Penale

PENALE - Genitore affidatario di minore ed elusione dolosa di provvedimento del giudice.

Scritto da Avv. Salvatore Frattallone. Pubblicato in Penale

rapporto genitore non affidatario e minore

La Suprema Corte si è pronunciata sulla rilevanza penale del comportamento omissivo del genitore affidatario, laddove questi ostacoli il diritto di visita dell'altro genitore: si è ora statuito, infatti, che sostanzia l'illecito punito dall'art. 388, comma 2, C.P. anche la condotta dell'approfittare dei rifiuti addotti dalla prole. 
La Cassazione invero - già con la decisione assunta nella camera di consiglio del 25.02/25.03.2009 n° 13101 - aveva messo un punto fermo sulla questione del "momento consumativo", stabilendo che la fattispecie è quella del reato "istantaneo", il quale può venire compito anche con un solo atto elusivo degli obblighi imposti dal provvedimento giudiziale relativo all'affidamento di minori o di altre persone incapaci.

Per chiarezza, va ricordato in cosa consista la definizione di "elusione" ai suddetti fini: secondo la giurisprudenza (Cass. Pen., IV Sez., Sent. 11.06/12.08.2009 n° 32846),  essa "non può che riguardare condotte e comportamenti che siano idonei a vanificare lo scopo del provvedimento stesso, in particolare incidendo in maniera sensibile sulla qualità della prosecuzione dei rapporti tra il genitore non affidatario ed il figlio minore (qualità di cui sono componenti anche la quantità e le modalità della frequentazione), alterando concretamente l'equilibrio - tra gli stessi e lo stato di separazione - che è stato individuato nel provvedimento giudiziario e quindi la "frustrazione delle legittime pretese del genitore non affidatario".

 

In ordine al dolo del reato, il contrario orientamento era riconducibile a queste pronunce:  
- da un lato (cfr. Cass. Pen., VI Sez., 11.03.2010 n° 10701)
, si era ritenuto che "il genitore affidatario, pur obbligato a consentire l'esercizio del diritto di visita da parte dell'altro genitore secondo le prescrizioni stabilite dal giudice, qualora venga a trovarsi in una concreta situazione di difficoltà determinata dalla resistenza (o dal disagio, psico- fisico) del minore, essendo egli nello stesso tempo tenuto a garantire la crescita serena ed equilibrata del minore a norma dell'art. 155 c.c., comma 3, ha in ogni momento il diritto-dovere di assicurare massima tutela all'interesse preminente del minore, ove tale interesse, per la naturale fluidità di ogni situazione umana, non sia potuto essere tempestivamente portato alla valutazione del giudice civile: per questo, ai fini della sussistenza del dolo, occorre stabilire da parte del giudice penale se il genitore affidatario, nell'impedire al genitore non affidatario il diritto di visita ricusato dal minore, sia stato eventualmente mosso dalla necessità di tutelare l'interesse morale e materiale del minore medesimo, soggetto di diritti e non mero oggetto di finalità esecutive perseguite da altri";
- dall'altro lato (Cass. Pen., VI Sez., 16.03/04.06.1999 n° 7077), si era altresì sostenuto che non si possa ricorrere "ad un'applicazione quasi meccanica della previsione criminosa di cui all'art. 388, co. 2, C.P. e senza tenere in alcun conto che la postulata elusione del provvedimento del Giudice civile in materia di affidamento di minori non può prescindere dalla considerazione di fondo che oggetto del provvedimento medesimo è un obbligo di fare, che si riflette su un soggetto avente capacità giuridica (minore) e non già su una cosa mobile, che non è soggetto di diritti. Il destinatario del precetto di cui all'art. 388, co., 2, C.P. non può non contemperare l'adempimento dell'obbligo di dare esecuzione al provvedimento del Giudice con l'interesse del minore a non subire passivamente e contro la sua volontà gli effetti del provvedimento medesimo, che direttamente lo coinvolge, e deve privilegiare il secondo, nella ipotesi in cui venga a determinarsi una situazione di conflitto col primo e non possa intervenire una opportuna modifica di questo. La peculiarità dell'affidamento riguardante un minore incapace di agire, ma pur sempre dotato di capacità giuridica e titolare di un proprio diritto di libertà, infatti, comporta che, quando la persona - per l'età raggiunta (nella specie, 9 anni) e per quel "minimum" di consapevolezza intellettiva e volitiva acquisita - rifiuta le visite e gli incontri col genitore non affidatario e crea innegabili ostacoli all'attuazione del relativo provvedimento giudiziario, occorrerebbe ricorrere a mezzi di coazione fisica, con restrizione della libertà personale del minore e violazione dei diritti fondamentali della personalità "in nuce" del medesimo, trasformandolo in "oggetto" per finalità esecutive e restringendone l'inviolabile diritto di libertà in ragione della "condizione personale" dell'età che, alla stregua dell'art. 3 Cost., non può essere assunta a criterio di discriminazione. A tale coazione fisica non può darsi corso e il rifiuto categorico del minore, sufficientemente sviluppato psichicamente, integra un plausibile e giustificato motivo che scrimina il rifiuto del destinatario del precetto ex art. 388, co. 2, C.P. di dare esecuzione al provvedimento del Giudice civile concernente l'affidamento del minore medesimo. In sostanza, se il genitore affidatario di un figlio minore, pur obbligato - in tesi - a consentire il diritto di esercizio di visita da parte dell'altro genitore secondo le prescrizioni fissate dal Giudice, viene a trovarsi di fronte a una concreta situazione di difficoltà, determinata dalla mancata collaborazione o addirittura dalla resistenza del minore, per l'attuazione di quanto prescritto dal Giudice, lo stesso genitore affidatario, in quanto esercente - in via esclusiva - la potestà sul figlio (art. 155, co 3, C.C.) e in quanto obbligato a garantire la crescita equilibrata e serena dello stesso, ha, in ogni momento, il diritto - dovere di assicurare massima tutela all'interesse preminente del minore, ove tale interesse - in relazione alla fluidità che contraddistingue ogni situazione umana nella sua evoluzione - non sia stato preventivamente apprezzato e valutato dal Giudice, con la decisione di cui si esclude l'esecuzione".
La recentissima pronuncia dunque, nel ribadire gli obblighi di collaborazione tra genitori nell'interesse preminente del minore, impone ora al genitore affidatario di non trincerarsi dietro contegni ostativi della prole, adducendo di aver voluto, nell'immediato, creare un argine, una barriera protettiva intorno al minore, per evitargli traumi connessi all'esecuzione del provvedimento del Giudice, atteso che tale situazione di fatto non esclude di per sé il dolo del reato.

 

Cass. Pen., IV Sez., Sentenza 07.04/08.07.2011 n° 26810

È contraddittoria la sentenza che mandi assolta per carenza di dolo l’imputata dal reato di cui all’art. 388, co. 2, C.P. sostenendo, in modo incoerente rispetto all’affermata insussistenza dell’elemento soggettivo, che in talune occasioni questa si era approfittata dei rifiuti della figlia minore non adoperandosi efficacemente per agevolare gli incontri tra la stessa e il padre: un tale comportamento, infatti, sarebbe dimostrativo del dolo del reato, in quanto indicativo della mancanza della attiva e doverosa collaborazione da parte del genitore affidatario alla riuscita delle visite e degli incontri con l’altro genitore stabiliti con provvedimento del giudice civile; collaborazione del resto essenziale soprattutto nel caso di un minore in tenera età, nel cui interesse si prevede che entrambi i genitori debbano mantenere e coltivare un rapporto affettivo con il proprio figlio.

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