Penale

PENALE - Patteggiamento e sospensione condizionale della pena ex art. 165 C.P.P.

omesso risarcimento danni

Se in sede di patteggiamento si subordina la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno a favore della persona offesa, non si verifica alcuna violazione di legge, sostanziale e processuale, ove il soggetto danneggiato dal reato non si sia costituito parte civile nel procedimento penale.
Infatti, ancorché la P.O.
rimanga estranea al rapporto processuale, l'accordo sulla pena - concluso tra difesa e P.M. - che preveda ex art. 165 C.P. anche la condizione d'efficacia della sospensione della pena al fatto che intervenga l'eliminazione delle conseguenze dannose del reato, riguarda il mero ripristino dello status quo ante ad opera dell'imputato che vi si obbliga.
Ciò a prescindere dall'adempimento delle richieste d'una parte civile costituita, ma in forza della concorde volontà delle parti, che abbiano determinato il quantum di detto ripristino.

Cass. Pen., Sez. VI, Sent. 22.06/12.07.2011 n° 27184


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRÓ Antonio S., Presidente
Dott. SERPICO Francesco, Consigliere
Dott. MILO Nicola, Consigliere
Dott. IPPOLITO Francesco, Consigliere
Dott. PETRUZZELLIS Anna, rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da: D.M.F., nato a (omissis);
avverso la Sentenza del 28.07.10 del Tribunale di Pesaro;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Anna Petruzzellis;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Vincenzo Geraci, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
letta la memoria della difesa del ricorrente, con la quale si sollecita l'annullamento dell'impugnata sentenza.

Svolgimento del processo
D.M.F. propone ricorso avverso la sentenza del 28.07.2010 con la quale il Tribunale di Pesaro ha applicato la pena per i reati continuati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, danneggiamento tentato e consumato, subordinando la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno in favore dell'azienda ospedaliera. Si lamenta violazione di legge sostanziale e processuale, essendo stato disposto il risarcimento in favore di soggetto estraneo al rapporto processuale, poiché l'azienda pubblica non si è costituita parte civile nel procedimento.

Motivi della decisione
Il ricorso è infondato. Dall'esame degli atti si ricava che non è contestato dall'odierno ricorrente che l'accordo concluso con pubblica accusa prevedesse l'apposizione di un condizione all'efficacia della sospensione della pena, secondo quanto disposto dall'art. 165 C.P.
La circostanza che tale condizione, costituita dalla corresponsione di una somma in favore dell'ente pubblico che ha subito le conseguenze del reato, sia stata qualificata risarcimento del danno, tale non potendo definirsi l'importo riconosciuto in favore di soggetto danneggiato non costituito parte civile come nella specie, non rende perciò stesso illegittimo l'accordo ratificato dal giudice.
La norma richiamata prevede infatti la possibilità che l'operatività della sospensione condizionale sia subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose, previsione del tutto autonoma rispetto all'adempimento delle richieste della parte civile, che prescinde da una richiesta del danneggiato e riguarda la possibilità di ripristinare lo stato dei luoghi precedente alla consumazione delle azioni illecite, cui la condotta attiva del condannato è in grado di porre riparo.
Il riconoscimento di tale obbligazione non è ancorata alla sussistenza della costituzione di parte civile (Sez. VI, Sent. n° 2265 del 28.01/20.03.1986, Rv. 172180), poiché la sua individuazione concreta e successiva quantificazione, può essere rimessa alla determinazione delle parti, trattandosi di accertamento di natura oggettiva, come è avvenuto nel caso di specie ove tale attività di determinazione risulta svolta in maniera congiunta dalle parti.
Ne deve conseguire che l'accordo intervenuto non possa definirsi contra legem per effetto della condizione apposta e conseguentemente non sia affetto da nullità, non potendo questa conseguire solo alla non corretta denominazione attribuita all'obbligazione liberamente assunta dalla ricorrente, mentre l'intervenuta concorde determinazione economica del costo del ripristino esclude che la somma indicata possa essere ritenuta esuberante rispetto alle effettive conseguenze dell'attività illecita, individuabile nel valore dei beni distrutti; tale circostanza, per la verità, non risulta contestata neppure nell'odierno ricorso, ove è posta in rilievo solo la mancanza di richiesta di liquidazione dei danni a cura dell'ente pubblico, che risulta irrilevante al fine di consentire la corretta individuazione delle riparazioni, richiamate dall'art. 165 C.P.
Il rigetto del ricorso impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, in applicazione dell'art. 616 C.P.P.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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