PENALE - P.o. non costituita p.c. e lista testi
La persona offesa può presentare una propria "lista testi", in forma di memoria ex art. 90, co. 1, c.p.p.
Tale memoria è equiparata a quella che la parte civile può depositare ai sensi dell'art. 468 c.p.p.
Perciò la persona offesa, qualora abbia proposto tale mezzo di prova, rispettando il termine di sette giorni antecedenti l'udienza fissato dalla legge per il deposito delle liste testimoniali, non dovrà affatto ripresentare una nuova lista al momento della sua costituzione quale parte civile.
Infatti - evidenziano gli ermellini - non solo tale facoltà deve ritenersi ricompresa in quelle attribuite alla persona offesa e di cui all'art. 90, co. 1, c.p.p., laddove il codice di rito penale menziona espressamente il potere d'indicare elementi di prova, ma non vi è ragione per considerare illegittimo l'atto presentato sotto forma di memoria, atteso che la ratio dell'art. 468 c.p.p. è rispettata nel momento in cui è garantita la discovery all'imputato.
La S.C. di recente - pur con un importante distinguo in ordine al rito - ha peraltro confermato tale orientamento, con la sentenza Cass. pen., Sez. VI, 25.11.10, n° 43211:
"[...] L'eccezione in rito è manifestamente infondata, atteso che nel presente procedimento, a citazione diretta, la parte offesa, che non aveva ancora avuto la possibilità di costituirsi parte civile per l'assenza dell'udienza preliminare, ha provveduto a depositare memoria ai sensi dell'art. 90 cod. proc. pen., comma 1, ben prima del termine di sette giorni antecedenti l'udienza fissato dalla legge per il deposito di liste testimoniali, così permettendo la discovery prevista dall'art. 468 cod. proc. pen., comma 4, cui è finalizzata la previsione della inammissibilità della prova indicata oltre il richiamato termine, in quanto ha consentito alla controparte di conoscere i testi di cui avrebbe chiesto l'escussione. In tal senso quindi deve ritenersi del tutto priva di conseguenze la mancata osservanza della forma della presentazione delle liste, prevista dall'art. 468 cod. proc. pen., stante il riconoscimento nel concreto dei diritti di difesa, con conoscibilità per l'imputato delle prove sollecitate dalla controparte, ed effetti identici a quelli previsti per il caso di deposito della lista a cura della parte civile [...]".
Si riporta qui di seguito la decisione del 2005 con cui si è consolidato l'orientamento giurisprudenziale risalente al 1999/2000.
Cassazione penale, sez. V, 08.06/29.07.05, n° 28748
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. CALABRESE RENATO LUIGI, PRESIDENTE
1. Dott. MARINI PIER FRANCESCO, CONSIGLIERE
2. Dott. AMATO ALFONSO, "
3. Dott. FUMO MAURIZIO, "
4. Dott. BRUNO PAOLO ANTONIO, "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) N. V., nato il (omissis),
avverso la Sentenza del 10.11.2003 della Corte d'Appello di Roma;
Visti gli atti, la sentenza ed il procedimento
Udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Pierfrancesco Marini;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vittorio Martusciello che ha concluso per annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio e rigetto del ricorso nel resto;
Udito il difensore, Avv.to Angelo Sibilio del Foro di Latina, per il ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento integrale del ricorso;
La Corte osserva:
N. V., condannato con sentenza 07.03.2002 del Tribunale di Latina alla complessiva pena (sospesa) di mesi 3 di reclusione quale responsabile di lesioni ed ingiurie in persona di A. V. (fatto commesso in data 4.7.2000), nonché al risarcimento del danno in favore della medesima, quale parte civile costituita, propose impugnazione che la Corte di Appello di Roma, con sentenza 10.11.2003, accolse limitatamente all'addebito di ingiuria, ritenendo per tal reato non punibile l'imputato per l'esimente della ritorsione (art. 599 comma 1 cod. pen.), confermando il giudizio di colpevolezza, dunque, quanto alle lesioni, con sostituzione della pena detentiva (in applicazione della Legge 274/2000) in quella della multa nella misura di 2.324,00 (revocata la sospensione).
Con atto personalmente sottoscritto l'imputato ricorre per cassazione deducendo: 1) carenza di motivazione in ordine al rigetto della eccezione di inammissibilità della costituzione di parte civile; 2) carenza di motivazione in ordine al rigetto della eccezione di inammissibilità della lista dei testimoni indicati dalla parte civile, perché depositata in data antecedente la notifica dell'atto di costituzione ai sensi dell'art. 78 comma 2 cod. proc. pen.; 3) motivazione illogica, contraddittoria ed apparente, in punto di giudizio di colpevolezza, fondato sulla valorizzazione di elementi contraddittori, rinvenibili nelle dichiarazioni della persona offesa non esattamente riscontrate per via testimoniale, ovvero per nulla significativi (il certificato medico attestante lesioni guaribili in un giorno); 4) violazione dell'art. 52 D.L.vo n. 274/2000, perché il giudice non avrebbe provveduto alla applicazione della sanzione ivi prevista, bensì avrebbe operato una mera conversione della pena detentiva.
Il primo motivo è infondato, perché la sentenza contiene una puntuale risposta alla eccezione di inammissibilità della costituzione di parte civile, con rinvio al collegamento, sufficiente alla enunciazione dell'oggetto del mandato, della procura speciale all'ampia ed esaustiva narrazione dei fatti produttivi del danno dedotto come risarcibile; motivazione alla quale il ricorrente niente più oppone che un generico dissenso valutativo del contenuto dell'atto.
Il secondo motivo è ugualmente infondato.
Vero è, infatti, che gli effetti della costituzione della parte civile, formalizzata fuori udienza (come nella specie), riguardano, nella prescrizione della notifica "alle altre parti" ex art. 78 comma 2 cod. proc. pen., l'instaurazione del contraddittorio civile nella sede penale, consentendo a tali parti, essenzialmente, di presentare la richiesta di esclusione ai sensi dell'art. 80 stesso codice e, comunque, di predisporre una adeguata difesa a fronte della richiesta di restituzione o risarcimento e, tuttavia, deve respingersi l'assunto di inammissibilità delle dichiarazioni rese da testimoni inseriti in una lista depositata dalla persona offesa, costituitasi fuori dell'udienza, in data precedente la notifica.
Alla stessa persona offesa dal reato, infatti, è consentita la presentazione della lista testi ai sensi dell'art. 90 comma 1 cod. proc. pen., dovendosi ritenere compresa tale facoltà nell'ampia previsione nella norma e con particolare riferimento a quella di indicare gli elementi di prova, di tal che la stessa, una volta divenuta parte processuale a mezzo dell'atto di costituzione della parte civile, può certamente avvalersi del mezzo di prova già proposto, senza necessità di ripresentare la lista testimoniale già prodotta in tempo ampiamente utile rispetto a quanto disposto dall'art. 468 stesso codice (Cass. Sez. IV, 21.4.2000 n. 7401, Colicigno; Cass. Sez. VI, 13.7.1999 n. 9967, Cucinotta).
Sotto diverso profilo, del resto, non si tratterebbe in ogni caso di prove illegittimamente acquisite, giusta art. 191 cod. proc. pen., in difetto di un divieto probatorio espresso; ferme, infine, le esclusive ipotesi di inammissibilità fissate al comma 1 del citato art. 468.
Il terzo motivo di gravame è inammissibile, risolvendosi nella richiesta di rilettura del materiale probatorio già compiutamente esaminato.
Quanto alle testimonianze, invero, il ricorrente, incapace di negare che le stesse abbiano confermato l'episodio di aggressione fisica e verbale come descritto dalla persona offesa, si limita a spezzettare i deposti, pretendendo un nuovo apprezzamento di merito, inammissibile in questa sede, che colga discrasie e contraddizioni prospettate, in realtà, attraverso una personale e domestica interpretazione, non autorizzata dal testo della sentenza; quanto alla valenza probatoria data dal certificato medico, infine, la censura non fa altro che ironizzare sulla durata minima della lesione (un giorno), il che non toglie che la stessa sia stato di fatto riscontrata dal sanitario e, peraltro, non considera come in sentenza si sia dato atto di un ricovero della persona offesa, nello stesso giorno, presso l'ospedale civile di Terracina, dalla quale costei venne dimessa dopo tre giorni, con diagnosi di "colpo di frusta cervicale".
Fondato, viceversa, è il quarto motivo di gravame.
Al reato di lesioni non aggravate e perseguibili a querela di parte - quale quello ascritto all'imputato - si applica, ex art. 52 coma 2 lett. b) D.L.vo 274/2000, la pena della multa da 516,00 ad 2.582,00 ovvero la pena alternativa della permanenza domiciliare da 15 gg. a 45 gg. o del lavoro di pubblica utilità da 200 gg. a sei mesi; il giudice di appello ha fatto richiamo a tale norma, mostrando di ritenere più favorevole la pena pecuniaria ma, in concreto, altro non ha fatto se non convertire la pena detentiva inflitta in primo grado con quella pecuniaria equivalente secondo i criteri di ragguaglio di cui all'art. 58 dello stesso Decreto, incorrendo così nell'errore di non applicare, in concreto, ed ex art. 64, la pena pecuniaria fissata al comma 2 lett. b) dell'art. 52, di tal che la sentenza deve essere annullata in punto sanzione.
Poiché, peraltro, la Corte territoriale ha confermato in ogni caso come adeguata alla gravità del fatto la pena ritenuta dal primo giudice, nel minimo edittale per le lesioni e con contenuto aumento per la continuazione con l'ingiuria, a questa Corte si rende possibile un diretto intervento che non implica valutazioni di merito, si da giungere ad annullamento senza rinvio con determinazione della pena pecuniaria in misura che muova dal minimo di 516,00, apporti un aumento ex art. 81 cod. pen. ad 600,00 e, per la riduzione di un terzo ex art. 62 bis cod. pen., approdi alla pena finale di 400,00.
P.Q.M.
La Corte, annulla senza rinvio l'impugnata sentenza limitatamente alla pena, che determina in 400,00 di multa; rigetta nel resto il ricorso.
Roma, in pubblica udienza il 08.06.2005
Depositata in cancelleria il 29.07.2005.