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INTERNATIONAL TRADE - Linkiesta, Daveri: "Pmi e Made in Italy - Il ruolo delle Pmi nei distretti industriali".

Quello delle PMI localizzate nei distretti è un fenomeno tutto italiano, che gli altri Paesi ci invidiamo, per la duttilità che esso comporta. Anzi, all'estero ci chiedono di replicarne il modello, di esportare cioè non solo prodotti e servizi, non solo cervelli, design, marchi e il know-how delle nostre aziende, ma anche d'incrementare i  vantaggi competitivi dei distretti nati dalla caparbia e lungimirante volontà delle PMI italiane, per creare un tessuto occupazionale stabile, flessibile, efficiente e integrato col territorio. In questo articolo, interessante per gli spunti in tema di internazionalizzazione delle aziende, un sintetico approfondimento in ordine alle peculiarità del nostro tessuto economico, che rappresenta la vera spina dorsale del patrimonio imprenditoriale del BelPaese. 

"Pmi e Made in Italy - Il ruolo delle Pmi nei distretti industriali".

(da Linkiesta.it, di Carlo Daveri)

Il sistema industriale italiano si basa sulla piccola e piccolissima impresa: difatti, in base ai recenti dati ISTAT solo l’1% delle aziende italiane hanno più di 250 dipendenti.

Analisi statistiche, studi teorici e verifiche empiriche hanno dimostrato, ampiamente, la rilevanza delle piccole e medie imprese all’interno del tessuto industriale del nostro Paese. Il fenomeno delle PMI localizzate nei distretti industriali è interpretato come la manifestazione di una diversa organizzazione della produzione, caratterizzata dalla specializzazione flessibile, dalla ricerca di economie esterne tali da annullare i costi dalle basse economie di scala, dalla diffusione territoriale di attività industriali. Di conseguenza, tra i Paesi avanzati, l’Italia presenta un sistema industriale del tutto peculiare, che si può così sintetizzare: un piccolo numero di grandi gruppi e un numero ancor più limitato di pilastri industriali, capaci di esprimere un fatturato superiore ai venti miliardi di euro; una straordinaria costellazione di imprese piccole e medie (cioè con meno di 250 addetti), con una specializzazione manifatturiera incentrata sui settori tipici del Mady in Italy (moda; design; alimentare, meccanica); oltre 200 distretti industriali, spesso leader mondiali nei loro settori o nicchie di attività, fenomeno, quest’ultimo, del tutto assente in simili proporzioni negli altri Paesi maggiormente industrializzati. I distretti servono anche a sviluppare grandi centri produttivi che risultano in grado di affrontare meglio la competizione globale, al fine di realizzare un consolidamento, che attraverso fusioni o acquisizioni, possano accorpare pezzi oggi troppo sparsi del Made in Italy, facendo sistema e dando ulteriore slancio ad imprese dal valore aggiunto. Di converso, nelle piccole imprese, il controllo familiare, determinante per l’avvio di nuovi progetti imprenditoriali e per la prima fase di sviluppo, risulta spesso da ostacolo alla successiva espansione dell’attività, per carenza di capitale e incapacità a innovare e/o a sfruttare adeguatamente le innovazioni. I vantaggi competitivi dei distretti per le PMI italiane sono specifici e riguardano l’inarrestabile capacità di riorganizzarsi, riposizionarsi, rispetto a mutamenti di mercato e produrre anticorpi tali da mantenerli, sulla scena produttiva, quasi fossero una sfida permanente, un modo originale di generare sviluppo e di integrarsi nei mercati, nei cicli espansivi, come in quelli di bassa congiuntura. Grazie ai distretti, difatti, la produzione è assicurata dall’interazione e dalla cooperazione tra imprese di piccole dimensioni molto spesso localizzate in aree territoriali circoscritte. Uno dei vantaggi competitivi dei distretti industriali italiani è rappresentato ancora dall’accentuata divisione del lavoro tra piccole e medie imprese indipendenti, variamente collegate ad altre imprese, che condividono uno stesso processo produttivo. La specializzazione delle fasi produttive permette, difatti, il conseguimento di economie di scala e di apprendimento che riducono i costi unitari. La prossimità territoriale e produttiva delle imprese favoriscono processi di creazione e trasmissione della conoscenza e dell’innovazione. Ancora, è necessario affermare che una delle determinanti del successo dei distretti è rappresentata dalla capacità innovativa delle imprese, intesa non tanto come capacità di introdurre innovazioni radicali, mediante investimenti in ricerca e sviluppo, quanto, piuttosto, come capacità di migliorare i propri prodotti e/o processi grazie alla velocità di circolazione delle informazioni, alle relazioni interpersonali immediate e all’osservazione diretta che generano processi di apprendimento sul campo da parte degli addetti alla produzione. Grazie a queste peculiarità dell’organizzazione produttiva, i distretti esprimono le proprie potenzialità proprio nelle situazioni di maggiore complessità, incertezza e rischio, essendo in grado di adattarsi con rapidità e creatività ai repentini mutamenti dell’ambiente esterno. Infine, i distretti industriali italiani che mostrano performance migliori sono caratterizzati da alcuni fenomeni comuni: propensione all’investimento in innovazione; governance efficiente; presenza di diverse aziende leader che coordinano numerose filiere; elevata autonomia delle imprese subfornitrici; sinergie con università e centri di ricerca. Non è un caso che, come si evince dal Rapporto Annuale 2015 dell’ISTAT, grazie ai distretti industriali, le PMI italiane che fanno sistema, generano un export distrettuale pari al 34% di tutte le esportazioni nazionali, con alcuni comparti specifici in grado di spingere in maniera decisiva verso una ripresa economica sostanziale.

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