Ord. forense

ORD. FORENSE - Cultura della prevenzione, sicurezza e lavoro autonomo.

Mondo Professionisti, 18.05.2010
La cultura della prevenzione. Sicurezza e lavoro autonomo, un capzioso binomio?
di Salvatore Frattallone, View Net Legal partner

Il D.L.vo n. 81 del 09.04.08 ha innovato profondamente la normativa in materia di protezione della salute dei lavoratori e di sicurezza, incidendo sulla materia assai più di quanto non sia sembrato ai primi commentatori della novella. Il c.d. Testo unico sulla sicurezza, che è stato modificato due volte nel 2008 e altre tre nel corso del 2009 (l'ultima con il Decreto correttivo n. 106 del 03.08.09), ha abrogato il D.L.vo n. 626/94 e ha riscritto gran parte delle disposizioni previgenti. Una tra le più significative novità è costituita dalla previsione secondo cui i lavoratori autonomi compresi quelli parasubordinati e persino coloro che prestino servizi in condizioni di gratuità e volontariato oppure nell'ambito di accordi a contenuto formativo - sono paragonati ai lavoratori dipendenti e, quindi, meritano analoghe tutele. Senza se e senza ma, verrebbe da aggiungere. Per varie vie, peraltro, sono state prospettate interpretazioni derogatorie della normativa sulla sicurezza.  Taluno ha ipotizzato che la normativa, siccome eccessivamente restrittiva e penalizzante per gli Studi legali, non troverebbe applicazione in caso di avvocato-collaboratore di altro avvocato, se il primo legale svolga l'attività professionale munito di propria partita IVA. Altri ha suggerito che debba ritenersi escluso dal novero degli obbligati tutti coloro che si avvalgano di praticanti avvocato, atteso che

questi ultimi sarebbero soggetti privi dei connotati per essere considerati "alle dipendenze" altrui, siccome liberi di frequentare ad libitum, e perciò senza vincoli di stabilità e d'orario, lo Studio del loro dominus. Un po' com'era accaduto con la privacy e, più di recente, con l'antiriciclaggio si sono escogitate esenzioni. Ma, mentre in tali fattispecie sono state enucleate le situazioni che legittimano delle deroghe (in ambedue i casi: l'attività giudiziaria e quella stragiudiziale, che sia alla stessa prodromica), nel caso della sicurezza tertium non datur! Invero, la questione è già stata affrontata negli studi professionali di grandi dimensioni. E anche i network forensi si stanno ponendo il problema, perché attenti al valore dell'organizzazione, oltreché a quello dell'efficienza dei servizi erogati. Altrettanto, invece, non è accaduto nelle realtà medio-piccole, atteso che lì si stenta a credere di doversi davvero adeguare alla normativa sulla salute e protezione dei lavoratori (latu sensu intesi). È risaputo che gli avvocati operano principalmente in strutture "confinate", ovverosia a rischio limitato e tendenzialmente sicure. Ma l'art. 2 del D.L.vo n. 81/08 annovera oggi, nel concetto di "unità produttiva", anche la "struttura organizzata all'erogazione di servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale" e, inoltre, contempla una nozione di "lavoratore" che è così ampia da risultarvi ricompresa persino la "persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro [pubblico o] privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere [...] una professione". Perciò, al di là dei casi (pacificamente soggetti alla novella) in cui si impieghi un dipendente in segreteria, magari con uso di videoterminale per un arco di tempo superiore alle quattro ore al giorno (dedotte le pause obbligatorie di 15' ogni 2 ore d'uso continuativo), sussistono svariate situazioni in cui le sistematiche collaborazioni tra Colleghi finiscono con l'essere border line. Anche perché, spesso, con le partite iva si maschera il fenomeno dei professionisti dipendenti (Censis, 2010). Da un lato, infatti, la cultura organizzativa è entrata a far parte del patrimonio delle competenze degli avvocati, nella convinzione, come emerge da più di un terzo della categoria, che disporre di uno studio ben organizzato sia importante per facilitare la crescita della professione (Censis, 2007). Dall'altro lato, però, la domanda qualificata di servizi legali da parte di enti e imprese si incanala verso strutture complesse, diffuse nelle medie città e nelle aree economiche più sviluppate, lasciando la generalità degli avvocati a destreggiarsi con tutte le materie legali, privilegiando competenze multidisciplinari a scapito delle specializzazioni (Censis, 2008). In Italia la polarizzazione delle occasioni professionali è davvero rilevante. In assenza di una legislazione anche fiscale che incentivi il c.d. terziario avanzato, la maggior parte degli Studi Legali resta a tutt'oggi modellata su realtà "atomistiche", imperniate sull'unico avvocato titolare, che si avvale dell'ausilio di qualche altro Collega e/o qualche praticante, spesso senza addetti alla segreteria.

 

Posto che il rispetto dei canoni minimali di sicurezza e prevenzione di chiunque collabori con lo Studio professionale va comunque assicurato, sarebbe il caso che venissero chiariti gli esatti contorni della normativa de qua, tutt'altro che nitida e cristallina. Anche perché la posizione di garanzia è sanzionata penalmente.

 

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