Penale

PENALE - Elettrosmog e discrezionalità comunale

elettrosmog

Il Comune può modificare i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità delle emissioni elettromagnetiche? La risposta è negativa.

Infatti, i vincoli in tale materia possono essere stabiliti soltanto dalla normativa statale, a cui quella regionale e quella dei singoli Enti locali territoriali devono conformarsi.Il Consiglio di Stato ha, infatti, ribadito l'orientamento, ormai consolidato, in punto campi  elettromagnetici e salvaguradia dell'ambiente e della salute dei cittadini.
In particolare, i Giudici amministrativi del Supremo consesso hanno sancito che "il potere a contenuto pianificatorio dei Comuni di fissare, ai sensi dell'art. 8, u.c., della L. n° 36 del 2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici non si può mai tradurre [...] in un generalizzato divieto di installazione in zone urbanistiche identificate. Tale previsione verrebbe infatti a costituire un'inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l'art. 4, L. 36 del 2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio dello Stato".
Invero, non solo la nozione di “rete di telecomunicazione” richiede per definizione una diffusione capillare sul territorio, ma l’assimilazione, per effetto dell’art. 86 del D.L.vo 01.08.2003, n° 259, delle infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria implica che le stesse debbano collegarsi ed essere poste al servizio dell’insediamento abitativo e non essere dalle stesso avulse (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 20.10.2010 n° 7588).

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, Sent., 15.06.2011, n° 3646

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE VI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore
Claudio Contessa, Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul Ricorso in appello numero di registro generale (omissis), proposto da:
(omissis) s.p.a., rappresentata e difesa dall'Avv. G.S., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (omissis);

contro

Comune di (omissis), rappresentato e difeso dall'Avv. F.C., con domicilio eletto presso P.B. in Roma, via (omissis);

per la riforma

della Sentenza breve del Tribunale amministrativo della Basilicata n° 00099/2009, resa tra le parti, concernente diniego D.I.A. per l'installazione di un impianto di telefonia.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 06.05.2011 il Cons. Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati S. e P. per delega dell'Avv. C.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
1. Con Ricorso al Tribunale amministrativo della Basilicata, (omissis) s.p.a. impugnava il provvedimento n° 9607 in data 16.07.2008 con il quale il Responsabile dell'Area tecnica del Comune di (omissis) aveva respinto la sua istanza ai sensi dell'art. 87 del D.L.vo. 06.12.07, n° 259, per l'installazione di un impianto di telefonia mobile sul terreno in catasto al foglio 75, particella 102, situato in località (omissis) di quel Comune in quanto il suddetto terreno non era destinato all'allocazione di antenne per telefonia mobile cellulare, come precisato nella delibera del Consiglio comunale 13.03.2008, n° 2.
Lamentava violazione degli artt. 13, co. IV e V, e 93 del D.L.vo 06.12.2007 n° 259, degli artt. 3, 7, 8, 10 e 10 bis della L. 07.08.1990 n° 241, dell'art. 57 del d.P.R. 01.09.1990, n° 285, dell'art. 338 del r.d. 24.07.1934, n° 1265, ed eccesso di potere sotto vari profili, chiedendo quindi l'annullamento del provvedimento impugnato.
Con la Sentenza in epigrafe, n° 99 in data 06.03.2009 il Tribunale amministrativo della Basilicata dichiarava inammissibile il ricorso per l'omessa impugnazione della deliberazione n° 7 in data 23.03.2002 con la quale il Consiglio comunale di (omissis) aveva approvato il piano comunale di individuazione dei siti per il trasferimento e la delocalizzazione degli impianti di tele radiocomunicazioni ai sensi dell'art. 5 della legge regionale della Basilicata 05.04.2000, n° 30.
2. Avverso la predetta Sentenza (omissis) s.p.a. propone l'appello in epigrafe, rubricato al n° (omissis), contestando le argomentazioni che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l'accoglimento del Ricorso di primo grado.
Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) chiedendo, con tre memorie, per un ammontare complessivo di settantatre pagine, nelle quali per due volte viene integralmente trascritta la Sentenza di primo grado, il rigetto dell'appello.
L'appellante ha depositato memoria.
La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 06.05.2011.
3. L'appello deve essere ammesso in rito.
Nonostante la prolissità degli atti difensivi del Comune, le eccezioni qualificate "assorbenti questioni pregiudiziali e preliminari" sono in gran parte incomprensibili.
Pare di capire che il Comune sostenga che l'irregolarità della notifica effettuata ai sensi dell'art. 1 della L. 21.01.1994, n° 53, in quanto effettuata in violazione dei limiti territoriali di competenza degli ufficiali giudiziari, ma la questione non può essere condivisa in quanto i predetti limiti non si applicano all'avvocato che provveda direttamente alla notifica ai sensi della predetta legge (Cass., 19.02.2000, n° 1938).
L'art. 23 bis della L. 06.12.1971 n° 1034 è di stretta applicazione, per cui non può essere applicato, ed invero non è nella prassi applicarlo, per i giudizi riguardanti l'installazione di impianti per la telefonia mobile, non considerati dalla norma.
L'appello è poi fondato nel merito.
3a. Occorre premettere come nella presente controversia sia irrilevante ogni riferimento ad un precedente diniego, opposto dal Comune appellato in relazione a diversa domanda di localizzazione di impianto per la telefonia cellulare, sul quale pure si diffondono le parti, in quanto il provvedimento di cui ora si discute non è confermativo del precedente, atteso che prevede una diversa localizzazione dell'impianto.
La mancata impugnazione di quel diniego non impedisce quindi all'appellante di tutelarsi avverso il rigetto di una domanda del tutto distinta dalla prima.
3b. Non sussiste l'inammissibilità del ricorso originaria, riscontrata dal primo giudice.
Il Ricorso di primo grado è stato dichiarato inammissibile in quanto il provvedimento impugnato è stato emanato in attuazione della deliberazione n° 07 in data 23 marzo 2002 con la quale il Consiglio comunale di (omissis) aveva approvato il piano comunale di individuazione dei siti per il trasferimento e la delocalizzazione degli impianti di tele radiocomunicazioni ai sensi dell'art. 5 della legge regionale della Basilicata 05.04.2000 n° 30.
Come già sottolineato, il primo giudice ha ritenuto che la tutela delle ragioni della società ricorrente non potessero prescindere dall'impugnazione del suddetto atto, da proporre entro sessanta giorni dalla conoscenza o meglio dalla formazione dell'onere di conoscenza, avvenuta il giorno della presentazione dell'istanza.
La tesi non può essere condivisa in quanto il richiamato art. 5 della legge regionale della Basilicata 05.04.2000 n° 30, è stato superato dal successivo sviluppo della legislazione statale in materia di comunicazioni attraverso telefoni cellulari.
Invero, con la L. 01.08.2002 n° 166, in esecuzione delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 07.03.2002, la disciplina della copertura del sistema di comunicazioni mediante telefonia mobile è stata accentrata presso lo Stato, che ha posto la disciplina specifica con il D.L.vo 01.08.2003 n° 259, emanato in attuazione della delega contenuta nell'art. 41 della predetta L. n° 166.
In questo quadro, la scelta di inserire le infrastrutture di reti di telecomunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria esprime un principio fondamentale della legislazione urbanistica, come tale di competenza dello Stato (Consiglio di Stato, sez. VI, 27.12.2010, n° 9404).
Di conseguenza, il potere a contenuto pianificatorio dei Comuni di fissare, ai sensi dell'art. 8, u.c., della citata L. n° 36 del 2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici non si può mai tradurre nel potere di sospendere la formazione dei titoli abilitativi formati o in corso di formazione ai sensi degli artt. 86 e 87 Codice delle comunicazioni elettroniche. La citata potestà dei Comuni deve tradursi in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, ma non può tradursi in un generalizzato divieto di installazione in zone urbanistiche identificate. Tale previsione verrebbe infatti a costituire un'inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l'art. 4, L. n° 36 del 2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio dello Stato (Consiglio dello Stato, sez. VI, 27.12.2010 n° 9414).
Il richiamato piano comunale è stato emanato sulla base del presupposto normativo costituito dalla legge della Regione Basilicata 05.04.2000, n° 30, le cui previsioni palesemente divergono da quelle della sopravvenuta normativa statale in quanto attribuiscono ai Comuni un generalizzato potere di pianificazione delle infrastrutture della telefonia mobile, riservando alla Regione l'autorizzazione di ogni singolo impianto.
Le previsioni della legge regionale sono quindi divenute inapplicabili a seguito dell'entrata in vigore della normativa di rango superiore a contenuto incompatibile, e sono quindi divenute inapplicabili le disposizioni generali dettate dai comuni in sua attuazione.
Da tali osservazioni consegue che l'appellante non aveva alcun onere di impugnare il citato piano comunale, non applicabile nella fattispecie a causa della sopravvenuta inefficacia e quindi privo di valenza lesiva.
La deduzione dell'argomentazione in appello è quindi ammissibile, in quanto ha assunto rilievo solo in esito all'impostazione della Sentenza appellata.
4. In conclusione, la censura di difetto di motivazione proposta dall'appellante si appalesa fondata, in quanto la scelta del Comune si basa integralmente su un atto inapplicabile in quanto superato dalla normativa sopravvenuta e palesemente contrario alla ricostruzione della medesima, di cui alla richiamata Sentenza di questa Sezione 27.12.2010, n° 9414.
L'appello deve, pertanto, essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, accolto il ricorso di primo grado ed annullato il provvedimento impugnato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) definitivamente pronunciando sull'appello n° (omissis), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della Sentenza gravata, accoglie il Ricorso di primo grado per l'effetto annullando il provvedimento impugnato. 
Condanna il Comune soccombente al pagamento, in favore dell'appellante, di spese ed onorari del presente grado del giudizio, liquidandole in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge se dovuti. Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa
.
Così deciso in Roma, il 06.05.2011.

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