziari di Milano, Roma e Napoli per tutte le cause civili che hanno come parte attrice, convenuta o chiamata in garanzia una società con sede all’estero, e priva nel territorio italiano di sedi secondarie con rappresentanza stabile (comma 1 e 2).
Per l’individuazione dell’ufficio giudiziario competente tra quelli di Milano, Roma e Napoli, le lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 80 dettano un prospetto analitico, assegnando ad ognuno dei tre uffici giudiziari competenti le cause provenienti dai vari distretti italiani.
Derogando al criterio di cui al comma 1 dell’art. 80, nei successivi commi 3 e 4 sono elencate una serie di cause per le quali restano ferme le ordinarie disposizioni di competenza. In particolare, si tratta dei giudizi relativi alle procedure fallimentari e a quelle esecutive, nonché dei

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giudizi nei quali l’intervento della società estera sia volontario, nei giudizi di opposizione di terzo, ed in ultimo delle cause che hanno come parte la P.A., delle controversie in materia di lavoro, previdenza ed assistenza obbligatorie, ed in quelle previste dal Codice del Consumo.
Non può tacersi un giudizio in termini di irragionevolezza di una previsione che, in primo luogo, pone dei seri problemi di coordinamento con le fonti europee sulla giurisdizione. Il riferimento è al Reg. n. 44/2001 e n. 1215/2012 di revisione, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Il decreto legge non opera, infatti, distinzione alcuna tra le società estere aventi sede in Paesi dell’Unione europea da quelle aventi sede in Paesi extraeuropei.
In secondo luogo, si osserva che il criterio del foro inderogabile di cui al comma 1 dell’art. 80 non risulta in alcun modo collegato alla specializzazione degli uffici giudiziari di Milano, Roma, Napoli. Pertanto la diretta conseguenza dell’applicazione di detto criterio sarebbe: a) l’impoverimento e la riduzione dei carichi di lavoro della maggior parte degli uffici giudiziari nazionali; b) l’accrescimento sproporzionato dei carichi di lavoro presso gli uffici giudiziari di Milano, Roma e Napoli; ma soprattutto c) la sottrazione alla competenza di fori, come quelli del mare o di frontiera, che più di altri presentano elementi di collegamento con le controversie transfrontaliere.
In terzo luogo, deve considerarsi l’impatto che avrebbe la nuova competenza inderogabile sulle parti diverse dalla società, tenuto conto del fatto che non necessariamente la controversia deve avere natura commerciale. Se sul piano soggettivo il criterio di competenza inderogabile, di cui al comma 1 della disposizione in commento, si applica in ragione della natura (di “società con sede all’estero e priva nel territorio dello Stato di sedi secondarie con rappresentanza stabile”) di una qualsiasi delle parti, sul piano oggettivo, eccezion fatta per i giudizi contemplati dai commi 3 e 4 della norma, non viene operata alcuna distinzione in base al contenuto della controversia. Per fare un esempio subirà, irragionevolmente, uno spostamento di competenza anche l’azione di risarcimento danni per circolazione stradale, quando l’incidente sia determinato da un veicolo di proprietà di una società straniera. Non si comprende come, nella ipotesi delineata, si possa in qualche modo “contribuire a ricostruire un ambiente d’impresa per gli investitori nazionali ed internazionali fondato sulla certezza del credito e garantire una maggiore prevedibilità delle decisioni e ridotti costi logistici”, come vorrebbe il d.l. 69/2013.
Alla luce delle osservazioni che precedono, qualora la norma non venisse eliminata in sede di conversione, per la sua insensatezza ed irragionevolezza, non solo l’intero sistema di competenza per territorio risulterebbe arbitrariamente sconvolto, ma le parti verrebbero distolte dal giudice naturale precostituito per legge, così violando il dettato costituzionale solo ed esclusivamente per l’incomprensibile finalità di garantire un privilegio agli investitori stranieri. 3

3 Si veda l’interessante commento alla norma di G. Tucci, L’insensata competenza per territorio dell’art. 80 del Decreto del Fare, disponibile al sito internet http://www.magistraturademocratica.it/mdem/qg/articolo.php?id=166

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11. Disposizioni in materia di concordato preventivo: considerazioni sul c.d. concordato “in bianco” e sulla disciplina in tema di crisi d’impresa (art. 82).
Art. 82
(Concordato preventivo)
1. All’articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, dopo le parole “ultimi tre esercizi” sono aggiunte le seguenti “e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti”;
b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Con il decreto di cui al primo periodo, il tribunale può nominare il commissario giudiziale di cui all’articolo 163, secondo comma, n. 3, e si applica l’articolo 170, secondo comma. Il commissario giudiziale, quando accerta che il debitore ha posto in essere atti diretti a frodare le ragioni dei creditori deve riferirne immediatamente al tribunale che apre, d’ufficio, il procedimento che si svolge nelle forme di cui all’articolo 15. Il tribunale, verificata la sussistenza delle condotte di cui al periodo precedente può, con decreto, dichiarare improcedibile la domanda e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza reclamabile a norma dell’articolo 18.
2. All’articolo 161, settimo comma, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo le parole “sommarie informazioni” sono aggiunte le seguenti: “e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato”.
3. L’articolo 161, ottavo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente: Con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, sino alla scadenza del termine fissato. Il debitore, con periodicità mensile, deposita una situazione finanziaria dell’impresa che, entro il giorno successivo, è pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo. Quando risulta che l’attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d’ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale se nominato, abbrevia il termine fissato con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo. Il tribunale può in ogni momento sentire i creditori.

Testo coordinato art. 161 r.d. 267/1942 con le modifiche introdotte dal d.l. 69/2013
Art. 161
Domanda di concordato
I. La domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale; il trasferimento della stessa intervenuto nell'anno antecedente al deposito del ricorso non rileva ai fini della individuazione della competenza.
II. Il debitore deve presentare con il ricorso:
a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.
III. Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lett. d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano.

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IV. Per la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell'articolo 152.
V. La domanda di concordato è comunicata al pubblico ministero ed è pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria.
VI. L'imprenditore puo' depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti , riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.
Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore puo' depositare domanda ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma. In mancanza, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo. Con il decreto di cui al primo periodo, il tribunale può nominare il commissario giudiziale di cui all’articolo 163, secondo comma, n. 3, e si applica l’articolo 170, secondo comma. Il commissario giudiziale, quando accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste dall’articolo 173, deve riferirne immediatamente al tribunale che, nelle forme del procedimento di cui all’articolo 15 e verificata la sussistenza delle condotte stesse, può, con decreto, dichiarare improcedibile la domanda e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza reclamabile a norma dell’articolo 18.
VII. Dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all'articolo 163 il debitore puo' compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale puo' assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore puo' altresi' compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111.
VIII. Con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, sino alla scadenza del termine fissato. Il debitore, con periodicità mensile, deposita una situazione finanziaria dell’impresa che, entro il giorno successivo, è pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo. Quando risulta che l’attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d’ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale se nominato, abbrevia il termine fissato con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo. Il tribunale può in ogni momento sentire i creditori.
IX. La domanda di cui al sesto comma è inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.
X. Fermo quanto disposto dall'articolo 22, comma 1, quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento il termine di cui al sesto comma è di sessanta giorni, prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.
Il decreto c.d. fare intende modificare la disciplina del concordato preventivo, recata dall’art. 161 l.f., intervenendo sul concordato c.d. “in bianco”.
Sul piano generale le modifiche che si vogliono introdurre appaiono condivisibili ed è dunque meritevole di apprezzamento lo sforzo elaborato per emendare uno strumento di grande rilievo per la soluzione della crisi d’impresa, massime nell’attuale congerie economica del Paese.
In proposito, l’ Ufficio Studi del Consiglio Nazionale Forense, già all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo concordato, aveva rilevato le criticità che soltanto con il decreto “fare”, dopo oltre un anno di vigenza, si avviano a trovare una soluzione.
In sintesi, l’ Ufficio Studi aveva osservato che il concordato preventivo in bianco, come delineato dal decreto “sviluppo”, poteva essere agevolmente utilizzato per mere finalità dilatorie,

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ritardando la dichiarazione di fallimento e al solo fine di postergare le pretese creditorie e, pertanto, lo stesso Ufficio Studi aveva suggerito agli organi competenti di modificare la disciplina in esame.
Le modifiche al concordato in bianco che si propone di apportare il decreto “fare”, pur condivisibili nel complesso, andrebbero tuttavia riviste tenendo conto, anzitutto, della circostanza che il legislatore costruisce il sistema delle scritture contabili come un sistema “integrato”, si che per la comprensione dello stato di salute dell’impresa è necessario esaminarle in modo congiunto.
Inoltre e soprattutto, la documentazione che l’imprenditore deve produrre per l’istanza di concordato deve essere redatta con l’assistenza dell’avvocato, sia in ragione della circostanza che sovente trattasi di documentazione di notevole complessità tecnica, sia perché l’avvocato può esercitare “un primo filtro” sulla bontà dell’istanza avanzata dal debitore in crisi, offrendo così un importante contributo all’uso corretto del concordato in bianco e diminuendo drasticamente gli impieghi abusivi dell’istituto che appunto con le modifiche del decreto fare s’intendono contrastare.
Infine, in una prospettiva di sistema, occorrerebbe forse ripensare la filosofia di fondo che da alcuni anni muove le riforme in tema di crisi d’impresa.
Se è vero, infatti che, sino al 2006, l’ordinamento appariva inadeguato a rispondere alle esigenze di conservazione dei complessi produttivi, finendo per censurare “l’imprenditore onesto ma sfortunato”, gli istituti pensati negli ultimi anni per risolvere la crisi dell’impresa hanno fortemente indebolito le ragioni del creditori, favorendo comportamenti opportunistici dell’imprenditore: il concordato in bianco nella sua originaria formulazione, lo dimostra chiaramente.
Si tratta di un profilo che merita di essere sottolineato, non soltanto nell’interesse di chi fa credito all’impresa ma, soprattutto, nell’interesse delle imprese a trovare finanziatori.
La disciplina della crisi d’impresa e quella del bilancio (di recente censurata dal rapporto pubblicato in data 1 luglio 2013 dal Gruppo anticorruzione del Consiglio d’Europa – c.d. GRECO – , sia quanto alle regole sul falso in bilancio, sia perché si ritiene che l’ Italia debba rafforzare la trasparenza dei bilanci di tutte le società, non soltanto di quelle quotate) se non danno adeguata tutela ai creditori riducono, naturalmente, l’offerta di credito e dunque finiscono per danneggiarne gli stessi imprenditori che ne sono destinatari. Come a dire che un legislatore troppo “amico” delle imprese può rischiare, alla lunga, di danneggiarle.

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PARTE III
ALTRE DISPOSIZIONI DI INTERESSE

12. Semplificazione del procedimento per l’acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia (art. 33)
Art. 33
(Semplificazione del procedimento per l’acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia)
1. Ai fini di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, all'interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.
2. Gli Ufficiali di Stato Civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all'interessato, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio, la possibilità di esercitare il diritto di cui al comma 2 del citato articolo 4 della legge n. 91 del 1992 entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data.
Si riporta il testo dell’art. 4, comma 2, Legge 5 febbraio 1992, n. 91:
[…] 2. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.
[…]
La disposizione in esame interviene sulla disciplina del procedimento di concessione della cittadinanza allo straniero nato in Italia e che vi abbia risieduto legalmente fino al compimento del diciottesimo anno di età, già disciplinato dall’art. 4, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91 e dall’art. 3, comma 4 del D.P.R. n. 572/19931.
In particolare, il comma 1 prevede che al richiedente – il minore straniero nato in Italia e regolarmente soggiornante sul territorio senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età – non possano essere imputati eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o alla P. A.
Pertanto, qualora la documentazione in suo possesso per la dimostrazione dei requisiti (Atto di nascita e continuità del soggiorno) non sia completa per fatto imputabile ai genitori o alla P.A., il richiedente può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione. Ci si deve chiedere, in particolare, se nel concetto di “altra idonea documentazione” possa rientrare l’autocertificazione di cui agli artt. 46 ss. del D. P. R. 445/2000: la risposta, ad una prima lettura, può essere resa in termini positivi, giacché l’autocertificazione ben può sostituire la certificazione attestante la regolarità del soggiorno, costituendo a tal fine “idonea documentazione”, anche alla 1 “4. La dichiarazione di volontà di cui all'art. 4, comma 2, della legge deve essere corredata della seguente documentazione: a) atto di nascita; b) documentazione relativa alla residenza”.

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luce dell’ampia formulazione della norma e della sua ratio, che è quella di agevolare la richiesta di cittadinanza del minore straniero nato in Italia.
Il secondo comma pone in capo agli ufficiali di stato civile l’obbligo di comunicare agli interessati, al compimento del diciottesimo anno di età, la possibilità di effettuare la richiesta di concessione della cittadinanza entro il compimento del diciannovesimo anno di età, prevedendo che, in mancanza, la richiesta possa essere effettuata anche oltre tale data.
Secondo la vigente formulazione dell’art. 4, comma 2, lo straniero nato in Italia può manifestare la propria volontà di acquisto della cittadinanza italiana esclusivamente entro un anno dal compimento della maggiore età. Al contrario, l’art. 33, comma 2, del Decreto in esame, sembra ampliare notevolmente le modalità di esercizio di tale diritto, limitando l’operatività del termine di cui all’art. 4, comma 2, al caso in cui l’ufficiale di stato civile abbia comunicato allo straniero la possibilità di effettuare la richiesta di cittadinanza. Qualora tale comunicazione non sia avvenuta – o lo straniero non ne abbia avuto notizia per causa a lui non imputabile – il diritto di chiedere la cittadinanza viene esteso anche oltre il diciannovesimo anno di età. Sarà tuttavia necessario che la prassi degli uffici di stato civile si orienti nel senso di adottare forme di comunicazione idonee a garantire la ricezione da parte del destinatario (ad es. la raccomandata con avviso di ricevimento), per evitare che la garanzia posta dalla norma in esame si traduca in un improprio strumento di aggravamento.

13. Proroga e differimento di termini in materia di spending review (art. 49)
Art. 49
(Proroga e differimento termini in materia di spending review)
1. All'articolo 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, lettera b), le parole "30 giugno 2013" sono sostituite dalle seguenti : "31 dicembre 2013" e le parole "a decorrere dal 1° gennaio 2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 1° luglio 2014";
b) al comma 2, le parole: "a decorrere dal 1° gennaio 2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 1° luglio 2014".
2. Il termine di cui all'articolo 9, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135 e' differito al 31 dicembre 2013. Sono fatti salvi gli atti compiuti dagli enti, agenzie ed organismi che hanno proseguito la loro attività oltre il predetto termine.
D.L. 95 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012 coordinato con le modifiche introdotte dall’art. 49 del d.l. “c.d. fare” (estratto)
Art. 4.
(Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche)
1. Nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento, si procede, alternativamente:
a) allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013;

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b) all'alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 31 dicembre 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014 1° luglio 2014.
2. Ove l'amministrazione non proceda secondo quanto stabilito ai sensi del comma 1, a decorrere dal 1° gennaio 2014 1° luglio 2014 le predette società non possono comunque ricevere affidamenti diretti di servizi, ne' possono fruire del rinnovo di affidamenti di cui sono titolari. I servizi già prestati dalle società, ove non vengano prodotti nell'ambito dell'amministrazione, devono essere acquisiti nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale.
Art. 9.
(Razionalizzazione amministrativa, divieto di istituzione e soppressione di enti, agenzie e organismi)
1. Al fine di assicurare il coordinamento e il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, il contenimento della spesa e il migliore svolgimento delle funzioni amministrative, le regioni, le province e i comuni sopprimono o accorpano, riducendone in tal caso gli oneri finanziari in misura non inferiore al 20 per cento, enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, esercitano, anche in via strumentale, funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione o funzioni amministrative spettanti a comuni, province, e città metropolitane ai sensi dell'articolo 118, della Costituzione.
2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, al fine di dare attuazione al comma 1, con accordo sancito in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, si provvede alla complessiva ricognizione degli enti, delle agenzie e degli organismi, comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica di cui al comma 1.
3. Al fine di dare attuazione al comma 2, in sede di Conferenza unificata si provvede mediante intesa ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e sulla base del principio di leale collaborazione, all'individuazione dei criteri e della tempistica per l'attuazione del presente articolo e alla definizione delle modalità di monitoraggio.
4. Se, decorsi nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto*, le regioni, le province e i comuni non hanno dato attuazione a quanto disposto dal comma 1, gli enti, le agenzie e gli organismi indicati al medesimo comma 1 sono soppressi. Sono nulli gli atti successivamente adottati dai medesimi.
[……]
*il termine è differito al 31 dicembre 2013
L’articolo dispone il differimento di alcuni termini contenuti nel decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario). Lo slittamento dei termini interessa le società pubbliche di cui all’art. 4 e gli enti, agenzie e organismi di cui all’art. 9 del d.l. n. 95 del 2012, mentre resta immutato l’art. 2 involgente la riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni. Le modifiche introdotte non riguardano, pertanto, il settore degli ordini professionali, ai quali un recente orientamento, peraltro non condivisibile, sostenuto dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dal Ministero della Giustizia ha ritenuto applicabile la disciplina della riduzione delle dotazioni organiche introdotta proprio dall’art. 2 del citato decreto legge in materia di spending review.

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ALLEGATI
Testo coordinato del DL 69/2013 con gli emendamenti approvati
durante i lavori di conversione in legge
(aggiornato al 17 luglio 2013)

Omissis
TITOLO II
SEMPLIFICAZIONI
CAPO I
MISURE PER LA SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA
Art.28
(Indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimento)
1. La pubblica amministrazione procedente o quella responsabile del ritardo e i soggetti di cui all'art. 1,
comma 1-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in caso di inosservanza del termine di conclusione del
procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, con esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, corrispondono all'interessato, a titolo di indennizzo per il mero ritardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento, comunque complessivamente non superiore a 2.000 euro.
2. Al fine di ottenere l'indennizzo, l'istante e' tenuto ad azionare il potere sostitutivo previsto dall'art. 2,
comma 9-bis, della legge n. 241 del 1990 nel termine decadenziale di sette giorni venti giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, della medesima legge individuano a tal fine il responsabile del potere sostitutivo.
3. Nel caso in cui anche il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine di cui all'articolo 2, comma 9-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241, o non liquidi l'indennizzo maturato a tale data, l'istante puo' proporre ricorso ai sensi dell'articolo 117 del codice del processo amministrativo di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e successive modificazioni, oppure, ricorrendone i presupposti, dell'articolo 118 stesso codice.
4. Nel giudizio di cui all'articolo 117, puo' proporsi, congiuntamente al ricorso avverso il silenzio, domanda per ottenere l'indennizzo. In tal caso, anche tale domanda e' trattata con rito camerale e decisa con sentenza in forma semplificata.
5. Nei ricorsi di cui al comma 3, il contributo unificato e' ridotto alla meta' e confluisce nel capitolo di cui all'articolo 37, comma 10, secondo periodo del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
6. Se il ricorso e' dichiarato inammissibile o e' respinto in relazione all'inammissibilita' o alla manifesta infondatezza dell'istanza che ha dato avvio al procedimento, il giudice, con pronuncia immediatamente esecutiva, condanna il ricorrente a pagare in favore del resistente una somma da due volte a quattro volte il contributo unificato.

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7. La pronuncia di condanna a carico dell'amministrazione e' comunicata, a cura della Segreteria del giudice che l'ha pronunciata, alla Corte dei conti al fine del controllo di gestione sulla pubblica amministrazione, al Procuratore regionale della Corte dei Conti per le valutazioni di competenza, nonché al titolare dell'azione disciplinare verso i dipendenti pubblici interessati dal procedimento amministrativo.
8. Nella comunicazione di avvio del procedimento e nelle informazioni sul procedimento pubblicate ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, e' fatta menzione del diritto all'indennizzo, nonché delle modalità e dei termini per conseguirlo ed e' altresì indicato il soggetto cui e' attribuito il potere sostitutivo e i termini a questo assegnati per la conclusione del procedimento.
9. All'articolo 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente: "2. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento".
10. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in via sperimentale e dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell' attività di impresa iniziati successivamente al detta data di entrata in vigore.
11. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo restano a carico degli stanziamenti ordinari di bilancio di ciascuna amministrazione interessata.
12. Decorsi diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sulla base del monitoraggio relativo alla sua applicazione, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono stabilite la conferma, la rimodulazione, anche con riguardo ai procedimenti amministrativi esclusi, o la cessazione delle disposizioni del presente articolo, nonché eventualmente il termine a decorrere dal quale le disposizioni ivi contenute sono applicate, anche gradualmente, ai procedimenti amministrativi diversi da quelli individuati al comma 10.
Omissis
Art. 33
(Semplificazione del procedimento per l'acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia)
1. Ai fini di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, all'interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli puo’ dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.
2. Gli Ufficiali di Stato Civile sono tenuti, nel corso dei sei mesi precedenti il al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all'interessato, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio, la possibilità di esercitare il diritto di cui al comma 2 del citato articolo 4 della legge n. 91 del 1992 entro il compimento del diciannovesimo anno di eta'. In mancanza, il diritto puo' essere esercitato anche oltre tale data.
Omissis

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Art. 37
(Zone a burocrazia zero)
1. Fermo restando quanto previsto dalle norme di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri burocratici per le imprese, le convenzioni di cui all'articolo 12 del decreto-legge 9 febbraio, 2012.
n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n.35, possono essere sottoscritte dai soggetti sperimentatori entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Le attività di sperimentazione di cui al citato articolo 12 del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, sono estese a tutto il territorio nazionale, anche ai fini della definizione delle modalità operative per la creazione di un sistema integrato di dati telematici tra le diverse amministrazioni e i gestori di servizi pubblici e di servizi per la pubblica utilita'.
3. I soggetti sperimentatori individuano e rendono pubblici sul loro sito istituzionale, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i casi in cui il rilascio delle autorizzazioni di competenza e' sostituito da una comunicazione dell'interessato.
3-bis. Si intendono non sottoposte a controllo tutte le attività delle imprese per le quali le competenti pubbliche amministrazioni non ritengano necessarie l'autorizzazione, la segnalazione certificata di inizio attività, con o senza asseverazioni, ovvero la mera comunicazione. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare sul proprio sito istituzionale l'elenco delle attività soggette a controllo. Le Regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze, adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui ai precedenti periodi.
4. Il Ministero dello sviluppo economico promuove l'accesso alle informazioni, comprese quelle di cui al
comma 3, tramite il proprio sito istituzionale.
Il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, predispone, altresì, un Piano nazionale delle zone a burocrazia zero e ne monitora costantemente l'attuazione pubblicando sul proprio sito una relazione trimestrale
5. Le attività di cui al comma 2 non sono soggette a limitazioni, se non quando sia necessario tutelare i
principi fondamentali della Costituzione, la sicurezza, la liberta' e la dignita' dell'uomo e l'utilita' sociale, il rispetto della salute, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale.
6. Agli adempimenti di cui al presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Omissis
Art. 49
(Proroga e differimento termini in materia di spending review)
1. All'articolo 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, lettera b), le parole "30 giugno 2013" sono sostituite dalle seguenti : "31 dicembre 2013" e le parole "a decorrere dal 1° gennaio 2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 1° luglio 2014";
b) al comma 2, le parole: "a decorrere dal 1° gennaio 2014" sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dal 1° luglio 2014".
2. Il termine di cui all'articolo 9, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.135 e' differito al 31 dicembre 2013. Sono fatti salvi gli atti compiuti dagli enti, agenzie ed organismi che hanno proseguito la loro attività oltre il predetto termine.
Omissis

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TITOLO III
MISURE PER L'EFFICIENZA DEL SISTEMA GIUDIZIARIO E LA DEFINIZIONE DEL
CONTENZIOSO CIVILE

CAPO I

Giudici ausiliari
Art. 62
(Finalità e ambito di applicazione)
1. Al fine di agevolare la definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavoro e previdenza, secondo le priorità individuate dai presidenti delle Corti di appello con i programmi previsti dall'articolo 37, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, si applicano le disposizioni del presente capo.
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano ai procedimenti trattati dalla Corte di appello in unico grado.
Art. 63
(Giudici ausiliari)
1. Ai fini di quanto previsto dall'articolo 62 si procede alla nomina di giudici ausiliari nel numero massimo
di quattrocento.
2. I giudici ausiliari sono nominati con apposito decreto del Ministro della giustizia, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta formulata dal consiglio giudiziario territorialmente
competente nella composizione integrata a norma dell'articolo 16 del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25. Ai fini della formulazione della proposta i consigli giudiziari, nel caso di cui al comma 3, lettera d), acquisiscono il parere del Consiglio dell'ordine cui è iscritto, ovvero cui è stato iscritto negli ultimi cinque anni, il candidato. Ai fini della formulazione della proposta i consigli giudiziari, nel caso di cui al comma 3, lettera e), acquisiscono il parere del Consiglio notarile cui è iscritto, ovvero è stato iscritto negli ultimi cinque anni, il candidato.
3. Possono essere chiamati all'ufficio di giudice ausiliario:
a) i magistrati ordinari, contabili e amministrativi magistrati onorari, che non esercitino più ma che abbiano esercitato con valutazione positiva la loro funzione per almeno 5 anni e gli avvocati dello Stato, a riposo da non più di tre anni al momento della presentazione della domanda;
b) i professori universitari in materie giuridiche di prima e seconda fascia anche a tempo definito o a riposo da non più di tre anni al momento di presentazione della domanda;
c) i ricercatori universitari in materie giuridiche;
d) gli avvocati , anche se a riposo anche se cancellati dall'albo da non più di tre anni al momento di presentazione della domanda;
e) i notai, anche se a riposo da non più di tre anni al momento di presentazione della domanda.
Art. 64
(Requisiti per la nomina)
1. Per la nomina a giudice ausiliario sono richiesti i seguenti requisiti:
a) essere cittadino italiano;
b) avere l'esercizio dei diritti civili e politici;
c) non aver riportato condanne per delitti non colposi;
d) non essere stato sottoposto a misura di prevenzione o di sicurezza;
e) avere idoneità fisica e psichica;
f) non avere precedenti disciplinari diversi dalla sanzione piu' lieve prevista dai rispettivi ordinamenti.

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2. Nei casi di cui all'articolo 63, comma 3, lettere a) e b), al momento della presentazione della domanda il candidato non deve aver compiuto i settantacinque anni di età.
3. Nel caso di cui all'articolo 63, comma 3, lettere d) ed e), al momento della presentazione della domanda il candidato deve essere stato iscritto all'albo per un periodo non inferiore a cinque anni e non aver compiuto i sessanta anni di età.
4. Per la nomina a giudice ausiliario in relazione ai posti previsti per il circondario di Bolzano è richiesta anche una adeguata conoscenza delle lingua italiana e tedesca. Si osserva altresì il principio di cui all'articolo 8, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, e successive modificazioni.
5. Non possono essere nominati giudici ausiliari:
a) i membri del Parlamento nazionale ed europeo, i deputati e i consiglieri regionali, i membri del Governo, i presidenti delle regioni e delle province, i membri delle giunte regionali e provinciali;
b) i sindaci, gli assessori comunali, i consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali;
c) gli ecclesiastici e i ministri di culto;
d) coloro che ricoprano incarichi direttivi o esecutivi nei partiti politici.
Art. 65
(Pianta organica dei giudici ausiliari. Domande per la nomina a giudici ausiliari)
1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del ministero della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura ed i Consigli degli Ordini Distrettuali, è determinata la pianta organica ad esaurimento dei giudici ausiliari, con l'indicazione dei posti disponibili presso ciascuna Corte di appello, assegnando ai soggetti di cui all'articolo 63, comma 3, lettera a), un numero di posti non superiore al dieci per cento dei posti di giudice ausiliario previsti presso ciascuna Corte di appello. La pianta organica è determinata tenendo conto delle pendenze e delle scoperture di organico in ciascuna Corte, cui può essere assegnato un numero di posti complessivamente non superiore al numero di quaranta per ciascuna Corte. In ogni caso le nomine dei soggetti di all'articolo 63, comma 3, lettera a), non possono superare complessivamente il numero di quaranta.
2. Con il medesimo decreto sono determinate le modalità e i termini di presentazione della domanda per la nomina a giudice ausiliario nonché i criteri di priorità nella nomina. è riconosciuta preferenza ai fini della nomina agli avvocati iscritti all'albo. A parità di titoli sono prioritariamente nominati coloro che abbiano maturato la maggiore anzianità di servizio o di esercizio della professione hanno minore età anagrafica con almeno cinque anni di iscrizione all'Albo. Della pubblicazione del decreto è dato avviso sul sito internet del Ministero della giustizia.
3. Le domande dei candidati sono trasmesse, senza ritardo, al consiglio giudiziario che formula le proposte motivate di nomina, indicando, ove possibile, una rosa di nomi pari al doppio dei posti previsti in pianta organica per ciascun ufficio giudiziario e redigendo la graduatoria.
4. Il presidente della Corte di appello assegna i giudici ausiliari alle diverse sezioni dell'ufficio.
Art. 66
(Presa di possesso)
1. Il giudice ausiliario prende possesso dell'ufficio entro il termine indicato nel decreto di nomina previsto
dall'articolo 63, comma 2, ed è assegnato con apposito provvedimento del presidente della Corte di appello a norma dell'articolo 65, comma 4.
Art. 67
(Durata dell'ufficio)

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1. La nomina a giudice ausiliario ha durata di cinque anni e puo' essere prorogata per non piu' di cinque
anni.
2. La proroga è disposta con le modalità di cui all'articolo 63, comma 2.
3. Il giudice ausiliario cessa dall'incarico al compimento del settantottesimo anno di età e nelle ipotesi di decadenza, dimissioni, revoca e mancata conferma a norma dell'articolo 71.
Art. 68
(Collegi e provvedimenti. Monitoraggio)
1. Del collegio giudicante non puo' far parte piu' di un giudice ausiliario.
2. Il giudice ausiliario deve definire, nel collegio in cui è relatore e a norma dell'articolo 72, comma 2,
almeno novanta procedimenti per anno.
3. Con cadenza semestrale il ministero della giustizia provvede al monitoraggio dell' attività svolta dai giudici ausiliari al fine di rilevare il rispetto degli standard produttivi ed il conseguimento degli obiettivi fissati dal presente capo.
Art. 69
(Incompatibilità ed ineleggibilità)
1. Al giudice ausiliario si applica la disciplina delle incompatibilità e delle ineleggibilità prevista per i magistrati ordinari.
2. Il giudice ausiliario, nominato tra i candidati di cui all'articolo 63, comma 3, lettera d), non puo' svolgere le funzioni presso la corte di appello nel cui distretto ha sede il consiglio dell'ordine cui era iscritto al momento della nomina o nei cinque anni precedenti.
3. Gli avvocati che svolgono le funzioni di giudice ausiliario non possono esercitare la professione dinanzi agli uffici giudiziari del distretto di Corte di appello in cui svolgono le funzioni, e non possono rappresentare, assistere o difendere anche nei successivi gradi di giudizio.
4. Gli avvocati che svolgono le funzioni di giudice ausiliario non possono rappresentare, assistere o difendere, anche presso uffici di altri distretti di corte d'appello, le parti di procedimenti in relazione ai quali hanno svolto le funzioni. Il divieto si estende ad altro avvocato di lui socio o con lui associato.
Art. 70
(Astensione e ricusazione)
1. Il giudice ausiliario ha l'obbligo di astenersi e puo' essere ricusato a norma dell'articolo 52 del codice di procedura civile, oltre che nei casi previsti dall'articolo 51, primo comma, del medesimo codice, quando è stato associato o comunque collegato, anche mediante il coniuge, i parenti o altre persone, con lo studio professionale di cui ha fatto o fa parte il difensore di una delle parti.
2. Il giudice ausiliario ha altresì l'obbligo di astenersi e puo' essere ricusato quando ha in precedenza assistito nella qualità di avvocato una delle parti in causa o uno dei difensori ovvero ha svolto attività professionale nella qualità di notaio per una delle parti in causa o uno dei difensori.
Art. 71
(Decadenza, dimissioni, mancata conferma e revoca)
1. I giudici ausiliari cessano dall'ufficio quando decadono perché viene meno taluno dei requisiti per la nomina, in caso di revoca e di dimissioni, in caso di mancata conferma annuale ovvero quando sussiste una causa di incompatibilità.
2. Entro trenta giorni dal compimento di ciascun anno dalla nomina, il consiglio giudiziario in composizione integrata verifica che il giudice ausiliario ha definito il numero minimo di procedimenti di cui all'articolo 68,

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comma 2, propone al Consiglio superiore della magistratura la sua conferma o, in mancanza e previo contraddittorio, la dichiarazione di mancata conferma.
3. In ogni momento il presidente della corte di appello propone motivatamente al consiglio giudiziario la revoca del giudice ausiliario che non è in grado di svolgere diligentemente e proficuamente il proprio incarico.
4. Nei casi di cui al comma 3 il consiglio giudiziario in composizione integrata, sentito l'interessato e verificata la fondatezza della proposta, la trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente ad un parere motivato.
5. I provvedimenti di cessazione sono adottati con decreto del Ministro della giustizia su deliberazione del Consiglio superiore della magistratura.
Art. 72
(Stato giuridico e indennità)
1. I giudici ausiliari acquisiscono lo stato giuridico di magistrati onorari.
2. Ai giudici ausiliari è attribuita un'indennità onnicomprensiva, da corrispondere ogni tre mesi, di duecento euro per ogni provvedimento che definisce il processo, anche in parte o nei confronti di alcune delle parti, a norma dell'articolo 68, comma 2.
3. L'indennità annua complessiva non puo' superare, in ogni caso, la somma di ventimila euro e sulla stessa non sono dovuti contributi previdenziali.
4. L'indennità prevista dal presente articolo è cumulabile con i trattamenti pensionistici e di quiescenza
comunque denominati.

Capo II
Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari
Art. 73
(Formazione presso gli uffici giudiziari)
1. I laureati in giurisprudenza all'esito di un corso di durata almeno quadriennale, in possesso dei requisiti di onorabilità di cui all'articolo 42-ter, secondo comma, lettera g), del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, che abbiano riportato una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 102/110 105/110 e che non abbiano compiuto i ventotto anni trenta anni di età, possono accedere, a domanda e per una sola volta, a un periodo di formazione teorico-pratica presso i tribunali e le Corti di appello le Corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e i tribunali per i minorenni della durata complessiva di diciotto mesi. Lo stage formativo, con riferimento al procedimento penale, puo' essere svolto esclusivamente presso il giudice del dibattimento. I laureati, con i medesimi requisiti, possono accedere a un periodo di formazione teorico-pratica, della stessa durata, anche presso il Consiglio di Stato, sia nelle sezioni giurisdizionali che consultive, e i Tribunali Amministrativi Regionali. La Regione Siciliana e la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige le province autonome di Trento e Bolzano, nell'ambito della propria autonomia statutaria e delle norme di attuazione, attuano l'istituto dello stage formativo e disciplinano le sue modalità di svolgimento presso il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana e presso il Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa per la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa di Trento e della sezione autonoma di Bolzano.
2. Quando non è possibile avviare al periodo di formazione tutti gli aspiranti muniti dei requisiti di cui al comma 1 si riconosce preferenza, nell'ordine, alla media degli esami indicati, al punteggio di laurea e alla minore età anagrafica. A parità dei requisiti previsti dal primo periodo si attribuisce preferenza ai corsi di perfezionamento in materie giuridiche successivi alla laurea.

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3. Per l'accesso allo stage i soggetti di cui al comma 1 presentano domanda ai capi degli uffici giudiziari con allegata documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui al predetto comma, anche a norma degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Nella domanda puo' essere espressa una preferenza ai fini dell'assegnazione a uno o piu' magistrati dell'ufficio incaricati della trattazione di affari in specifiche materie, di cui si tiene conto compatibilmente con le esigenze dell'ufficio.
Per il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa di Trento e della sezione autonoma di Bolzano, i Tribunali Amministrativi Regionali la preferenza si esprime con riferimento ad una o piu' sezioni in cui sono trattate specifiche materie.
4. Gli ammessi allo stage sono affidati a un magistrato che ha espresso la disponibilità ovvero, quando è necessario assicurare la continuità della formazione, a un magistrato designato dal capo dell'ufficio. Gli ammessi assistono e coadiuvano il magistrato nel compimento delle ordinarie attività. Il magistrato non puo' rendersi affidatario di piu' di due ammessi. Il ministero della giustizia fornisce agli ammessi allo stage le dotazioni strumentali, li pone in condizioni di accedere ai sistemi informatici ministeriali e fornisce loro la necessaria assistenza tecnica. Per l'acquisto di dotazioni strumentali informatiche per le necessità di cui al quarto periodo, è autorizzata una spesa unitaria non superiore a 400 euro. Nel corso degli ultimi sei mesi del periodo di formazione il magistrato puo' chiedere l'assegnazione di un nuovo ammesso allo stage al fine di garantire la continuità dell' attività di assistenza e ausilio. L' attività di magistrato formatore è considerata ai fini della valutazione di professionalità di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, nonché ai fini del conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi di merito. L' attività di magistrato formatore espletata nell'ambito dei periodi formativi dei laureati presso gli organi della Giustizia amministrativa non si considera ai fini dei passaggi di qualifica di cui all'articolo 15 della legge 27 aprile 1982 n. 186 ne' ai fini del conferimento delle funzioni di cui all'articolo 6, comma 5, della medesima legge. Al magistrato formatore non spetta alcun compenso aggiuntivo o rimborso spese per lo svolgimento dell' attività formativa.
5. L' attività degli ammessi allo stage si svolge sotto la guida e il controllo del magistrato e nel rispetto degli obblighi di riservatezza e di riserbo riguardo ai dati, alle informazioni e alle notizie acquisite durante il
periodo di formazione, con obbligo di mantenere il segreto su quanto appreso in ragione della loro attività e astenersi dalla deposizione testimoniale. Essi sono ammessi ai corsi di formazione decentrata organizzati per i magistrati dell'ufficio ed ai corsi di formazione decentrata loro specificamente dedicati e organizzati con cadenza almeno semestrale secondo programmi che sono indicati alla formazione decentrata da parte della Scuola superiore della magistratura. I laureati ammessi a partecipare al periodo di formazione teorico-pratico presso il Consiglio di Stato, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, i Tribunali Amministrativi Regionali e il Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Autonoma del Trentino Alto-Adige Tribunale Regionale di Giustizia amministrativa di Trento e della sezione autonoma di Bolzano sono ammessi ai corsi di formazione organizzati dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.
5-bis. L'attività di formazione degli ammessi allo stage è condotta in collaborazione con i consigli dell'Ordine degli avvocati e le Scuole di Specializzazione per le professioni legali, secondo le modalità individuate dal Capo dell'Ufficio, qualora gli stagisti ammessi risultino anche essere iscritti alla pratica forense o ad una Scuola di specializzazione per le professioni legali.
6. Gli ammessi allo stage hanno accesso ai fascicoli processuali, partecipano alle udienze del processo, anche non pubbliche e dinanzi al collegio, nonché alle camere di consiglio, salvo che il giudice ritenga di non ammetterli; non possono avere accesso ai fascicoli relativi ai procedimenti rispetto ai quali versano in conflitto di interessi per conto proprio o di terzi, ivi compresi i fascicoli relativi ai procedimenti trattati dall'avvocato presso il quale svolgono il tirocinio.

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7. Gli ammessi allo stage non possono esercitare attività professionale innanzi l'ufficio ove lo stesso si svolge, ne' possono rappresentare o difendere, anche nelle fasi o nei gradi successivi della causa, le parti dei procedimenti che si sono svolti dinanzi al magistrato formatore o assumere da costoro qualsiasi incarico professionale.
8. Lo svolgimento dello stage non dà diritto ad alcun compenso e non determina il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo ne' di obblighi previdenziali e assicurativi.
9. Lo stage puo' essere interrotto in ogni momento dal capo dell'ufficio, anche su proposta del magistrato formatore, per sopravvenute ragioni organizzative o per il venir meno del rapporto fiduciario, anche in relazione ai possibili rischi per l'indipendenza e l'imparzialità dell'ufficio o la credibilità della funzione giudiziaria, nonché per l'immagine e il prestigio dell'ordine giudiziario.
10. Lo stage puo' essere svolto contestualmente ad altre attività, compreso il dottorato di ricerca, il tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato o di notaio e la frequenza dei corsi delle scuole di specializzazione per le professioni legali, purché con modalità compatibili con il conseguimento di un'adeguata formazione. Il contestuale svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione forense non impedisce all'avvocato presso il quale il tirocinio si svolge di esercitare l' attività professionale innanzi al magistrato formatore.
11. Il magistrato formatore redige, al termine dello stage, una relazione sull'esito del periodo di formazione e la trasmette al capo dell'ufficio.
12. L'esito positivo dello stage, come attestato a norma del comma 11, costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario, a norma dell'articolo 2 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160.
Costituisce, altresì, titolo idoneo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario lo svolgimento del tirocinio professionale per diciotto mesi presso l'Avvocatura dello Stato, sempre che sussistano i requisiti di merito di cui al comma 1 e che sia attestato l'esito positivo del tirocinio.
12-bis. Coloro che alla data dell'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto svolgono attività di formazione professionale negli uffici giudiziari di cui al comma 1 a norma dell'articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono ammessi su loro domanda, da proporsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, allo stage di cui al presente articolo, purché in possesso dei requisiti di cui al comma 1. Il requisito dell'età anagrafica deve sussistere al momento dell'inizio dell'attività di formazione professionale svolta a norma del citato articolo 37. Il periodo di formazione professionale già svolto presso gli uffici giudiziari di cui al comma 1 è computato per le finalità previste dai commi 13, 14 e 15.
13. Per l'accesso alla professione di avvocato e di notaio l'esito positivo dello stage di cui al presente articolo è valutato per il periodo di un anno ai fini del compimento del periodo di tirocinio professionale ed è valutato per il medesimo periodo ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, fermo il superamento delle verifiche intermedie e delle prove finali d'esame di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398.
14. L'esito positivo dello stage costituisce titolo di preferenza a parità di merito, a norma dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, nei concorsi indetti dall'amministrazione della giustizia, dall'amministrazione della giustizia amministrativa e dall'Avvocatura dello Stato. Per i concorsi indetti da altre amministrazioni dello Stato l'esito positivo del periodo di formazione costituisce titolo di preferenza a parità di titoli e di merito.
15. L'esito positivo dello stage costituisce titolo di preferenza per la nomina di giudice onorario di tribunale e di vice procuratore onorario.
16. All'articolo 5 della legge 21 novembre 1991, n. 374, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente comma: "2-bis. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche a coloro che hanno svolto con esito positivo lo stage presso gli uffici giudiziari".

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17. Al fine di favorire l'accesso allo stage è in ogni caso consentito l'apporto finanziario di terzi, anche mediante l'istituzione di apposite borse di studio, sulla base di specifiche convenzioni stipulate con i capi degli uffici, o loro delegati, nel rispetto delle disposizioni del presente articolo.
18. I capi degli uffici giudiziari di cui al presente articolo quando stipulano le convenzioni previste dall'articolo 37 del decreto- legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, devono tenere conto delle domande presentate dai soggetti in possesso dei requisiti di cui al comma 1.
19. L'esito positivo dello stage presso gli uffici della Giustizia amministrativa, come attestato a norma del
comma 11, è equiparato a tutti gli effetti a quello svolto presso gli uffici della Giustizia ordinaria.
20. La domanda di cui al comma 3 non puo' essere presentata prima del decorso del termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Capo III
Magistrati assistenti di studio della Corte suprema di cassazione
Art. 74
(Magistrati assistenti di studio della Corte suprema di cassazione) (Magistrati destinati all'ufficio del
massimario e del ruolo della Corte di cassazione con compiti di assistenti di studio)
1. All'articolo 10, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, dopo le parole
"Corte di cassazione" sono inserite le seguenti: "e di magistrato assistente di studio della Corte di cassazione".
1. All'articolo 115 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma le parole: «trentasette magistrati destinati all'ufficio del massimario e del ruolo» sono sostituite dalle seguenti: «sessantasette magistrati destinati all'ufficio del massimario e del ruolo, anche con compiti di assistenti di studio»;
b) dopo il primo comma è aggiunto il seguente comma: «Il primo presidente della Corte di cassazione, tenuto conto delle esigenze dell'ufficio, osservati i criteri stabiliti dal Consiglio superiore della magistratura, anno per anno può destinare fino a trenta magistrati addetti all'ufficio del massimario e del ruolo alle sezioni della Corte con compiti di assistenti di studio. I magistrati con compiti di assistenti di studio possono assistere alle camere di consiglio della sezione della Corte cui sono destinati, senza possibilità di prendere parte alla deliberazione o di esprimere il voto sulla decisione.».
2. Al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, dopo l'articolo 115 è inserito il seguente: "Art. 115-bis. Magistrati assistenti di studio della Corte di cassazione. Al fine di garantire la celere definizione dei procedimenti pendenti, nella pianta organica della Corte di cassazione sono temporaneamente inseriti trenta magistrati, con le attribuzioni di assistente di studio, da destinare alle sezioni civili. Le attribuzioni di magistrato assistente di studio possono essere assegnate a magistrati per i quali è stato deliberato il conferimento delle funzioni giurisdizionali al termine del periodo di tirocinio e con non meno di cinque anni di effettivo esercizio delle funzioni di merito. Le attribuzioni del magistrato assistente di studio sono stabilite dal primo presidente della Corte di cassazione, sentito il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione. In ogni caso il magistrato assistente di studio non puo' far parte del collegio giudicante. Il magistrato assegnato, a seguito di trasferimento, a svolgere le attribuzioni di magistrato assistente di studio non puo' essere trasferito ad altre sedi prima di cinque anni dal giorno in cui ne ha assunto effettivo possesso, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia. Il posto resosi vacante a seguito di trasferimento non puo' essere ricoperto. Con decreto del Ministro della giustizia si procede annualmente alla ricognizione dell'effettiva consistenza della pianta organica dei magistrati assistenti di studio. La pianta organica di cui al periodo precedente è ad esaurimento, fino alla cessazione dal servizio o al trasferimento

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dei magistrati assistenti di studio. Ai magistrati assistenti di studio non spettano compensi aggiuntivi al trattamento economico in godimento.".
2. In sede di prima applicazione dell'articolo 115 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dal presente decreto, e fino allo scadere del quinto anno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il primo presidente della Corte di cassazione, al fine di garantire la più celere definizione dei procedimenti pendenti, destina almeno la metà dei magistrati addetti all'ufficio del massimario e del ruolo, e non più di quaranta, alle sezioni civili con compiti di assistenti di studio.
3. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Consiglio superiore della magistratura stabilisce i criteri per la destinazione dei magistrati addetti all'ufficio del massimario e del ruolo alle sezioni della Corte con compiti di assistenti di studio.
4. Con cadenza annuale il primo presidente della Corte di cassazione informa il Consiglio superiore della magistratura e, per le competenze di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, il Ministero della giustizia del numero e dell'attività svolta dai magistrati addetti all'ufficio del massimario e del ruolo destinati alle sezioni della Corte con compiti di assistenti di studio.
3. 5. Al decreto legislativo 23 gennaio 2006, n. 24, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2, dopo le parole "Corte di cassazione" sono inserite le seguenti: "o quale magistrato assistente di studio della Corte di cassazione";
b) l'allegato 2 è sostituito dall'allegato A del presente decreto.
4. 6. I procedimenti per la prima copertura dei posti previsti aggiunti alla pianta organica per la per le funzioni di magistrati assistenti di studio della Corte suprema di cassazione ai sensi del presente articolo devono essere conclusi entro il termine di centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
5. 7. Con decreto del Ministro della giustizia da adottarsi, sentito il Consiglio superiore della magistratura, da adottarsi entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinate le piante organiche degli uffici giudiziari, tenuto conto delle disposizioni del presente articolo.

Capo IV
Misure processuali
Art. 75
(Intervento del pubblico ministero nei giudizi civili dinanzi alla corte di cassazione)
1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 70, il secondo comma è sostituito dal seguente: "Deve intervenire nelle cause davanti alla corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge.";
b) all'articolo 380-bis, secondo comma, il secondo periodo è sostituito dal seguente: "Almeno venti giorni prima della data stabilita per l'adunanza, il decreto e la relazione sono notificati agli avvocati delle parti i quali hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima, e di chiedere di essere sentiti, se compaiono.";
c) all'articolo 390, primo comma, le parole "o sia notificata la richiesta del pubblico ministero di cui all'articolo 375" sono sostituite dalle seguenti: "o siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministero nei casi di cui all'articolo 380-ter".
2. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla corte di cassazione instaurati
a decorrere nei quali il decreto di fissazione dell'udienza o dell'adunanza in Camera di consiglio sia adottato a partire dal trentesimo giorno successivo a quello alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

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Art. 76
(Divisione a domanda congiunta demandata al notaio ad un professionista)
1. Al codice di procedura civile, dopo l'articolo 791, è aggiunto il seguente:
"791-bis (Divisione a domanda congiunta) Quando non sussiste controversia sul diritto alla divisione ne' sulle quote o altre questioni pregiudiziali gli eredi o condomini e gli eventuali creditori e aventi causa che hanno notificato o trascritto l'opposizione alla divisione possono, con ricorso congiunto al tribunale competente per territorio, domandare la nomina di un notaio ovvero di un avvocato con potere di autentica delle firme avente sede nel circondario al quale demandare le operazioni di divisione. Se riguarda beni immobili, il ricorso deve essere trascritto a norma dell'articolo 2646 del codice civile. Si procede a norma degli articoli 737 e seguenti. Il giudice, con decreto, nomina il notaio professionista incaricato eventualmente indicato dalle parti e, su richiesta di quest'ultimo, nomina un esperto estimatore.
Quando risulta che una delle parti di cui al primo comma non ha sottoscritto il ricorso, il notaio professionista incaricato rimette gli atti al giudice che, con decreto, dichiara inammissibile la domanda e ordina la cancellazione della relativa trascrizione. Il decreto è reclamabile a norma dell'articolo 739.
Il notaio professionista incaricato designato, sentite le parti e gli eventuali creditori iscritti o aventi causa da uno dei partecipanti che hanno acquistato diritti sull'immobile a norma dell'articolo 1113 del codice civile, nel termine assegnato nel decreto di nomina predispone il progetto di divisione o dispone la vendita dei beni non comodamente divisibili e dà avviso alle parti e agli altri interessati del progetto o della vendita. Alla vendita dei beni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative al professionista delegato di cui al Libro III, Titolo II, Capo IV. Entro trenta giorni dal versamento del prezzo il notaio professionista incaricato predispone il progetto di divisione e ne dà avviso alle parti e agli altri interessati.
Ciascuna delle parti o degli altri interessati puo' ricorrere al Tribunale nel termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione dell'avviso per opporsi alla vendita di beni o contestare il progetto di divisione.
Sull'opposizione il giudice procede secondo le disposizioni di cui al Libro IV, Titolo I, Capo III bis; non si applicano quelle di cui ai commi secondo e terzo dell'articolo 702-ter. Se l'opposizione è accolta il giudice dà le disposizioni necessarie per la prosecuzione delle operazioni divisionali e rimette le parti avanti al notaio professionista incaricato .
Decorso il termine di cui al quinto comma senza che sia stata proposta opposizione, il notaio professionista incaricato deposita in cancelleria il progetto con la prova degli avvisi effettuati. Il giudice dichiara esecutivo il progetto con decreto e rimette gli atti al notaio professionista incaricato per gli adempimenti successivi.".
Art. 77
(Conciliazione giudiziale)
1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 185 è inserito il seguente:
"185-bis. (Proposta di conciliazione del giudice) - Il giudice, alla prima udienza, ovvero sino a quando è esaurita l'istruzione, deve formulare alle parti formula alle parti ove possibile, avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia ed alla esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto una proposta transattiva o conciliativa. Il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio. La proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione od astensione del giudice.";
b) all'articolo 420, primo comma, primo periodo, dopo la parola "transattiva" sono aggiunte le parole "o conciliativa"; allo stesso comma, secondo periodo, dopo la parola "transattiva" sono aggiunte le parole "o conciliativa".

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Art. 78
(Misure per la tutela del credito)
1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 645, secondo comma, è aggiunto il seguente periodo: "L'anticipazione di cui all'articolo 163- bis, terzo comma, deve essere disposta fissando udienza per la comparizione delle parti non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine minimo a comparire";
b) all'articolo 648, primo comma, le parole "con ordinanza non impugnabile" sono sostituite dalle seguenti parole: "provvedendo in prima udienza, con ordinanza non impugnabile".
2. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai procedimenti instaurati, a norma dell'articolo 643, ultimo comma, del codice di procedura civile, successivamente all'entrata in vigore del presente decreto.
Art. 79
(Semplificazione della motivazione della sentenza civile)
1. All'articolo 118 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, il primo e il secondo comma sono sostituiti dal seguente comma: "La motivazione della sentenza di cui all'articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella concisa esposizione dei fatti decisivi e dei principi di diritto su cui la decisione è fondata, anche con esclusivo riferimento a precedenti conformi ovvero mediante rinvio a contenuti specifici degli scritti difensivi o di altri atti di causa. Nel caso previsto nell'articolo 114 del codice debbono essere esposte le ragioni di equità sulle quali è fondata la decisione.".
Art. 80
(Foro delle società con sede all'estero)
1. Per tutte le cause civili nelle quali è parte, anche nel caso di piu' convenuti ai sensi dell'articolo. 33 del codice di procedura civile, una società con sede all'estero e priva nel territorio dello Stato di sedi secondarie con rappresentanza stabile, che secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle disposizioni normative speciali che le disciplinano dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari di seguito elencati, sono inderogabilmente competenti:
a) gli uffici giudiziari di Milano per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Brescia, Genova, Milano, Torino, Trento e Bolzano (sezione distaccata), Trieste, Venezia;
b) gli uffici giudiziari di Roma per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Ancona, Bologna, Cagliari, Sassari (sezione distaccata), Firenze, L'Aquila, Perugia, Roma;
c) gli uffici giudiziari di Napoli per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di corte d'appello di Bari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Lecce, Taranto (sezione distaccata), Messina, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria, Salerno.
2. Quando una società di cui al comma 1 è chiamata in garanzia, la cognizione cosi' della causa principale come dell'azione in garanzia, è devoluta, sulla semplice richiesta della società stessa, con ordinanza del giudice, all'ufficio giudiziario compente a norma del medesimo comma.
3. Le norme ordinarie di competenza restano ferme per i giudizi relativi ai procedimenti esecutivi e fallimentari, nei casi di intervento volontario, e nei giudizi di opposizione di terzo. Resta altresì ferma la disposizione di cui all'articolo 25 del codice di procedura civile.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle cause di cui agli articoli 25, 409 e 442 del codice di procedura civile, e alle cause di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
5. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai giudizi instaurati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Capo V
Modifiche all'ordinamento giudiziario
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Art. 81
(Modifiche ai regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12)
1. L'articolo 76 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è sostituito dal seguente: "Art. 76 (Attribuzioni delpubblico ministero presso la Corte suprema di cassazione). 1. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude:
a) in tutte le udienze penali;
b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di cui all'articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile.
2. Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge.".

Capo VI
Disposizioni in materia di concordato preventivo
Art. 82
(Concordato preventivo)
1. All'articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, dopo le parole "ultimi tre esercizi" sono aggiunte le seguenti "e all'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti";
b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "Con il decreto di cui al primo periodo, il tribunale puo' nominare il commissario giudiziale di cui all'articolo 163, secondo comma, n. 3, e si applica l'articolo 170, secondo comma. Il commissario giudiziale, quando accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste dall'articolo 173, deve riferirne immediatamente al tribunale che, nelle forme del procedimento di cui all'articolo 15 e verificata la sussistenza delle condotte stesse, puo', con decreto, dichiarare improcedibile la domanda e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza reclamabile a norma dell'articolo 18.".
2. All'articolo 161, settimo comma, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo le parole "sommarie informazioni" sono aggiunte le seguenti: "e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato".
3. L'articolo 161, ottavo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente: "Con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all' attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, sino alla scadenza del termine fissato. Il debitore, con periodicità mensile, deposita una situazione finanziaria dell'impresa che, entro il giorno successivo, è pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo. Quando risulta che l' attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d'ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale se nominato, abbrevia il termine fissato con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo. Il tribunale puo' in ogni momento sentire i creditori.
3-bis. Al fine di garantire i crediti spettanti alle cooperative di lavoro, in relazione alla loro finalità mutualistica, il privilegio di cui all'articolo 2751-bis, comma 1, numero 5), del codice civile, spettante per corrispettivi dei servizi prestati e dei manufatti prodotti, è riconosciuto qualora le medesime cooperative abbiano superato positivamente o abbiano comunque richiesto la revisione di cui al decreto legislativo n. 220 del 2002

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Capo VII
Altre misure per il funzionamento dei servizi di giustizia
Art. 83
(Modifiche alla disciplina dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato)
1. All'articolo 47, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, le parole "magistrati in pensione" sono sostituite dalle seguenti: "di regola prioritariamente magistrati in pensione, ovvero e solo in seconda istanza magistrati in servizio".

Capo VIII
Misure in materia di mediazione civile e commerciale
Art. 84
(Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28)
1. Al decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni:
0a) All'articolo 4 il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza».
0a) All'articolo 1, comma 1, la lettera a), è sostituita dalla seguente:
a) mediazione: l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;»
a) All'articolo 4, comma 3, dopo il primo periodo è inserito il seguente periodo: "L'avvocato informa altresì l'assistito dei casi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale"; allo stesso comma, sesto periodo, dopo la parola "documento," sono inserite le seguenti parole: "se non provvede ai sensi dell'articolo 5, comma 1,";
a-bis) all'articolo 5, comma 1 dopo la parola: «medica» inserire le seguenti: «e sanitaria»
b) all'articolo 5, prima del comma 2, è inserito il seguente comma: "1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto assistito dall'avvocato preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La presente disposizione ha la durata di quattro anni dall'entrata in vigore della stessa. Al termine dei due anni sarà attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.";

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c) all'articolo 5, comma 2, primo periodo, prima delle parole "salvo quanto disposto" sono aggiunte le seguenti parole: "Fermo quanto previsto dal comma 1 e"; allo stesso comma, stesso periodo, le parole "invitare le stesse a procedere alla" sono sostituite dalle seguenti parole: "disporre l'esperimento del procedimento di"; allo stesso comma, stesso periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "; in tal caso l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di giudizio d'appello."; allo stesso comma, secondo periodo, le parole "L'invito deve essere rivolto alle parti" sono sostituite dalle seguenti parole: "Il provvedimento di cui al periodo precedente indica l'organismo di mediazione ed è adottato"; allo stesso comma, terzo periodo, le parole "Se le parti aderiscono all'invito," sono soppresse;
c-bis). All'articolo 5, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
2-bis. Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo.
d) all'articolo 5, comma 4, prima delle parole "2 non si applicano" sono aggiunte le parole "I commi 1 e"; allo stesso comma, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente lettera: "b-bis) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile;";
e) all'articolo 5, comma 5, prima delle parole "salvo quanto" sono aggiunte le parole "Fermo quanto previsto dal comma 1 e";
f) all'articolo 6, comma 1, la parola "quattro" è sostituita dalla seguente parola: "tre"; al comma 2, dopo le parole "deposito della stessa" sono aggiunte le parole "e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del quarto o del quinto periodo del comma 1 dell'articolo 5 ovvero ai sensi del comma 2 dell'articolo 5,";
g) all'articolo 7, il comma 1 è sostituto dal seguente comma: "1. Il periodo di cui all'articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell'articolo 5, commi 1 e 2, non si computano ai fini di cui all'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89";
h) all'articolo 8 comma 1, le parole "il primo incontro tra le parti non oltre quindici" sono sostituite dalle seguenti parole: "un primo incontro di programmazione, in cui il mediatore verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione, non oltre trenta": «non oltre quindici» sono sostituite dalle seguenti parole: «non oltre trenta». Nel comma 1, dopo la parola: «istante» si aggiungono le seguenti parole: «Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti dovranno partecipare con l'assistenza dell'avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.
i) all'articolo 8, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente comma: "5. Dalla mancata partecipazione senza
giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice puo' desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.";
l) all'articolo 11, comma 1, dopo il terzo periodo, è aggiunto il seguente periodo: "Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all'articolo 13.";
m) all'articolo 12, comma 1, dopo le parole "Il verbale di accordo," sono aggiunte le seguenti parole:
"sottoscritto dagli avvocati che assistono tutte le parti e" il primo periodo è sostituito dai seguenti: «Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione

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per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico. In tutti gli altri casi l'accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico;
n) all'articolo 13, il comma 1 è sostituito dal seguente comma: "1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta felina l'applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4."; dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti commi: "2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, puo' nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente. 3. Salvo diverso accordo le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.";
o) all'articolo 16, dopo il comma 4, è aggiunto il seguente comma: "4-bis. Gli avvocati iscritti all'albo sono di diritto mediatori. Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò focalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 55-bis del codice deontologico. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.";
p) all'articolo 17, al comma 4 sono premesse le seguenti parole: "Fermo quanto previsto dai commi 5 e 5-bis del presente articolo,"; allo stesso comma, dopo la lettera c) è aggiunta la seguente lettera: "d) le riduzioni minime delle indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell'articolo 5, comma 1, ovvero è prescritta dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 2."; dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti commi: "5. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell'articolo 5, comma 1, ovvero è prescritta dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 2, all'organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tale fine la parte è tenuta a depositare presso l'organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, la cui sottoscrizione puo' essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l'organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato. 5-bis. Quando, all'esito del primo incontro di programmazione con il mediatore, il procedimento si conclude con un mancato accordo, l'importo massimo complessivo delle indennità di mediazione per ciascuna parte, comprensivo delle spese di avvio del procedimento, è di 60 euro, per le liti di valore sino a 1.000 euro; di 100 euro, per le liti di valore sino a 10.000 euro; di 180 euro, per le liti di valore sino a 50.000 euro; di 200 euro, per le liti di valore superiore. Nel caso di mancato accordo all'esito del primo incontro nessun compenso è dovuto per l'organismo di mediazione ".
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

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ART. 84-bis.
(Modifica al Codice civile).
1. All'articolo 2643, primo comma, dopo il numero 12 è inserito il seguente:
12-bis) l'accordo che accerta l'usucapione con la sottoscrizione autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato;.

Omissis
Dato a Roma, addi' 21 giugno 2013

NAPOLITANO

Letta, Presidente del Consiglio dei ministri

Omissis

Visto, il Guardasigilli: Cancellieri

Allegato A
(Art. 74, comma 3, lettera b 5)
Allegato 2

PIANTA ORGANICA PER LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Funzione Organico
Primo Presidente della Corte di cassazione 1
Presidente aggiunto della Corte di cassazione 1
Presidente di sezione della corte di cassazione 54
Consigliere della Corte di cassazione 303
Magistrato di tribunale destinato all'ufficio del massimario e del ruolo 37 67
Magistrato assistente di studio 30 (ad esaurimento)

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Parere del Consiglio Nazionale Forense sul decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 depositato presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, in occasione dell’audizione del 3 luglio 2013

IL DECRETO-LEGGE DEL “FARE” A. C.1248 GOVERNO, DI CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 21 GIUGNO 2013, N. 69, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER IL RILANCIO DELL’ECONOMIA.

Parere del Consiglio nazionale forense
Reso ai sensi dell’art. 35, l. n. 247/2012

Sommario: 1. Premessa. Rilievi generali e profili costituzionali. 2. Titolo III. Capo I «Giudici ausiliari». 2.1. Proposte alternative: le camere arbitrali dell’Avvocatura e la translatio iudicii dal processo. 2.2. (Segue) La negoziazione assistita da un avvocato. 3. Titolo III. Capo II «Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari». 4. Capo IV «Misure processuali». 5. Capo VI. «Disposizioni in materia di concordato preventivo». 6. Capo VII «Altre misure per il funzionamento dei servizi di giustizia. 7. Capo VIII «Misure in materia di mediazione civile e commerciale».

1. Premessa. Rilievi generali e profili costituzionali.
In primo luogo è necessario svolgere alcune considerazioni relative alla fonte ed in particolare al ricorso, nella materia de qua – specie con riferimento alle innovazioni in tema di organizzazione giudiziaria – al decreto legge. Come noto, infatti, la materia dell’ordinamento giudiziario è soggetta, giusta gli artt. 102 e 108 Cost., ad una riserva di legge. Tale riserva, in particolare, affonda le proprie radici nel principio di separazione dei poteri e segnatamente nell’esigenza – ad esso correlata – di mettere l’organizzazione del potere giudiziario al riparo da interventi del potere esecutivo. Da simili considerazioni emerge un profilo di illegittimità costituzionale del provvedimento, in quanto la statuizione delle norme in esso contenute è stato

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effettuato mediante il ricorso alla decretazione d’urgenza; in ogni caso è apparente la sua grave inopportunità sul piano degli equilibri degli assetti costituzionali.
Considerazioni in parte analoghe valgono per quelle disposizioni del Titolo III del Decreto che, recando modifiche al diritto processuale – segnatamente con riferimento alle modalità di accesso al processo civile, con la reintroduzione dell’obbligatorietà della mediazione – intervengono incisivamente sulla tutela del diritto costituzionale alla difesa in giudizio. Benché il Decreto legge sia idoneo, almeno in astratto, a soddisfare la riserva di legge in materia di limitazioni a diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, il suo utilizzo desta notevoli perplessità, relative in particolare alla circostanza che l’adozione del Decreto legge, e i rapidi tempi del procedimento parlamentare di conversione non sono idonei a garantire un’adeguata discussione e ponderazione degli interessi in conflitto.
1.1. Sugli artt. 80, comma 5 e 84, comma 2 (differimento dell’applicabilità di talune innovazioni apportate dal Decreto). In ogni caso, anche a voler ritenere ammissibile il ricorso alla decretazione d’urgenza, gravi perplessità sorgono in merito alla ravvisabilità dei presupposti di necessità ed urgenza di cui all’art. 77 Cost.
La mancanza di essi, peraltro, è confermata da talune disposizioni del Decreto in esame (segnatamente, gli artt. 80, comma 5 e 84, comma 2), che differisce l’applicabilità delle innovazioni ivi contenute – relative alla nuova competenza territoriale inderogabile per le controversie di cui sia parte una società avente sede all’estero e alla reintroduzione dell’obbligatorietà della mediazione – al trentesimo giorno successivo alla sua entrata in vigore, con ciò implicitamente confermando l’insussistenza della straordinaria necessità e urgenza dell’intervento normativo.
Oltre a rappresentare un significativo segnale dell’insussistenza dei requisiti di cui all’art. 77, comma 2, della Costituzione, l’incongruenza appena segnalata vale a confermare l’assoluta irragionevolezza del ricorso, in una materia complessa come quella processuale, allo strumento della decretazione d’urgenza. Il differimento dell’applicabilità di disposizioni contenute in Decreti legge rappresenta una palese violazione della ratio costituzionale dell’istituto della decretazione d’urgenza, destinato a coprire interventi straordinari dettati dallo stato di necessità e non a recare innovazioni sistematiche di largo respiro, per loro natura comportanti un – più o meno lungo –


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periodo di “assorbimento”, che può tradursi nel differimento dell’applicazione delle disposizioni recanti le innovazioni.
È appena il caso di osservare, peraltro, che l’insussistenza dei requisiti, lungi dall’essere sanata dall’intervento della legge di conversione, si traduce – secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale – in vizio della medesima, censurabile nel giudizio di legittimità costituzionale (cfr. da ultimo, Corte cost. sent. n. 171/2007).
1.2. Contraddittorietà interna del provvedimento. Infine, appare opportuno rilevare la contraddittorietà interna che caratterizza le misure in materia di giustizia. Sulla scorta della premessa dello stato di affanno della giustizia civile si prevedono a) un reclutamento straordinario di figure professionali che agevolino il magistrato nel suo compito quotidiano; b) una riallocazione delle risorse esistenti che comporta una massiccia riduzione della presenza del P.M. nel giudizio di cassazione. Tuttavia, nello stesso provvedimento: c) si prevede l’impegno dei magistrati in servizio nelle commissioni di abilitazione alla professione forense; d) si destinano (senza peraltro definire, come rilevato dal Servizio studi della Camera dei deputati (3 luglio 2013), lo stato giuridico, la modalità e la tempistica di tale destinazione) un certo numero di magistrati ordinari alla funzione di assistenti di studio dei giudici di cassazione. Se mai vi fosse un recupero di efficienza per quest’ultima Corte, di certo sarebbe ampiamente neutralizzato dalla corrispondente perdita di efficienza dell’ufficio giudiziario di provenienza. Si tratta, dunque e nel complesso, di un intervento “cosmetico” che, come rilevato anche dal Presidente Santacroce nell’audizione presso la Commissione giustizia della Camera del 3 luglio u.s., costituisce “un rilevante successo politico” ma difficilmente ci si potrà “attendere un realistico effetto deflattivo delle cause ordinarie pendenti davanti ai giudici di merito”. Come rilevato dal dossier di analisi del Servizio studi della Camera, infatti, «Il provvedimento si contraddistingue per la genericità di molte delle disposizioni [...] e nella presenza di: 1. un numero elevato di norme prive di portata normativa, in quanto meramente descrittive; 2. rinvii generici alla normativa vigente (risultando così difficilmente individuabile la disciplina oggetto del rinvio); 3. clausole abrogative generiche; 4. deroghe implicite [...]; 5. «disposizioni avulse da un idoneo tessuto normativo». La circostanza, esecrabile in qualsiasi provvedimento legislativo, lo è vieppiù in un decreto legge, ovvero in un atto promanante da un organo “tecnico” come il Governo.

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2. Titolo III. Capo I «Giudici ausiliari».
Con riferimento al capo I del titolo III, dedicato ai «giudici ausiliari» si osserva quanto segue:
anche il reclutamento di nuove figure di magistrati onorari da impiegare nel contenzioso in appello, come gran parte delle previsioni in materia di giustizia, appare più “cosmetico” che effettivamente capace di contribuire alla risoluzione dell’eccessivo carico dei ruoli giudiziari civili.
Il d.l. prevede, difatti, l’impiego di 400 unità di professionisti del diritto ponendo un limite alle sentenze che ciascuno potrà contribuire a redigere nel numero di 90. Orbene, il carico stimato delle Corti d’Appello, sia pur nell’opacità dei dati, pare ammontare a 400.000. Anche senza eseguire calcoli sofisticati è di tutta evidenza che la misura non può che consistere in un mero palliativo, oltretutto oneroso per lo Stato, che – come è ovvio – è tenuto a retribuire, seppure simbolicamente, i professionisti impiegati come giudici ausiliari.
A tale rilievo si aggiunga la considerazione che il reclutamento di giudici onorari è fenomeno già ampiamente conosciuto dalla legislazione italiana e che, nel tempo, ha creato profili problematici di stabilizzazione del personale impiegato, ormai da decenni, nel servizio giustizia senza essere inquadrato nei ruoli dell’ordinamento giudiziario. Non a caso in Parlamento pende l’esame di 4 disegni di legge sulla magistratura onoraria (As.127; 2080; 897 e 2359) volti alla risoluzione di tali ed ulteriori delicati profili.
Tanto premesso in generale, nel caso non si intenda procedere allo stralcio della previsione, si rappresenta la necessità di prevedere (con riferimento all’art. 62) - criteri più dettagliati per la determinazione dei giudizi ai quali destinare l’intervento dei giudici ausiliari, in modo da limitarne l’utilizzo al contenzioso c.d. “arretrato” in modo da contribuire ad una più celere risoluzione delle pendenze e, allo stesso momento, di evitare che tali figure non possano essere utilizzate per le cause di nuova introduzione. A questo proposito si propone una limitazione alle cause pendenti in grado d’appello da più di 18 mesi e a quelle cause per le quali sia già stata fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni;

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- che se la sentenza in primo grado è stata resa da un giudice onorario la relativa impugnazione venga assegnata ad un giudice togato, onde garantire che almeno in un grado di giudizio la questione sia delibata compiutamente da un magistrato professionale.
Appare, inoltre, necessario tentare di garantire la competenza dei giudici ausiliari indipendentemente dalla categoria di appartenenza. A tal uopo sarebbe utile consentire ai Consigli giudiziari la selezione dei profili curricolari che presentino maggiori garanzie di professionalità e competenza (artt. 64 e 65)
2. 1. Una proposta alternativa: le camere arbitrali dell’Avvocatura e la translatio iudicii dal processo.
Tra le possibili soluzioni alternative a quelle introdotte dal Decreto Legge, in tema di gestione del contenzioso pendente, vale segnalare quella relativa alla istituzione delle Camere Arbitrali dell’Avvocatura, che potrebbe essere versata in apposito emendamento, con l’introduzione degli artt. 72 bis a 72 undevicies.
La proposta dell’Avvocatura risponde alla convinzione che l’obiettivo di restituire efficienza alla giurisdizione va perseguito in primo luogo attraverso un organico progetto di aumento della capacità di risposta del sistema. Il recupero di efficienza va realizzato anche attraverso la predisposizione di valide alternative al ricorso alla giurisdizione, capaci di coniugare qualità, efficienza e costi calmierati. Si propone così la disciplina delle Camere arbitrali dell’Avvocatura, in conformità con la previsione dell’art. 39, comma 1, lett. n), della legge n. 247/2012.
Si tratta di organismi costituiti presso ciascun Ordine degli Avvocati, al fine di amministrare arbitrati rituali mediante arbitro unico o, su richiesta delle parti, apposito collegio. La Camera è composta dai membri del Consiglio dell’Ordine, con il compito di tenere ed aggiornare l’elenco degli arbitri, oltre che assegnare gli incarichi: per la definizione dei requisiti per l’iscrizione nell’elenco e dei criteri per l’assegnazione degli incarichi è previsto apposito Regolamento ministeriale, da adottarsi previo parere del C.N.F.
Particolarmente significativi, anzitutto, i poteri attribuiti alla Camera arbitrale per ciò che riguarda la competenza a concedere decreto ingiuntivo per le cause di valore inferiore o uguale a 100.000 Euro e a decidere del relativo giudizio di opposizione, sempre previo accordo delle parti.

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Altrettanto rilevante, proprio con riguardo al problema della gestione del contenzioso arretrato, pare la previsione relativa alla possibilità – per il giudice di primo grado – di disporre, su richiesta delle parti, la prosecuzione del giudizio dinanzi alla competente Camera arbitrale dell’Avvocatura.
2.2. Segue: la negoziazione assistita da un avvocato
Tra le ulteriori proposte di risoluzione alternativa delle controversie provenienti dall’Avvocatura e che potrebbero utilmente affiancare l’intervento governativo in tema di mediazione obbligatoria – insoddisfacente per i motivi che si diranno – va segnalata l’introduzione di una procedura di negoziazione assistita da un avvocato. Tale procedura si fonda sull’accordo tra le parti – che non abbiano ancora agito in giudizio – di cooperare con buona fede e lealtà per risolvere in via amichevole il conflitto o la controversia tramite l’assistenza dei propri legali: sono escluse le controversie in tema di diritti indisponibili e le controversie alla risoluzione del rapporto di lavoro dipendente, alla certificazione dei contratti di lavoro e alla materia previdenziale; vienealtresì fatta salva l’instaurazione – pur in pendenza di procedura di negoziazione assistita – dei procedimenti cautelari o urgenti. L’accordo raggiunto tra le parti può essere omologato dal giudice.
In caso di mancato accordo e successiva azione in giudizio, le parti saranno dispensate dall’esperire il tentativo di conciliazione o la mediazione obbligatoria.

3. Titolo III. Capo II «Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari».
L’art. 73 introduce la possibilità, per i laureati in giurisprudenza, di svolgere un periodo di formazione teorico – pratica presso gli uffici giudiziari. Tale previsione, che mira ad arricchire la formazione del giurista ma anche a dotare gli uffici giudiziari di utili risorse ausiliarie (specie per le attività di studio) pare in linea con analoghe previsioni recate dagli interventi normativi che, negli ultimi anni, si sono occupate di disciplina dell’ordinamento professionale forense e da ultimo, soprattutto, la legge n. 247/12. Allo stesso tempo, tuttavia, la disposizione in esame si rivolge anche a quei laureati che, pur non intendendo accedere alla professione di avvocato, intendano arricchire la propria formazione teorico –pratica attraverso la frequenza di uffici giudiziari. Si tratta di una

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previsione opportuna e sicuramente utile, in merito alla quale devono tuttavia segnalarsi alcune perplessità, ed in particolare:
a) appare necessario, anzitutto, coordinare la previsione in esame con la disciplina del tirocinio per l’accesso alla professione forense dal momento che la legge n. 247/12 già prevede la possibilità che parte del tirocinio venga svolto attraverso la frequenza di uffici giudiziari, affidando altresì la disciplina di tale modalità di svolgimento del tirocinio ad apposito regolamento del Ministro della Giustizia (cfr. art. 44, l. n. 247/12). A tal fine, potrebbero proporsi emendamenti al comma 13 della disposizione in esame, che rechino un rinvio al predetto regolamento e prevedano il necessario coordinamento tra ufficio giudiziario e Consiglio dell’Ordine. Allo stesso tempo, è opportuno migliorare il coordinamento tra svolgimento dello stage e frequenza delle Scuole di specializzazione per le professioni legali, ad esempio escludendo che lo stagista che sospenda – per il periodo dello stage – la frequenza della Scuola, sia comunque tenuto al superamento delle verifiche intermedie;
b) con riferimento al comma 6, appare particolarmente problematica la previsione secondo cui lo stagista può assistere alla Camera di consiglio, dal momento che essa è il momento più delicato del procedimento nel quale si forma la volontà dell’organo decisionale, come tale assistita da fondamentali garanzie di segretezza.

4. Capo IV Misure processuali.
Ferma restando la preoccupazione rispetto al continuo intervento sulla materia processuale che, più delle altre, richiede una stabilità del quadro normativo di riferimento e, invece, dal 2005 è stata interessata da troppi e ripetute modifiche si osserva quanto segue:
a) con riferimento all’art. 76 (Divisione a domanda congiunta demandata al notaio). È senz’altro opportuna la previsione di un ausilio al magistrato per operazioni non strettamente collegate all’esercizio della giurisdizione. Tuttavia si propone l’estensione della possibilità di delegare le operazioni di divisione altresì ad avvocati e commercialisti, figure professionali già utilmente impegnate in attività del medesimo genere: si pensi, a mo’ di esempio, alle attività loro delegate in relazione alle procedure concorsuali e all’esecuzione forzata.
b) Con riferimento all’art. 77 (Conciliazione giudiziale). La previsione andrebbe

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sicuramente soppressa. È vero che la tendenza attualmente consolidata va nel senso di un’evoluzione della considerazione classica del giudicante che mira ad affiancargli funzioni sempre più penetranti di conciliatore (Rapporto CEPEJ su Contractualisation and judicial process in Europe”, 2009). In questo senso si è orientato anche il legislatore italiano che, nel 2009 e nel 2010 (l. 69/2009 e l. 183/2010), ha potenziato i poteri conciliativi sia del giudice della cognizione ordinaria che di quella speciale del lavoro. Tuttavia, imporre al giudicante la formulazione di una proposta di soluzione conciliativa o transattiva supera il segno. In generale, la previsione collide con la garanzia di imparzialità del giudice, prima chiamato a formulare una proposta, con un’indebita anticipazione del giudizio, che poi, in caso di esito negativo, dovrà compiere. Sul piano pratico, poi, la previsione si tradurrà in un allungamento secco del processo. Il magistrato, che gestisce un ruolo sovraccarico, non avrà il tempo necessario a valutare le potenzialità conciliative della lite, sicché presumibilmente l’esito conciliativo sarà raro. Certa invece sarà la necessità di fissare un’udienza successiva a quella di trattazione e di assegnare un ulteriore termine per l’accettazione o il rifiuto della proposta formulata. Se a ciò si aggiunge la previsione dell’ulteriore filtro all’accesso al giudizio costituito dall’obbligo di procedere alla mediazione (art. 84) appare di tutta evidenza che il lasso di tempo richiesto al cittadino per giungere alla decisione giudiziale della lite diviene
insopportabile e lesivo dell’art. 24 Cost.
c) Art. 79 (semplificazione della motivazione della sentenza civile).
La disposizione è inaccettabile. La motivazione della sentenza civile è stata già ridotta all’osso con interventi ripetuti. Dopo i numerosi tentativi (arginati dal Parlamento) di renderla meramente eventuale e subordinata all’anticipazione delle spese del grado successivo, l’intervento odierno non la elimina ma ne erode completamente il contenuto. A tenore della disposizione in esame, una sentenza potrebbe essere limitata a disporre che “la domanda è rigettata in conformità di Cass. 23 aprile 203, n. 7654” (sic!). È evidente la lesione della garanzia costituzionale volta a permettere il controllo sull’iter decisionale seguito dal giudice attraverso il rimedio impugnatorio.
In forza delle gravissime limitazioni all’appello (348 bis, ter c.p.c.) e al controllo sulla motivazione esperibile in cassazione (art. 360, n. 5 c.p.c.) previste nell’estate scorsa, la disposizione dell’art. 79 presenta profili di incostituzionalità manifesta per contrasto con l’art. 111 Cost. che prescrive la 78  garanzia della motivazione della sentenza giurisdizionale.
d) Art. 80 (Foro delle società con sede all’estero)
Sull’art. 80 (Foro delle società con sede all’estero) si osserva che la norma, modificando il sistema processuale nazionale della competenza per territorio, delinea una nuova competenza inderogabile degli uffici giudiziari di Milano, Roma e Napoli per tutte le cause civili che hanno come parte attrice, convenuta o chiamata in garanzia una società con sede all’estero e priva nel territorio italiano di sedi secondarie con rappresentanza stabile (comma 1 e 2).
Per l’individuazione dell’ufficio giudiziario competente tra quelli di Milano, Roma e Napoli, le lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 80 dettano un prospetto analitico, assegnando ad ognuno dei tre uffici giudiziari competenti le cause provenienti dai vari distretti italiani.
Derogando al criterio di cui al comma 1 dell’art. 80, nei successivi commi 3 e 4 sono elencate una serie di cause per le quali restano ferme le ordinarie disposizioni di competenza. In particolare, si tratta dei giudizi relativi alle procedure fallimentari e a quelle esecutive, nonché dei giudizi nei quali l’intervento della società estera sia volontario, nei giudizi di opposizione di terzo, ed in ultimo delle cause che hanno come parte la P.A., delle controversie in materia di lavoro, previdenza ed assistenza obbligatorie, ed in quelle previste dal Codice del Consumo.
La proposta di emendamento soppressivo dell’articolo 80 trova la sua giustificazione nella irragionevolezza di una previsione che, in primo luogo, pone dei seri problemi di coordinamento con le fonti europee sulla giurisdizione. Il riferimento è al Reg. n. 44/2001 e n. 1215/2012 di revisione, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Il decreto legge non opera, infatti, distinzione alcuna tra le società estere aventi sede in Paesi dell’Unione europea da quelle aventi sede in Paesi extraeuropei.
In secondo luogo, si osserva che il criterio del foro inderogabile di cui al comma 1 dell’art. 80 non risulta in alcun modo collegato alla specializzazione degli uffici giudiziari di Milano, Roma, Napoli. Pertanto la diretta conseguenza dell’applicazione di detto criterio sarebbe: a) l’impoverimento e la riduzione dei carichi di lavoro della maggior parte degli uffici giudiziari nazionali; b) l’accrescimento sproporzionato dei carichi di lavoro presso gli uffici giudiziari di

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Milano, Roma e Napoli; ma soprattutto c) la sottrazione alla competenza di fori, come quelli del mare o di frontiera, che più di altri presentano elementi di collegamento con le controversie transfrontaliere.
In terzo luogo, deve considerarsi l’impatto che avrebbe la nuova competenza inderogabile sulle parti diverse dalla società, tenuto conto del fatto che non necessariamente la controversia deve avere natura commerciale. Se sul piano soggettivo il criterio di competenza inderogabile, di cui al comma 1 della disposizione in commento, si applica in ragione della natura (di “società con sede all’estero e priva nel territorio dello Stato di sedi secondarie con rappresentanza stabile”) di una qualsiasi delle parti, sul piano oggettivo, eccezion fatta per i giudizi contemplati dai commi 3 e 4 della norma, non viene operata alcuna distinzione in base al contenuto della controversia. Per fare un esempio subirà, irragionevolmente, uno spostamento di competenza anche l’azione di risarcimento danni per circolazione stradale, quando l’incidente sia determinato da un veicolo di proprietà di una società straniera. Non si comprende come, nella ipotesi delineata, si possa in qualche modo “contribuire a ricostruire un ambiente d’impresa per gli investitori nazionali ed internazionali fondato sulla certezza del credito e garantire una maggiore prevedibilità delle decisioni e ridotti costi logistici”.
Alla luce delle osservazioni che precedono, qualora la norma non venisse eliminata in sede di conversione, per la sua insensatezza ed irragionevolezza, non solo l’intero sistema di competenza per territorio risulterebbe arbitrariamente sconvolto, ma le parti verrebbero distolte dal giudice naturale precostituito per legge, così violando il dettato costituzionale solo ed esclusivamente per l’incomprensibile finalità di garantire un privilegio agli investitori stranieri.

4. Capo VI. Concordato preventivo
Si suggerisce la previsione dell’assistenza tecnica nella fase di ammissione. Il rilievo della documentazione che il debitore deve produrre per l’istanza di concordato impone che la stessa sia redatta con l’assistenza di avvocati i quali, per il loro ruolo istituzionale ben possono garantire un filtro preventivo sulla bontà dell’operazione, assumendone la responsabilità professionale nel caso la proposta sia manifestamente inadeguata e presentata soltanto a fini dilatori.
Tra gli obblighi informativi che il Tribunale deve disporre ai sensi del comma 3, appare utile

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considerare tutte le scritture contabili in quanto, al fine di monitorare l’attività posta in essere dall’impresa, la situazione patrimoniale non può essere disgiunta da quella finanziaria.
6. Capo VII «Altre misure per il funzionamento dei servizi di giustizia» L’art. 83 interviene a modificare l’art. 47, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), modificando l’attuale criterio di selezione del membro della Commissione per l’esame di avvocato proveniente dalla magistratura: se, ai sensi del predetto art. 47, comma 1, il membro proveniente dalla magistratura è un magistrato in pensione, la modifica proposta è volta ad introdurre la possibilità che tale membro possa essere anche un magistrato in servizio. Tale previsione desta notevoli perplessità: oltre che sull’assenza dei requisiti di straordinarietà e urgenza necessari a sostenere la disposizione, tali perplessità si appuntano sulla considerazione della contraddittorietà interna al provvedimento che da un lato prevede misure straordinarie volte a far fronte al carico giudiziario e rialloca le risorse esistenti (vedi norme sull’intervento del PM in cassazione) dall’altro sottrae tempo ed energie ai magistrati in servizio.

7. Capo VIII «Misure in materia di mediazione civile e commerciale».
L’art. 84 ripropone, con pochi e non esaustivi correttivi, le norme già colpite dalla pronuncia di incostituzionalità sulla mediazione obbligatoria (C. Cost. n. 272 del 2012) per eccesso di delega in quanto «il carattere dell'obbligatorietà per la mediazione non trova alcun ancoraggio nella legge delega». La pronuncia della Corte costituzionale non ha, però affrontato i profili di illegittimità costituzionale sottoposti da differenti Uffici giudiziari che avevano evidenziato differenti e molteplici profili problematici (v. Tar Lazio Ord. 12 aprile 2011, n. 3202, Trib. Genova, ord. 18 novembre 2011; Giud. pace Parma, ord. 1° agosto 2011, cit.; Giud. pace Catanzaro, ord. 1° settembre 2011, cit., e ord. 3 novembre 2011Giud. pace Salerno, ord. 19 novembre 2011, cit.; Trib. Torino, ord. 24 gennaio 2012).
La decisione della Consulta, di accoglimento sotto il profilo dell’eccesso di delega, come pure la recente sentenza della Corte di giustizia (27 giugno 2013) che ha dichiarato inammissibile per irrilevanza rispetto al giudizio a quo le questioni di pregiudizialità comunitaria del d.lgs. n.


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28/2012

1, hanno comportato il loro assorbimento nel vizio pregiudiziale e capitale impedendone l’esame ma non certo privandoli di pregio. Un intervento legislativo coscienzioso in un settore tanto delicato avrebbe dovuto tenerne conto, mentre il d.l. n. 69/2013 si limita a riproporre, quasi testualmente, il previgente testo.
Con considerazioni che restano attuali perché coinvolgono l’istituto nel suo complesso, l’ordinanza di rimessione del Tar Lazio, per esempio, rilevava come a fronte dell’astratta idoneità dello strumento a «conformare definitivamente i diritti soggettivi da essa coinvolti» il legislatore non ne appresta «un’adeguata conformazione della figura del mediatore». In questo quadro l’esclusiva attenzione dedicata ai «parametri […] di «funzionalità generica» degli organismi, senza alcuna considerazione per i requisiti di professionalità, rischia di porsi in contrasto «con l’art. 24 Cost. nella misura in cui determina […] una incisiva influenza […] sull’azionabilità in giudizio di diritti soggettivi e sulla successiva funzione giurisdizionale statuale, su cui lo svolgimento della mediazione variamente influisce».
Nessun intervento correttivo è stato adottato per risolvere i problemi relativi al mancato coordinamento tra gli effetti prenotativi della trascrizione della domanda giudiziale e il raggiungimento della conciliazione. Lungi dal costituire mero problema di tecnica processuale, difatti, la lacuna sul punto determina il sacrificio del diritto della parte in caso di atti di disposizione del diritto litigioso medio tempore compiuti, attesa la necessaria conclusione in rito del processo che consegue alla composizione stragiudiziale della lite.
Più in generale si esprime netta contrarierà per un ritorno “secco” all’obbligatorietà. La giustizia convenzionale per costituire alternativa alla giurisdizione effettiva e rispettosa dei diritti delle parti non può che essere volontaria. L’affermazione trova conferma negli studi specialistici sulla materia – le parti non accettano di buon grado di essere unilateralmente distolte dal proprio giudice naturale e, di conseguenza, i tentativi di addivenire ad un risultato conciliativo falliscono – e nelle stesse statistiche semestrali diffuse dal Ministero della Giustizia nella vigenza dell’obbligo di esperire il tentativo di mediazione ai sensi del previgente art. 5 del d.lgs. n. 28/2010. I dati raccolti al 31 dicembre 2012 segnalano un netto calo delle adesioni della parte invitata in mediazione che si 1 Proprio in forza della declaratoria di incostituzionalità che ha comportato il mutamento del dato normatvo.

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assesto intorno al 22% (con un calo di più del 15% rispetto all’anno precedente). Inoltre, nel tempo, è crollata anche la percentuale di raggiungimento del risultato conciliativo nonostante la partecipazione delle parti al procedimento. I dati relativi alla forma facoltativa, poi, sono sconcertanti, assestandosi solo sul 13%, ma ancor più lo sono quelli relativi al ricorso del giudice all’istituto, che non arrivano al 3%. E’ chiaro che il sistema congegnato nel 2010 non funzioni. Eppure il Legislatore lo ripropone oggi, in via d’urgenza, senza punto modificarlo nei suoi caratteri cardine.
Richiamando le osservazioni esposte in Premessa e ribadendo la ferma contrarietà ad un sistema di mediazione obbligatoria, dunque, si sottolinea l’opportunità di lasciare al Parlamento e alla legge ordinaria un intervento di più ampio respiro sull’istituto in parola.
Nella denegata ipotesi che il Parlamento voglia provvedere sulla materia in esame, tuttavia, appare necessario intervenire a correggere le antinomie del testo con riferimento ai numerosi profili di incostituzionalità, o quanto meno di atecnicità, segnalati dalla giurisprudenza e dalla dottrina.
1) prevedere la possibilità che il verbale di conciliazione presenti requisiti di esecutorietà senza bisogno di omologazione giudiziale in modo da semplificare la formazione di un titolo esecutivo stragiudiziale. La previsione renderebbe senz’altro la mediazione più utile e conveniente per le parti; né costituisce una novità l’attribuzione di forza esecutiva ad atti meramente privati come, da ultimo, è avvenuto per la scrittura privata autenticata.
L’attuale previsione del comma 1, lettera m), difatti, non pare rispondere allo scopo di fornire al cittadino uno strumento utile ed efficace per la risoluzione della lite ed anzi, nel caso di mancata partecipazione di una parte assistita da un avvocato ovvero nel caso in cui la stessa non voglia sottoscrivere il verbale, l’accordo non potrà acquistare le utilità connesse all’omologazione giudiziale.
2) eliminare le conseguenze processuali e sulle spese del contegno tenuto in mediazione (particolarmente gravose specie ove inserite in un quadro che non prevede l’assistenza tecnica obbligatoria).
3) Totale gratuità del primo incontro informativo.
4) Prevedere un coordinamento del verbale di conciliazione con le norme in materia di trascrizione degli atti.

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5) eliminare l’obbligo del giudice di rinviare le parti in mediazione, lasciandogliene la facoltà, e, soprattutto, di indicare un singolo ODM competente. Allo scopo di agevolare il ricorso all’istituto basta la mera indicazione della sede territoriale collegata a quella dell’ufficio giudiziario dal quale proviene l’invito. Non è, difatti, con la previsione di un obbligo che si possa ottenere fiducia in un istituto nel quale, sulla base dei dati diffusi dal Ministero della giustizia, i magistrati non sembrano averne alcuna.
Infine, ove il Parlamento ritenesse che il “passaggio” per l’obbligatorietà costituisca un tributo necessario per poter diffondere la cultura dello strumento (anche se con una cura “antibiotica”) sarebbe opportuno:
i) limitare nel tempo tale previsione e procedere, al termine del periodo considerato, ad una verifica dei risultati effettivamente raggiunti. Il sistema attuale prevede già che gli Organismi di mediazione comunichino al Ministero della giustizia i dati relativi ai procedimenti incardinati e a quelli conclusi, sicchè la verifica è già possibile e auspicabile.
ii) Limitare a 10.000/15.000 euro del valore delle controversie per le quali la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda. Il limite confina l’obbligo alle controversie bagattellari incidendo, tuttavia, anche sul carico dei Tribunali.

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Parere della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, del 9 luglio 2013 sul disegno di legge as1248, di conversione del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69*

CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 9 luglio 2013
51.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)

ALLEGATO 5
DL 69/13: Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia. C. 1248 Governo.

PARERE APPROVATO

La Commissione Giustizia,
esaminato il disegno di legge in oggetto,
rilevato che:
le disposizioni in materia di giustizia contenute nel decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 costituiscono un complesso intervento normativo che incide su tutte le fasi del processo sia in termini di organizzazione degli uffici giudiziari sia sul piano delle regole processuali; lo stato della giustizia civile costituisce, senza dubbio, uno dei fattori esogeni di svantaggio competitivo per la società italiana, in particolare per chi produce e lavora, considerato che l'Italia si colloca al 158o posto nel mondo nell'indice di efficienza di recupero del credito a causa dei tempi lunghi, che la durata media dei procedimenti civili per il recupero crediti è di 1.210 giorni e che è in costante aumento il numero di condanne riportate dallo Stato italiano per violazione del termine della ragionevole durata dei processi; la materia della giustizia è oramai stabilmente inserita in iniziative legislative governative di contenuto multisettoriale volte ad affrontare complessivamente l'obiettivo di assicurare competitività all'economia italiana; il contenuto multisettoriale del decreto-legge tuttavia ha comportato l'assegnazione del
relativo disegno di legge solo in sede consultiva alla Commissione Giustizia; ciononostante, al fine di esaminare adeguatamente il complesso intervento normativo in materia di giustizia, l'istruttoria in sede consultiva è confluita nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'efficienza del sistema giudiziario già avviata dalla Commissione giustizia, procedendo all'audizione del Primo Presidente della Corte suprema di Cassazione, di organismi rappresentativi della magistratura civile ed onoraria, dell'avvocatura, di rappresentanti del personale amministrativo * Sono stati evidenziati i passi del parere della Commissione che riprendono gli spunti ed i suggerimenti contenuti nel Parere del CNF depositato in sede di audizione.

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della giustizia, nonché di soggetti ed enti che hanno maturato una significativa esperienza nelle materie del decreto-legge inerenti alla giustizia;nel caso in esame è stato scelto dal Governo lo strumento del decreto-legge a fronte della necessità ed urgenza di rilanciare l'economia del Paese e dell'esigenza di mandare ai mercati internazionali un segnale decisivo di immediata ripresa dell'Italia; auspicato che le prossime iniziative in materia di giustizia, affinché possano essere esaminate dalla Commissione Giustizia in sede referente e con tempi adeguati alla loro complessità, siano adottate dal Governo facendo ricorso a provvedimenti circoscritti a tale materia, utilizzando lo strumento della decretazione d'urgenza solo nei casi in cui sia strettamente necessario; richiamate integralmente le audizioni dell'indagine conoscitiva di cui sopra, svoltesi nelle sedute del 3 e 4 luglio 2013; ritenuto che le disposizioni in materia di giustizia complessivamente rispondono Pag. 88 all'esigenza evidenziata dalla Commissione Europea, di abbreviare la durata dei procedimenti civili e ridurre l'alto livello del contenzioso civile, anche promuovendo il ricorso a procedure extragiudiziali di risoluzione delle controversie;
in relazione al contenuto del titolo III del decreto-legge n. 69 del 2013:
1. per quanto attiene alle disposizioni in materia di giudici ausiliari, di tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari, ai magistrati assistenti di studio della Corte suprema di Cassazione di cui ai capi I, II e III, rilevato che:
1.1. il ricorso a nuove figure di ausilio della giurisdizione è diretto a rispondere all'esigenza di deflazionare l'imponente carico di lavoro degli uffici giudiziari soprattutto per quanto riguarda l'arretrato civile, per cui è da considerare in linea di principio con favore sia pure con la consapevolezza dell'esigenza di procedere a nuovi e più razionali investimenti in materia di informatizzazione, risorse umane e di organizzazione, volti a garantire un organico di personale togato ed amministrativo adeguato, sia in termini numerici che professionali, alle concrete esigenze dell'amministrazione della giustizia;
1.2. gli stanziamenti del Fondo unico Giustizia rappresenta no il primo strumento da utilizzare in una ottica di riqualificazione professionale del personale amministrativo della giustizia nonché di adeguamento degli organici;
1.3. come prima misura si potrebbero prevedere due modifiche della lettera c) del comma 7 dell'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, l'una diretta ad aumentare la quota del Fondo (oggi non inferiore ad un terzo) spettante al Ministero della Giustizia, l'altra diretta a prevedere che le risorse diretta a prevedere che le risorse del fondo destinate al Ministero della Giustizia sono finalizzate anche ad incentivare il personale amministrativo;
1.4. appare opportuno, nel rispetto del principio di uguaglianza, portare da sessanta a settantacinque anni il limite di età previsto per gli avvocati e notai per poter essere legittimati a presentare la domanda per svolgere le funzioni di giudice ausiliario, secondo quanto previsto per i magistrati, per quanto sia opportuno anche modificare la disciplina dell'articolo 65, comma 2, al fine di valorizzare gli avvocati più giovani che abbiano maturato almeno cinque anni di documentata esperienza professionale;
1.5. appare opportuno impiegare nelle funzioni giudicanti giuristi che non si siano allontanati da troppo tempo dalla pratica attiva del diritto e dalle aule di giustizia, per cui


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dovrebbero poter essere chiamati all'ufficio di giudice ausiliare i magistrati in pensione da non più di due anni, gli avvocati che siano cancellati dall'albo da non più di due anni e i notai a riposo da non più di due anni;
1.6. in tema di incompatibilità appare opportuno estendere i divieti di cui al comma 4 dell'articolo 69 all'avvocato socio od associato ovvero all'avvocato che eserciti negli stessi locali;
1.7. non appare giustificata l'esclusione dei magistrati onorari dalla categoria dei soggetti che possono essere chiamati all'ufficio di giudice ausiliario presso le Corti di Appello, qualora abbiano maturato un'esperienza, positivamente valutata, di almeno cinque anni;
1.8. in relazione al tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari, l'intervento deve essere valutato complessivamente in maniera positiva, permettendo per la prima volta di delineare con una certa stabilità la figura di assistente del giudice in tutti gli uffici giudiziari e non solo in quelli che, come ad esempio quelli di Milano e Firenze, in modo virtuoso riescono a stipulare convenzioni ed associando la finalità definizione dell'arretrato all'aspetto formativo;
1.9. da un recente monitoraggio presso il Tribunale di Firenze emerge che complessivamente i magistrati hanno maggiore capacità di incidenza sull'arretrato rispetto a quelli senza stagista, in particolare è emerso che: i magistrati con stagista hanno un indice di smaltimento maggiore rispetto a quelli senza stagista (rapporto tra procedimenti definiti i la somma tra pendenti iniziali e sopravvenuti nell'anno): nel 2009 del 16 per cento, nel 2010 del 9 per cento e nel 2011 del 17 per cento in più; i magistrati con stagista hanno un indice di ricambio maggiore rispetto a quelli senza stagista (rapporto tra sopravvenuti e definiti nell'anno): del 57 per cento nel 2009, del 66 per cento nel 2010, del 19 per cento nel 2011 in più; i magistrati con stagista registrano una durata media dei procedimenti inferiore a quelle senza stagista: del 26 per cento nel 2009, del 29 per cento nel 2010, del 25 per cento nel 2011 in meno.
Tale risultato consente di affermare che i magistrati con esperienza continuativa di assistenza hanno avuto la capacità di gestire meglio il proprio ruolo;
in magistrati con stagista hanno un indice di variazione medio della capacità di smaltimento positivo del 16 per cento tra il periodo prima e periodo dopo l'affiancamento dello stagista (l'indice valorizza l'impatto del primo anno nel quale il magistrato ha avuto affiancamento del tirocinante e censisce quindi il contributo, in questo caso positivo tra la capacità di smaltimento avuta dal magistrato prima e dopo l'affiancamento); i magistrati con stagista registrano una maggiore produttività di sentenze rispetto a quelli senza stagista: il 28 per cento nel 2009, il 53 per cento nel 2010 e il 57 per cento nel 2011 in più; i magistrati con stagista registrano una maggiore produttività di sentenze rispetto a quelli senza stagista: il 28 per cento nel 2009, il 53 per cento nel 2010 e il 57 per cento nel 2011 in più; i magistrati con stagista registrano una maggiore produttività di sentenze contestuali (rese quindi in udienza con riduzione dei tempi della decisione): 106 per cento nel 2009, 113 per cento nel 2010 e 41 per cento nel 2011 in più;
1.10. analoghi risultati si sono riscontrati nell'esperienza milanese. Al Tribunale di Milano si è condotta anche una prima analisi sull'impatto economico del modulo di lavoro con assistenza al giudice che evidenzia come la capacità di definizione dei giudizi è raddoppiata grazie all'apporto degli stagisti;

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1.11. in relazione al tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari appare opportuno, non ostandovi quelle esigenze di segretezza che starebbero alla base della scelta di limitare il tirocinio al solo dibattimento di primo e secondo grado, estendere la figura dell'assistente tirocinante al giudice per l'udienza preliminare, ai tribunali per i minorenni, limitatamente alle attività di udienza e a quelle preliminari e successive all'udienza, nonché ai tribunali e agli uffici di sorveglianza;
1.12. la disciplina del tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari sembra prevedere, un rapporto eccessivamente diretto tra il magistrato e il tirocinante senza delineare in modo preciso il ruolo del capo dell'ufficio giudiziario, mentre sarebbe più congruo ricondurre la gestione del tirocinio presso gli uffici giudiziari nell'ambito del potere organizzativo del Capo dell'ufficio, raccordandosi così la all'art. 37 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2011, n. 111. Sotto tale profilo quindi appare opportuno sostituire la scelta diretta del magistrato nella domanda dello stagista, con una possibilità di designazione nei poteri dei capo dell'ufficio giudiziario e prevedere il controllo dell'attività del tirocinante avviene ad opera del magistrato affidatario ma secondo le direttive del capo dell'ufficio;
1.13. appare necessario che i Consigli dell'Ordine degli Avvocati vengano coinvolti nella gestione dei tirocini formativi ed abbiano un ruolo attivo quantomeno per i tirocini che saranno poi considerati sostitutivi della pratica forense;
1.14. appare necessario coinvolgere nel coordinamento, in caso di praticanti o specializzandi, anche le Scuole di specializzazione;
1.15. appare opportuno assicurare la continuità con gli stage già in corso, qualora siano rispettati i requisiti dati dalla legge;
1.16. appare opportuno estendere la durata massima del tirocinio da diciotto mesi a due anni, in modo tale da impiegare tirocinanti con sempre maggiore esperienza;
1.17. il requisito della laurea in giurisprudenza all'esito del corso di durata almeno quadriennale dovrebbe essere sostituito con il requisito della laurea magistrale;
1.18. la mancanza di uno standard unico tra le università rende aleatoria ed eccessivamente restrittivo il requisito di una votazione media minima, in alcune materie, di 27/30, per cui tale soglia dovrebbe essere eliminata;
1.19. anche se i tirocinanti debbono essere in possesso di laurea magistrale, appare opportuno stabilire che il voto di laurea non deve essere inferiore a 102/110 e che costituisce titolo preferenziale la specializzazione in materie giuridiche;
1.20. la formazione dei tirocinanti: è un aspetto certamente delicato, considerato che l'articolo 73 individua negli stages l'aspetto formativo come momento centrale e che essi si presentano di fatto come alternativi alle Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali (SSPL). Occorre comunque assicurare ai tirocinanti possibilità di studio oltre alla presenza in ufficio, inserendo quindi una modifica che salvaguardi i tirocinanti in ciò, come un limite di ore di presenza negli uffici;
1.21. l'esperienza già effettuata presso alcuni uffici giudiziari, come ad esempio quelli di Firenze e Milano, porta a rilevare che l'età di coloro che hanno aderito alle convenzioni per stage è compresa tra i 26 e i 30, per cui appare opportuno aumentare il requisito di età, coordinandosi la disposizione con altre misure del decreto-legge sull'occupazione giovanile, secondo cui il requisito di età massimo è di 29 anni;

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1.22. sia da valutare l'opportunità di prevedere a favore dei tirocinanti la corresponsione di una indennità, in quanto la gratuità del tirocinio rischia di essere disincentivante per i giovani;
1.23. è importante infatti assicurare un riconoscimento economico al tirocinio formativo, come previsto per analoghe forme di formazione finalizzata a professioni qualificate che vengono retribuite, corrispondente almeno ad un rimborso delle spese, così da consentire anche ai meno abbienti di farne ricorso;
1.24. la temporanea introduzione della figura dei magistrati assistenti di studio della Corte di Cassazione, che non soddisfa in alcun modo l'esigenza di coprire in tempi rapidissimi e con procedure semplificate le gravi carenze e ritardo nelle coperture di organico esistenti nella Corte suprema di Cassazione, potrebbe risultare una misura non adeguata a risolvere l'emergenza costituita dall'arretrato di cause civili pendenti. Il problema principale della Cassazione civile è proprio l'entità dell'arretrato (70.664 ricorsi pendenti da oltre un anno, termine di durata ragionevole, secondo Strasburgo) e, conseguentemente, l'irragionevole durata del giudizio civile di cassazione (34,1 mesi nel 2012, non ostante la riduzione di 2,7 mesi rispetto al 2011). Per affrontare questa emergenza appare più opportuno ampliare nella stessa misura di trenta unità l'organico dell’ Ufficio del Ruolo del Massimario, reintroducendo anche la possibilità, per quanti abbiano conseguito la terza valutazione, di integrare i collegi, come previsto per i magistrati di appello addetti alla corte di Cassazione; Pag. 91
2. per quanto attiene alle misure processuali di cui al Capo IV, rilevato che:
2.1. la proposta conciliativa del giudice, prevista come obbligatoria dal nuovo articolo 185-bis del codice di procedura civile pur in assenza di sanzioni nei confronti del giudice in caso di inerzia, comportando la formulazione di una proposta conciliativa o transattiva vera e propria nella fase iniziale del giudizio anche in giudizi civili di notevole complessità, potrebbe, da un lato, mal conciliarsi con l'esigenza di evitare che il giudice anticipi il proprio giudizio, e, dall'altro, richiedere sin dalla prima udienza uno studio approfondito del fascicolo che non sempre è possibile effettuare in tale fase in maniera adeguata da poter anticipare la decisione stessa della causa;
2.2. quanto alla conciliazione ai sensi dell'articolo 185-bis, sembra opportuno introdurre un'apposita disposizione che stabilisca che la proposta conciliativa o transattiva, anche se formulata dal giudice in termini molto specifici, che di per sé può apparire un'anticipazione di giudizio, non può costituire motivo di ricusazione o di astensione. Altrimenti, il processo potrebbe subire notevoli rallentamenti per istanze di ricusazione o indurre il giudice a formulare proposte molto generiche e quindi inutili;
2.3. non appare congruo considerare il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice come comportamento valutabile ai fini del giudizio, secondo quanto previsto dall'articolo 185-bis;
2.4. non appare opportuno, in un'ottica di tutela del diritto di difesa delle parti, prevedere che la motivazione della sentenza possa fare esclusivo riferimento a precedenti conformi o essere formulata sulla base di rinvio a contenuti specifici degli scritti difensivi o di altri atti di causa;
2.5. appare opportuno rivedere anche la disciplina delle procedure esecutive individuali, con riferimento alla ricerca dei beni da pignorare ed all'obiettivo di modernizzare i compiti ed i poteri degli ufficiali giudiziari;

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2.6. la concentrazione negli uffici giudiziari di Milano, Roma e Napoli di tutte le controversie civili nelle quali è parte, anche in caso di più convenuti ai sensi dell'articolo 33 del codice di procedura civile, una società con sede all'estero e priva nel territorio dello Stato di sedi secondarie con rappresentanza contabile, determinerebbe un considerevole aggravio di spese per tutte le parti ed un aggravio del carico di lavoro per uffici giudiziari che già si trovano pesantemente oberati da un livello di contenzioso superiore alle dotazioni di organico togato ed amministrativo, per cui la deroga ai criteri ordinari di competenza territoriale rischia di rallentare ulteriormente i tempi del processo civile. Per tali ragioni appare opportuno sopprimere l'articolo 80;
2.7. la nomina del commissario giudiziale da parte del tribunale, relativamente al concordato in bianco, rappresenta un significativo strumento di controllo dell'impresa in crisi al fine di verificare se questa si stia effettivamente attivando per predisporre una compiuta proposta di pagamento dei creditori, per cui sembra opportuno prevedere l'obbligatorietà della nomina in luogo della sua discrezionalità;
3. per quanto attiene alle modifiche all'ordinamento giudiziario di cui al Capo V non vi è nulla da osservare;
4. per quanto attiene alle disposizioni in materia di concordato preventivo di cui al Capo VI, rilevato che:
4.1. L'articolo 82 si occupa dell'articolo 161 l. fall. introducendo una serie di cautele per la domanda prenotativa di concordato, e dunque per la fase in cui ancora difetta una domanda di concordato vera e propria con la quale il debitore può portare a conoscenza dei propri creditori condotte potenzialmente rilevanti ex articolo 173 l. fall. Se, dunque, all'articolo 82 d.l. 69/2013, al comma 1, lett. b), secondo periodo, non viene precisato Pag. 92che la modifica introdotta all'articolo 161 l.f. riguarda soltanto condotte successive al deposito della domanda di concordato, il commissario giudiziale potrebbe essere indotto a ricercare condotte anche anteriori a quel momento, con conseguente surrettizia reintroduzione del requisito della meritevolezza del debitore per l'ammissione alla procedura (sindacabile dal giudice);
5. per quanto attiene alle altre misure per il funzionamento dei servizi di giustizia di cui al Capo VII del titolo III, rilevato che appare incongrua la reintroduzione nelle commissioni dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato dei magistrati in servizio, in quanto determina un pesante aggravio per il magistrato commissario di esame che finisce necessariamente di ripercuotersi in maniera negativa sui proprio carico di lavoro giudiziario e, quindi, sui tempi del processo. Appare quindi opportuna la soppressione dell'articolo 83;
6. per quanto attiene alle misure in materia di mediazione civile e commerciale di cui al Capo VIII del titolo III, rilevato che:
6.1. le misure previste dal decreto-legge sono da valutare complessivamente in maniera positiva in quanto, sia pure per determinate materie, reintroducono l'obbligatorietà del ricorso ad uno strumento precontenzioso diretto a selezionare l'accesso alla giustizia, che in Italia ha assunto oramai dimensioni quantitative abnormi se confrontato con l'esperienza di altri Paesi;
6.2. a tal proposito non può essere trascurata la proposta di introdurre nell'ordinamento il cosiddetto procedimento di negoziazione assistita, sperimentata già in altri Paesi d'Europa e volta al raggiungimento di un accordo conciliativo attraverso una procedura cogestita dagli avvocati finalizzata alla formazione di un titolo esecutivo stragiudiziale in tempi brevi e costi contenuti;

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6.3. in ragione dell'obbligatorietà del ricorso ad uno strumento precontenzioso, appare opportuno prevedere che l'attivazione e lo svolgimento del procedimento di mediazione obbligatorio sono assistiti dagli avvocati delle parti;
6.4. il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nulla dispone con riguardo ai criteri di competenza territoriale, per cui la parte che agisce per prima potrà depositare personalmente presso un qualsiasi organismo di sua scelta, ubicato in un qualsiasi luogo del territorio nazionale, una domanda, limitandosi ad indicare i soggetti controinteressati, l'oggetto e le ragioni della sua pretesa;
6.5. con riferimento agli avvocati della qualità di mediatori di diritto appare opportuno prevedere che gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò focalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 55 bis del codice deontologico;
6.6. sulla base dall'esperienza pratica dell'applicazione del d.lgs. 28/2010, appare opportuna una definizione di mediazione contenuta nella lettera a) dell'articolo 1, considerato che la proposta di risoluzione formulata dal mediatore non è di per sé mediazione, ma la fase finale, eventuale, di una pratica di mediazione., per cui potrebbe essere opportuno modificare la predetta disposizione nella parte dove si definisce la mediazione, la quale dovrebbe quindi consistere nella «attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;
6.7. potrebbe essere opportuno prevedere che la disposizione relativa alla mediazione obbligatoria abbia la durata di tre anni dall'entrata in vigore della stessa e che al termine dei tre anni sarà attivato su iniziativa del Ministero della Giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione;
6.8. Appare opportuno riconoscere il valore di titolo esecutivo, senza necessità di omologa, all'accordo di conciliazione, ove sia sottoscritto dalle parti e da tutti gli avvocati che assistano tutte le parti dell'accordo. Gli avvocati verificano, prima della sottoscrizione, che il contenuto non è non è contrario all'ordine pubblico o a norme imperative;
6.9. appare opportuno ampliare l'ambito di applicazione dell'esenzione dall'imposta di registro prevedendo un incremento dell'importo del verbale ai fini dell'esenzione, portandolo dagli attuali 50.000 euro fino a 100.000 euro;
6.10. la previsione delle controversie in materia di diritti reali tra quelle per le quali è prevista la mediazione obbligatoria ha comportato seri problemi interpretativi in relazione, fra l'altro, alle controversie in materia di usucapione. Sarebbe sufficiente, a tale proposito, prevedere una disposizione specifica in materia di formalità da adottare per la trascrizione dell'accordo che accerta l'usucapione, intervenendo sull'articolo 2643 c.c. (e quindi per rinvio sull'articolo 2645 c.c.) per includervi la trascrizione dell'accordo di mediazione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato;
6.11. non appare condivisibile al scelta di escludere dal percorso della mediazione obbligatoria le controversie relative al risarcimento del danno derivante da circolazione dei veicoli e natanti, nel caso in cui non vi siano lesioni per le persone, il cui numero ingolfa il sistema giudiziario impegnandolo nella risoluzione di controversie che spesso hanno un modesto valore economico, per cui sarebbe opportuno prevedere tali controversie tra quelle richiamate dall'articolo


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5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, come modificato dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 84 del decreto-legge;
6.12. non appare altresì condivisibile la scelta di escludere dalla mediazione obbligatoria le controversie di natura patrimoniale fra coniugi (in assenza di minori), che attengono ai profili prettamente economici e disponibili che proprio in considerazione dei rapporti fra le parti, si prestano a una celere e puntuale gestione in sede di mediazione che sola permette l'emersione degli interessi e dei bisogni che sottendono le richieste avanzate dalle parti;
6.13. non appare altresì condivisibile la scelta di escludere dalla mediazione obbligatoria le controversie relative a società, associazioni in partecipazione, associazioni riconosciute e non riconosciute, rapporti interni a fondazioni, contratti fra le imprese;
6.14. non appare altresì condivisibile la scelta di escludere dalla mediazione obbligatoria le controversie relative a contratti in tema di proprietà industriale e intellettuale nonché contratti di somministrazione;
6.15. in relazione alla mediazione delegata, di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 84, suscita perplessità la previsione secondo cui il giudice deve indicare l'organismo di mediazione scegliendolo in una amplia platea di organismi disponibili e, quindi, compiendo una valutazione che esula dal suo ruolo essenzialmente giurisdizionale. È quindi opportuno sopprimere tale previsione;
6.16. l'eliminazione della facoltà di scelta dell'organismo da parte del giudice, dovrebbe essere accompagnata con la previsione che, nei casi di mediazione disposta dal giudice, l'organismo scelto dalle parti debba avere sede nel distretto della Corte d'Appello a cui appartiene l'ufficio del giudice stesso;
6.17. in riferimento alla mediazione delegata appare opportuno prevedere che in caso di esito negativo della mediazione, gli avvocati delle parti dovranno motivare alla prima udienza le ragioni del mancato accordo che saranno scritte nel verbale di udienza;
6.18. appare opportuno escludere l'applicazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 5 ai procedimenti di consulenza Pag. 94tecnica preventiva di cui all'articolo 696-bis del c.p.c., considerato che questa, pur potendo produrre l'effetto della cessazione della lite, non è equiparabile ad una vera e propria procedura di mediazione, in primo luogo per la non richiesta formazione specifica in punto di mediazione dei consulenti che la svolgono, in secondo luogo per l'ambito oggettivo della consulenza che risulta delimitato e non aperto e inizialmente indefinito quale il campo di svolgimento di una mediazione condotta dalla parti che assecondano i loro interessi guidate dal mediatore e dai rispettivi avvocati. Il decreto legge, con la formulazione di cui all'articolo 84, n. 1, lett. d), attraverso la proposta introduzione della lettera b-bis) al comma 3 dell'articolo 5 del d.lgs. 28/2010, considera non applicabili i commi 1 e 2 dell'articolo 5 (condizione di procedibilità ex lege e su provvedimento del giudice) ai procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. A tale proposito si osserva che la consulenza tecnica ex articolo 696-bis c.p.c. se conduce alla risoluzione della controversia determina il non luogo a procedere in ambito giudiziale, ma nell'eventualità di un esito negativo non può precludere l'efficacia, anzi eventualmente la facilita, di una vera e propria procedura mediativa con la guida di un mediatore competente, che sola in tal caso permette di evitare la continuazione del processo e il raggiungimento della soddisfazione di entrambe le parti. Per tali ragioni appare opportuno eliminare l'introduzione della citata lettera b-bis);

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6.19. Il decreto legislativo n. 28 del 2010 ha assegnato alla mediazione prevista da clausola contrattuale o da statuto o da atto costitutivo di ente, la mera portata contrattuale e dunque, in caso di mancato esperimento del tentativo, la rilevabilità della relativa eccezione esclusivamente dalla parte nel primo atto difensivo, con conseguente assegnazione del giudice del termine per la presentazione della domanda. Rilevato che le azioni in materia di società, associazioni di ogni tipo, fondazioni, e dunque tutte le controversie all'interno di enti che sono disciplinati da statuto o atto costitutivo, per la natura che caratterizza i relativi rapporti, il carattere dinamico dell'attività che gli enti svolgono, la durata nel tempo delle relazioni interne, trovano una più efficiente risposta nell'ambito di procedure di mediazione, pur risultando ancora poco diffusa la relativa conoscenza e competenza. Proprio per garantire una profonda diffusione della cultura della mediazione in materia di contratti o atti di natura associativa, sia a favore degli enti interessati, che dei professionisti consulenti degli stessi, l'esperimento del procedimento di mediazione dovrebbe in tali casi configurare una condizione di procedibilità ai sensi dell'articolo 5, comma 1, decreto legislativo 28/2010.
6.20. non appare condivisibile la previsione della lettera h) del comma 1 dell'articolo 84 relativo al cosiddetto incontro preliminare (primo incontro di programmazione) in cui il mediatore verifica con le parti le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione, che finisce per avere un effetto meramente defatigatorio, in contrasto con lo scopo dell'istituto della mediazione, che già di per sé include la verifica della medi abilità della controversia senza necessità di un ulteriore sub procedimento, e con i tempi assai contenuti nei quali si deve pervenire ad un risultato positivo o negativo della mediazione. Inoltre tale incontro preliminare rappresenta la sola condizione di procedibilità della domanda giudiziale, con effetti riduttivi sulla forza dell'istitutodella mediazione;
6.21. appare in contrasto con la natura obbligatoria dell'istituto la previsione del pagamento di una indennità di mediazione , di cui alla lettera p), capoverso 5-bis, del comma 1 dell'articolo 84, nel caso di fallimento dell'esperimento della mediazione, assumendo tale previsione una valenza punitiva;
6.22. in ordine al primo incontro di programmazione si evidenziano una serie di perplessità che potrebbero essere superate disciplinando specificamente il primo incontro. Durante questo – al quale così come a quelli successivi, le parti dovranno partecipare con l'assistenza dell'avvocato – il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. All'esito del primo incontro, l'importo massimo complessivo delle indennità di mediazione per ciascuna parte, comprensivo delle spese di avvio del procedimento, potrebbe essere di 60 euro, per le liti di valore sino a 1.000 euro; di 100 euro per le liti di valore sino a 10.000 euro;
di 180 euro, per le liti di valore sino a 20.000 euro;
6.23. in relazione a primo incontro, potrebbe essere opportuno inserire all'articolo 5 del decreto legislativo il comma 2 bis volto a specificare che quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo;
6.24. a fronte dell'obbligatorietà della mediazione potrebbe essere opportuno consentire al giudice di stabilire caso per caso se i costi della mediazione siano tali da rendere nel

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caso concreto la misura sproporzionata rispetto all'obiettivo di una composizione più economiche delle controversie;
6.25. è opportuno valutare se , al fine di promuovere l'istituto della mediazione, il tentativo obbligatorio di mediazione, per un periodo limitato (es. sei mesi), possa essere reso del tutto gratuito;
6.26. appare opportuno, al fine di escludere la possibile coercibilità della mediazione ed esaltare il rilievo della volontà delle parti nel percorso di mediazione, sopprimere la lettera l) del comma 1 dell'articolo 84, secondo cui «Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all'articolo 13.»;
6.27. il decreto legge reintroduce le previsioni dell'articolo 11 e dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 28/2010 relative alla proposta del mediatore e alle conseguenze che il giudice può trarre dal rifiuto della proposta quando la decisione del processo sia interamente o quasi interamente conforme alla proposta, nonostante che tali disposizioni abbiano dato origine a numerose difficoltà interpretative in merito alla comparazione tra la sentenza – che giudica su posizioni di diritto – e la proposta – che ’dovrebbe’ aver riguardo agli interessi delle parti; 6.28. la proposta del mediatore già prevista dall'articolo 11, comma 1, del d.lgs. 28/2010, può essere conservata nel novero delle modalità di interazione fra mediatore, parti e avvocati, ma non può trasformare il significato e la funzione di tale procedura: la proposta potrà essere offerta dal mediatore solo su richiesta congiunta delle parti e non dovrà sortire conseguenze né di vincolo per le stesse, né di sanzione alcuna in caso di rifiuto;
6.29. pur non prevedendo il decreto-legge 69/2013 alcuna integrazione o modifica del d.lgs. 28/2010 con riferimento agli organismi di mediazione, e soprattutto alla formazione e valutazione dei mediatori, il valore della riforma che si propone è fortemente condizionato dalla qualità dei sistemi di formazione dei mediatori, dei sistemi di valutazione degli stessi, dalla efficienza organizzativa e trasparenza gestionale degli organismi di mediazione e di formazione, dalla effettività del sistema di monitoraggio pubblico su tali organismi;
6.30. Salvo quanto già sottolineato in merito al primo incontro di programmazione, la procedura che richieda altri incontri al fine del raggiungimento di una soluzione conciliativa, dovrà essere valutata ai fini delle indennità da corrispondere agli organismi, i quali provvederanno poi a remunerare l'attività dei mediatori, secondo tabelle proposte da enti privati secondo criteri stabiliti da un nuovo decreto ministeriale. Si osserva, Pag. 96pertanto, che la materia delle tariffe dovrebbe essere nuovamente disciplinata da decreti ministeriali, previa indicazione da parte della legge di conversione del solo aspetto riguardante l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1. Al titolo III, premettere al Capo I il seguente Capo: Capo 0I FONDO UNICO DI GIUSTIZIA Art. 61-bis (Disposizioni in materia di Fondo unico di giustizia). 1. All'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito con modificazioni dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, la lettera c) è sostituita dalla seguente: c) in misura non inferiore alla metà, al Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali nonché per incentivare il personale amministrativo dei medesimi uffici.

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2. All'articolo 63, comma 3, sostituire la lettera d) con la seguente: d) gli avvocati anche se cancellati dall'albo da non più di due anni.
3. All'articolo 63, comma 3, lettera a), aggiungere in fine le seguenti parole: «da non più di due anni».
4. All'articolo 63, comma 3, sostituire la lettera e) con la seguente: e) i notai anche se a riposo da non più di due anni;
5. all'articolo 64, comma 3, sostituire le parole «sessanta» con la seguente «settantacinque».
6. all'articolo 65, comma 2, sostituire il secondo periodo con il seguente: «A parità di titoli sono prioralmente nominati coloro di minore età anagrafica con almeno 5 anni di iscrizione all'Albo».
7. all'articolo 69, al comma 4, aggiungere in fine il seguente periodo: «Il divieto si estende ad altro avvocato di lui socio o con lui associato, ovvero che eserciti negli stessi locali».
8. All'articolo 63, comma 3, lettera a), dopo la parola «amministrativi» aggiungere le seguenti:
«, magistrati onorari, che abbiano esercitato con valutazione positiva la loro funzione per almeno 5 anni,».
9. All'articolo 73, comma 1, dopo le parole «Corti di appello» aggiungere le seguenti: «il giudice per l'udienza preliminare, i tribunali per i minorenni, limitatamente alle attività di udienza e a quelle preliminari e successive all'udienza, i tribunali e gli uffici di sorveglianza».
10. All'articolo 73, comma 4, sostituire il primo periodo con il seguente: «Gli ammessi allo stage sono affidati dal Capo dell'ufficio giudiziario ai magistrati designati tra coloro che hanno espresso la disponibilità»
11. All'articolo 73, comma 3, sopprimere le parole «a uno o più magistrati dell'ufficio incaricati della trattazione di affari».
12. All'articolo 73, comma 3, dopo le parole «il controllo del magistrato» inserire le seguenti: «secondo le indicazioni impartite dal Capo dell'ufficio».
13. All'articolo 73, dopo il comma 5, inserire il seguente: «5-bis. L'attività di formazione degli ammessi allo stage è condotta di concerto con i consigli dell'Ordine degli avvocati e le Scuole di Specializzazione per le professioni legali, secondo le modalità individuate dal Capo dell'Ufficio, qualora gli stagisti ammessi risultino anche essere iscritti alla pratica forense o ad una Scuola di specializzazione per le professioni legali.».
14. All'articolo 73, comma 5, secondo periodo, aggiungere in fine le seguenti parole: «secondo programmi che saranno indicati alla formazione decentrata da parte della Scuola superiore della magistratura».
15. All'articolo 73, dopo il comma 20, aggiungere il seguente: «20-bis. Coloro che alla data dell'entrata in vigore svolgono stage e tirocini ai sensi dell'articolo 37 della legge n.11 del 2011 presso gli uffici giudiziari, sono ammessi su loro domanda al tirocinio formativo di cui al presente articolo purché in possesso dei requisiti di cui al comma 1 al momento dell'inizio del Pag. 97tirocinio presso il tribunale. Il periodo già svolto presso l'ufficio è computato ai fini di cui ai commi 12,13,14,15».
16. All'articolo 73, comma 1, primo periodo, sostituire le parole «diciotto mesi» con le seguenti «due anni».
17. All'articolo 73, comma 1, primo periodo, sostituire le parole «almeno quadriennale» con la seguente «magistrale».

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18. All'articolo 73, comma 1, primo periodo, sopprimere le parole da «una media» a «amministrativo».
19. All'articolo 73, comma 2, dopo le parole «nell'ordine,» inserire le seguenti «la specializzazione in materie giuridiche»
20. All'articolo 73, dopo il comma 5, aggiungere il seguente: 5-bis. Gli ammessi allo stage garantiscono una presenza nell'ufficio non superiore a 24 e non inferiore a 18 ore settimanali, tenuto conto delle esigenze di studio, secondo modalità di frequenza da concordarsi con il magistrato affidatario, assicurando in ogni caso la presenza per le giornate in cui il magistrato affidatario tiene udienza. La verifica della presenza è effettuata dal magistrato formatore, il quale è tenuto a segnalare eventuali inadempimenti al Capo dell'ufficio anche ai fini dell'interruzione dello stage».
21. All'articolo 73, comma 1, primo periodo, sostituire le parole «ventotto anni» con le seguenti «ventinove anni».
22. All'articolo 73, comma 8, sostituire le parole: non dà diritto ad alcun compenso con le seguenti: dà diritto alla corresponsione dei rimborsi spese ai sensi del comma 4 dell'articolo 2 del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76.
23. L'articolo 74 è sostituito dal seguente: «Art. 74. (Ufficio del Ruolo del Massimario presso la Corte di Cassazione). 1. Nella pianta organica della magistratura ordinaria sono soppressi 30 posti di magistrato esercente le funzioni di merito di primo grado e sono aggiunti 30 posti di magistrato destinati all'ufficio del massimario.
2. L'articolo 115 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 è sostituito dal seguente: «Art. 115 (Magistrati destinati all'ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione). 1. Della pianta organica della Corte di cassazione fanno parte sessantasette magistrati che abbiano conseguito almeno la seconda valutazione di professionalità e abbiano svolto effettivo esercizio di funzioni merito per almeno cinque anni.
2. I magistrati destinati all'Ufficio del massimario che abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità e abbiamo svolto almeno 10 anni di effettivo esercizio di funzioni di merito possono essere autorizzati, con decreto del Primo Presidente della Corte di cassazione previo parere del Consiglio direttivo, ad esercitare le funzioni di consigliere di cassazione.
3. Ai fini della copertura dei posti vacanti del magistrati destinati all'ufficio del Massimario il Consiglio superiore della magistratura acquisisce il parere della commissione di cui all'articolo 12 del d.lgs. n. 160 del 2006, come modificato dall'articolo 2 della legge n. 111 del 2007.
4. Per la prima copertura dei posti vacanti alla data di entrata in vigore della presente legge il Consiglio superiore della magistratura può valutare le attitudini degli aspiranti sulla base di ogni idoneo elemento senza che sia necessario acquisire il parere di cui al comma precedente.»
24. All'articolo 77,comma 1, lettera a), capoverso «Art. 185-bis», sostituire le parole «deve formulare alle parti» con le seguenti: «può formulare alle parti ove possibile, avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia ed alla esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto».
25. All'articolo 77, comma 1, lettera a), capoverso «Art. 185-bis», sopprimere le parole da «il rifiuto» a «del giudizio».
26. All'articolo 77,comma 1, lettera a), capoverso «Art. 185-bis», aggiungere in fine le seguenti parole: «La proposta di conciliazione non può costituire motivo di ricusazione od astensione del giudice.»

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27. All'articolo 78 Inserire dopo il comma 2 i seguenti commi: «2-bis. Al codice di procedura civile, libro terzo, sono apportate le seguenti modificazioni:
a). all'articolo 492, il settimo comma è abrogato;Pag. 98
b). dopo l'articolo 492 è inserito il seguente: Articolo 492-bis (Ricerca dei beni da pignorare). In ogni caso, l'ufficiale giudiziario, ai fini della ricerca delle cose e dei crediti da sottoporre ad esecuzione, quando non individua beni utilmente pignorabili oppure le cose e i crediti pignorati appaiono insufficienti a soddisfare il creditore procedente e i creditori intervenuti, previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione rilasciata su richiesta del creditore procedente, accede mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati pubbliche e, in particolare, nell'anagrafe tributaria, compresa la sezione prevista dall'articolo 7, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, nel pubblico registro automobilistico e in quelle degli enti previdenziali, per l'acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l'individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro. L'ufficiale giudiziario redige delle sue operazioni processo verbale nel quale indica i beni individuati. Se l'accesso ha consentito di individuare cose appartenenti e nella disponibilità del debitore, utilmente assoggettabili ad esecuzione, l'ufficiale giudiziario procede alla scelta a norma dell'articolo 517 e nel limite di un presumibile valore di realizzo pari al triplo dell'importo precettato e notifica, ove possibile ai sensi dell'articolo 149-bis, al debitore il relativo verbale, che dovrà anche contenere l'ingiunzione, l'invito e l'avvertimento di cui ai commi primo, secondo e terzo dell'articolo 492. Le cose individuate si considerano pignorate al momento della notificazione del verbale, anche agli effetti dell'articolo 388, terzo comma, del codice penale. Se le cose si trovano in luoghi compresi nel territorio di competenza dell'ufficio cui appartiene, l'ufficiale giudiziario accede ai luoghi per provvedere d'ufficio agli adempimenti di cui agli articoli 518 e 520, salva la possibilità di limitare l'estensione del pignoramento ad una parte delle cose rinvenute quando il loro presumibile valore di realizzo appare superiore al limite di cui all'articolo 517. Se le cose si trovano altrove, copia autentica del verbale è rilasciata al creditore che la presenta, unitamente all'istanza per gli adempimenti di cui agli articoli 518 e 520, all'ufficiale giudiziario territorialmente competente. L'ufficiale giudiziario, quando non rinviene una cosa pignorata ai sensi del comma precedente, intima al debitore di indicare entro quindici giorni il luogo in cui si trova, avvertendolo che l'omessa o la falsa comunicazione è punita a norma dell'articolo 388, sesto comma, del codice penale.
Se l'accesso ha consentito di individuare crediti o cose appartenenti al debitore che sono nella disponibilità di terzi, l'ufficiale giudiziario notifica, ove possibile ai sensi dell'articolo 149-bis, al debitore e al terzo il verbale, che dovrà anche contenere l'indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente, dell'ingiunzione, dell'invito e dell'avvertimento al debitore di cui all'articolo 492, commi primo, secondo e terzo, nonché l'intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nei limiti di cui all'articolo 546. Se il terzo risiede in un luogo non compreso nel territorio di competenza dell'ufficiale giudiziario, copie autentiche del titolo esecutivo, del precetto e del verbale con la relazione di notificazione sono trasmesse all'ufficiale giudiziario territorialmente competente, perché proceda a norma dell'articolo 543, quinto comma. Quando l'accesso ha consentito di individuare sia cose di cui al secondo comma che crediti o cose di cui al quarto comma, l'ufficiale giudiziario procede alla scelta preferendo, nell'ordine, i

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crediti di cui all'articolo 553, le cose appartenenti e nella disponibilità del debitore, le cose del debitore che sono in possesso di terzi;
c). dopo l'articolo 165 delle disposizioni per l'attuazione al codice di procedura civile è inserito il seguente: Articolo Pag. 99165-bis (Modalità di accesso alle banche dati). Il Ministro della giustizia, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, individua i casi, i limiti e le modalità di esercizio della facoltà di accesso alle banche dati di cui al primo comma dell'articolo 492-bis del codice, nonché le modalità di trattamento e conservazione dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori. Con il medesimo decreto sono individuate le ulteriori banche dati detenute da soggetti pubblici cui l'ufficiale giudiziario può accedere direttamente tramite collegamento telematico o mediante richiesta al titolare dei dati.
Il Ministro della giustizia può procedere al trattamento dei dati acquisiti senza provvedere all'informativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. È istituito, presso ogni ufficio notifiche, esecuzioni e protesti, il registro cronologico denominato «Modello ricerca beni», conforme al modello adottato con il decreto del Ministro della giustizia di cui al comma precedente.
d). all'articolo 543, dopo il quarto comma, è aggiunto, in fine, il seguente: «Quando provvede a norma dell'articolo 492-bis, quarto comma, l'ufficiale giudiziario deposita il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto in cancelleria entro le ventiquattro ore dalla notificazione del verbale. Il cancelliere forma il fascicolo dell'esecuzione. Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere l'assegnazione o la vendita delle cose mobili o l'assegnazione dei crediti. Sull'istanza di cui al periodo precedente il giudice fissa l'udienza per l'audizione del terzo, del creditore e del debitore e provvede a norma degli articoli 529 e seguenti o a norma dell'articolo 553. Il decreto con cui viene fissata l'udienza di cui al periodo precedente deve contenere l'invito al terzo di cui al numero 4) del secondo comma.
e). All'articolo 122 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, dopo il primo comma, sono aggiunti i seguenti: «All'ufficiale giudiziario che procede alle operazioni di pignoramento mobiliare o presso terzi spetta inoltre un compenso, che rientra tra le spese di esecuzione, determinato dal giudice dell'esecuzione:
a) in una percentuale del 5 per cento sul valore di assegnazione o sul ricavato della vendita dei beni mobili pignorati fino ad euro 10.000,00, in una percentuale del 2 per cento sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione dei beni mobili pignorati da euro 10.001,00 fino ad euro 25.000,00 e in una percentuale del 1 per cento sull'importo superiore;
b) in una percentuale del 6 per cento sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione dei beni e dei crediti pignorati ai sensi degli articoli 492-bis del codice di procedura civile fino ad euro 10.000,00, in una percentuale del 4 per cento sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione dei beni e dei crediti pignorati da euro 10.001,00 fino ad euro 25.000,00 ed in una percentuale del 3 per cento sull'importo superiore.
In caso di conversione del pignoramento ai sensi dell'articolo 495 del codice di procedura civile il compenso è determinato, secondo le percentuali di cui alla lettera a) ridotte della metà, sull'importo della somma versata.

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In caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo il compenso è posto a carico del creditore procedente ed è liquidato dal giudice dell'esecuzione nella stessa percentuale di cui al comma precedente calcolata sul valore del credito per cui si procede. In ogni caso il compenso dell'ufficiale giudiziario calcolato ai sensi dei commi secondo, terzo e quattro non può essere superiore ad un importo pari al 5 per cento del valore del credito per cui si procede.»
2-ter. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano ai procedimenti di espropriazione Pag. 100forzata iniziati successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
28. All'articolo 79 sopprimere le parole da «anche con esclusivo» a «atti di causa».
29. Sopprimere l'articolo 80.
30. All'articolo 82, comma 1, lett. b), secondo periodo, sostituire le parole «può nominare» con la seguente «nomina».
31. All'articolo 82, comma 1, lett. b), secondo periodo, dopo le parole «quando accerta che il debitore», inserire le seguenti «, dopo la domanda,».
32. Sopprimere l'articolo 83.
33. All'articolo 84, comma 1, lett. b), capoverso, dopo le parole «è tenuto» inserire le seguenti «assistito dall'avvocato».
34. All'articolo 84, comma 1, alla lettera a) premettere la seguente: 0a) All'articolo 4 il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza».
35. All'articolo 84, comma 1, lettera o), aggiungere dopo le parole «sono di diritto mediatori.» le  eguenti «Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teoricopratici a ciò focalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 55 bis del codice deontologico».
36. All'articolo 84, comma 1, alla lettera a) premettere la seguente: 0a) All'articolo 1, comma 1, la lettera. a), è sostituita dalla seguente: a) mediazione: l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;».
37. All'articolo 84, comma 1, alla lettera b), capoverso, dopo le parole «della domanda giudiziale.» inserire le seguenti «La presente disposizione ha la durata di tre anni dall'entrata in vigore della stessa. Al termine dei tre anni sarà attivato su iniziativa del Ministero della Giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione».
38. All'articolo 84, comma 1, la lettera m) è sostituita dalla seguente: «m) all'articolo 12, comma 1, il primo periodo è sostituito dal seguente «Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli

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avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico. In tutti gli altri casi l'accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico».
39. All'articolo 84, comma 1, alla lettera p) dopo le parole «all'articolo 17,» sono inserite le seguenti «al comma 3 le parole «50.000» sono sostituite con «100.000».
40. All'articolo 84, comma 1, lett. b), capoverso, dopo le parole «risarcimento del danno derivante» aggiungere le seguenti «dalla circolazione di veicoli e natanti, nel caso in cui non vi siano lesioni per le persone».
41. All'articolo 84, comma 1, lett. b), capoverso, dopo le parole «e finanziari» aggiungere le seguenti «profili patrimoniali delle separazioni e divorzi, in assenza di figli di minore età,».
42. All'articolo 84, comma 1, lett. b), capoverso, dopo le parole «e finanziari» Pag. 101aggiungere le seguenti «società, associazioni in partecipazione, associazioni riconosciute e non riconosciute, rapporti interni a fondazioni, contratti fra le imprese, proprietà industriale e intellettuale nonché contratti di somministrazione».
43. All'articolo 84, comma 1, lett. c), sostituire le parole da «allo stesso comma» fino alle parole «sono soppresse» con le seguenti «allo stesso comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La mediazione si svolge presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia».
44. All'articolo 84, comma 1, lett. c), sostituire le parole da «allo stesso comma» fino alle parole «sono soppresse» con le seguenti «allo stesso comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di esito negativo della mediazione, gli avvocati delle parti dovranno motivare alla prima udienza le ragioni del mancato accordo che saranno scritte nel verbale di udienza».
45. All'articolo 84, comma 1, sopprimere la lettera d).
46. All'articolo 84, comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente : e) «all'articolo 5, comma 5, prima delle parole «salvo quanto» sono aggiunte le parole «Fermo quanto previsto dal comma 1 e»; al primo periodo dello stesso comma dopo la parola «contratto» sono eliminate le parole «lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente»; la parola «prevedono» è sostituita dalla parola «prevede»; All'ultimo periodo dello stesso comma 5, dopo la parola «contratto» sono eliminate le parole «o allo statuto o all'atto costitutivo».
47. All'articolo 84, comma 1, sostituire la lettera h) con la seguente: «all'articolo 8 comma 1, le parole «non oltre quindici» sono sostituite dalle seguenti parole «non oltre trenta». Nel comma 1, dopo la parola «istante.» si aggiungono le seguenti parole: «Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti dovranno partecipare con l'assistenza dell'avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. All'esito del primo incontro, se il procedimento relativo alle materie di cui al comma 1 dell'articolo 5 si concluda con un mancato accordo non è dovuta alcuna indennità di mediazione salvo i diritti di segreteria. Quando il procedimento si conclude con un accordo o, nei casi diversi da quelli di cui al comma 1 dell'articolo 5, non si conclude con un accordo, l'importo massimo complessivo delle indennità di mediazione per ciascuna parte, comprensivo delle spese di avvio del procedimento, è di 60 euro, per le liti di valore sino a 1.000 

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euro; di 100 euro per le liti di valore sino a 10.000 euro; di 180 euro, per le liti di valore sino a 20.000 euro; di 200 euro per le liti di valore superiore.
48. All'articolo 84, comma 1, alla lettera p), sopprimere il capoverso 5-bis.
49. All'articolo 84, comma 1, alla lettera c) aggiungere il seguente periodo: Dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: «2-bis. Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo».
50. All'articolo 84, comma 1, alla lettera b), capoverso, dopo le parole «Allo stesso modo provvede», inserire le seguenti «, salvo che verifichi che i costi della mediazione sono tali da rendere nel caso concreto la misura sproporzionata rispetto all'obiettivo di una composizione più economiche delle controversie,».
51. All'articolo 84, dopo il comma 1, inserire il seguente: Nel corso dei primi 180 giorni di applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, tentativo obbligatorio di mediazione nei casi di cui al comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legislativo 4 marzo 2010, n. 28, come modificato dall'articolo 84 del presente decreto, è gratuito».
52. All'articolo 84, comma 1, sopprimere la lettera l).Pag. 102
53. All'articolo 84, comma 1, sopprimere la lettera n).
54. All'articolo 84, comma 1, lettera p), sostituire le parole da «dopo il comma 4» fino alle parole «quanto dichiarato» con le seguenti «potrebbe essere modificata nel seguente modo: «p) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti commi: «5. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell'articolo 5, comma 1, ovvero è prescritta dal giudice ai sensi dell'articolo 5, comma 2, all'organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tale fine la parte è tenuta a depositare presso l'organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l'organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.».
55. Dopo l'articolo 84, inserire il seguente: Art. 84-bis (Modifica la Codice civile) 1. All'articolo 2643, primo comma, dopo il numero 12 è inserito il seguente: 12-bis) l'accordo di mediazione che accerta l'usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato;».

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Elenco Dossier pubblicati dall’Ufficio Studi al 15 luglio 2013
I dossier sono reperibili sul sito web del Consiglio nazionale forense, al seguente indirizzo:
http://www.consiglionazionaleforense.it

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*Composizione Ufficio studi
Ubaldo Perfetti (Vice Presidente Consiglio Nazionale Forense e Consigliere Delegato all’Ufficio Studi)
Giuseppe Colavitti (Coordinatore), Gianluca Bertolotti, Carlo Bonzano, Marina Chiarelli, Nicola Cirillo, Riccardo Maria Cremonini, Stefania Gentile, Silvia Izzo, Francesca Mesiti, Angelo Schillaci, Cecilia Zoppé

-> Scarica qui il Dossier n° 6/2013 in formato *.pdf

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