Penale

PENALE - Videoregistrazioni, atti vandalici e comportamenti non comunicativi

atto vandalico

Costituisce violazione di legge, per valorizzazione di prove inutilizzabili, l'utilizzo nel processo penale, ai fini della decisione, d'immagini videoregistrate tramite l'impianto installato dalla persona offesa per sorvegliare i movimenti di persone intorno alla sua abitazione?
La S.C. stabilisce, richiamando un precedente del 2006, che non si tratta affatto di prove illegittime, in quanto lesive del diritto alla privacy e vietate dall'art. 615 bis c.p., purché,

da un lato, vengano ripresi comportamenti non comunicativi di soggetti consapevoli di essere esposti all'altrui osservazione e, d'altro lato, a condizione che l'area interessata dalle riprese, della telecamera posta all'interno dell'appartamento, ricada nella fruizione di un numero indifferenziato di persone e non attenga alla sfera di privata dimora di un singolo.
Sono valide prove, perciò, le videoregistrazioni effettuate dalla persona offesa di reiterati atti vandalici e di danneggiamento ai danni della porta del proprio appartamento, della porta dell'attiguo garage e della cassetta postale antistante l'ingresso dell'appartamento.

 

Cassazione Penale Sez. II, 21.05.2010/12.07.2010, n° 26804
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE           
SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. BARDOVAGNI Paolo, Presidente
Dott. PRESTIPINO Antonio, rel. Consigliere
Dott. FUMU       Giacomo, Consigliere
Dott. BRONZINI   Giuseppe, Consigliere
Dott. CERVADORO  Mirella, Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da: 1) A.M., nato il (omissis); avverso la sentenza n. 3763/2008 della Corte d'Appello di Milano, del 03.06.2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita in Pubblica Udienza del 21.05.2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Antonio Prestipino;
Udito  il  Procuratore Generale in persona del Dott. Galasso Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito, per la parte civile, l'avv. Lizzi Monica; udito il difensore avv. Cavallaro Domenico.

FATTO
OSSERVA
Ha proposto ricorso per Cassazione A.M., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 3.6.2009, che in riforma della più severa sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 22.2.2008, per il reato di danneggiamento aggravato, ridusse la pena inflittagli a mesi dieci di reclusione, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale, confermando nel resto la decisione di primo grado.
Secondo l'accusa, l'imputato aveva danneggiato con un oggetto non meglio identificato, la porta di ingresso ad un immobile di proprietà di alcuni suoi vicini di casa.
Il ricorrente deduce, nell'ordine risultante dall'atto di impugnazione:
- la nullità della sentenza per difformità tra la pena indicata nel dispositivo e quella, minore , indicata nella motivazione;
- il vizio di erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 635 c.p., comma 3; al riguardo sono citati dal ricorrente precedenti giurisprudenziali esattamente in termini rispetto alle modalità del fatto di reato in contestazione.
- il vizio di erronea applicazione di legge per la mancata dichiarazione di improcedibilità della querela proposta dalle persone offese, perchè tardiva; il motivo è ricollegato a quello precedente, nella misura in cui la procedibilità a querela dipenderebbe proprio dall'esclusione dell'aggravante ex art. 635 c.p., comma 3;
- il vizio di erronea applicazione di legge con riferimento alla mancata dichiarazione di prescrizione del reato; per la verità, alla "titolazione" del motivo seguono argomentazioni del tutto disomogenee, perchè il ricorrente torna ad insistere sulla questione di procedibilità dell'azione penale, abbandonando il tema della prescrizione, che resta implicitamente affidato all'indicazione della data del commesso reato;
- nullità della pronuncia per violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza; la Corte territoriale avrebbe inopinatamente modificato la data del commesso reato, rispetto a quella indicata nel capo di accusa;
- violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e dell'attenuante della provocazione; la Corte territoriale avrebbe illogicamente trascurato i motivi della condotta del ricorrente, che aveva sfogato la propria rabbia per i continui rumori che anche di notte provenivano dall'appartamento della persona offesa; non risponderebbe poi a verità che il ricorrente non avesse mai manifestato segni di pentimento per il proprio operato, il contrario risultando dalle sue dichiarazioni;
- mancata assunzione di prove decisive ai fini dell'accertamento del fatto; la Corte territoriale avrebbe ritenuto l'effettiva sussistenza di danni alla porta di ingresso dell'abitazione della persona offesa, esclusivamente sulla base di un'inammissibile massima di esperienza, senza considerare l'ovvia robustezza di una porta blindata;
- violazione di legge, mancata assunzione di prove decisive e difetto di motivazione in ordine alla stima dei danni patrimoniali e non, subiti dalla persona offesa; il motivo è evidentemente ricollegato, in parte, a quello precedente;
- violazione di legge per la valorizzazione di prove inutilizzabili; il motivo si riferisce alla videoregistrazioni effettuate dall'impianto installato dalla persona offesa per sorvegliare i movimenti di persone intorno alla sua abitazione e alle pertinenze; si tratterebbe di prove illegittime in quanto lesive del diritto alla privacy e vietate dall'art. 615 bis c.p.
Vanno preliminarmente disattese le deduzioni difensive sulla procedibilità dell'azione penale, dovendosi al riguardo ribadire la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 635 c.p., comma 3, come esattamente ritenuta dal giudice di appello, e la conseguente procedibilità d'ufficio del reato. In proposito si deve premettere che il reato di danneggiamento aggravato per essere la cosa danneggiata esposta alla pubblica fede può avere ad oggetto sia le cose mobili che quelle immobili, poichè l'ambito di applicazione dell'aggravante ha riguardo alla qualità, alla destinazione e alla condizione delle cose indicate nell'art. 625 c.p., n. 7 e non anche alla natura mobile o immobile del bene danneggiato. (Corte di Cassazione SENT. 23550 12/05/2009, Yassine, in un caso relativo al danneggiamento del citofono di uno stabile). Nè l'esposizione alla pubblica fede può ritenersi esclusa nella specie, in ragione del sistema di videosorveglianza installato dalla persona offesa, che come ha rilevato la Corte territoriale, non poteva certo essere utilizzato in modo continuativo ( cfr. Cassazione penale sez. 5, 27 ottobre 2009 n. 3049; Cass. 20 settembre 2006 n. 34009, enunciando il principio secondo cui "sussiste l'aggravante di cui all'art. 625 c.p., comma 1, n. 7, - sub specie di esposizione della cosa per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede - nel caso in cui la vigilanza praticata dall'interessato si connoti come occasionale e/o a campione, mentre l'esclusione dell'aggravante in questione richiede che sulla cosa sia esercitata una custodia continua e diretta, non essendo sufficiente, a tal fine, una vigilanza generica, saltuaria ed eventuale". Manifestamente infondato è poi il motivo relativo al preteso difetto di correlazione tra sentenza e imputazione con riferimento alla data del commesso reato;
alla stregua delle deduzioni dello stesso ricorrente, infatti, la Corte territoriale si sarebbe limitata a meglio puntualizzare la datazione del fatto, all'interno del più ampio arco temporale indicato dall'accusa.
Vanno rigettate anche le doglianze sulla inutilizzabilità delle videoregistrazioni. In un caso in tutto analogo, questa Corte ha avuto modo infatti di precisare che sono probatoriamente utilizzabili le videoregistrazioni effettuate dalla persona offesa di reiterati atti vandalici e di danneggiamento ai danni della porta del proprio appartamento, della porta dell'attiguo garage e della cassetta postale antistante l'ingresso dell'appartamento, dal momento che l'area interessata dalle videoregistrazioni, operate con telecamera sita all'interno dell'appartamento, ricade nella fruizione di un numero indifferenziato di persone e non attiene alla sfera di privata dimora di un singolo soggetto. Corte di Cassazione SENT. 05591 10/11/2006 P.C. in proc. Di Michele e altro). Sotto altro profilo, si può aggiungere che in situazioni del genere vengono ripresi comportamenti non comunicativi di soggetti consapevoli di essere esposti all'altrui osservazione.
Meritano invece accoglimento i motivi proposti con riferimento alla prova dei danni subiti dalla persona offesa, che la Corte territoriale desume, in effetti, alquanto sbrigativamente, secondo un criterio di "mera ragionevolezza", osservando che corrisponderebbe all'id quod plerumque accidit che "calci così violenti, portati con la pianta del piede al centro di una porta, possano con facilità provocare danni all'uscio ...per tacere del rilievo dei vari armeggiamenti dell' A. sulla serratura...".
E' evidente l'assoluta mancanza di concretezza di tali osservazioni, non potendo il ricorso a massime di esperienza e a giudizi di probabilità (che peraltro dovrebbe fare i conti con le specifiche caratteristiche della porta presa di mira, non indicate in sentenza) rimediare all'inspiegabile superficialità dell'istruzione probatoria che sembra emergere dalle considerazioni della Corte territoriale su questo aspetto tutt'altro che secondario della vicenda processuale, suscettibile di interferire anche con la qualificazione giuridica del fatto (ad es. nella direzione della sua derubricazione a semplice tentativo), oltre che, ovviamente, con la stima dei danni subiti dalla persona offesa senza tener conto delle possibili conseguenze in ordine al termine prescrizionale.
La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, assorbito nella pronuncia il motivo relativo alla difformità della pena indicata nel dispositivo rispetto a quella indicata in motivazione, dovendo eventualmente il giudice del rinvio provvedere ex novo alla determinazione del trattamento sanzionatorio pur nei limiti dell'art. 597 c.p.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2010

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