Investigazioni

INVESTIGAZIONE PRIVATA - Revoca di licenza del collaboratore ex art. 257-bis Tulps, per denunce di abuso a fini di recupero credito

recupero creditiT.A.R. Genova Liguria, Sez. II, Sent. 16/17.02.2012 n° 316

I Giudici amministrativi, dopo aver definito "delicata" l'attività che può essere svolta dal collaboratore di un investigatore privato autorizzato, stigmatizzano gli ampi poteri della p.a. in materia di sospensione e revoca della licenza prefettizia nonché i connotati dell'"abuso", ritenuto sussistente il quale vengono meno i presupposti per il rilascio e il mantenimento dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza o dell'attività investigativa ex art. 134 t.u.l.p.s., in particolar modo se connessa all'attività del c.d. recupero crediti.
Ciò che risalta, nella pronuncia ligure, è in particolare il principio per cui "anche una mera denuncia può giustificare il giudizio di mancato possesso del requisito della "buona condotta"

ovvero l'abuso che giustifica la revoca, se la p.a., in relazione a specifici e sufficientemente comprovati fatti, ne trae indicazioni ragionevoli circa il pericolo di abuso del titolo di polizia".
Dunque, rilevano anche solo mere denunce-querele sporte a carico del collaboratore dell'investigatore privato, così come va tenuto conto della reiterazione degli episodi, della loro circostanziata ricostruzione e della gravità delle condotte a lui ascritte.
In particolare, il T.A.R. Liguria ha sottolineato che è tout court inammissibile l'attività di recupero credito stragiudiziale da parte dell'investigatore privato (e del suo collaboratore) e che assurge ad abuso della licenza investigativa la sua impropria esibizione al debitore nel corso di attività di recupero, talché nella fattispecie è diventato rilevante l'abuso della specifica licenza a fini diversi e con modalità intimidatorie, oltre che reiterate.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione II)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul Ricorso numero di registro generale 587/2011, proposto da:
A.L., rappresentato e difeso dall'Avv. Maria Teresa Snaiderbaur, con domicilio eletto in Genova, via G.T. Invrea 11/6;

contro

Ministero dell'Interno, Prefetto di Genova, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;     
per l'annullamento di provvedimento di revoca di licenza per svolgere, ex art. 257-bis R.D. n° 635/40, l'attività di collaboratore di investigatore privato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero  dell'Interno e di Prefetto di Genova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16.02.2012 il Dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori, come  specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.    

Fatto e diritto
Con il gravame introduttivo del giudizio l'odierno ricorrente impugnava il provvedimento di cui in epigrafe, recante la revoca di licenza per svolgere, ex art. 257-bis R.D. n° 635/40, l'attività di collaboratore d'investigatore privato, adottata sulla scorta dell'abuso emerso dalle denunce presentate a carico del medesimo esponente.
Avverso tali atti si muovevano pertanto le seguenti censure:
- violazione degli artt. 10, 11 e 134 tulps, eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, difetto e illogicità della motivazione, per insussistenza della pretesa alter natività della procedura stragiudiziale di recupero crediti;
- eccesso di potere sotto analoghi profili fondandosi il provvedimento su mere denunce e non dimostrando l'inaffidabilità del soggetto.
L'amministrazione intimata si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto del gravame.
Con Ordinanza collegiale n° 866/2011 veniva disposta acquisizione di documentazione in via istruttoria.
Alla udienza pubblica del 16.02.2012 la causa passava in decisione.
Il Ricorso appare, prima facie, destituito di fondamento, sotto entrambi gli ordini di censura dedotti.
In generale, ai sensi della disciplina invocata da parte ricorrente ed applicata dall'amministrazione, è noto come per lo svolgimento della delicata attività in questione sia necessaria apposita licenza di P.S. in ordine alla quale, tanto in caso di abuso quanto in presenza delle circostanze previste dallo stesso t.u.l.p.s., è esercitabile il potere di sospensione ovvero di revoca della medesima.
Occupandosi dei presupposti per il rilascio e il mantenimento dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza o investigativa ex art. 134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, la giurisprudenza ha avuto occasione di rilevare:
- che l'Amministrazione deve tenere conto del requisito della "buona condotta", quanto in particolare agli aspetti incidenti sull'attitudine e sull'affidabilità dell'aspirante ad esercitare correttamente le funzioni connesse alla licenza, senza abuso del titolo;
- che, come è stato segnalato per gli analoghi casi della buona condotta richiesta per la licenza di guardia giurata o per la licenza di porto d'arma, possono essere in tal senso significativi la pendenza di procedimenti penali o di prevenzione, l'avvenuta presentazione di circostanziate denunce di reato, l'acquisizione di negative informazioni di polizia circa il tenore di vita e la pubblica estimazione del soggetto interessato, e ciò in ragione dell'ampiezza e della funzione del potere di valutazione discrezionale dell'Amministrazione in materia, stante la delicatezza degli interessi pubblici coinvolti;
- che, inoltre, l'esito estintivo del giudizio penale per ragioni esclusivamente processuali non incide sulla potestà dell'Amministrazione di autonoma valutazione del comportamento dell'interessato;
- che, a fronte della latitudine della discrezionalità amministrativa, è stato ritenuto legittimo il provvedimento restrittivo rispetto all'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza privata emesso sulla base del motivato convincimento dell'Amministrazione circa l'emergere di abusi nell'esercizio dell'autorizzazione stessa, pur in assenza delle ipotesi espressamente previste dall'art. 11 del testo unico;
- che, non dovendo ricadere l'onere della prova della "buona condotta" sull'interessato, spetta all'Amministrazione indicare gli specifici fatti impeditivi e i concreti elementi rivelatori di abuso della licenza di pubblica sicurezza;
- che, tra i vari, assumono un rilievo particolarmente significativo, sebbene non esclusivo, i fatti penalmente rilevanti che riguardano la gestione dell'impresa, tanto più se attinenti direttamente all'attività per la quale viene richiesta l'autorizzazione e se indicativi di una pregressa condotta non conforme alle norme che ne regolano l'esercizio;
- che non è d'altra parte necessario un giudizio penale di colpevolezza - e cioè un accertamento definito con sentenza -, stante l'ampia discrezionalità dell'Amministrazione in materia e la rilevanza degli interessi in gioco, con il solo limite di una valutazione che deve essere fondata su parametri logici e non travisati;
- che anche una mera denuncia può dunque giustificare il giudizio di mancato possesso del requisito della "buona condotta" ovvero l'abuso che giustifica la revoca, se l'Amministrazione, in relazione a specifici e sufficientemente comprovati fatti, ne trae indicazioni ragionevoli circa il pericolo di abuso del titolo di polizia.
Orbene, applicando i predetti parametri alla fattispecie in esame, il provvedimento impugnato risulta esente dai vizi dedotti in quanto adeguatamente sostenuto, sia in termini istruttori che di motivazione, attraverso il richiamo ai fatti contestati all'odierno ricorrente e l'esplicazione della relativa valutazione svolta dal Prefetto.
Sotto il primo profilo, se per un verso la mera natura di denunce-querele presentate avverso il ricorrente non ne esclude la rilevanza, secondo l'indicazione di principio sopra richiamata, la reiterazione degli episodi e la circostanziata ricostruzione degli stessi (dai quali emergono atteggiamenti ed elementi di particolare gravità, sia per l'abuso della qualifica investigativa rispetto all'attività di recupero credito, sia a fronte della partecipazione di altri soggetti) ne giustificano ampiamente la sottoposizione ad analisi da parte dell'amministrazione chiamata a esercitare il delicato potere in questione; in particolare, la reiterazione di episodi denunciati da persone diverse assume un connotato di conferma a fini di esercizio del potere in questione.
Sotto il secondo profilo, la valutazione svolta dal Prefetto appare esente dai vizi ammissibili, nei limiti di sindacabilità sopra richiamati, essendo pienamente ragionevole desumere il venir meno della necessaria buona condotta a fronte del reiterato emergere dei predetti episodi di abuso.
In proposito, va poi evidenziato come sul punto il provvedimento sia accompagnato da una pluralità di elementi motivazionali (l'inammissibilità della procedura di recupero credito stragiudiziale, l'abuso della licenza investigativa in quanto esibita impropriamente nel corso di attività di recupero, la reiterazione di condotte intimidatorie), ciascuno tale, di per sé, da sostenere il provvedimento impugnato.
Inoltre, relativamente alla contestata ammissibilità della procedura stragiudiziale di recupero credito, nel caso di specie ai fini di esercizio del potere di revoca ciò che ha assunto rilievo preminente, secondo la chiara e condivisibile valutazione del Prefetto, è stato l'abuso della specifica licenza in oggetto a fini diversi e con modalità intimidatorie, oltre che reiterate.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul Ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell'amministrazione resistente, liquidate in complessivi € 3.000,00 (tremila\00), oltre accessori dovuti per legge. Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova, nella camera di consiglio del giorno 16.02.2012 con l'intervento dei magistrati:
Enzo Di Sciascio, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria IL 17.02.2012

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