Una casa di cura è stata condannata dal Garante privacy a pagare una cospicua sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione prevista dall'art. 162, co. 2-bis, del T.U. privacy, per aver compiuto un trattamento di dati personali senza osservare i presupposti e i limiti stabiliti dalla legge in violazione dell'art. 26, co. 1, del Codice in materia di protezione dei dati personali e dell'art. 5, co. 4 della L. 05.06.1990 n° 135, nella fattispecie illecitamente avendo effettuato la comunicazione di dati particolarmente sensibili quali quelli relativi all'esito del test HIV dell’interessato: impugnato il provvedimento sanzionatorio, il Tribunale di Padova lo ha confermato con Sentenza 02.05.11, atteso che vi sarebbe stata la «[…] accertata illegittimità della comunicazione dei dati relativi agli accertamenti diagnostici diretti e indiretti per l'infezione HIV a persona diversa dall'interessato, in difetto di consenso», tanto che così il Garante nel 2013 ha irrogato la relativa sanzione amministrativa. Invero,
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Un detective privato non ha adempiuto nel termine assegnato agli obblighi previsti dal D.M. n° 269/2010, che - oltre ad imporre un adeguato progetto organizzativo - ha stabilito l’obbligo di versare un deposito cauzionale ex art. 137 T.U.L.P.S. Il competente Prefetto lo ha sanzionato, per l’omissione, escutendo circa un terzo della sua garanzia fideiussoria e ordinandogli, come da «All. F» al D.M. n 269/2010, la ricostituzione integrale della medesima, che però è avvenuta solo tardivamente. L’investigatore è ricorso ai giudici amministrativi ma la sua impugnazione è stata respinta: secondo il T.A.R. infatti, nella fattispecie, è pacifico come «la sanzione irrogata si fondi, del tutto ragionevolmente, sul comportamento negligente del titolare dell'istituto Ricorrente, fatto di plurimi ritardi e titubanze […] non avendo egli curato con la dovuta sollecitudine il proprio interesse pretensivo ad adeguarsi alle prescrizioni normative». Invero, l’addebito che gli è stato mosso dalla prefettura, ritenuto legittimo dal T.A.R., è riconducibile al fatto che «il Ricorrente avrebbe dovuto attivarsi per tempo», per ottenere la garanzia bancaria necessaria per la prosecuzione dell’attività. Pur potendo sospendergli o revocargli la licenza in forza dell’art. 257-quater del Regolamento d’Esecuzione del T.U.L.P.S., la prefettura optò per la misura meno afflittiva e, ciò nonostante, l’investigatore privato rimase a lungo inerte. Nessuna censura, pertanto,
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