Penale

PENALE - C.S.M. e tutela della vittima di reato.

 

vittima da reato

Consiglio Superiore della Magistratura
Incontro di studio sul tema
"I reati con vittima vulnerabile: indagini e giudizio"
Roma, 31.01/02.02.2011

Estratto del paragrafo "3 - La tutela della vittima tra ordinamento vigente e prospettive de iure condendo"

La Direttiva 2004/80/CE riconosce alle vittime del reato il diritto alla riparazione del danno subito. Il D.L.vo. n° 204/2007, destinato ad assicurare attuazione alla Direttiva, non ha però previsto un diritto generalizzato (neppure) delle persone offese a conseguire un ristoro.
In conseguenza vige attualmente una discriminazione che pare irragionevole, e perciò sospetta di incostituzionalità, tra le vittime di quei reati in ordine ai quali previsioni singolari di legge riconoscono il diritto alla riparazione con oneri a carico dello Stato

[Cfr. le leggi n° 302/1990 e n° 206/2004, che prevedono indennizzi per le vittime di atti di terrorismo e criminalità organizzata, e la legge n° 44/1999 che permette di assicurare una riparazione alle vittime dei reati di estorsione ed usura.], quando non la ottengano dal responsabile del fatto criminoso, e le vittime di altri reati pur molto gravi, come la violenza sessuale, per le quali il nostro Paese [A differenza di altri Stati europei, come l’Inghilterra che già negli anni ’70, decenni prima dell’adozione della ricordata Direttiva, ha dettato norme che prevedono l’indennizzo pubblico delle vittime di reati violenti] non ha ancora previsto alcun indennizzo a carico dello Stato [Merita di essere ricordato che, ritenendo l’incompleto adempimento dell’Italia nell’attuazione della Direttiva 2004/80/CE, il Tribunale di Torino, con la recente sentenza 6.5.2010, n. 3145 (est. R. Dotta), ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a versare un indennizzo di € 90.000,00 in favore della vittima di abusi sessuali perpetrati da due cittadini stranieri rimasti latitanti. Deve in proposito anche segnalarsi che con l’ art. 53 della legge 04.06.2010 n° 96, legge comunitaria 2009, è stata attribuita al Governo la delega perché si provveda a dare attuazione alla Direttiva Europea. Tra i criteri e principi direttivi dettati dal legislatore si legge che dovranno essere inserite nel codice di procedura penale “una o più disposizioni che riconoscano alla persona offesa il diritto a ricevere da parte dell’autorità giudiziaria... le informazioni relative all’esito della sua denuncia o querela”, e “disposizioni che riconoscano alla persona offesa dal reato... particolarmente vulnerabile... la possibilità di rendere la propria testimonianza... secondo modalità idonee a proteggere la sua personalità e a preservarla dalle conseguenze della sua deposizione in udienza”. Ben vengano le nuove norme, anche se l’attenzione del legislatore rimane centrata sulla tutela della sola persona offesa dal reato, e non anche degli altri soggetti, penso in primo luogo ai testimoni, che, a causa del procedimento penale, possono rimanere esposti ad un fenomeno di vittimizzazione secondaria].
Certo, per tutelare in maggiore misura le vittime del reato potrebbero meglio utilizzarsi istituti che già esistono. Ad esempio, è già prevista la possibilità di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena alla riparazione del danno alla vittima [Cfr. l’art. 165, comma I, C.p.; cfr. anche l’art. 163, comma IV, C.p., che pure detta una norma di rara applicazione], ma quante volte questo istituto viene utilizzato ?
Ancora, al reo che abbia “risarcito” il danno, o comunque si sia impegnato per attenuarne le conseguenze dannose, è possibile riconoscere un’ attenuante [Cfr. art. 62, n. 6, C.p.] che, caso raro, dipende da una condotta successiva alla commissione del reato.
Come mai capita di potere riconoscere questa attenuante così di rado?
Occorre forse impegnarsi in un’opera di sensibilizzazione nei confronti dei difensori?
Inoltre, sappiamo bene che il procedimento penale è spesso assai lungo, e la vittima del reato non solo può perdere interesse alla definizione del giudizio, se pure vi si arriva, ma può anche sentirsi abbandonata da uno Stato che promette tutela e non la assicura in tempi ragionevoli.
In effetti alla persona offesa è notificato il rinvio a giudizio, talora dopo anni da quando è rimasta vittima del reato, ma le indagini preliminari hanno termini ben più brevi.
Perché alla persona offesa non è notificato l’ avviso di cui al 415bis C.p.p.?

 

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