Penale

PENALE - Telecamera occultata in scatola di plastica e delitto ex artt. 617-bis e 623-bis C.P.

telecamera occulta

Cass. Pen., Sez. V, 14.12.2010/27.01.2011 n° 3061 (ced n° 249508)
Pres. Calabrese, Rel. Fumo

Integra il reato di installazione di apparecchiature atte a intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche (artt. 617-bis e 623-bis c.p.) la condotta di colui che installi una telecamera - occultandola all'interno di una scatola di plastica, fissandola a un palo della luce e posizionandola ad alcuni metri dal suolo - con l'obiettivo rivolto all'ingresso di uno stabile, al fine di captare illecitamente immagini, ovvero comunicazioni o conversazioni di terzi.

Nè ha rilievo, ai fini della configurabilità del reato, l'effettiva intercettazione o registrazione di altrui comportamenti o comunicazioni, dovendosi avere riguardo alla sola attività di installazione e non a quella successiva dell'intercettazione o impedimento delle altrui comunicazioni, che rileva solo come fine della condotta, con la conseguenza che il reato si consuma anche se gli apparecchi installati, fuori dall'ipotesi di una loro inidoneità assoluta, non siano stati attivati o, addirittura, non abbiano funzionato.   

Con la suddetta decisione su indicata la Cassazione è tornata ad occuparsi dell'art. 617-bis c.p., norma diretta a prevenire l'attività di abusiva installazione di apparecchiature d'intercettazione: essa infatti incrimina autonomamente fatti che, di per sé, sono prodromici alla lesione effettiva dei beni giuridici della riservatezza e della libertà delle comunicazioni interpersonali, di cui rappresenta una tutela in via anticipata.
La facile reperibilità sul mercato di tecnologie sempre più sofisticate e low-cost, atte a consentire intercettazioni abusive, rende del resto quanto mai attuale la fattispecie, con cui dal 1984 il legislatore ha inteso reprimere - proprio in considerazione dell'elevata pericolosità intrinseca degli strumenti impiegati - gli atti preparatori delle attività delittuose di cui all'art. 617, co. 1, c.p.
Il delitto di cui all'art. 617-bis c.p. sussiste ogni qual volta vi sia installazione di un'apparecchiatura idonea a registrare o a far prendere cognizione di altrui colloqui a cui il soggetto agente non partecipi (cfr. Cass. Pen., Sez. V, 23.01.01 n° 12655).
Ciò che rileva, da punto di vista della condotta materiale del reato - trattandosi di reato istantaneo con effetti permanenti - è l'attività di "mera installazione" di apparati radioelettrici e ricetrasmittenti o di semplici «parti» di siffatti strumenti, volte a captare o impedire comunicazioni (telefoniche o telegrafiche) altrui (cfr. Cass. pen., Sez. V, 04.04.89 n° 11360).Il tentativo, del resto, parrebbe configurabile nel solo caso di persona sorpresa mentre provi ad inserire una microspia nell'apparecchio telefonico della sua vittima.
Bisogna prescindere, invece, dall'aver riguardo al fine della condotta, che assurge a dolo specifico del reato, dato che la successiva attività d'intercettazione o d'inibizione di comunicazioni inter alios è di per sé irrilevante rispetto al fatto dell'anteriore installazione (Cass. Pen., Sez. V, 16.06.92), e l'eventuale captazione illecita concorrerà ex art. 617, co. 1, c.p. con il delitto di cui all'art. 617-bis c.p., ove l'intercettazione della comunicazione si sia concretamente realizzata (cfr. Cass. Pen., Sez. V, 11.02.03 n° 12698; peraltro, in dottrina, si stigmatizza, da taluno, che viceversa si verterebbe in ipotesi di reato progressivo, per un antefatto non punibile, che resterebbe assorbito).
Così pure, ai fini della configurabilità del delitto, non occorre verificare se tali dispositivi fossero in concreto efficienti o funzionanti, atteso che l'illecito penale sussiste sol che l'apparato installato sia astrattamente idoneo a conseguire lo scopo, a meno che l'apparecchio sia affetto da inidoneità tecnica assoluta all'intercettazione da valutarsi in concreto art. 49 c.p., certo non potendo addursi banali difetti tecnici dell'apparecchiatura stessa, magari ascrivibili ad imperizia del maldestro installatore abusivo.
Si segnala, sul punto, un'altra importante sentenza che ha tracciato l'orientamento oramai costante: Cass. Pen., Sez. V, 10.11/15.12.04 n° 48285 ha sancito che, v'é consumazione del reato anche in caso di mancata attivazione del dispositivo atto a captare altrui conversazioni e, inoltre, che il dolo del reato possa desumersi dalla tipologia di apparecchiatura illegittimamente installata (in quella fattispecie descritta come idonea ad impedire o intercettare conversazioni su frequenze riservate al Ministero della Difesa) e, infine, che il fine illecito disegnato nella norma e concretamente perseguibile rende inconcepibile qualunque altro fine lecito (ad es. di ricerca, svago, studio).
Il segreto individuale, degno di protezione ex art. 15 Cost., non soffre deroghe neanche in ipotesi di esigenze "familiari" che abbiano indotto il soggetto agente a tentare di procacciarsi fraudolentemente, in danno del coniuge, le prove dell'infedeltà del/la consorte: invero, come più volte statuito dalla S.C., non v'è l'esimente della legittima difesa (ancorché  putativa) se si reagisce a un'offesa ingiusta altrui (la violazione del dovere di fedeltà coniugale) non per impedire l'offesa ingiusta ma per cercare di acquisire la prova del tradimento (Cass. Pen., Sez. V, 23.05.94 n° 6727), aggredendo riservatezza e inviolabilità dei segreti. In caso di "mero sospetto" non è ravvisabile l'attualità del pericolo (Cass. Pen., Sez. V, 09.05/14.10.86 n° 10841). Comunque difetterebbero, in casi di contese coniugali pre-separazione, anche i requisiti di necessità e proporzione della difesa (Cass. Pen., Sez. V, 11.02.03 n° 12698), benché il dispositivo dovesse risultare applicato dal titolare dell'utenza in danno del coniuge in relazione a conversazioni telefoniche intercorse tra quest'ultimo ed altra persona. Né potrebbe invocarsi la causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto, atteso che, per la S.C., i doveri di solidarietà derivanti dal matrimonio non sono incompatibili con il diritto alla riservatezza di ciascuno dei coniugi ma lo presuppongono (Cass. Pen., Sez. V, 23.05/10.06.94 n° 6727).
In ordine alla circostanza che è irrilevante il mancato funzionamento o l'attivazione dei dispositivi a commento, dovendosi avere riguardo alla sola attività di installazione, anziché a quella successiva, captativa di altrui comunicazioni, si richiama la pronuncia qui di seguito riportata.

 


Cass. Pen., Sez. II, 24.09/03.10.2008 n° 37710

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAGANO     Filiberto, Presidente
Dott. FIANDANESE Franco, Consigliere
Dott. ZAPPIA     Pietro, Consigliere
Dott. CURZIO     Pietro, Consigliere
Dott. IASILLO    Adriano, Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza   

sul ricorso proposto dall'Avv. Lucio Majorano, quale difensore di: P.M., nato il (omissis); avverso l'Ordinanza del Tribunale di Milano, in data 02.05.08; sentita  la relazione della causa fatta dal consigliere Dott. A. Iasillo;
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dottor Giovanni Galati, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del Ricorso.

Osserva
Con Ordinanza del 06.05.08, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Como dispose la custodia cautelare in carcere di P.M., indagato per i reati di cui all'art. 416, co. 2, c.p. (capo A); artt. 110, 112, 81 cpv., 648-bis c.p., art. 61, n. 2, c.p. (capo B); artt. 81 cpv., 110, 617-bis c.p. (cinque fattispecie, capi C, D, E, F e G).
Avverso tale provvedimento l'indagato propose Istanza di riesame, ma il Tribunale di Milano, con Ordinanza del 02.05.2008, la respinse.
Ricorre per Cassazione il difensore dell'indagato deducendo:
- Violazione dell'art. 606, co. 1, lett. C,  c.p.p. in relazione all'art. 125, co. 3, e all'art. 16 c.p.p.
La difesa del ricorrente illustra l'eccezione d'incompetenza proposta al Tribunale.
Tale eccezione si fonda sul fatto che il G.I.P., pur avendo correttamente individuato l'art. 16 c.p.p., quale norma per determinare la competenza, aveva poi erroneamente ritenuto di affermare la propria competenza sulla base del luogo ove era stata consumata la truffa anziché prendere in considerazione il luogo ove era stato commesso il reato di cui all'art. 617-bis c.p., sicuramente commesso in Campania.
Il G.I.P. escludeva, per determinare la competenza, il reato di cui all'art. 617-bis c.p., poiché riteneva individuato solo il luogo ove era stata posta in essere una parte dell'azione (installazione dei mezzi atti all'intercettazione o all'impedimento dell'altrui comunicazione).
Secondo il ricorrente, sarebbe evidente l'erronea interpretazione data dal G.I.P. a tale articolo che punisce solo l'installazione, prescindendo dalla successiva intercettazione o impedimento della comunicazione.
La difesa del ricorrente si lamenta del fatto che il Tribunale non abbia affrontato nel merito la sua eccezione d'incompetenza territoriale e abbia ritenuto che sulla questione d'incompetenza si fosse formato un giudicato cautelare, avendo il Tribunale di Como già deciso, sul punto, con Ordinanza, in atti, del 04.06.2007 e non impugnata.
La difesa in proposito rileva che non può ravvisarsi il giudicato cautelare sia perché all'epoca non era stato ancora compiutamente identificato il ricorrente, né si procedeva per il reato di cui all'art. 617 -bis c.p., sia perché la decisione sull'incompetenza è stata presa in materia reale su istanza di altra parte processuale.
Il ricorrente conclude, quindi, per l'annullamento con rinvio dell'impugnata Ordinanza.

Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.
Infatti lo stesso Tribunale riconosce che il criterio di determinazione della competenza territoriale, per il caso di cui ci si occupa, è quello previsto dall'art. 16, co. 1,  c.p.p. così come indicato dal ricorrente e dallo stesso G.I.P.; lo stesso Tribunale riconosce che dagli atti di indagine emergono "indici descrittivi di una realizzazione dei reati di cui all'art. 617-bis c.p., commessi in (omissis)". Il Tribunale, però, ritiene di non dover decidere nel merito sull'eccezione d'incompetenza territoriale, perché opererebbe il giudicato cautelare formatosi, su tale punto, con la decisione contenuta nell'Ordinanza in atti, emessa in data 04.06.07 in tema di misure cautelari reali.
Orbene è evidente che il giudicato cautelare formatosi su una questione oggetto di decisione in sede di impugnazione cautelare reale non può operare in sede di impugnazione cautelare personale.
Infatti le due misure sono diverse ed hanno caratteristiche del tutto peculiari, con netta distinzione anche in tema di condizioni generali di applicabilità.
Infatti l'inviolabilità della libertà personale e la libera disponibilità dei beni sono valori di diversa essenza, sì che la legge ben può assicurarne una tutela differenziata in funzione degli interessi che vengono coinvolti (su tale ultimo punto si vedano anche: Cass. S.U., Sent. n° 4 del 25.03.93 Cc. - dep. 23.04.93 - Rv. 193117; Cass. Sez. II, Sent. n° 5472 del 05.11.99 Cc. - dep. 21.12.1999 - Rv. 215089).
Inoltre, perché possa operare il giudicato cautelare, è in ogni caso necessario che vi sia stato il contraddittorio e cioè che l'attuale ricorrente abbia partecipato al giudizio cautelare non più impugnabile e che gli argomenti affrontati siano gli stessi di quelli riproposti nel nuovo ricorso.
Infatti, in materia di giudicato cautelare, la sopravvenienza di fatti nuovi può giustificare la rivalutazione di quelli già apprezzati e rendere possibile la revoca o la modifica della misura cautelare applicata (Cass. Sez. I, Sent. n° 15906 del 19.01.07 Cc. - dep. 19.04.07 - Rv. 236278; cass. S.U., Sent. n° 14535 del 19.12.06 Cc. - dep. 10.04.07 - Rv. 235908; conforme Cass. Sez. II, Sent. n° 35482 del 12.07.07 Cc. - dep. 24.09.07 - Rv. 238082).
Nel giudicare sulla competenza il Tribunale dovrà tener conto, altresì, che il reato previsto dall'art. 617-bis c.p. anticipa la tutela della riservatezza e della libertà delle comunicazioni mediante l'incriminazione di fatti prodromici all'effettiva lesione del bene, punendo l'installazione di apparati o di strumenti, ovvero di semplici parti di essi, per intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telefoniche; pertanto, ai fini della configurabilità del reato deve aversi riguardo alla sola attività di installazione e non a quella successiva dell'intercettazione o impedimento delle altrui comunicazioni, che rileva solo come fine della condotta, con la conseguenza che il reato si consuma anche se gli apparecchi installati, fuori dall'ipotesi di una loro inidoneità assoluta, non abbiano funzionato o non siano stati attivati (Cass. Pen., Sez. V, Sent. n° 48285 del 10.11.04 Ud. - dep. 15.12.04 - Rv. 230515).
Il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Milano che dovrà tener conto dei principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Milano, per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24.09.2008.
Depositato in Cancelleria il 03.10.2008

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