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PRIVACY - Vanno dissequestrate le foto di studenti, se manca la "diffusione" delle immagini.

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Cass. Pen., Sez. III, Sentenza 20.12.2012/11.03.2013 n° 11412

Foto e riprese degli allievi minorenni effettuate da parte di un docente, all'esterno della scuola: il materiale era stato sequestrato, dopo le denunce sporte dai genitori dei ragazzi, che erano stati ritratti nelle foto e nei video, perché eseguiti senza consenso, e l'insegnate aveva proposto il riesame, risultando soccombente.
Con recentissima Sentenza in tema di privacy la Suprema Corte ha ribadito e consolidato l'orientamento in ordine al trattamento illecito di dati personali mediante riprese video, stigmatizzando l'importanza - ai fini della punibilità della condotta ascritta all'insegnante indagato - della presenza o meno della contestazione di aver raccolto il materiale (di per sè non avente carattere pedopornografico) per diffonderlo e/o effettuarne una comunicazione sistematica a terzi.

Infatti, chiamata a pronunciarsi relativamente al sequestro delle suddette immagini, videoriprese nonché di tutti i computer e degli altri strumenti informatici in uso all'indagato, la Cassazione - approfittando dell'occasione - ha sottolineato come il delitto di trattamento illecito di dati personali (previsto e punito dall’art. 167 del Codice della Privacy) non sussista se il trattamento dei dati altrui avvenga per finalità esclusivamente personali, ovverosia se sia del tutto assente una loro diffusione o la destinazione ad una comunicazione sistematica ad altri.
La Corte è così tornata a pronunciarsi sull'argomento, nel solco della oramai pacifica corrente giurisprudenziale ex art. 5 Codice Privacy (cfr. Cass. Pen., Sez. V, Sent. 22.10.08, n° 46454, rv. 241966).
Nel particolare caso in esame, peraltro, non essendovi piena chiarezza riguardo la concreta violazione della privacy (un solo esempio, fra gli svariati di cui ha trattato la giurisprudenza: cfr. Cass. Pen., Sez. III, 17.11.2004/15.02.2005, n° 5728), l’applicazione della misura cautelare del sequestro è stata messa in discussione, non essendosi rinvenuto, nella fattispecie, alcun sicuro locus iuris atto a confermare il fumus del reato ipotizzato, nè essendo state contestate al docente ipotetiche condotte di natura divulgativa (del materiale contenente la memorizzazione dei volti degli alunni).
Indubbiamente la giurisprudenza persegue la medesima strada da molto tempo; forse, però, gli ermellini dovrebbero cominciare a diversificare le proprie pronunce: non foss'altro quando gli interessi da tutelare riguardano le componenti più giovani (e indifese) della nostra società, sarebbe necessaria una tutela più stringente delle p.o., portandola ad un livello quanto mai superiore.

 

Cass. Pen., Sez. III, Sentenza 20.12.2012/11.03.2013 n° 11412

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENTILE Mario, Presidente
Dott. SAVINO Mariapia Gaeta, Consigliere
Dott. SARNO Giulio, Rel. Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone, Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria, Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul Ricorso proposto da:
1) N.G. nato a (omissis);
avverso l'Ordinanza n° 50/2012 del Tribunale Libertà di Ancona del 25.05.2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giulio Sarno;
sentite le conclusioni del P.G., Dott. Nicola Lettieri, che ha chiesto l'annullamento con rinvio.

Svolgimento del processo
N.G. propone Ricorso per Cassazione avverso l'Ordinanza in epigrafe con la quale il Tribunale di Ancona ha rigettato la richiesta di Riesame del Decreto di sequestro di alcuni fogli contenenti gli elenchi degli alunni ai quali il ricorrente insegnava religione in alcuni istituti, nonché di tutti i computer e degli strumenti informatici in uso allo stesso.
Tale materiale risulta essere stato appreso all'esito di perquisizione locale e personale disposta dalla Procura della Repubblica di Ancona, nell'ambito di indagine penale per il delitto di cui al D.L.vo n° 196/2003, art. 167, a seguito di denunce sporte dai genitori degli alunni che si erano doluti della utilizzazione da parte del ricorrente di dati personali acquisiti in violazione dell'art. 18, co. 2, e dell'art. 23 del Decreto citato.
In particolare, secondo la contestazione, il N.G. avrebbe effettuato, nella scuola in cui insegnava, fotografie e videoriprese dei propri alunni, senza autorizzazione espressa dei genitori, per finalità diverse da quelle istituzionali o didattiche.
In sede di riesame il ricorrente aveva formulato richiesta di revoca del provvedimento di sequestro difettando il dolo specifico. Inoltre la difesa aveva formulato richiesta di dissequestro del materiale informatico sul presupposto che lo stesso fosse necessario all'espletamento della gestione dell'emittente (omissis).
Il tribunale, in motivazione, evidenziava che non può ritenersi rientrante nelle finalità istituzionali e didattiche quella di memorizzare i volti degli alunni e che non emergeva, quindi, ictu oculi l'insussistenza del fumus del reato ipotizzato.
Rilevava altresì che l'esigenza di rientrare in possesso di specifici documenti o supporti informatici per finalità estranee alla contestazione avrebbe potuto essere soddisfatta mediante specifica istanza al p.m. Deduce in questa sede il ricorrente la violazione di legge sul presupposto che sarebbero stati attinti dal sequestro senza alcuna selezione anche computer e documenti estranei all'indagine e, inoltre, che, non essendo ascritto al ricorrente alcun uso divulgativo del materiale fotografico, non vi sarebbe stata alcuna necessità di autorizzazione. In più, si assume difettare nella specie qualsiasi elemento indicativo del fine di profitto proprio o di danno altrui.
Conclusivamente vi è richiesta di revoca e/o annullamento del Decreto di perquisizione e di sequestro.

Motivi della decisione
Il Ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
Va anzitutto rilevato che, come più volte affermato da questa Corte, il reato di trattamento illecito di dati personali (L. 31.12.1996, n° 675, art. 35, oggi D.L.vo. 30.06.2003 n° 196, art. 167) non è integrato se il trattamento dei dati avvenga per fini esclusivamente personali, senza una loro diffusione o destinazione ad una comunicazione sistematica (Cass. Pen., Sez. V, Sent. n° 46454 del 22.10.2008, rv. 241966).
Orbene, è senz'altro fondato il rilievo secondo cui manca nella motivazione del Tribunale qualsiasi elemento indicativo al riguardo pure in presenza di espressa contestazione sul punto.
Poiché la questione attiene alla sussistenza del reato, si rende evidente la necessità di affrontare la questione, sia pure nei limiti ristretti della dimostrazione del fumus della sussistenza del reato, e, di conseguenza, la rilevata mancanza di motivazione giustifica di per se stessa l'annullamento con rinvio dell'Ordinanza impugnata.
Sostanzialmente elusa è anche la ulteriore questione posta dal ricorrente e, cioè, della mancata indicazione delle ragioni che rendono necessario il sequestro di tutto il compendio appreso (computer, materiale informatico, ecc.) che il ricorrente assume essere estraneo alla vicenda originata dalle denunce in atti.
Va ribadito, infatti, che, anche per le cose che costituiscono corpo di reato, il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti (Sez. Unite, Sent. n° 5876 del 28.01.2004, rv. 226711).
Né può ritenersi appagante la risposta del riesame che ingiustificatamente rimanda la decisione sul punto senza farsi carico di esaminare quanto già segnalato dal ricorrente sulla asserita utilizzazione di tali beni nell'ambito di attività lecite specificamente indicate.
Conclusivamente deve essere disposto l'annullamento con rinvio dell'Ordinanza impugnata.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla l'Ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Ancona.
Così deciso in Roma, il 20.12.2012.
Depositato in Cancelleria il 11.03.2013.

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