Investigazioni

INVESTIGAZIONE PRIVATA - Esercizio di attività di sorveglianza in forma imprenditoriale mediante vigilanza di beni per conto terzi, anche meramente passiva, e licenza prefettizia.

controllo dei monitor di sorveglianza
Ritorna, ogni tanto, l'acritico quanto banale refrain giurisprudenziale sull'attività di vigilanza di beni eseguita in forma societaria-imprenditoriale, in assenza di autorizzazione del Prefetto all'esercizio dell'attività di vigilanza ex art. 134 T.U.L.P.S.
Corte d'Appello di Napoli, Sez. III Penale, Sentenza  del 11.10.2011 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI NAPOLI
TERZA SEZIONE PENALE
Il giorno 06 del mese di ottobre dell'anno 2011

La Corte d'Appello di Napoli, sez. terza, composta dai Magistrati:
dott. Pasquale Troise, Presidente
dott. Barbara Calaselice, Consigliere
dott.ssa Anna Imparato, Consigliere relatore
Con l'intervento del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, e con l'assistenza del Cancelliere, ha emesso la seguente

SENTENZA

Nel processo penale a carico di: A.A., nata il (omissis), libera, contumace, appellante avverso la Sentenza emessa dal G.u.p. di Napoli del 27.10.09 con cui è stata condannata, alla pena di anni 1 mesi 4 di arresto ed € 400,00 di ammenda, nonché al pagamento delle spese processuali, per il seguente reato: del reato p. e p. dagli artt. 134, 140 t.u.l.p.s. perché, in qualità di amministratore unico della società H. S.r.l. avente sede in (omissis) senza licenza del Prefetto prestava attività di vigilanza o custodia presso il centro commerciale C. sito in (omissis)

Svolgimento del processo e Motivi della decisione
Con Sentenza del G.u.p. di Napoli del 27.10.09 l'imputata veniva condannata alla pena di cui in epigrafe per il reato sopra contestatole.
Avverso la citata sentenza proponeva tempestivo appello il difensore, chiedendo, in primo luogo, il proscioglimento dell'imputata, esercitando la stessa presso il C., esclusivamente attività di portierato, gestione del carico e scarico delle merci, imbustamento, come da relativo contratto di appalto in atti, tenuto conto, altresì, che presso il medesimo C., l'attività di sorveglianza è esercitata dall'istituto S.; in subordine, rinnovazione probatoria mediante escussione dei responsabili per la sicurezza presso il C., infine, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ridursi la pena inflitta, con applicazione di sanzioni sostitutive.
All'udienza del 06.10.2011, svolta la relazione, udite le conclusioni delle parti, la Corte definiva il giudizio mediante lettura del dispositivo in udienza, riservando il deposito della motivazione nel termine di legge.
Ciò premesso, il presente Appello può accogliersi limitatamente alla richiesta riduzione di pena, con conseguente riforma della Sentenza impugnata sul punto.
In primo luogo, quanto alla rinnovazione probatoria, la suddetta domanda, trattandosi di giudizio abbreviato, non può essere avanzata dalla parte, e, in ogni caso, non è ritenuta da questa Corte necessaria, essendo l'istruttoria espletata completa sia in ordine all'accertamento sul posto delle reali funzioni esercitate dai dipendenti della H., che alla documentazione in atti (cfr. sul punto, Cass. Pen., Sez. II, n° 3609/2011, secondo cui "La celebrazione del processo nelle forme del rito abbreviato, se non impedisce al giudice d'appello di esercitare i poteri di integrazione probatoria, comporta tuttavia l'esclusione di un diritto dell'imputato a richiedere la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ed un corrispondente obbligo per il giudice di motivare il diniego di tale richiesta").
Nel merito, al di là del contratto di appalto e delle fatture in atti, comunque, come a breve esposto, non totalmente indicanti l'esercizio di attività liberalizzate da parte della "H.", la cui denominazione, tra l'altro, già palesemente richiama un'attività di sorveglianza, per accertare la sussistenza del contestato reato, deve guardarsi all'attività concretamente svolta dalla società presso il C., consistita, a parere di questa Corte, in una vera e propria attività di sorveglianza, inclusa anche nell'oggetto sociale dell'impresa dell'imputata.
Invero, come desumibile dal verbale di sopralluogo degli agenti della questura di Napoli in atti, della cui attendibilità non si ha motivo di dubitare, stante la precisione, completezza e chiarezza dello stesso e la sua provenienza da p.u., nonché dalle s.i.t. del Sig. D., dipendente della H., risulta che quest'ultimo, definitosi "addetto alla sicurezza", all'interno di una portineria, attraverso la visione dei monitor collegati ad altrettante telecamere inquadranti i vari ingressi del centro commerciale e il caveau ove si trovavano le casseforti con i valori, vigilava su quanto accadeva all'interno e all'esterno del supermercato e presso il caveau, consentendo, in particolare, ai furgoni portavalori di entrarvi, una volta accertata l'identità delle guardie giurate, controllando tutte le operazioni di prelievo dei valori e di messa in sicurezza dei caveau e segnalando, quale addetto alla sicurezza, anche a mezzo di allarme acustico anti-intrusi, situato all'interno del vano portineria, qualsiasi anomalia o l'intrusione di estranei al responsabile per la sicurezza per l'inoltro della segnalazione alle forze dell'ordine.
Inoltre, durante il turno notturno, in caso di anomalie, l'addetto le segnalava alla pattuglia di turno tenuta alla vigilanza del perimetro esterno del supermercato.
Orbene, a parere di questa Corte, non vi sono dubbi che l'H. abbia esercitato presso il C. una vera e propria attività di vigilanza, caratterizzata sia dalla videosorveglianza del supermercato e del relativo caveau, con segnalazione, anche a mezzo di allarme acustico anti-intrusi di qualsiasi anomalia incidente sulla sicurezza del C., e conseguente avviso alle forze dell'ordine, che dal controllo con addetti all'interno del supermercato, come desumibile dalle fatture e dal contratto di appalto in atti, quanto alle voci "addetto alla gestione presidio retro casse" (implicante il controllo del buon funzionamento delle antenne antifurto delle casse e dei camerini con relative segnalazioni di mal funzionamento e il divieto di intrusione di estranei attraverso la linea delle casse) e "quota fissa servizio di controllo".
Invero, secondo il più recente e maggioritario orientamento giurisprudenziale, richiamato anche dal Giudice di primo e a cui questa Corte, condividendolo, rinvia, ogni forma imprenditoriale di attività di vigilanza di beni per conto terzi, anche meramente passiva, richiede la licenza prefettizia, indipendentemente dalle modalità operative con cui è esercitata, non richiedendosi, in particolare, l'esercizio di poteri di intervento diretto per la prevenzione e repressione dei reati, essendo sufficiente la segnalazione, anche via radio, di danni e pericoli, alla competente autorità (cfr, sul punto, anche Cass. Pen., Sez. III, n° 1605/2009).
Pertanto, non sussistendo, tra l'altro, alcuna prova della stipulazione da parte del C. di contratto di vigilanza con l'istituto "S.", e a nulla valendo la sentenza di primo grado prodotta dalla difesa, non vincolante e relativa a successivo accertamento, va confermata la penale responsabilità dell'imputata per il reato alla stessa ascritto, esercitando la stessa, in assenza di licenza prefettizia, attraverso i suoi dipendenti, anche attività di vigilanza presso il C., ossia di controllo, anche a mezzo videocamere, della sicurezza dello stesso e del relativo caveau, con segnalazione, anche a mezzo allarme acustico, e avviso alle forze dell'ordine, di anomalie e intrusione di estranei, e controllo del corretto funzionamento dei sistemi di antifurto.
Quanto al trattamento sanzionatorio, tenuto conto dello stato di incensuratezza dell'imputata e della natura contravvenzionale del reato ascrittole, stimasi congruo irrogarle la pena finale di mesi 8 di arresto ed € 300,00 di ammenda (p.b. 1 anno di arresto ed € 450,00 di ammenda, ridotta come sopra per il rito), sospesa ex art. 163 c.p., tenuto conto dell'assenza di precedenti penali a carico dell'imputata, e presumendosi, quindi, che la stessa si asterrà dal compimento di altre condotte delinquenziali, non reputandosi, infine, conferme alle esigenze rieducative del caso di specie, l'applicazione di sanzioni sostitutive, stante l'effetto maggiormente deterrente derivante dalla possibile revoca della pena sospesa in caso di commissione di successivi delitti.
P.Q.M.

Visto l'art. 523 c.p.p., in riforma della sentenza emessa dal G.u.p. di Napoli il 27.10.09 nei confronti di A.A., appellata dalla medesima, ridetermina la pena in mesi 8 di arresto ed € 300,00 di ammenda. Pena sospesa. Conferma nel resto.

Imprimir Correo electrónico

I più letti