Scritto da Avv. Salvatore Frattallone. Pubblicato in RESPONSABILITÀ SANITARIA
"Mi sono rivolta la pronto soccorso per forti dolori al petto. Nonostante stessi male mi hanno attribuito un codice giallo. Poi, senza effettuarmi alcun esame, mi hanno rispedita a casa con una diagnosi di mal di stomaco. In realtà era un infarto e ho rischiato la pelle. E ora?"
(in Starbene, n° xx del xx.xx.2016, Sportello dei diritti del paziente)
«Potrai chiedere il risarcimento dei danni patiti per l’errata diagnosi di cui sei stata vittima. Questo è un caso di malpractice medica, che infatti, si verifica se, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non viene inquadrato il caso clinico, i sanitari pensano che il paziente soffra di una patologia diversa o se non effettuano controlli e accertamenti, utili per formulare una diagnosi corretta, come è successo nel tuo caso», risponde Salvatore Frattallone, Avvocato del Foro di Padova. «Rivolgiti perciò ad un avvocato, sapendo che puoi rivalerti in sede civile sia sul medico che sulla struttura sanitaria a cui ti sei rivolta e che per farlo hai ben 10 anni di tempo dal momento in cui è avvenuto il fatto. Per altro, non sarai tu a dover dimostrare il danno: spetta al medico che ti ha preso in carico al pronto soccorso provare di avere effettuato tutti i controlli necessari per arrivare ad una diagnosi corretta. Entro 5 anni potrai agire per responsabilità extracontrattuale, ma allora sarai tu a dover provare l’errata diagnosi. Nel tuo caso, potrebbe essere responsabile anche l’infermiere del triage che ti ha attribuito un codice giallo: sbagliando la diagnosi infermieristica all’accettazione, ha provocato un ritardo negli accertamenti che ti va risarcito anche se “il tempo perso” non ha influito in concreto sull’evoluzione, sul trattamento e sulla prognosi del tuo infarto, ma è stato “solo” una fonte di ansia, che rappresenta ugualmente un danno non patrimoniale. Se vuoi sporgere querela, invece, sappi che il medico viene condannato in sede penale solo se è incorso in colpa grave, mentre per colpa lieve risponde solo se abbia violato le linee guida. Perché non scatti l’assoluzione,, sarà comunque essenziale accertare che l’infarto era già in atto all’atto dell’accettazione o delle visite in pronto soccorso».
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Scritto da Avv. Salvatore Frattallone. Pubblicato in RESPONSABILITÀ SANITARIA
La donazione del seme o degli ovuli, dietro compenso, è ancor oggi vietata. Ancora in vigore il divieto di accesso alla fecondazione assistita per i single e le coppie omosessuali.
"Sono sposata da anni, ma non riesco ad avere un figlio. Mi sono sottoposta ad esami e risulto fertile, ma mio marito vorrebbe ricorrere alla fecondazione assistita perché ho un familiare con la sindrome di DiGeorge, geneticamente trasmissibile. Posso chiedere una diagnosi pre-impianto per stare tranquilla?"
(in Starbene, n° 21 del 16.05.2016, Sportello dei diritti del paziente)
«Sì: il divieto, che era previsto dall’art. 4 della legge 19 febbraio 2004 n. 40, è caduto a seguito della sentenza n. 96/2015 della Corte Costituzionale», risponde Salvatore Salvatore Frattallone, Avvocato del Foro di Padova. «Oggi è ammessa la procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo sia nel caso in cui sussista una patologia che è causa di sterilità o d’infertilità assolute e irreversibili, sia quando si tratti di coppie fertili,
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