Ord. forense

ORD. FORENSE - Avvocati e società di capitali

Mapi

da MONDO PROFESSIONISTI,
Anno VI, n. 185, ed. del 25.10.2011
rubrica: LA VOCE DELL'AVVOCATURA

"Avvocati, società di capitali e l'occasione perduta dell'o.d.g. Ichino in Senato"

di Maria Paola Mastropieri (Foro di Ivrea)

La Camera dei Deputati sta procedendo in questi giorni all'esame del d.d.l. n. 601 sulla riforma dell'ordinamento forense. Con ordine del giorno n. G4.100 (a firma, tra gli altri, del Sen. Ichino), era stato chiesto un impegno al governo in senso riformatore, volto a modificare la normativa prevedendo di non precludere l’esercizio della professione nella forma delle società di capitali ”..essendo esse ancor più idonee alla creazione di strutture di maggiori dimensioni che consentirebbero ai professionisti italiani di poter rispondere adeguatamente alla competizione nei mercati europeo e internazionale”.

Detto o.d.g. è stato respinto e il d.d.l., come noto, è stato poi approvato dal Senato della Repubblica, il 23 novembre 2010.

 

Il Paese, da allora, ha subito numerose manovre finanziarie e correttive, le ultime due negli ultimi due mesi, contraddistinti dai sussulti dei mercati estivi e dalla richiesta bypartisan di pervenire d'urgenza alla parità di bilancio e all'introduzione "non più rinviabile" di misure autentiche volte ad incentivare la crescita dell'economia, in perenne crisi strutturale e globale.

Se circa un anno fa si era deciso di lasciare l'ordinamento forense nella logorata stagnazione che lo contraddistingue dal 1933 - data del regio decreto-legge n. 1578, che a tutt'oggi disciplina la professione - ora un intervento sul punto non è più rinviabile.

Anzi, si rende vieppiù necessario, per cercare di fronteggiare l’immobilismo che connota questi ultimi anni della politica italiana, imbelle di fronte allo smantellamento dello stato sociale non meno che allo sfacelo dell'intero apparato economico, professioni intellettuali incluse.

L'Avvocatura non è affatto avvitata su se stessa, ha incredibili risorse, umane e culturali, merita dignità e correttamente esige di prendere parte al processo di rinnovamento del sistema Paese.

Ma questo non può obliterare l'irrefragabile necessità di renderla più flessibile, di dotarla di strumenti atti a consentirle - come a un abile surfista - di cavalcare l'onda delle difficoltà organizzative inerenti l'assetto degli studi legali: è ora di agire, d'innovare, di smetterla di precludere agli Avvocati italiani, sul malinteso presupposto che essi, siccome non sono equiparabili alle imprese, non potrebbero mai costituire moderne società di capitali.

La premessa è corretta, è il sillogismo che è sbagliato.

Sia pertanto rimosso alla Camera, da maggioranza e opposizione, l'assurdo veto a tale forma organizzativa, eliminando una volta per tutte l'anacronistica equiparazione alle società semplici delle attuali società tra professionisti.

Dopo la (tardiva) abrogazioni delle leggi razziali - che impedivano l'esercizio della professione forense in forma societaria (cfr. il divieto contenuto nella legge 23 novembre 1939 n. 1815) - i professionisti sono liberi di fornire ai cittadini e agli altri loro assistiti i servizi professionali in modo interdisciplinare e attraverso società di persone o di capitali o associazioni tra gli stessi. Sarebbe ora di prenderne finalmente atto.

Si mantenga pure lo sbarramento ai soci di puro capitale, certo così salvaguardando la priorità delle regole deontologiche della professione.

Ma si permetta all'Avvocatura, dopo un infinito rullaggio, di decollare a fine pista, poiché non può esserci crescita a dispetto (anche) di un nuovo modello di società tra professionisti.

Non occorrono del resto complessi studi di aerodinamica per capire che viene il momento in cui la zavorra va lasciata a terra, senza indugio.

E il vetusto sistema ordinamentale non può che restare travolto dall'impellente necessità di riforme, per rilanciare l'Italia, dare nuovo vigore e prestigio all'Avvocatura e offrire un futuro ai giovani.

Una "scossa" al sistema - nel nome dei principi della libera concorrenza - non potrà che rimuovere il torpore che accompagna e anestetizza ogni velleità riformista.


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