Privacy

PRIVACY - Basta la diffida dell'Avvocato per la revoca del consenso al trattamento dei dati.

Ennesimo successo professionale dello Studio Frattallone & Partners Law Firm in materia di data protection.

Ennesimo successo professionale dello Studio Frattallone & Partners Law Firm in materia di data protection. 
La Suprema Corte ha accolto e fatta propria la tesi secondo cui, ai fini della revoca del trattamento di dati personali di una persona, di regola è sufficiente la comunicazione rivolta, al titolare del trattamento, dal legale che assiste l'interessato. 
Nella fattispecie, a seguito dell'interruzione d'un rapporto di collaborazione, un professionista, rivoltosi allo Studio, aveva manifestato la volontà che fosse immediatamente rimossa ogni menzione alla sua persona dal sito web ufficiale dell'azienda con cui aveva avuto un precedente rapporto di lavoro, atteso che on-line lì ancora comparivano dei suoi riferimenti. La revoca del consenso era stata inviata dall'Avvocato, con diffida al titolare del trattamento. 
Il Tribunale di Milano, che era stato adito dall'interessato con Ricorso ex art. 142 Codice Privacy, aveva ritenuto che la revoca non fosse valida ed efficace nei confronti del titolare del trattamento, perché priva della sottoscrizione della parte assistita. La Massima Assise ha ribaltato la decisione, bollandola come errata e, perciò, la ha in radice cassata con rinvio, cogliendo l'occasione per introdurre nell'Ordinamento Giuridico il seguente principio di diritto: «la revoca del consenso al trattamento dei dati personali può essere espressa dall'interessato con richiesta rivolta senza formalità al titolare o al responsabile del trattamento, anche per il tramite di un legale di fiducia»

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE 

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Salvatore Di Palma, Presidente ud. 26/06/2015
Dott. Giacomo Bisogni, Consigliere PU
Dott. Antonio Valitutti, Consigliere
Dott. Antonio Pietro Lamorgese, Rel. Consigliere
Dott. Giuseppe De Marzo, Consigliere
ha pronunciato la seguente

Sentenza 

sul Ricorso 9198/2010 proposto da: XYZ (c.f. omissis), elettivamente domiciliata in Roma (omissis), rappresentata e difesa dall'Avvocato Salvatore Frattallone, giusta procura a margine del Ricorso; ricorrente;

contro

K. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma (omissis), rappresentata e difesa dall'Avvocato A.R., giusta procura a margine del ControRicorso; controricorrente;

contro

Garante per la Protezione Dei Dati Personali; intimato;

avverso la Sentenza n° 11172/2011 del TRIBUNALE Di MILANO, depositata il 19.01.2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26.06.2015 dal Consigliere Dott. Antonio Pietro Morgese;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato K.R., che ha chiesto l'inammissibilità o il rigetto del Ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Francesca Ceroni, che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine rigetto del Ricorso. 

Svolgimento del processo

1.- XYZ chiese al Tribunale di Milano di ordinare l'oscuramento dei propri dati personali, che assumeva illecitamente trattati dalla società K. SRL, struttura sanitaria presso la quale aveva prestato attività professionale, per avere mantenuto sul sito internet il collegamento del suo nome alla società, nonostante l'intervenuta cessazione del rapporto lavorativo e nonostante che, con raccomandata 04.02.2010, a mezzo del proprio difensore, l'avesse diffidata a rimuovere ogni riferimento alla sua persona dai siti web riconducibili alla predetta società; chiese di essere risarcita per i danni non patrimoniali che aveva subito.

2.- La società K. SRL chiese il rigetto del Ricorso.

3.- Il Tribunale, nel rigettare la domanda con Sentenza 19.01.2012, per quanto ancora interessa, ha ritenuto che non risultasse integrata la fattispecie di illecito trattamento di dati personali, non sussistendo l'elemento costitutivo della fattispecie dedotta in giudizio, vale a dire il perdurante trattamento di dati in presenza di una revoca del consenso da parte dell'interessato, dal momento che non era valida la revoca contenuta nella diffida del 04.02.2010, in quanto proveniva dal legale della parte; inoltre, non era stata offerta la prova del danno non patrimoniale lamentato.

4.- Avverso questa Sentenza la XYZ ricorre per cassazione sulla base di cinque mezzi, cui si oppone la società K. SRL con ControRicorso e Memoria. 

Motivi della decisione

1.- Nel primo motivo è denunciata la nullità della Sentenza impugnata per ultrapetizione, essendosi il giudice di merito pronunciato su un fatto costitutivo della fattispecie risarcitoria - cioè sulla validità, che si assume erroneamente negata, della revoca del consenso al trattamento dei dati personali - non eccepito dalla convenuta ma erroneamente rilevato d'ufficio dal giudice.

1.1.- Il motivo è infondato.

Il Tribunale, al fine di valutare la fondatezza della domanda della XYZ, ha rilevato la mancanza di un elemento costitutivo della fattispecie illecita, cioè di una valida revoca del consenso al persistente trattamento dei dati personali, con conseguente insussistenza della denunciata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

2.- Nel secondo motivo è denunciata la violazione delle norme in materia di revoca del consenso al trattamento dei dati personali, avendo il giudice di merito disconosciuto il principio della libertà della forma della revoca, nel rispetto dell'unico requisito dell'idoneità del mezzo prescelto rispetto allo scopo perseguito.

Nel terzo motivo è denunciata contraddittorietà della motivazione, per avere ritenuto che la revoca debba avere gli stessi requisiti di forma richiesti per il consenso al trattamento dati e, allo stesso tempo, che non sia ammissibile la revoca per fatti concludenti di un consenso prestato per fatti concludenti.

Nel quarto motivo è denunciata insufficienza motivazionale in ordine alla insussistenza della revoca del consenso.

2.1. I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei termini di cui si dirà.

La prima ratio enunciata dal giudice di merito è che l'attrice non avrebbe manifestato "alcuna revoca espressa" del consenso al trattamento dei suoi dati personali che possa fare considerare avvenuto in violazione di legge il persistente trattamento ad opera della Società K. SRL: infatti, la revoca dovrebbe rivestire "uguale forma" dell'atto con il quale è stato espresso il consenso al trattamento e non potrebbe valere al riguardo la lettera di diffida del 04.02.2010, "provenendo la stessa dal legale della parte".

2.1.1.- La prima argomentazione, se intesa nel senso che la revoca debba avvenire in concreto con le identiche modalità con cui è stato dato il consenso, è apodittica, dal momento che la Sentenza impugnata non precisa con quali modalità la XYZ abbia dato il consenso al trattamento dei suoi dati personali, sicché la conclusione di invalidità della revoca perché data con forma diversa integra una motivazione apparente.

2.1.2.- Inoltre, le modalità con cui può essere revocato il consenso, contrariamente a quanto sostenuto nella Sentenza impugnata, possono essere varie e anche diverse da quelle concretamente utilizzate per la manifestazione dello stesso, purché esprimano senza formalità la volontà dell'interessato.

Lo dimostra un'analisi del D.L.vo n° 196/2003, il cui art. 23, citato nella Sentenza impugnata, si limita a prevedere che il consenso (che deve essere riferito "ad un trattamento chiaramente individuato") debba essere "espresso", cioè provenire dall'interessato in modo esplicito, anche se non necessariamente in forma scritta, ma solo "documentato per iscritto" (comma 3), mentre è solo il consenso al trattamento di dati sensibili che deve essere "manifestato in forma scritta" (comma 4).

Inoltre, ai fini della revoca del consenso, l'art. 8 stabilisce che i diritti di accesso ai dati, anche al fine di ottenere l'aggiornamento, la rettificazione, l'integrazione, la cancellazione, la trasformazione in forma anonima e il blocco dei dati, sono esercitati con richiesta "senza formalità" al titolare o al responsabile "anche per il tramite di un incaricato".

2.2.- La seconda argomentazione del giudice di merito, secondo la quale la revoca del consenso contenuta nella diffida del 04.02.2010 non sarebbe valida in quanto proveniente dal legale della parte, non tiene conto che il diritto di ottenere la cancellazione o anonimizzazione dei dati personali può essere esercitato, come detto, "senza formalità ... anche per il tramite di un incaricato" (art. 8, comma 1) e l'interessato "può, altresì, farsi assistere da una persona di fiducia" (del D.L.vo n° 196/ 2003, art. 9, comma 2), qual è certamente il legale, la cui attività di rappresentante è imputabile negli effetti al rappresentato, senza necessità di ulteriori adempimenti.  

Nè il giudice di merito ha messo in dubbio (e neppure la società K. SRL resistente) che la persona qualificatasi come legale della XYZ fosse effettivamente tale.

2.3.- Il principio di diritto, al quale il giudice di merito dovrà attenersi nel giudizio di rinvio, è il seguente:

la revoca del consenso al trattamento dei dati personali può essere espressa dall'interessato con richiesta rivolta senza formalità al titolare o al responsabile del trattamento, anche per il tramite di un legale di fiducia.

3.- Nel quinto motivo è denunciata illogicità e contraddittorietà della motivazione, per avere ritenuto non provato il nesso causale tra la condotta illecita attribuita alla società convenuta e la sindrome depressiva lamentata dalla ricorrente, irragionevolmente trascurando i referti medici prodotti in giudizio che dimostravano il danno sofferto e, comunque, avrebbero giustificato l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio che, benché richiesta, non era stata ammessa.

3.1.- Il motivo è fondato.

Con la seconda ratio posta a fondamento della Sentenza impugnata il giudice di merito ha ritenuto infondata la domanda risarcitoria per mancata prova del nesso di causalità tra la condotta della società K. SRL e la patologia lamentata dalla ricorrente XYZ, avendo ritenuto inidonea la certificazione medica prodotta in giudizio sia perché non proveniva da una struttura pubblica, sia perché il medico certificante si era limitato a riportare quanto riferitogli dall'interessata XYZ.

Entrambi i suddetti argomenti sono inadeguati.

La circostanza che la certificazione medica provenga da una struttura non pubblica non la rende, evidentemente, di per sè, intrinsecamente inidonea.

Inoltre, la ricorrente XYZ aveva espressamente chiesto l'ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio medico-legale proprio per dimostrare l'attendibilità del certificato medico prodotto dalla parte e, in tal modo, l'esistenza di danni personali causalmente riconducibili all'illecito imputato alla società K. SRL, sicché il rigetto dell'istanza di ammissione della c.t.u. da parte del giudice è sostanzialmente immotivato.

Nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato l'orientamento secondo cui la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d'ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, il quale, tuttavia, ha il dovere di motivare adeguatamente il rigetto della istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dando adeguata dimostrazione di potere risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l'istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare (v. Cass. n° 72/2011, n° 88/2004, n° 10/2002, n° 15136/2000).

È stato anche precisato che in alcune tipologie di controversie, che richiedono per il loro contenuto che si proceda a un accertamento tecnico, il mancato espletamento di una consulenza medico-legale, specie a fronte di una domanda di parte in tal senso, costituisce una grave carenza nell'accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della Sentenza (v. Cass. n° 4927/2004).

4.- In conclusione, la Sentenza impugnata è cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio al Tribunale di Milano, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la causa nel merito alla luce provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo e, in accoglimento degli altri motivi, cassa la Sentenza impugnata con rinvio Tribunale di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 26.06. 2015.

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