Penale

PENALE - Parte civile e rimessione in termini ex art. 175 e 491 C.P.P.

preclusione

Nel corso di un processo penale il Giudice di primo grado, dopo aver dichiarato l'apertura del dibattimento, rimise la P.O. in termini, consentendole di costituirsi parte civile, e l'imputato nulla eccepì al riguardo.
La Cassazione, nel dichiarare l'inammissibilità del ricorso ove era stata dedotta l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, ha statuito che l'art. 491 C.P.P., co. 1, si applica anche al caso di rimessione in termini ex art. 175 C.P.P. - che riporta la situazione allo status quo ante - talché è preclusa la trattazione dell'asserito profilo di intempestività della costituzione di p.c. se la questione non è stata sollevata subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione stessa.

Cass. Pen., Sez. III, 13.07/18.10.2011 n° 37507

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido, Presidente
Dott. SQUASSONI Claudia, Consigliere
Dott. FIALE Aldo, Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta, Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M., rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto dall'imputato (omissis) nei confronti di (omissis) e (omissis), parti civili;
avverso la Sentenza della Corte d'appello di Cagliari del 23.03.2010;
sentita la relazione del Consigliere Dott. Alessandro M. Andronio;
sentito il Pubblico ministero, nella persona del sostituto Procuratore generale Dott. Guglielmo Passacantando, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo
1. - Con sentenza del 23.03.2010, la Corte d'Appello di Cagliari ha confermato la sentenza del Tribunale di Cagliari del 23.10.2007, con cui l'imputato era stato condannato alla pena di anni nove di reclusione e al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili, per una serie di violenze sessuali commesse in danno di minori, con il vincolo della continuazione.
I fatti ritenuti in sentenza sono stati commessi da un soggetto sordomuto nei confronti di tre bambine, figlie di genitori anch'essi sordomuti, tra il marzo 1996 e il 2002.
L'imputato frequentava l'abitazione delle vittime, le quali, in tempi diversi, avevano denunciato i fatti, fornendo racconti pienamente attendibili, oltre che sostanzialmente concordanti sui punti essenziali dell'accaduto.
2. - Avverso tale decisione, l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso in cassazione, non contestando la materialità dei fatti, ma deducendo:
a) la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, quanto alle condizioni psicopatologiche dell'imputato stesso, non avendo la Corte d'Appello tenuto conto del suo sordomutismo e del contributo di altri soggetti sordomuti, che lo avrebbero reso non consapevole del disvalore sociale dei suoi comportamenti;
b) la mancata assunzione di una prova decisiva, quale sarebbe stata la perizia sullo stato di mente dell'imputato;
c) l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, per avere il Tribunale rimesso in termini la persona offesa (omissis), al fine di consentirne la costituzione di parte civile dopo e ben oltre l'apertura del dibattimento di primo grado.
Motivi della decisione
3. - Il ricorso è inammissibile, perché proposto per motivi manifestamente infondati.
3.1. - Il motivo sub a) - con cui si sostiene che la sentenza avrebbe dovuto tenere conto sia delle condizioni psicopatologiche dell'imputato, dovute al suo sordomutismo, sia del contributo causale dato dai genitori delle vittime, anch'essi sordomuti, i quali avrebbero contribuito a rendere l'imputato inconsapevole del disvalore sociale dei suoi comportamenti - è generico.
Infatti, l'imputato non propone alcuna specifica argomentazione riferibile al contenuto della sentenza impugnata, limitandosi a mere asserzioni circa una sua pretesa incapacità di comprendere il disvalore sociale dei suoi atti, che sarebbe determinata - sulla base di nessi causali non precisati - dalla condizione di sordomutismo e dal sostanziale concorso morale dei genitori delle vittime.
3.2. - Il motivo sub b) - con cui si censura la mancata assunzione di una prova decisiva, quale sarebbe stata la perizia sullo stato di mente dell'imputato - è manifestamente infondato.
Trova, infatti, applicazione il principio enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, Sez. VI, 25.11.08 n° 48379), secondo cui "la perizia è mezzo di prova neutro ed è sottratta al potere dispositivo delle parti, che possono attuare il diritto alla prova anche attraverso proprie consulenze. La sua assunzione è pertanto rimessa al potere discrezionale del Giudice e non è riconducibile al concetto di prova decisiva (v. Cass. Sez. IV, n° 14130/07, ced 236191; Sez. VI, n° 37033/03, ced 228406; Sez. V, n° 12027/99, ced 214873; Sez. III, n° 13086/98 ced 212187)".
3.3. - Il motivo sub c) è del pari inammissibile.
L'imputato deduce l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, per avere il Tribunale rimesso in termini la persona offesa (omissis), al fine di consentirne la costituzione di parte civile dopo e ben oltre l'apertura del dibattimento di primo grado.
Tale pretesa inosservanza non risulta, però, essere stata fatta valere tempestivamente dall'imputato, il quale nulla precisa, sul punto, nel ricorso. Deve anzi rilevarsi che, nel verbale dell'udienza del 28.02.2006, nella quale è avvenuta la costituzione di parte civile, non è riportata alcuna specifica eccezione in merito.
Trova, perciò, applicazione il disposto dell'art. 491 C.P.P., co. 1, secondo cui le questioni concernenti la costituzione di parte civile - ivi compresa quella relativa alla sua tempestività - sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione stessa.
Tale disposto è, infatti, applicabile anche nei casi - come quello di specie - in cui la costituzione di parte civile sia avvenuta a seguito di rimessione in termini ex art. 175 C.P.P.; e ciò perché la rimessione in termini ha l'effetto di riportare la situazione allo status quo ante.
Ne deriva l'inammissibilità del relativo motivo di gravame, a prescindere dalla correttezza della motivazione adottata dalla sentenza impugnata sul punto.
4. - Ne consegue l'inammissibilità del ricorso.
Tenuto conto della sentenza 13.06.2000 n° 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 C.P.P., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in € 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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