Investigazioni

INVESTIGAZIONE PRIVATA - Foto, videoripresee del domicilio e interferenze illecite nella vita privata.

osservazione con il telescopio

Lo scatto di fotografie da parte di terzi e la videoregistrazione a fini investigativi non ledono la riservatezza e non integrano il reato d'interferenze illecite nella vita privata se oggetto della  ripresa sono comportamenti che possono essere normalmente osservati dall'esterno del domicilio.
Ciò ancorché le azioni si compiano in luoghi di privata dimora (domicilio o sue pertinenze) ma in condizioni tali da renderlo tendenzialmente visibile a estranei e senza ricorrere a particolari accorgimenti.

In tali situazioni, le riprese fotografiche o con videocamera sono equiparabili a quelle eseguite in luogo pubblico o aperto al pubblico. La tutela del domicilio è perciò limitata solamente a ciò che si compie in luoghi tendenzialmente non visibili a terzi.

 

Cassazione penale, Sez. VI, 01/30.10.2008, n° 40577

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA
SEZIONE PENALE

Composta dai Signori
Nicola Milo, Presidente
Francesco Ippolito, Rel. Consigliere
Massimo Dogliotti, Consigliere
Vincenzo Rotundo, Consigliere
Giovanni Conti, Consigliere
ha pronunciato la seguente

sentenza

sul ricorso proposto da: 1) (omissis); avverso la sentenza della Corte d'Appello di Bologna, emessa in data 04.03.2008;
letto il ricorso e il provvedimento impugnato;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Francesco Ippolito;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. F.M. Iacoviello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Osserva in fatto e diritto

1. La Corte d'appello di Bologna, con la decisione impugnata, ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Modena, il 15.03.2005, aveva condannato A.M. alla pena di nove mesi di reclusione per i reati di cui agli artt. 56-393, 624, 582-585-61 n° 2, 594 C.P., in danno di F. L.
I giudici merito hanno accertato che quest'ultimo, sapendo che la propria moglie M.C. si trovava in casa dell'A. e sospettando l'esistenza di una relazione tra i due, li attese nella strada pubblica prospiciente l'abitazione e li fotografò all'uscita, mentre ancora si trovavano nel cortile della casa.
Mentre si accingeva ad andar via a bordo della sua autovettura, fu raggiunto e fermato dall' A., che lo ingiuriò, gli strappò la giacca, si appropriò delle chiavi dal quadro di accensione della macchina e si allontanò, in compagnia della moglie del F.
Seguirono altre convulse fasi dell'episodio, con reiterazione d'ingiurie, percosse (che procuravano lesioni alla parte offesa) e danneggiamenti da parte dell' A., al fine di recuperare il rullino della macchina fotografica.

2. Ricorre per Cassazione l'imputato, deducendo:
- mancanza di motivazione della sentenza d'appello nella parte in cui "trascura il punto nodale del quesito di diritto sottopostogli: se l'atto di fotografare una persona all'interno del cortile di casa integri (al di là dell'improcedibilità per difetto di querela) il reato d'interferenze illecite nella vita privata ex art. 615 bis c.p.;
- inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, non avendo la Corte bolognese ravvisato, nell'illecita (ex art. 615 bis c.p.) condotta tenuta dalla parte offesa, gli estremi del fatto ingiusto rilevante ex art. 599 c.p.;
- inosservanza di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e dell'esimente della legittima difesa.

3. In accoglimento della richiesta del Procuratore generale, il ricorso va dichiarato inammissibile.
La tesi che l'imputato reitera sin dal giudizio di primo grado, ossia di avere reagito ad un atto d'interferenza nella sua vita privata (costituente il reato di cui all'art. 615 bis c.p.) commesso dal F., che lo fotografò mentre, assieme alla M., egli ancora si trovava in una pertinenza della sua casa, è destituita di ogni fondamento, anche per ragioni ulteriori e diverse rispetto a quelle già evidenziate dai giudici di merito.
La ripresa fotografica da parte di terzi - così come quella effettuata con videocamera, su cui si è recentemente pronunziata la Corte costituzionale in fattispecie concernente videoregistrazione a fini investigativi (sent. n. 149/2008)- lede la riservatezza della vita privata che si svolge nell'abitazione altrui o negli altri luoghi indicati dall'art. 614 c.p., e integra il reato d'interferenze illecite nella vita privata, previsto e punito dall'art. 615 bis c.p., semprechè vengano ripresi comportamenti sottratti alla normale osservazione dall'esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile a terzi.
"Se l'azione, pur svolgendosi nei luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata dagli estranei, senza ricorrere a particolari accorgimenti [...], il titolare del domicilio non può evidentemente accampare una pretesa alla riservatezza" (sent. cit). In tal caso - come in quello del F., che fotografò dalla strada pubblica l'A. e la M. che uscivano dalla casa e si trovavano nel cortile visibile dall'esterno - riprese fotografiche o con videocamera non si differenziano da quelle realizzate in luogo pubblico o aperto al pubblico.
A giusta ragione, pertanto, sono state negate le esimenti della provocazione e della legittima difesa, nonchè il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con connessa diminuzione di pena, indipendentemente dalla corretta qualificazione giuridica data dai giudici d'appello ai fatti commessi che, in mancanza d'impugnazione da parte del pubblico ministero, pur non potendo essere sanzionati più gravemente, ben potevano essere meglio inquadrate in più gravi fattispecie di reato.

4. All'inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di Euro 1.000,00, in relazione alla natura delle questioni dedotte.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2008.

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