Penale

PENALE - Registrazione di conversazione tra presenti.

 


 

Muovendo dall’interpretazione dell’avverbio “indebitamente”, la Corte d’Assise di Torino ha affermato che la condotta di colui che registri una conversazione di cui sia egli stesso partecipe non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata, ancorché il colloquio avvenga in luogo di privata dimora.
Invero, quando un soggetto comunica ad altri notizie, che magari riguardano la sua sfera personale, accetta il rischio della loro propagazione: la registrazione di siffatta conversazione tra presenti, pertanto, non può ritenersi indebita.

Quanto sopra sia che la persona che registra possa qualificarsi come uno dei partecipanti  alla conversazione, sia che risulti solo destinataria delle frasi pronunciate da un altro interlocutore, sia che vi assista solamente ma di persona.
Tale orientamento è confermato anche dalla giurisprudenza della Cassazione (Cass. Pen., Sez. V, 08.11.2006, n° 39827), secondo la quale il comportamento della persona che operi (invece) vere e proprie intercettazioni ambientali in ambito domiciliare ai danni del coniuge è idoneo a integrare il reato previsto e punito dall’art. 615-bis C.P.: da un lato, infatti, non si tratta di captazione di conversazioni tra presenti (poichè l'attività di ascolto è compiuta da soggetto terzo, rimastro estraneo alla conversazione oggetto della registrazione) e, d'altro lato, ciò che rileva ai fini della configurabilità del delitto è la violazione della riservatezza della persona offesa, non la disponibilità di quel domicilio anche da parte dell’autore dell'indebita intercettazione.

 

Corte d’Assise Torino, 12.11.1987

L’avverbio “indebitamente”, il quale definisce e qualifica la condotta sanzionata dall’art. 615-bis C.P., appare strettamente correlato all’attività del “procurarsi” le notizie mediante l’uso di strumenti di ripresa, e dunque  reprime non già la registrazione senza consenso, ma le intrusioni non fisiche nel domicilio altrui, realizzate mediante insidiosi mezzi tecnici escogitati per captare suoni (quali le microspie o i magnetofoni occultati stabilmente). Allorchè una persona colloquia con un’altra, non vi è ragione di reprimere la registrazione del colloquio avvenuto in casa, più di quanto ve ne sia per il colloquio in un altro locale. Quando un soggetto comunica ad altri notizie che riguardano la sua sfera personale, egli accetta il rischio della propagazione; e se egli decide di disporre delle notizie, il suo atto non può pretendere maggiore tutela solo perché è compiuto in casa. Pertanto l’attività di chi registra ciò che è in grado di udire con i propri sensi non ricade nella previsione dell’art. 615-bis C.P., in quanto lo strumento tecnico non è il  mezzo per procurarsi una notizia altrimenti non ottenibile, ma solo il mezzo per documentare quanto ci si procura lecitamente. [conforme, Sent. Tribunale di Torino, 11.04.1986]

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