INTERNATIONAL TRADE - Società quotate e operazioni con parti correlate: la Commissione Eu verso la modifica della Shareholders' Right Directive
Cosa accade quando una società cede un bene aziendale al coniuge dell’amministratore delegato? Quale è la disciplina perché l’azienda possa comprare un immobile da un familiare di un manager, qualora si reputi che su quel terreno possa venire edificato un edificio a uso commerciale o un capannone industriale? V’è una disciplina per determinare il compenso dei manager di una società o degli amministratori? A quali condizioni alla società «madre» è consentito, nell’ambito delle operazioni cc.dd. infra-gruppo, cedere un appalto a una delle società controllate? Alla risposta a queste e ad altre domande sono preposte delle specifiche norme contenute nel codice civile e nel testo unico sulla finanza, oltreché nei regolamenti emanati dall’autorità di vigilanza del settore, la Consob, e in direttive europee, atte a disciplinare il crescente fenomeno della gestione degli interessi nelle operazioni con parti correlate (o.p.c.). Il tema della «governance», sempre più attuale, rientra sotto questo profilo nel concetto di conflitto d’interessi, reale o anche solo potenziale, tra società e soggetto che con essa abbia particolari rapporti. Il rischio, si è osservato, è che detta relazione possa inficiare la neutralità dell’operazione.
Ma un’eccessiva regolamentazione, infarcita di divieti e di sbarramenti, per contro, avrebbe potuto ingessare il mercato. In un primo tempo si era perciò stabilito, a livello legislativo, che fosse sufficiente ottemperare a specifici obblighi informativi, volti a tutelare la «trasparenza» delle operazioni economico-finanziarie delle società, a tutela degli azionisti di minoranza. Lungi dal riguardare solo le società quotate, ovviamente, la fattispecie concerne qualsiasi tipo di società anche di modeste dimensioni e organizzazione. Pur tuttavia è inevitabile che dal legislatore domestico e comunitario sia stata dedicata maggior attenzione proprio alle società con azionariato diffuso, poiché è in tali casi che diventano più stringenti gli obblighi di trasparenza e i principi in materia di procedure che le società devono adottare al fine di assicurare condizioni di correttezza nell’intero processo di realizzazione delle operazioni con parti correlate.
Così è accaduto con gli artt. 2391 c.c. (che impone all’A.D. di specificare natura, termini, origine e portata dell’operazione), 2497-ter c.c. (che stabilisce che vada fornita un’analitica motivazione degli interessi sottesi all’operazione e delle ragioni dettate dalla società capogruppo, che influenza l’attività della controllata, anche per beneficiare dei c.d. interessi compensativi), 2391-bis c.c. (norma introdotta nel 2004 - dopo alcuni noti scandali che hanno provocato dissesti di enormi proporzioni e il depauperamento delle ragioni degli azionisti di minoranza - che impone il rispetto dei vincoli e delle tutele stabiliti dalla Consob, in caso di o.p.c. da parte di società quotate in borsa) e 154-ter t.u.f. (che ha fissato un set di regole chiare, volte a garantire la «fairness» sostanziale e procedurale, in caso di o.p.c. che coinvolgano società quotate), nonché con il Codice di autodisciplina sulle best-practices per le società quotate in borsa (in particolare l’art. 9, con cui sono state rivolte ai c.d.a. raccomandazioni su come gestire ex ante le «related party transactions», così da depotenziare la rischiosità dell’o.p.c., quasi a cercare un punto di equilibrio (mediante la creazione di comitati di amministratori indipendenti) tra vantaggio della società interessata e discutibile arricchimento del soggetto ad essa correlato, imperniato su obblighi informativi e sulla tracciabilità del procedimento deciso dai soci di riferimento.
La Consob è intervenuta con il Regolamento n° 17221 del 12.03.2010, con il quale ha differenziato la disciplina a seconda che l’o.p.c. resti o meno al di sotto della soglia del 5% dell’attivo della società (ancorché cumulate). In caso di operazioni di minor rilevanza, infatti, è parso eccessivo rendere vincolante, per la decisione da assumere in via collegiale da parte del c.d.a., il motivato parere preventivo degli amministratori indipendenti, in ordine all’interesse della società al compimento dell’operazione nonché alla convenienza e alla correttezza sostanziale dell’o.p.c.; così pure pretendere che la delibera debba essere collegiale, anziché dell’A.U.; e, ancora, sempre per le sole società che adottano i sistemi di amministrazione e controllo tradizionale o monistico, richiedere che l’apposito comitato debba essere composto esclusivamente (anziché in maggioranza) da amministratori privi di ruolo esecutivo e comunque non-correlati). Il Regolamento Consob sulle RPTs (o.p.c.), che lascia alle società alcuni margini di flessibilità nella definizione delle regole applicabili alle operazioni con parti corre- late, ha altresì introdotto, da un lato, un meccanismo di trasparenza immediata, che prescinde dalla nota integrativa allegata al bilancio annuale, e che volta per volta impone di pubblicare entro gg. 7 (anche nel sito web della società) un «documento informativo» immediatamente consultabile, sulle motivazioni e sulla convenienza dell’operazione con una parte correlata. D’altro lato, il Regolamento ha anche riconosciuto alcune ipotesi di esenzione dalla procedura, segnatamente in caso di o.p.c. d’importo esiguo; o.p.c. concluse a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard; o.p.c. urgenti, indifferibili o legate a situazioni di crisi aziendale; o.p.c. inerenti la determinazione, in esecuzione di delibera assembleare, dei compensi agli amministratori e agli alti dirigenti (cfr. anche la sintesi degli elementi principali della delibera Consob).
Orbene, la Direttiva 2007/36/EC è la norma cardine sulla «transparency» e ha posto l’11.07.2007 un argine a tutela dell’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate, rispetto allo strapotere di manager e per il vaglio delle «tunneling transactions». La «shareholders' right directive» sta ora vedendo, dopo un’articolata fase di public hearing, una serie di modifiche, volute dalla Commissione europea, atte a migliorare la sorveglianza delle operazioni con parti correlate da parte degli azionisti.
Conseguentemente è stata varata una «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda taluni elementi della relazione sul governo societario».
Per la Commissione, infatti, bisogna (con il nuovo art. 9-quater) imporre «alle società quotate di sottoporre le operazioni con parti correlate che rappresentano più del 5% dei loro attivi o le operazioni che possono avere un impatto significativo sugli utili o sul fatturato all'approvazione degli azionisti e di prevedere che non possano essere concluse incondizionatamente senza la loro approvazione. Le operazioni con parti correlate di minore entità che rappresentano più dell'1% degli attivi devono essere annunciate pubblicamente al momento della conclusione dell'operazione dalle società quotate, le quali accompagneranno l'annuncio con una relazione di un terzo indipendente che valuti la conformità dell'operazione con le condizioni di mercato e ne confermi la correttezza e la ragionevolezza dal punto di vista degli azionisti. Al fine di individuare solo le operazioni che potrebbero essere più svantaggiose per gli azionisti di minoranza e limitare l'onere amministrativo, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di escludere le operazioni concluse tra la società e i membri del gruppo che sono interamente di proprietà della società quotata. Per la stessa ragione, gli Stati membri dovrebbero anche essere in grado di consentire alle società di chiedere agli azionisti un'approvazione preventiva per alcuni tipi chiaramente definiti di operazioni ricorrenti superiori al 5% degli attivi e di chiedere agli azionisti un'esenzione preventiva dall'obbligo di presentare una relazione di un terzo indipendente per operazioni ricorrenti superiori all'1% degli attivi, nel rispetto di determinate condizioni».
Sul punto, si veda anche il dossier n° 75 del gennaio 2014, intitolato «Regulation and self-regulation of related party transactions in italy. An empirical analysis», con cui Consob ha affrontato il tema della regolamentazione e dell’auto-regolamentazione delle operazioni con parti correlate.
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