L'Avv. S. Frattallone LL.M. ha fornito taluni primi spunti sulla riforma appena entrata in vigore, nella puntata trasmessa martedì 17 gennaio 2023 dagli Studi di Canale Italia. Gian Luca Versace ha chiesto al penalista cassazionista (del Foro di Padova) di precisare alcune delle mote novità contenute nella novella in materia di giustizia: il precedente Governo Draghi aveva introdotto il D.L.vo 10 ottobre 2022 n° 150 d'attuazione della L. 27 settembre 2021 n° 134, mentre l'attuale Governo Meloni ha emesso il D.L. n° 162/2022, con le relative Norme Transitorie, così come approvate dal Parlamento con L. 30 dicembre 2022 n° 199 di conversione con modificazioni). Anzi, il ministro Guardasigilli Nordio ne ha curato in prima persona gli emendamenti, per rimediare ad alcune storture, e così il Consiglio dei ministri ha approvato ieri in via d'urgenza delle correzioni alla normativa penale già oramai vigente col disegno di legge urgente che ha stabilito che proceda d'ufficio per tutti i reati per i quali sia contestata l’aggravante del “metodo mafioso” o della finalità di terrorismo o di eversione, inoltre anche contro il reato di lesioni personali se compiuto da persona sottoposta a una misura di prevenzione personale, fino ai tre anni successivi al termine della medesima misura,; infine d'orab in poi vi sarà l’arresto in flagranza obbligatorio ancorché in difetto di querela ogniqualvolta la persona offesa non sia presente nè prontamente rintracciabile: cfr. Nota del Governo n° 17/2023), che prevede che gliufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria debbano effettuare tempestivamente ogni utile ricerca della persona offesa e, ove la querela non venga sporta entro quarantotto ore dall’arresto o la persona offesa decidesse di rinunciarvi, altrimenti l’arrestato venga rimesso immediatamente in libertà.
L'estratto delle registrazioni video della puntata sono disponibili su youtube, cliccando queste immagini collegate ai seguenti link, rispettivamente della I parte e della II parte della trasmissione:
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Con il Jobs Act è caduto il divieto di tracciare la navigazione sul web del lavoratore ai fini di una contestazione disciplinare. Anteriormente i cosiddetti controlli a distanza sui lavoratori era lecita soltanto ove sussistessero delle esigenze di sicurezza o di tutela del patrimonio aziendale.
Lo ha stabilito, con Sentenza sentenza n° 32760 del 2021, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha preso atto dell'intervenuta modifica legislativa e ha respinto il ricorso di legittimità - confermando le decisioni di merito di primo e di secondo grado, - di una azienda che, quale datrice di lavoro, aveva sanzionato disciplinarmente un proprio dipendente (sospensione di un giorno di sospensione dal lavoro e dallo stipendio per aver navigato la settimana prima delle ferie natalizie) per aver navigato sulla rete in orario di lavoro visitando siti di carattere commerciale.
Dunque, l'attività di controllo datoriale necessitava del previo accordo sindacale ex art. 4, co. 2 St senza cui la condotta del dipendente non avrebbe potuto venire contestata, nè l'azienda aveva mai intesto addurre la c.d. finalità difensiva del controllo.
La Sezione Lavoro di Piazza Cavour, infatti, ha statuito che é bene chiarire che i fatti oggetto di causa sono precedenti l'entrata in vigore del D.L.vo 14.09.2015, n. 151 che ha modificato in senso più restrittivo l'art. 4 L. 300/1970, stabilendo che la disposizione di cui al comma 1 (gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale) non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. In sostanza dopo il cd. Jobs Act, gli elementi raccolti tramite tali strumenti possono essere utilizzati anche per verificare la diligenza del dipendente nello svolgimento del proprio lavoro, con tutti i risvolti. L'orientamento di questa Corte (Cass. n° 16622/2012, id. n°19922/2016), da cui non si ha motivo di discostarsi, evidenziava l'effettività del divieto di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, richiedente, anche per i cd. controlli difensivi, l'applicazione delle garanzie dell'originario art. 4, secondo comma, legge 20 maggio 1970 n. 300; con la conseguenza che se per l'esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti ed apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l'inadempimento contrattuale dei lavoratori medesimi. Ne consegue che, nel caso concreto, i dati acquisiti dal datore di lavoro nell'ambito dei suddetti controlli difensivi non potevano essere utilizzati per provare l'inadempimento contrattuale del lavoratore. La società non aveva provato che i controlli fossero funzionali alla salvaguardia del patrimonio aziendale. Anzi i fatti accertati mediante il sistema informatico sono stati sostanzialmente utilizzati per contestare al lavoratore la violazione dell'obbligo di diligenza sub specie di aver utilizzato tempo lavorativo per scopi personali. In questo senso depone anche il richiamo contenuto nella lettera di contestazione disciplinare per violazione della 'policy' aziendale, secondo cui la rete aziendale è esclusivamente uno strumento di lavoro, "senza fare cenno alcuno alla particolare pericolosità dell'attività di collegamento in rete rispetto all'esigenza di protezione del patrimonio aziendale.
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